mercoledì 24 giugno 2015

Ilaria Beltramme: tanti modi di raccontare Roma


Come coniugare la Storia con la storia? Dai tempi di Alessandro Manzoni questo è, senza dubbio, il cruccio di tutti gli scrittori che si occupano di romanzo storico, ma anche di tutti gli storici che vogliono divulgare i loro studi con un linguaggio narrativo efficace per i lettori più esigenti. Come si amalgamano le nostre piccole storie quotidiane con la grande Storia con la esse maiuscola? E come fanno gli scrittori a valorizzarle entrambe? Secondo la scrittrice romana Ilaria Beltramme, il segreto sta nel piacere di raccontare ciò che maggiormente ci coinvolge. E col suo stile inconfondibile, dal quale traspare il suo entusiasmo e la sua grande professionalità, Ilaria riesce sempre ad avvolgerci tra le pagine, tenendo viva la nostra curiosità. Che si tratti di saggi o romanzi, varia o narrativa, è il suo modo di raccontare a fare la differenza: a rendere grandi anche le leggende meno note e alla nostra portata persino i personaggi storici più indigesti. Ma forse non tutti sanno che è il suo amore per Roma, la città in cui è nata e vuole continuare a vivere, il vero protagonista di tutti i suoi libri.

Dalla saggistica, al romanzo storico: due settori solo apparentemente diversi. Che percorso formativo ti ha condotto ad approfondirli entrambi? Che scrittrice sei?

È il piacere di raccontare che mi ispira quando lavoro per la varia e pure quando sto per mettermi su un romanzo. Considero ogni storia che leggo o che mi accingo a scrivere come fosse un’avventura. E mi ispiro sempre al consiglio di Alejandro Jodorowsky di trasformare ogni racconto di famiglia in una storia epica. Ecco, se Roma è la “mia famiglia” ogni storia che la riguarda, anche la più minuscola, voglio raccontarla come fosse parte di una grande saga. Prima di tutto perché lo è e poi perché, raccontando il passato, mi sembra più semplice vivere il presente. Mi spiego più cose, metaforicamente parlando, il racconto mi fa sentire più salda alle mie radici. E spero che anche chi mi legge possa sentirsi, diciamo così, “avvantaggiato” e, di conseguenza, “radicato”.



Leggendo i tuoi saggi si percepisce il legame forte che ti unisce alla tua città: Roma. Ma, chi ci vive lo sa: la Capitale è una città complessa. Svelaci qual è, secondo te, la prima cosa da non fare a Roma, nemmeno una volta nella vita, e che proprio non possiamo immaginare…  

Lamentarsi. Roma è amore allo stato puro. E l’amore si mangia senza discutere, altrimenti non è amore. Questa città ha un mare di difetti, problematiche serissime che rischiano ogni giorno di schiacciare tutti, cittadini compresi. Ma lamentarsi e basta non serve a niente. Di certo non serve quando ci dedichiamo una giornata per “fare i turisti” nella nostra città. In quel momento si può firmare un tregua, accogliere le lentezze di Roma e semplicemente lasciarsi condurre dai nostri piedi, facendoci le domande giuste che per me sono: “Perché questo monumento è qui? Che cosa ci dice?” e non “Perché questo non funziona? Oppure “Perché c’è così tanta gente?”. Ribadisco che questo invito non è da estendersi alla nostra vita quotidiana, non voglio suggerire una sorta di “cecità” alla realtà oggettiva. Cioè, l’invito a lamentarsi di meno e agire di più è un consiglio secondo me utile sempre, ma quando si decide di fare una passeggiata, lasciamo che la mente e il cuore si muovano sul terreno inesplorato della meraviglia, piuttosto che su quello iper-abusato della frustrazione che ci attanaglia tutti i giorni.

La società segreta degli eretici e Il Papa guerriero: due romanzi storici che tengono col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina. Come si scrive un romanzo storico? Raccontaci questo percorso, dalla ricerca storica, alla stesura: su quali tecniche ti basi e come ti rendi conto che la strada che stai intraprendendo è quella giusta?

I miei romanzi storici sono “figli” delle mie ricerche. Nascono da lì. E sono il “contenitore” perfetto per raccogliere i dettagli di alcune storie così minuscole da non avere trovato posto, se non parzialmente, nei miei libri di varia.  La narrativa, inoltre, mi aiuta a realizzare il sogno di tornare indietro nel tempo e “vedere”, finalmente, dopo tante ore di studio, dopo tante congetture, la realtà che sto per raccontare. Il respiro lungo del romanzo mi dà questa possibilità. Di solito, quindi, anche i miei romanzi storici nascono in biblioteca. Per prima cosa approfondisco i temi generali, le condizioni storiche di partenza, il papa del periodo, la vita quotidiana nell’epoca in cui ambienterò la mia storia. Da lì, cerco di individuare un punto di vista e una vicenda che racchiuda il grande nel piccolo. Poi comincio a ragionare sugli snodi principali del romanzo, approfondisco le ricerche, costruisco i personaggi e gli do una storia personale su cui basare le loro reazioni. Ogni romanzo, ogni storia in generale, sia che venga scritta in un romanzo, o al cinema, inoltre, racconta una trasformazione. Questo cambiamento deve avvenire nei personaggi e, nel mio caso, anche nella Storia ufficiale. Nei miei romanzi l’arco di trasformazione dei protagonisti di solito coincide con quello della città, che cerco di fotografare sempre nei suoi momenti di transizione, a mio parere i più interessanti da raccontare. I più densi di emozioni. 

È ancora possibile, al giorno d’oggi, diventare scrittori di professione? Cosa significa collaborare stabilmente con una grande Casa Editrice come la Newton Compton? Che consiglio daresti agli aspiranti autori del domani?

Non so se è ancora possibile. Non so se, al giorno d’oggi, è possibile diventare qualsiasi cosa “di professione”. E allora tanto vale seguire l’aspirazione di fare (più che essere) quello che ci fa stare bene. Ma scrivere non è un hobby. È un mestiere nobilissimo che richiede molte competenze, oltre al famoso talento. E fra queste – ricordatelo sempre – c’è quella di pensare alla pubblicazione come a un lavoro di squadra, in cui le correzioni, le richieste di riscritture, non sono un’angheria nei confronti del vostro “bambino perfetto”, ma l’invito a migliorare e risolvere difetti che nel momento creativo – ve lo giuro – diventano invisibili.
Io mi ritengo fortunata a essere capitata “dalle parti” della Newton Compton nel momento in cui stavano cercando un autore giovane per iniziare la collana dei 101, ma vengo dall’ambiente editoriale, ho lavorato per anni in una redazione e, all’epoca, sapevo come comportarmi, professionalmente parlando, con un editore anche grande come la Newton. E forse, venendo dal lavoro in redazione, ho sempre pensato alla scrittura come un lavoro, più che come a un’attività artistica libera e indipendente al cento per cento. Tuttavia, pur non considerando la scrittura per un grande editore un’attività del tutto libera, rimane la cosa che mi piace fare di più al mondo. In questo senso è il lavoro perfetto. Ed è questo, infine, il consiglio che darei agli aspiranti scrittori: rapportatevi con la scrittura e la pubblicazione in modo professionale, se volete pubblicare e quindi lavorarci. Rendetevi conto che l’editore è e rimane un imprenditore e che fra voi e lui (o lei) non ci sarà un rapporto padre/madre-figlio/figlia. Ma una relazione basata su un fruttuoso (e spero) felice rapporto di lavoro, in cui entrambi guadagnerete, alla fine. L’arte lasciatela al momento splendido in cui sarete davanti al documento di Word vuoto, anche perché quando la collaborazione con una casa editrice diventa stabile, pure le vostre idee più creative, affinché siano pubblicate, dovranno incontrare il progetto editoriale (legge industriale) di chi poi vi pubblicherà investendo in grafici, editor, segretari, correttori, tipografi, distributori e in anticipi sui diritti d’autore. E di questi tempi non è uno scherzo.
L’ultimo consiglio è di natura generale, invece. Leggete. Leggete sempre. Se volete trasformare questa passione in un lavoro. Inoltre, leggere è importante anche per capire che cosa si pubblica ora in questo paese ed essere così pronti a proporre un’idea che si rapporti con questo contesto editoriale. Ora, non fra dieci anni, o un secolo fa. E poi, prima di contattare uno o più editori, studiatevi i loro cataloghi per bene, cercate di capire quali sono i libri che pubblicano, come sono divisi nelle varie collane. Così, quando proporrete il vostro manoscritto, lo farete con cognizione di causa, consapevoli del tipo di collocazione che l’editore potrebbe dare a un lavoro come il vostro.  

Raccontaci quali sono i progetti nei quali sei impegnata attualmente e quali sono i tuoi programmi per il futuro.


Al momento sto lavorando al nuovo libro per le strenne natalizie della Newton Compton. Non posso anticipare granché, solo che sarà un titolo di varia e non un romanzo storico. Il mio futuro, almeno quello prossimo fino alla fine dell’estate, sarà di lavoro intenso. Poi mi dedicherò a preparare delle conferenze sulla storia di Roma che andrò a tenere a fine Novembre e poi spero di poter andare un po’ in vacanza. Perché penso che a quel punto me lo sarò davvero meritato. Sul futuro a lungo termine, invece, non mi pronuncio. Con questo mestiere non si sa mai. 

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