Da
quando la Legge n. 397/2000 ha introdotto il titolo VI bis nel nostro Codice di
Procedura Penale, il difensore dell’imputato può svolgere le cosiddette indagini difensive, con l’obiettivo di
raccogliere tutti gli elementi a favore del proprio assistito, ex art. 391 bis
e seguenti c.p.p. Lo scopo della riforma è di dare alla difesa gli strumenti
processuali idonei a esercitare le proprie funzioni in regime di parità con l’accusa,
in ossequio ai principi costituzionali. L’avvocato difensore può, a questo
proposito, avvalersi del supporto di investigatori privati autorizzati e
consulenti tecnici, tra cui spicca, senza dubbio, la figura del criminologo, in grado di guardare l’insieme
degli incartamenti raccolti con la capacità di cogliere gli elementi idonei
alla difesa, grazie alla sua professionalità e competenza e all’abilità nell’interpretazione
delle perizie.
Ma
cosa fa realmente un criminologo quando veste i panni di consulente per la
difesa dell’imputato? Ce lo spiega nel dettaglio Ursula Franco, medico chirurgo
e criminologa di grande esperienza, oggi consulente per la difesa di Michele
Buoninconti, rinviato a giudizio per l’omicidio della moglie, Elena Ceste.
Certamente
la verità è una sola. Ciò che ci auguriamo tutti è riuscire a fare in modo che
la nostra verità processuale coincida il più possibile con la verità dei fatti.
Questa è la vera frontiera della giustizia: un orizzonte dal quale, forse,
siamo distanti, ma al quale dobbiamo sforzarci di guardare con fiducia.
Dopo la Laurea in Medicina ti sei
dedicata alla Criminologia compiendo studi in Italia e all’estero. Che
differenze hai notato tra la figura del Criminologo nel nostro Paese e
Oltreoceano?
In
realtà ho vissuto a Buffalo, New York, appena laureata e non mi occupavo ancora
di criminologia, ma di ricerca nel campo della otorinolaringoiatria e della
chirurgia maxillo facciale infantile. Di quell’esperienza mi è rimasta la
conoscenza della lingua inglese, che mi permette di studiare i testi americani
e di aggiornarmi anche oggi che mi occupo di altro. Internet è una fonte
importante di aggiornamento ed aiuta anche a costruirsi una propria casistica.
Ci sono molti programmi americani di crimine che svolgono un’importante
funzione didattica. Gli americani istruiscono i loro detectives in modo molto accurato, focalizzandosi sullo studio del
linguaggio verbale e non verbale di un sospettato. Sull’analisi del linguaggio
costruiscono, infatti, strategie d'indagine difficilmente fallaci. Anche
l’analisi delle telefonate di soccorso è di estrema importanza per decidere una
case strategy, da noi, invece, è
praticamente ignorata. Ciò che però mi stupisce di più in Italia è la
difficoltà che hanno gli addetti ai lavori nel relazionarsi con i serial
killers, la loro reticenza nel definire un soggetto con tutte le
caratteristiche psicopatologiche dell’assassino seriale un serial killer e la
facilità invece con cui attribuisco alcuni reati a fantomatici serial killers.
Che ruolo svolge il consulente all’interno di un processo
penale? Cosa significa compiere indagini per la difesa dell’imputato e quali
mezzi si hanno a disposizione?
Un
criminologo ha una cultura specifica che è d’aiuto ad un avvocato. Io ho la
fortuna di essere un medico, ciò mi permette di essere in grado di leggere in
modo critico sia le perizie medico legali, che quelle psichiatriche; spesso un
legale non è in grado di collegare tra loro le risultanze medico legali per
ricostruire la dinamica di un omicidio. La ricostruzione di un omicidio è
completa quando tutti i singoli elementi presenti nel referto autoptico si
spiegano con la dinamica ipotizzata. Quando si compone un puzzle, un pezzo non
può rimanere escluso ed altri pezzi non possono essere forzatamente costretti
in posizioni che non sono le loro. Il cadavere parla e a noi deve interessare
tutto ciò che ci dice, non possiamo tralasciare nulla, solo così ricostruiremo
il modus operandi dell'autore del
reato e, attraverso questo, sarà più facile individuare il colpevole. Il modus operandi infatti ci fornisce
informazioni sulla personalità dell'autore di un reato e, naturalmente, più
particolare sarà il modus operandi,
più facile sarà arrivare a lui. Il ruolo di un criminologo varia da caso a caso
e a seconda delle sue competenze. Le indagini difensive tendono a produrre
perizie specifiche come quelle che produce l’accusa, ma spesso non sono
necessarie: le perizie dell’accusa, infatti, se analizzate nel modo giusto
possono condurre spesso a conclusioni opposte, è un problema di
interpretazione. È come quando ci troviamo ad analizzare un Cold Case credendo che il caso non sia
stato chiuso per carenze investigative: spesso invece è stato raccolto tutto
l’occorrente per giungere alla verità, sono le analisi precedenti che sono
state superficiali.
L’ultimo caso di cui ti stai
occupando, come consulente per la difesa, riguarda la morte di Elena Ceste,
della quale è stato accusato il marito, Michele Buoninconti. La prima udienza è
fissata per il primo luglio: a che conclusioni sei giunta col tuo lavoro? Come
hai proceduto nella tua consulenza?
Un
criminologo una volta raccolti tutti i dati possibili su un caso li valuta
nella loro totalità e, infine, li integra in una spiegazione plausibile: lo
stesso ho fatto nel caso della morte di Elena Ceste. Ho iniziato ad occuparmene
già all’indomani del ritrovamento del corpo, nell’ottobre 2014, poi, quando
hanno arrestato Buoninconti, certa della sua innocenza, ho contattato i suoi
legali e ho ricevuto l’incarico di consulente. Il vero punto cruciale di questo
caso è che nulla indica che ci sia stato un omicidio, Elena è morta per una
tragica fatalità, le indagini hanno condotto ad un clamoroso errore giudiziario
dando, tra l’altro, un innocente, cui è morta la moglie, in pasto ad un circo mediatico
senza scrupoli. La procura, convinta che la morte della Ceste fosse, invece,
ascrivibile ad un omicidio e pur di ritagliarsi ad hoc i risultati di
un’autopsia negativa per morte violenta, ha sostenuto una causale connessa ad
asfissia, ipotizzata dai consulenti solo in via residuale. Il fatto che il
cadavere della Ceste si sia naturalmente decomposto e siano, in tal modo,
scomparse le parti molli e cartilaginee del collo è naturale, è una forzatura
imperdonabile collegare l’assenza dell’osso ioide e del resto delle strutture
molli del collo ad un evento asfittico. Questo cammino percorso dagli
inquirenti è ingannevole e li ha portati sulla falsa strada, innamorarsi di
un’ipotesi è l’errore più grave che si possa fare in criminologia. Dopo aver
ipotizzato un omicidio, gli inquirenti hanno cercato di costruirvi intorno
degli indizi, ma, poiché hanno commesso un errore, non sono riusciti a
raccogliere veri indizi e non è un caso che nulla avvalori la loro ipotesi e
che gli pseudo indizi costruiti dall’accusa siano tutti confutabili: la verità
infatti è una sola e dopo che un fatto è accaduto, dura in eterno. La Ceste era
psicotica, quella mattina si allontanò volontariamente in preda ad un delirio
persecutorio, si nascose ai suoi ‘fantomatici’ persecutori, si addormentò per
la fatica, che le aveva indotto il delirio che durava dal pomeriggio del giorno
precedente, e per il freddo, e morì per assideramento. Questo dato ce lo
confermano, non solo l’appurato disturbo psichico di Elena, ma anche l’assenza
di segni di una colluttazione, sia in casa, che sul corpo dei due coniugi,
l’assenza di segni di trasporto del cadavere sull’auto di Buoninconti,
l’assenza di un referto per una causa di morte violenta e l’assenza di un
movente. Inoltre, studiando le carte, ho scoperto che l’interpretazione della
perizia sulle celle telefoniche fatta dall’accusa è completamente fallace e, in
più, una testimone colloca Michele vicino a casa sua nel momento in cui
l’accusa lo posiziona vicino al corso d’acqua dove è stato ritrovato il cadavere
di Elena. È difficile, in queste condizioni, sostenere l’ipotesi omicidiaria.
Il disconoscere la psichiatria da parte degli inquirenti ha condotto ad un
clamoroso errore giudiziario. Uno dei rischi maggiori che si corre durante
un’indagine è cadere nel tranello della ‘tunnel vision’, generalmente vengono
scartate delle ipotesi e, nonostante nulla conforti la propria, si continua ad
indagare in quel senso. Nel nostro caso l’errore viene dal convincimento degli
inquirenti che qualcosa non andasse nel racconto di Buoninconti e che la Ceste
non potesse essersi allontanata nuda. La criminologia è una scienza esatta,
innamorarsi di un’ipotesi ed adeguargli i fatti non porta lontano, non si
possono distorcere i fatti per trasformarli in indizi nel tentativo di supportare
un’ipotesi. Un’ipotesi veritiera si costruisce sulla base degli indizi e non il
contrario. Un'ipotesi va scartata se, non solo un fenomeno, ma più d’uno non si
accordano con essa, quando, invece, ad un’ipotesi si confanno perfettamente le
risultanze investigative, evidentemente, si è di fronte alla verità. Una
ricostruzione è completa e probabile quando tutti i singoli elementi d’indagine
si spiegano con la dinamica ipotizzata.
L’interesse dell’opinione pubblica
verso la cronaca nera è altissimo, anche a causa del clamore mediatico che si
sviluppa attorno ad alcuni casi. Come si vive, da addetti ai lavori,
l’ingerenza dei mezzi di informazione nelle indagini? Comporta solo delle
complicazioni o è da stimolo per la ricerca della verità?
Per
fortuna non ho la televisione, ormai da molti anni. Personalmente trovo
orribile che si disquisisca della responsabilità o meno di qualcuno in un caso
di omicidio, o presunto tale, senza avere una preparazione specifica e, nel
caso la si abbia, senza conoscere gli atti. Diciamo che, a prescindere dal
circo mediatico in sé, la vera complicazione viene dai testimoni che si
lasciano manipolare dal mezzo televisivo e poi riportano ai magistrati, non ciò
a cui hanno in realtà assistito, ma quello che gli ha fatto credere un certo
programma televisivo. La testimonianza è un processo delicato, è il risultato
di un percorso dinamico fatto da tre fasi successive: acquisizione, ritenzione
e recupero, fattori personali ed elementi esteriori agiscono su ciascuna delle
tre fasi del processo testimoniale distorcendolo. Tali distorsioni sommandosi
tendono ad allontanare il contenuto testimoniale dalla realtà dei fatti. Nessun
testimone è capace di rievocare i fatti sotto forma di riproduzioni
fotografiche. Un testimone, suo malgrado, rievoca solo verità soggettive che
sostituiscono quelle oggettive in toto od in parte, il ricordo non è altro che
una personale interpretazione dei fatti osservati. La personalità psichica del
testimone, la suggestione, i condizionamenti dei media ed il modo in cui un
esaminatore si rivolge ad un teste, sono tutte fonti di distorsione. Per questo
un testimone suggestionato diviene un problema se il nostro obiettivo è
scoprire la verità.
Tra le tue attività gestisci anche un
Blog molto interessante, dove parli dei tuoi studi e dei casi di cui ti occupi.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Grazie
per i complimenti al Blog. Per quanto riguarda i miei progetti, sto scrivendo
un libro sul caso Ceste. L’idea è di scrivere, prendendo spunto da questo caso,
una specie di mini manuale di
criminologia.
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