martedì 17 luglio 2018

“Shirley” di Charlotte Brontë. Non solo un romanzo sociale



Inizi Ottocento, l’Inghilterra, in guerra con la Francia di Napoleone, sembra sull’orlo della sconfitta e l’economia industriale del Paese, dilaniato dalle lotte operaie, ne risente. Shirley Keeldar, una giovane e caparbia ereditiera, si trasferisce in un villaggio dello Yorkshire dove ha ricevuto un cospicuo lascito che l’ha resa una donna ricca e, ben presto, fa amicizia con l’orfana Caroline Helston, timida e dolce, praticamente il suo opposto. Caroline, che vive con un dispotico zio, è innamorata di Robert Moore, un imprenditore indebitato fino al collo, burbero e spietato coi suoi dipendenti, pur di rimettere in sesto le finanze della sua famiglia. E così, mentre Caroline, riservata e con poca fiducia in sé stessa, cerca di mettere da parte i suoi sentimenti per Robert, Shirley, fiera e brillante, deve difendersi da chi la vorrebbe in sposa solo per il suo patrimonio, fino a un epilogo piuttosto sorprendente.
Secondo romanzo, dopo “Jane Eyre”, “Shirley” eleva definitivamente Charlotte Brontë fino all’Olimpo delle giovani autrici inglesi più amate dal grande pubblico anche oggi, accanto a scrittrici come la Austen o la Gaskell, con le quali, di certo, non teme il confronto. Questo romanzo, poco conosciuto in Italia, dove è stato ripubblicato da Fazi Editore, è, in realtà, da sempre molto apprezzato in ambito anglosassone, non solo per la capacità dell’autrice di intrecciare le vicende umane, che coinvolgono i protagonisti, con una raffinata ricostruzione storico sociale, che è vivida e molto sentita dai vari personaggi, ma anche per la spontaneità dei dialoghi e lo spessore delle due eroine protagoniste. In effetti è difficile comprendere come mai, tra le due, la Brontë abbia deciso di omaggiare solo Shirley, utilizzando il suo nome come titolo, visto che la delicata e pura Caroline è protagonista tanto quanto lei, soprattutto nella prima metà del romanzo. Solo alla fine, infatti, si comprende l’importanza del personaggio di Shriley, apparentemente forte e imperturbabile, femminista ante litteram, eppure libera da ogni pregiudizio e limpida nell’esprimere i propri sentimenti, dall’amicizia, all’amore.
Bisogna ammettere che la lettura, per quanto emozionante e scorrevole, subisce delle battute d’arresto in alcuni punti, ma, a tenere sempre vivo l’interesse del lettore è soprattutto il rapporto tra le due protagoniste, sinceramente amiche e confidenti, nonostante siano così diverse, il riflesso l’una dell’altra, in un mondo pieno di uomini spesso incapaci di ascoltare il proprio cuore. Del resto è proprio grazie a questo romanzo che il nome Shirley passa definitivamente, dall’essere un nome esclusivamente maschile, a tipicamente femminile. Un motivo deve pur esserci.


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