Dedizione,
diligenza, determinazione: quando possediamo queste qualità innate, il nostro
percorso di vita non può che esserne scandito, in ogni ambito. Sono queste le
caratteristiche che fanno di un grande uomo, un grande professionista, senza
che sia possibile scindere l’uno dall’altro con una immaginaria linea di
confine. Solo questo permette, a chi ci circonda, di percepire il nostro valore
come persona, apprezzando ancor di più il nostro curriculum vitae alla maniera latina, nient’altro che percorso di vita. E quello di Luciano
Garofano, ex Comandante dei R.I.S. di Parma, Generale dei Carabinieri in
ausiliaria, docente universitario e consulente in numerosi programmi
televisivi, è, senza dubbio, un percorso emblematico.
Oltre
a essere un vero professionista, infatti, Luciano Garofano è un divulgatore di
pregio, attento alla percezione che l’opinione pubblica ha del suo mestiere e
impegnato nella formazione di nuove leve, anche e soprattutto attraverso la diffusione
di una corretta informazione in merito. Il coraggio col quale ha condotto
numerosi casi alla ribalta delle cronache, prima di congedarsi dall’Arma dei
Carabinieri, è lo stesso col quale, oggi, affronta aule universitarie, corsi di
formazione, studi televisivi, saggi e articoli. Una devozione autentica verso
la verità e la giustizia, gli unici obiettivi che deve avere chi cerca di far
luce su un crimine, tenendo come frecce al proprio arco l’amore per la
conoscenza e per la trasmissione del sapere.
Dal
brutale omicidio di Cogne, all’atroce delitto di Novi Ligure, sono tante le
storie che hanno messo professionalmente ed emotivamente alla prova il Generale
Garofano quando era al comando dei R.I.S. di Parma. E, anche oggi, che veste i
panni di consulente tecnico, numerosi casi, ancora irrisolti, stanno
richiedendo il suo impegno, come, ad esempio, l’assassinio di Serena Mollicone,
la giovane di Arce che attende giustizia dal 2001.
Ma
cosa si prova ad entrare nelle vite di tante vittime e delle loro famiglie?
Quanti limiti ci è concesso superare per giungere alla verità? Dove finisce lo
scienziato e dove inizia l’investigatore? A queste e a molte altre domande ha
risposto Luciano Garofano, rivelandoci il cuore che batte sotto a una divisa.
Quindici anni al comando
dei R.I.S. di Parma la rendono uno dei massimi esperti del nostro Paese in
materia di investigazioni scientifiche. Cosa ha significato per lei rivestire
un ruolo così importante? Cosa le resta di questa esperienza?
Mi
ritengo un privilegiato, perché sono entrato nell’Arma dei Carabinieri nel 1978
e mi sono congedato nel 2009, quindi ho trascorso ben trentun anni in un
settore che, in un arco temporale così ampio, ha veramente segnato una
rivoluzione nell’uso della prova scientifica in ambito investigativo e
processuale. È stata un’esperienza meravigliosa, della quale conservo grande
soddisfazione per tutto ciò che di prezioso ne ho ricevuto. Sarò sempre grato
all’Arma dei Carabinieri per avermi consentito di esprimermi come Biologo in un
settore così particolare che, quando iniziai, era davvero agli albori. Aver
assistito a questa evoluzione è stato stupendo, una continua emozione,
progresso dopo progresso. Tuttavia rimane in me anche molta nostalgia, come se
avessi voluto proseguire questo percorso all’infinito,
perché comunque ha segnato la mia vita, sia professionale, sia personale. Tuttora,
continuo ad occuparmi di casi criminali, sia per l’autorità giudiziaria, sia per
la difesa, ma mi manca il mio particolare gruppo di lavoro dei R.I.S,
l’atmosfera unica che vivevo, gli obiettivi che programmavamo insieme, i tanti
interventi sulle scene del crimine e tutte le discussioni, i progetti fatti coi
miei collaboratori. Il ricordo, a volte, mi crea un po’ di malinconia, ma sono
consapevole che tutte le cose, anche le più esaltanti, sono destinate a finire
e io sono soddisfatto del cammino che ho già percorso e di tutte le mie scelte.
Inoltre, sono particolarmente contento di vedere che, anche oggi, il R.I.S.,
soprattutto quello di Parma, continua a essere protagonista nel settore delle
indagini scientifiche, come vero reparto d’eccellenza e questo mi riempie di
orgoglio, perché significa che il lavoro fatto insieme continua a dare i suoi frutti.
Dai primi studi di
biologia, alle numerose esperienze come docente universitario: quanto è importante
la formazione continua per chi voglia intraprendere la carriera di
investigatore?
La
formazione continua è fondamentale. Io vado frequentemente negli Stati Uniti dove,
ogni anno, si tiene il Convegno dell’Accademia Americana di Scienze Forensi e quello
della I.A.I. (International Association of Identification), associazioni entrambe
che perseguono l’obiettivo di migliorare le tecniche di analisi, l’accesso
sulla scena del crimine e altre metodiche estremamente importanti che
riguardano le Scienze Forensi. A settembre scorso, inoltre, sono stato in
Polonia per il Convegno del I.S.F.G. (Società Internazionale di Genetica
Forense).
Sono
quindi molto attento all’aggiornamento. Nel nostro settore, infatti, come in
tutti quelli scientifici, è indispensabile rimanere sempre aggiornati. E nel
nostro caso lo è ancora di più, poiché, analogamente ai medici che hanno a che
fare con la salute fisica delle persone, noi abbiamo a che fare con un altro
bene prezioso: la giustizia. Sono consapevole che noi esperti forensi possiamo
contribuire moltissimo ad alimentare il senso di giustizia e di ricerca della
verità richiesto dai cittadini, quindi è nostro dovere aggiornarci costantemente
al fine di utilizzare al meglio ciò che la scienza e la tecnologia ci offrono.
Mi dispiace constatare, quindi, che, negli ultimi anni, in un settore delicato
come quello delle Scienze forensi, si sono affacciati pseudo esperti, molti dei
quali hanno un’esperienza solo teorica che non è in grado di dare quel
contributo di verità che molti casi criminali richiedono.
I suoi studi e la sua
esperienza l’hanno resa anche un abile divulgatore della carta stampata. Come
si sente nei panni di scrittore? Quali sono i suoi progetti per il futuro in
merito?
A
un certo punto ho sentito il naturale dovere di divulgare, perché ero cosciente
che la prova scientifica poteva dare maggiori certezze ai cittadini, in virtù
del fatto che la sua conoscenza si stava diffondendo in tutto il mondo, grazie
anche alle serie televisive. Quindi ho deciso che era il momento di spiegare di
cosa si trattasse, sempre in modo molto equilibrato e corretto,
contrapponendomi anche alla tanta disinformazione che viene fatta nel settore.
Fare informazione, infatti, significa raccontare chiaramente qual è l’ambito
delle possibilità che la prova scientifica può offrire, evitando fantasiose
interpretazioni che possono risultare addirittura fuorvianti.
La
divulgazione, in questo senso, è importantissima e io ho cercato di parlare in
modo semplice dei casi dei quali mi ero occupato a partire da quando ero al
comando del R.I.S., assieme ai miei collaboratori, proprio per far comprendere alle
persone in che cosa consisteva il mio lavoro. Ho iniziato a scrivere quando
ancora si stavano svolgendo le indagini per l’omicidio di Cogne, una vicenda tristemente
nota per un omicidio così efferato ed incomprensibile, ma anche a causa di
attacchi poco corretti verso il mio lavoro da parte della difesa. È stato questo che mi ha spinto ad utilizzare
il potente mezzo della scrittura per difendermi
e per raccontare cosa facessi realmente, dimostrando che la scienza può
consentire di risolvere i casi con grande rigore.
Sto
continuando a scrivere, proseguendo il percorso iniziato allora. Negli ultimi
anni mi sono occupato di femminicidio col mio ultimo libro “I Labirinti del
Male” (Infinito Edizioni), nel quale ho trattato una tematica importante che ci
deve vedere tutti coinvolti nel tentare di contrastare questo esecrabile
fenomeno.
È
da poco uscito, inoltre, per Simone Editore, un Manuale, scritto con Cristina
Brondoni, intitolato “Il Soccorritore sulla Scena del Crimine”. Abbiamo realizzato
questo libro perché ci siamo resi conto che, tra tutti coloro che intervengono
sul luogo del delitto, c’è una serie di soggetti, privi di una formazione specifica,
che possono, loro malgrado, danneggiare le indagini, contaminando la scena del
crimine, alterando o distruggendo prove e reperti. A questo Manuale abbiamo già
associato un Corso di Formazione dedicato che, attraverso una serie di semplici
linee guida, è in grado di fornire consigli e suggerimenti i quali, senza
stravolgere i Protocolli ufficiali del Soccorso, permettono di preservare la
scena del crimine.
L’interesse diffuso per
la cronaca ha fatto di lei un ospite e un conduttore di interessanti programmi
televisivi di approfondimento. Facciamo un bilancio di queste esperienze: che
ruolo hanno, o potrebbero avere, i mezzi di informazione nella risoluzione dei
crimini? Avendo indossato i panni di inquirente in numerosi casi di grande
interesse mediatico, può svelarci come viene vissuta dalle forze dell’ordine
l’ingerenza della televisione nelle indagini?
Se
l’informazione televisiva è equilibrata, come a Quarto Grado, al quale
partecipo come esperto da anni, essa può avere un ruolo importantissimo e
questo è un mio pensiero da sempre. In molti casi, come ad esempio quello di
Valentina Salamone, siamo riusciti, attraverso l’informazione televisiva, a
sottolineare le lacune delle fasi iniziali dell’indagine e a modificarne, in un
certo senso, la rotta. Quindi, se la comunicazione è corretta, cauta ed
equilibrata, anche il mezzo televisivo può avere un gran ruolo, innanzitutto
per permettere alle persone di conoscere lo stato delle indagini e per fornire,
talvolta, consigli utili, come mi hanno testimoniato direttamente anche molti
addetti ai lavori.
Che consigli darebbe a un
giovane che, prendendo ad esempio la sua carriera, volesse seguire le sue orme?
Chi
volesse approcciare a questa professione può scegliere due strade: quella di
laurearsi in una disciplina scientifica, propriamente detta, studiando quindi
Chimica, Biologia, Fisica o Informatica, oppure quella di laurearsi in Scienze
Psicologiche. Rispetto al passato quest’ultima materia ha registrato una forte
rivalutazione, soprattutto se pensiamo alla specializzazione in Psicologia Giuridica,
la quale può contribuire moltissimo a migliorare i Protocolli oggi utilizzati nell’interrogatorio
e per lo studio della vittima, per arrivare quindi più facilmente a ricostruire
moventi e dinamiche delittuose.
Si
diceva precedentemente dell’importanza della formazione continua, quindi, vedo
con molto favore il fatto che, anche dopo il conseguimento di Lauree
scientifiche, ci si possa ulteriormente preparare con dei Master specifici in
Scienze Forensi, Criminologia ecc., non dimenticando mai che questa professione
deve essere sempre affrontata con molta umiltà ed equilibrio.
Quale caso della sua carriera ha richiesto
maggiori energie come investigatore? E quale storia, invece, è rimasta più impressa nella sua memoria e nel suo
cuore come persona?
Senza
dubbio il caso che ha richiesto maggiori energie è stato l’omicidio del piccolo
Samuele Lorenzi, avvenuto a Cogne, per tutto ciò che ha significato e per tutte
le polemiche che sono nate nel corso delle indagini. Da un punto di vista
scientifico non era un caso difficile, ma lo è diventato nel corso della
gestione, a causa di tutti gli attacchi infondati mossi nei miei confronti e al
R.I.S.
Il
caso che invece, umanamente, mi è rimasto più impresso è stato il duplice
omicidio di Novi Ligure, perché non ho mai saputo dare, dentro di me, una
giustificazione al fatto che una ragazza di sedici anni potesse uccidere, non
solo la madre, ma, soprattutto, il fratellino di dodici anni. Tra l’altro,
all’epoca, i miei figli avevano le stesse età di Erika, l’assassina, e del
fratellino, Gianluca, e quindi ho proiettato sui miei ragazzi questa ferocia
inaudita e incomprensibile. Ricordo le forti emozioni che quel caso mi produsse
e le difficoltà vissute nel constatare una mattanza davvero inspiegabile: è,
quindi, il caso che è rimasto di più nel mio cuore.