mercoledì 23 gennaio 2019

C’era una volta… “THE END? L’inferno fuori”



C’era una volta una mattina come tante nella nostra Capitale. Le arterie del centro sono congestionate dal traffico e le auto, che trasportano cittadini impazienti di raggiungere le rispettive destinazioni, sbuffano l’una sull’altra i loro gas di scarico destinati ad annerire marmi e travertini vecchi di secoli. Del biondo Tevere di scolastica memoria resta solo una livida striscia bluastra, costeggiata dall’asfalto, una vena in cui non sembra scorrere più il sangue. Inizia così “THE END? L’inferno fuori”, il primo film di Daniele Misischia, giovane sceneggiatore e regista romano che, visto il successo dell’esordio, promette di sedere ben presto al fianco dei grandi maestri dell’horror nostrano come interprete fedele e, nello stesso tempo, rivoluzionario, del genere.
Il protagonista della storia è Claudio Verona, interpretato da Alessandro Roja, un cinico e arrogante uomo d’affari che tradisce sistematicamente la moglie ed è guidato esclusivamente dalla sete di successo e di profitto. In ufficio lo attende un cliente importante e, quando resta bloccato in ascensore, non sa che, quello che in una qualsiasi altra mattina sarebbe stato solo un seccante contrattempo, probabilmente potrebbe salvargli la vita. O condannarlo per sempre.


“L'idea di fare un film come “THE END? L’inferno fuori” nasce tra il 2011 e il 2012,” ci ha svelato il regista Daniele Misichia. “A quei tempi non aveva nemmeno un titolo. C'era solamente l'intenzione di raccontare l'apocalisse dal punto di vista di un poveraccio rimasto bloccato in un ascensore guasto. Insieme a Cristiano Ciccotti, il co-sceneggiatore, abbiamo subito capito che il modo più semplice di mettere in scena la fine del mondo era quello dello zombie-movie, che nel nostro caso sono esseri infetti e rabbiosi, perché gli zombie ‘classici’ non corrono. Abbiamo così scritto una prima stesura, che comunque non era molto diversa da quello che poi è diventato il film uscito al cinema. Per molti anni abbiamo tenuto la sceneggiatura nel cassetto, perché, sì, era un film produttivamente semplice da realizzare, ma non così semplice da poterlo autoprodurre. Negli anni qualcuno si è interessato al progetto, ma inizialmente si è concretizzato ben poco e abbiamo perso parecchio tempo. Ma l’idea era buona, me lo sentivo, e, nonostante il tempo trascorso, non perdeva di attualità e di fascino”.
Man mano che le ore passano all’interno dell’ascensore guasto, Claudio Verona si rende conto che all’esterno c’è qualcosa che non va. I contatti che ha attraverso lo smartphone sono insoliti, sembra che in città si stia diffondendo il panico. Visto che nessuno riesce a sbloccare la situazione, Claudio apre uno spiraglio tra le porte di metallo dell’ascensore e ciò che vedrà nelle lunghe ore successive attraverso quei pochi centimetri gli sconvolgerà per sempre la vita. Uno strano virus sembra aver infettato gran parte della popolazione, trasformando quelli che fino a poche ore fa erano solo noiosi colleghi di lavoro, in famelici zombi dall’udito sopraffino che attaccano e sbranano chiunque gli si pari davanti, contagiandosi l’un l’altro. Tutto si svolge e viene vissuto da parte dello spettatore dal punto di vista del protagonista intrappolato nell’ascensore dal quale sembra impossibile uscire, ma che, nello stesso tempo, non permette neppure agli zombie di entrare. Come in un moderno episodio di “Ai confini della realtà”, l’impossibile sta diventando storia e la fine di tutto sembra vicina.


“Un giorno, nel 2016, i Manetti Bros. con cui collaboravo già da tre anni come operatore e regista di seconda unità, mi hanno contattato perché volevano leggere qualcosa di mio, dato che con la loro neonata produzione Mompracem avevano necessità di produrre un film,” ci ha raccontato Daniele Misischia.Ovviamente gli ho parlato subito di THE END? e loro si sono incuriositi e interessati all’istante... hanno letto immediatamente la sceneggiatura e, nemmeno tre mesi dopo, eravamo in preparazione con il film. La lavorazione del film è filata liscia come l'olio. Dopo tanti anni tutto procedeva nel migliore dei modi e il mio progetto stata diventando realtà. I Manetti prima di essere produttori sono registi e quindi sanno bene di cosa ha bisogno un film-maker sul set, e così mi hanno lasciato carta bianca per la maggior parte degli aspetti artistici e lavorativi. Insieme abbiamo deciso di contattare Alessandro Roja offrendogli la parte del protagonista e lui si è subito affezionato al progetto, dato che aveva sempre desiderato lavorare in uno zombie-movie”.
Alessandro Roja, nei panni del protagonista, è estremamente credibile e attento a ogni sfumatura del personaggio, a partire dalla leggera inflessione romanesca dei dialoghi. Pur trattandosi di una pellicola girata quasi interamente in un ambiente chiuso è squisitamente italiana. Fuori da quelle quattro mura metalliche e dalla luce bluastra dell’ascensore c’è Roma messa a ferro e fuoco da nuovi barbari quasi troppo incredibili per essere veri, ma facili da immaginare per come fanno capolino attraverso lo spiraglio che separa il protagonista dalla realtà esterna. Certo non si tratta del primo film ambientato all’interno di un ascensore, basti pensare, ad esempio, alle vittime del diavolo di “The Devil”, ma la solitudine del protagonista, invece di rallentare il ritmo del film, tiene alta la tensione e ne esalta il senso di alienazione e lo smarrimento. Gli zombie, estremamente aggressivi e scattanti, hanno più punti in comune coi nostrani Demoni di Dario Argento e di Lamberto Bava, che con i sonnacchiosi e pigri morti viventi dell’indimenticabile Romero e anche le scene più cruente sono dirette ed equilibrate.


“Le riprese sono durate circa cinque settimane: quattro all'interno del set principale del film, che è stato completamente ricostruito dal reparto scenografia, e una quinta per le scene esterne e per dei piccoli recuperi,” ci ha spiegato Daniele Misischia, raccontandoci le vicende che hanno caratterizzato la vita di questa pellicola dopo la produzione e l’uscita nei cinema. “Con la distribuzione abbiamo deciso di fare uscire il film la settimana di Ferragosto del 2018. Può sembrare una mossa folle, ma in realtà è un’ottima strategia. I film al cinema in quella settimana sono pochi e la possibilità che molti di quelli rimasti nelle grandi città vadano a vedere il film è alta. E, nonostante il periodo, nonostante un paio di Colossi cinematografici che avevamo contro, il film è andato abbastanza bene, con molte persone, anche solo incuriosite dal fatto di poter vedere un film italiano così insolito, che sono andate a vederlo. Inoltre, parallelamente, il film è stato venduto in altri paese e su alcuni servizi streaming.
In molti hanno apprezzato il film, anche perché forse hanno capito che tipo di progetto fosse. Dopo tanti anni in Italia è tornato uno zombie-movie così “puro” e “diretto”, non contaminato da quella voglia per forza “autoriale” che molto spesso contagia in modo prepotente questo tipo di cinema. Qualcuno, però, sicuramente ha storto il naso e sono uscite fuori anche critiche negative, alcune sicuramente condivisibili e costruttive, altre, secondo me, gratuite e senza senso, mosse forse da uno stupido senso di invidia (o di mancanza di sensibilità verso un certo tipo di cinema indipendente), molto italiano. In Italia infatti c'è questa tendenza a lamentarsi sempre. Se le cose non vanno bene ci si lamenta, se le cose vanno bene ci si lamenta lo stesso, perché non vanno bene come si vorrebbe. Purtroppo con questa mentalità non si andrà mai avanti e le cose rimarranno sempre le stesse: nel cinema, nel lavoro, nella società, nella politica e così via.
Il film è uscito in DVD e Bluray il 13 Dicembre 2018, ma dopo l'uscita al cinema il suo percorso non si è per niente fermato. THE END? ha continuato a girare nei festival, sia grandi, sia piccoli, fino ad arrivare addirittura al Festival di Sitges 2018, che è il più grande evento di cinema di genere al mondo. Questo per me è un grande traguardo e motivo di orgoglio, per un piccolo film, che zitto zitto, senza rompere le scatole a nessuno, sta vivendo di vita propria e, nonostante le critiche di alcuni (pochi, per fortuna) è riuscito a diventare un piccolo caso cinematografico”.


Mentre fuori sembra davvero la fine, anche Claudio Verona ha subito una metamorfosi dentro se stesso. Ha compreso l’importanza dell’amore nei confronti della moglie e, grazie all’aiuto del poliziotto Marcello, l’unico col quale è riuscito a interagire nonostante la prigionia all’interno dell’ascensore, ha vissuto sulla propria pelle il senso più profondo dell’empatia col prossimo e dell’importanza dell’istinto di sopravvivenza. La storia nella storia di questa pellicola è proprio il fascino maligno di ciò che non si vede, ma si può facilmente immaginare: la nostra Capitale distrutta e il terremoto emotivo interiore del protagonista.
Il finale inatteso di questa pellicola che, ancora una volta, si affaccia su una Roma deserta e sconvolta, ci fa porre un lecito quesito: siamo sicuri che sia davvero la fine? La vera sfida per Daniele Misischia potrebbe essere un sequel che esplori ancora più profondamente l’orrore di quanto già immaginato? Nel frattempo, vissero (?!) tutti felici, contenti e in attesa della prossima storia nella storia


mercoledì 9 gennaio 2019

Tre buone ragioni per… essere ordinati



Un nuovo anno, col suo carico di aspettative e sogni, è appena cominciato. Vi abbiamo già spiegato le nostre trebuone ragioni per non fare buoni propositi per il nuovo anno, ma, se proprio non potete farne a meno, c’è un obiettivo nobile che vale la pena di porsi e perseguire: essere ordinati. Spesso si dice, parafrasando un famoso detto, che ordinati si nasce, e non si diventa, ma perché escludere a priori che, con un po’ di disciplina, anche i più ribelli non possano riuscire nell’impresa? Ciò che più conta è capire perché essere ordinati possa diventare così utile e importante. E allora ecco le nostre tre buone ragioni per essere ordinati.

1.      Ordine è tranquillità. Immaginate un mondo in cui ogni cosa è al proprio posto. Le chiavi di casa, il tablet, l’agenda. I documenti delle tasse. Tutto è al suo posto e voi lo conoscete, perché siete stati proprio voi a sceglierlo accuratamente. Niente più ansia da ricerche disperate dell’ultimo minuto quando siete già in ritardo, non è un Paradiso?

2.      Ordine è rispetto per gli altri. Sia a casa, sia in ufficio, se tutto è in ordine, potrete stare tranquilli che, anche in vostra assenza, non creerete problemi a nessuno, anzi, potrete perfino essere utili agli altri e non c’è forma di rispetto più grande, a prescindere dal luogo.

3.      Ordine è condivisione. Sembra strano, ma, se non trovare una cosa, equivale a non averla affatto, sapere sempre dove individuarla, invece, ci permette di farne il miglior uso per noi a per gli altri, anche condividendola, sia dandola in prestito, sia regalandola a chi ne ha più bisogno di noi, quando non ci è più necessaria. Solo l’ordine, infatti, può impedirci di accumulare ciò che non ci serve, condividendone o cedendone l’utilizzo.