Capelli
ricci e lunghi, barba incolta, naso aquilino. Abbigliamento trasandato,
occhiali alla Serpico e una cicatrice sulla guancia, a memoria del fatto
che quello dello sbirro è un duro lavoro, ma, come si dice, “qualcuno
deve pur farlo”. Paolo Proietti è l’ispettore capo della sezione omicidi di
Roma ed è uno che la divisa e la sua città ce l’ha nel sangue. È solo la sua prima
indagine, ma al lettore sembra di conoscerlo da sempre, sin dalle
primissime pagine di “I silenzi di Roma”, il nuovo romanzo di Luana
Troncanetti, edito da Fratelli Frilli Editori.
Quando
un artista di fama internazionale viene trovato morto nel suo appartamento,
trucidato in modo brutale, Proietti capisce subito che sarà un’indagine spinosa
e complessa, destinata a scoperchiare ambienti celati dietro maschere di
convenienza difficili da sradicare. Ma ciò che scopre pian piano, indizio dopo
indizio, lo lascia persino più sconvolto e disgustato di quel che vorrebbe
ammettere. Proietti sa bene cosa significa lasciarsi coinvolgere troppo
personalmente da un caso, come gli è già accaduto in passato, e non vuole che
nuovi incubi si sommino a quelli che ancora lo tormentano a causa di
un’indagine vecchia di quindici anni, ma quando si rende conto che
nell’omicidio dello scultore è stranamente implicato il suo amico fraterno
Ernesto, sa che il loro precario equilibrio è destinato a crollare, come un
castello di sabbia travolto da onde di burrasca. Paolo ed Ernesto, fratelli non
di sangue, ma di spirito, e legati da una lunga e profonda amicizia, nata sui
banchi di scuola e cresciuta insieme a loro, saranno costretti a scavare fin
troppo a fondo nelle loro anime, aprendo un abisso di dolore difficile da
sostenere. A tutto ciò si mescola, capitolo dopo capitolo, la scoperta del
malaffare legato all’omicidio dell’artista, conducendo Proietti nelle viscere
di una Roma omertosa e ostinata, alla ricerca di una giustizia troppo spesso
frettolosa e crudele, che non dà pace, né verità, né alle vittime, né agli
innocenti e sembra far perdere l’ispettore in un labirinto di malvagità dal
quale sarà difficile venir fuori senza aver definitivamente perso una parte
importante del suo cuore.
Se
amate le storie nere in cui l’umorismo, talvolta macabro, tiene ancora
più alta la tensione, senza negare al lettore un amaro e sardonico sorriso, lo
stile tagliente di Luana Troncanetti sarà una tra le sorprese più piacevoli di
quest’anno. Diretta, a tratti persino cruda, Luana Troncanetti non ci risparmia
nulla, né nei dialoghi, né nelle descrizioni, svelando, in modo estremamente
credibile, i segreti più inconfessabili di una Roma complice e muta testimone
di tanta violenza, fisica e morale. Una Capitale sporca, dentro e fuori, in cui
forze dell’ordine e criminalità troppo spesso devono sporcarsi le mani degli
stessi maleodoranti liquami per comprendersi, capirsi e combattersi reciprocamente.
Come
alcuni dei suoi predecessori di carta, tra ironia e demoni interiori,
Proietti entra a gamba tesa tra gli ispettori destinati a marchiare a fuoco la
fantasia dei lettori, perché già da questa prima indagine, la sua creatrice lo
mette profondamente in discussione, come autrice e, forse anche come donna,
ammantandolo di grande fascino e personalità. Non ci resta che augurarci che
questa sia solo la prima di una lunga serie di avventure e disavventure per l’ispettore
Paolo Proietti e che magari, indagine dopo indagine, si affianchi a lui un
personaggio femminile altrettanto forte, in grado di tenergli davvero
testa, perché sarebbe interessante esplorare tutte le dinamiche possibili in
merito. E, bisogna ammetterlo, le “candidate” non mancano…
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