La
dura crisi economica che ci ha colpito negli ultimi anni ha messo alla prova la
resistenza delle nostre famiglie alla sofferenza che comporta l’instabilità
lavorativa. In ogni famiglia possono nascere problemi che, se non osservati
dalla giusta prospettiva, sembrano insormontabili e minano le nostre piccole
certezze.
Da
quando Sergio Russo è stato costretto a chiudere la sua piccola ditta di
autotrasporti a Prato, la città in cui vive con la moglie, Fiorella Benvenuti,
e i due figli, nulla sembra più essere come un tempo. Superati i cinquanta è
difficile per Sergio reinventarsi e sopportare l’idea di lavorare come subordinato,
dopo tanti anni di indipendenza e autonomia e il clima familiare ne risente. Le
apprensioni di tutti i giorni generano incomprensioni e a volte è difficile
restare lucidi.
Sergio
è inquieto e probabilmente preoccupato. Esce di casa verso l’ora di pranzo dell’11
aprile scorso, come fa spesso quando vuole schiarirsi le idee, senza dire
niente a nessuno. Ma quando, la mattina dopo, ancora non ha fatto ritorno a
casa, è evidente che qualcosa non quadra. Si è allontanato con l’aiuto di
qualcuno, stanco del momento di difficoltà che sta vivendo? O gli è successo
qualcosa per cui non riesce a tornare a casa? Si è cacciato in un brutto giro?
O se n’è andato volontariamente in cerca di qualcosa che gli sembra di aver
perduto nella sua quotidianità?
Questa
non è solo la storia di un uomo del quale si sono perse le tracce, ma di una
famiglia sospesa tra la morsa dell’incertezza e la necessità di andare avanti. Le
domande che affollano la mente di Fiorella e dei suoi figli sono tante e, per
ora, restano senza risposta.
Chi è Sergio? Raccontaci
la sua storia.
Sergio
è una persona piena d’inventiva, con tante idee sempre nuove, capace di fare
amicizia con tutti e con un carattere apparentemente semplice e solare, ma in
realtà molto complesso. Negli ultimi cinque anni la situazione in casa non è
stata semplice: Sergio aveva una ditta di autotrasporti che è stato costretto a
chiudere a causa della crisi economica e ciò lo riempiva di preoccupazioni. Una
volta chiusa l’azienda, Sergio faticava a trovare lavoro e, le volte che riusciva
a ottenere un posto, stentava a mantenerlo, perché non poteva stare alle
dipendenze di qualcun altro, dopo tanti anni di lavoro autonomo. Questa
condizione di incertezza era molto pesante per me e per i miei figli. Litigavamo
spesso e Sergio commetteva tante piccole leggerezze che ci portavano a
discutere.
Sergio
è sempre stato un uomo forte, ma nello stesso tempo facilmente condizionabile:
ha continuo bisogno di conferme da chi gli sta accanto e questo lo ha
danneggiato negli anni. In particolar modo era attaccatissimo ai suoi genitori,
coi quali condivideva ogni decisione.
Quando lo hai visto l’ultima
volta? Come si sono svolte le prime ricerche?
L’ultima
volta che ho visto Sergio è stato l’11 aprile scorso, assieme al mio figlio più
piccolo. Erano all’incirca le 13:30 e lui è uscito di casa in seguito a un
bisticcio di poco conto. Era fatto così: quando c’era qualche piccola
discussione doveva uscire a schiarirsi le idee e, anche quella volta, si è
comportato come sempre, senza dare nessun segnale allarmante o manifestare la
volontà di allontanarsi così a lungo. Non ci aspettavamo assolutamente di
trovarci in una situazione del genere.
A
volte stava fuori anche delle ore, quindi non ci siamo allarmati subito. Quel
sabato ho iniziato a chiamarlo verso le cinque del pomeriggio e il telefonino
era già staccato. Gli ho mandato tanti messaggi e ho provato a telefonargli
decine di volte, pensando che fosse con gli amici fino a notte tarda. La
mattina successiva non era ancora tornato e allora ho iniziato a pensare che
qualcosa non andasse. Quando, verso l’ora di pranzo, hanno chiamato i genitori
di Sergio che lo aspettavano per mangiare e non avevano sue notizie, ci siamo
preoccupati sul serio, convinti che fosse successo qualcosa, così siamo corsi a
fare la denuncia. Le forze dell’ordine ci hanno comunicato che si sarebbero
attivati immediatamente, coinvolgendo anche la Protezione Civile, ma noi non
abbiamo mai assistito a vere e proprie battute di ricerca, né in città, né nei
dintorni. Noi della famiglia, invece, assieme ad alcuni amici di Sergio,
abbiamo fatto tanti volantini e li abbiamo appesi in giro per tutta Prato,
nella speranza che qualcuno ci desse notizie. Solo su mia insistenza gli
inquirenti sono venuti a prendere il computer di Sergio e a dare un’occhiata ai
suoi effetti personali, alla ricerca di qualcosa che a noi potesse essere
sfuggito, ma senza nessun risultato, al momento. Forse la scomparsa di Sergio è
stata presa un po’ sottogamba all’inizio e adesso i giorni passano e diventa
sempre più difficile ricostruire l’accaduto.
Tu che idea ti sei fatta?
Secondo te cosa è accaduto a Sergio?
Non
lo so davvero! Abbiamo fatto tante ipotesi. Abbiamo pensato subito che potesse
essergli successo qualcosa. Poi ci siamo domandati se invece possa essere
andato all’estero, ma siamo dubbiosi: Sergio non aveva contatti con nessuno
fuori dall’Italia, anche gli amici più stretti ce lo confermano. Col passare
dei giorni, chiedendo in giro, abbiamo saputo che, quando usciva la sera, non
andava a divertirsi con gli amici, come diceva a noi, ma aveva iniziato a
frequentare delle persone poco raccomandabili, inserite in brutti giri. Puoi
immaginare la preoccupazione! Nessuno sapeva quello che faceva realmente
Sergio, né noi familiari, né gli amici o i conoscenti e questo sta complicando
molto le cose.
Ultimamente
i nostri rapporti erano difficili, la vita ci stava mettendo alla prova, ma
posso dire con assoluta certezza che Sergio non avrebbe mai abbandonato i suoi
figli volontariamente per tutto questo tempo, né i suoi genitori. Da qui deriva
la mia preoccupazione che gli sia accaduto qualcosa di serio o che magari abbia
conosciuto delle persone che possano averlo coinvolto in un brutto giro dal
quale fatica a uscire. Questa è la mia paura più grande.
Qual è stato il momento
più difficile in queste settimane? Chi vi sta più accanto concretamente e
quotidianamente?
A
parte i miei figli e i miei genitori, devo ringraziare l’Associazione Penelope
e l’Associazione Scomparsi Italiani che mi seguono con tanta premura e impegno.
Nessun altro, neanche della famiglia di Sergio, mi sta accanto concretamente,
forse perché non hanno accettato alcuni aspetti della vita di Sergio che sono
emersi in questi mesi. Sono sola, ma il mio unico scopo nel tenere alta l’attenzione
su Sergio è solo che torni a casa o dia sue notizie ai suoi figli.
Ogni
momento è sempre più difficile. Ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da affrontare.
I miei figli sono sempre più preoccupati. Non accettano che il babbo possa
averli abbandonati e, nello stesso tempo, temono che gli sia accaduto qualcosa.
Cosa diresti a Sergio se
sapessi che sta leggendo le tue parole? Rivolgiti direttamente a lui.
Gli
direi di tornare tranquillamente a casa o, se non se la sente, almeno di
parlare coi ragazzi e di dar loro una spiegazione che li rassereni.
Ci
basta sapere che sei vivo, Sergio! Vorrei solo che tranquillizzassi i tuoi
figli, perché, in questo modo, loro sono rimasti sospesi, come tutti noi ed è
giusto che, invece, possano crescere e andare avanti con la loro vita e le loro
piccole cose di tutti i giorni. Sono preoccupati, sono arrabbiati, sentono la
tua mancanza!
Sergio
dovrebbe farsi avanti per proteggere i suoi figli o, almeno chi è con lui,
dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza e fare qualcosa per farci sapere che
Sergio sta bene. Chiediamo solo questo. Tante persone che, all’inizio ci
stavano vicine, ora ci stanno allontanando e non sappiamo neanche il perché.
Non abbandonateci!
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