mercoledì 6 novembre 2019

"I silenzi di Roma" di Luana Troncanetti. La prima indagine dell’ispettore Proietti



Capelli ricci e lunghi, barba incolta, naso aquilino. Abbigliamento trasandato, occhiali alla Serpico e una cicatrice sulla guancia, a memoria del fatto che quello dello sbirro è un duro lavoro, ma, come si dice, “qualcuno deve pur farlo”. Paolo Proietti è l’ispettore capo della sezione omicidi di Roma ed è uno che la divisa e la sua città ce l’ha nel sangue. È solo la sua prima indagine, ma al lettore sembra di conoscerlo da sempre, sin dalle primissime pagine di “I silenzi di Roma”, il nuovo romanzo di Luana Troncanetti, edito da Fratelli Frilli Editori.
Quando un artista di fama internazionale viene trovato morto nel suo appartamento, trucidato in modo brutale, Proietti capisce subito che sarà un’indagine spinosa e complessa, destinata a scoperchiare ambienti celati dietro maschere di convenienza difficili da sradicare. Ma ciò che scopre pian piano, indizio dopo indizio, lo lascia persino più sconvolto e disgustato di quel che vorrebbe ammettere. Proietti sa bene cosa significa lasciarsi coinvolgere troppo personalmente da un caso, come gli è già accaduto in passato, e non vuole che nuovi incubi si sommino a quelli che ancora lo tormentano a causa di un’indagine vecchia di quindici anni, ma quando si rende conto che nell’omicidio dello scultore è stranamente implicato il suo amico fraterno Ernesto, sa che il loro precario equilibrio è destinato a crollare, come un castello di sabbia travolto da onde di burrasca. Paolo ed Ernesto, fratelli non di sangue, ma di spirito, e legati da una lunga e profonda amicizia, nata sui banchi di scuola e cresciuta insieme a loro, saranno costretti a scavare fin troppo a fondo nelle loro anime, aprendo un abisso di dolore difficile da sostenere. A tutto ciò si mescola, capitolo dopo capitolo, la scoperta del malaffare legato all’omicidio dell’artista, conducendo Proietti nelle viscere di una Roma omertosa e ostinata, alla ricerca di una giustizia troppo spesso frettolosa e crudele, che non dà pace, né verità, né alle vittime, né agli innocenti e sembra far perdere l’ispettore in un labirinto di malvagità dal quale sarà difficile venir fuori senza aver definitivamente perso una parte importante del suo cuore.


Se amate le storie nere in cui l’umorismo, talvolta macabro, tiene ancora più alta la tensione, senza negare al lettore un amaro e sardonico sorriso, lo stile tagliente di Luana Troncanetti sarà una tra le sorprese più piacevoli di quest’anno. Diretta, a tratti persino cruda, Luana Troncanetti non ci risparmia nulla, né nei dialoghi, né nelle descrizioni, svelando, in modo estremamente credibile, i segreti più inconfessabili di una Roma complice e muta testimone di tanta violenza, fisica e morale. Una Capitale sporca, dentro e fuori, in cui forze dell’ordine e criminalità troppo spesso devono sporcarsi le mani degli stessi maleodoranti liquami per comprendersi, capirsi e combattersi reciprocamente.
Come alcuni dei suoi predecessori di carta, tra ironia e demoni interiori, Proietti entra a gamba tesa tra gli ispettori destinati a marchiare a fuoco la fantasia dei lettori, perché già da questa prima indagine, la sua creatrice lo mette profondamente in discussione, come autrice e, forse anche come donna, ammantandolo di grande fascino e personalità. Non ci resta che augurarci che questa sia solo la prima di una lunga serie di avventure e disavventure per l’ispettore Paolo Proietti e che magari, indagine dopo indagine, si affianchi a lui un personaggio femminile altrettanto forte, in grado di tenergli davvero testa, perché sarebbe interessante esplorare tutte le dinamiche possibili in merito. E, bisogna ammetterlo, le “candidate” non mancano…   


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