Sono
trascorsi quasi tre mesi da quando la Procura della Repubblica di Roma ha
disposto la riesumazione della salma di Andrea Ghira, sepolto a Melilla, in
Spagna, col nome di Massimo Testa De Andres. La richiesta di nuovi esami è
stata fatta da Stefano Chiriatti, Avvocato della famiglia Lopez, per sapere se
davvero quelle spoglie appartengono all’unico tra gli assassini del Circeo che
è sempre riuscito a sfuggire al carcere, vivendo da latitante. I primi esami,
che per le autorità spagnole hanno accertato l’identità di Ghira più dieci anni
fa, non hanno mai convinto la famiglia Lopez, che ora, con accertamenti
scientificamente più avanzati, si augura di avere risposte più certe.
In
attesa che questi risultati aggiungano un nuovo tassello a quello che tutti
conosciamo come il “massacro del Circeo”, è difficile tenere i conti in questa
storia ingarbugliata. Un giallo che non è
un giallo, perché i nomi degli assassini si conoscono sin dal primo
istante, ma che, per le vicende giudiziarie che ne sono seguite, è l’emblema di
una giustizia beffarda, spesso ben lontana dalla verità.
Sono
trascorsi oltre quarant’anni da quel 29 settembre 1975, quando, in una villa a
San Felice Circeo, sul litorale laziale, Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea
Ghira, tre giovani della cosiddetta Roma
bene, seviziano per oltre un giorno due ragazze di diciannove e diciassette
anni, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti. Quando Donatella viene nascosta nel
bagaglio della Fiat 127, intestata al padre di Gianni Guido, è ancora viva. Si
è finta morta per evitare il colpo di
grazia e questa piccola astuzia, figlia della paura e della necessità, le
salva la vita, finché le sue grida vengono sentite da alcuni passanti che la
tirano fuori da quell’auto, ferita e ricoperta di sangue. Per Rosaria, invece,
non c’è più nulla da fare. Sua sorella, Letizia
Lopez, ricorda come, solo poche settimane prima, ha letto sui giornali la
vicenda di Milena Sutter, la tredicenne, figlia dell’industriale, rapita e
uccisa a Genova, e ha pensato che certe
cose accadano solo ai ricchi. Non può credere alle sue orecchie, quando le
raccontano in che tranello è caduta Rosaria, una ragazza come tante, con una
vita davanti.
Sono
poco più di venti gli anni che Gianni Guido trascorre in carcere, a fronte di
una condanna a trent’anni, molti dei quali passati da latitante in Sud America.
Dopo essere stato estradato in Italia a metà degli anni Novanta, Guido ha
concluso la sua pena nel 2009 e ora è libero.
Sono
quattordici gli anni che aveva Valentina Maiorano, trucidata nel 2005, assieme
alla madre, Maria Carmela Linciano, da Angelo Izzo, quando gli viene concessa
la semilibertà. Ora Izzo sta scontando l’ergastolo, ma la sua personalità
istrionica e disturbata continua a metterlo al centro delle cronache,
suscitando molte polemiche.
Numeri
su numeri, anni su anni rubati alla vita di una giovane, Rosaria Lopez, che non
ha potuto esaudire nessuno dei suoi sogni e che, a causa delle maglie troppo
larghe della nostra giustizia, ancor oggi aspetta una nuova verità, continuando
a vivere nel ricordo della sorella, Letizia Lopez.
Chi era Rosaria e quanto
spesso pensi a lei?
Rosaria
era una ragazza semplice, molto dolce e premurosa. È cresciuta in collegio e
aveva tanti sogni nel cassetto che, purtroppo, non si sono realizzati. La penso
sempre, in ogni momento della giornata. In particolare, quando mi capita di
leggere sui giornali che una giovane donna ha subito violenza o è stata uccisa
per mano di un uomo, il mio pensiero corre a mia sorella e il dolore per la sua
perdita si rinnova.
In questi anni qual è
stato il momento più difficile, la situazione più assurda in cui vi siete
trovati?
La
circostanza più dolorosa e assurda in cui ci siamo trovati è stato l’isolamento
cui ci ha condannati questa tragedia. Ci sono ancora tanta falsità e ipocrisia
nella nostra società. I tempi per elaborare un lutto del genere sono
lunghissimi per una famiglia e quasi mai vengono rispettati a causa dell’indifferenza
che ci circonda. Sono poche le persone che ci sono state realmente accanto in
questi anni. La maggior parte della gente pensa che determinate realtà non la
riguardino e, semplicemente, si volta dall’altra parte, non provando neppure a
calarsi nei panni di chi soffre. Altri, invece, si approfittano del dolore, a
volte ci speculano addirittura, l’ho constatato a mie spese. E penso spesso
anche a Donatella Colasanti, stroncata da un tumore a meno di cinquant’anni,
che, al contrario di Rosaria, riuscì a salvarsi quella notte al Circeo, ma che
poi, di fatto, è stata uccisa
dall’indifferenza delle Istituzioni. Ricordo quante volte Donatella gridò il
suo sdegno e la sua preoccupazione di fronte alla decisione di rimettere in
libertà Angelo Izzo che, come sappiamo tutti, è tornato a uccidere. Donatella,
a modo suo, aveva ammonito l’opinione pubblica, ma non è servito a nulla. La
violenza, prima di esplodere, dà sempre dei segnali che vanno capiti e
ascoltati, perché ciò che conta davvero è solo la prevenzione di queste
tragedie. I ragazzi violenti sono il frutto della nostra mala società, ecco
perché il mio appello va soprattutto alle Istituzioni, affinché prestino più
attenzione.
Conosciamo tutte le
vicende, giudiziarie e non solo, che, in questi anni, hanno coinvolto Angelo
Izzo e Gianni Guido. Nelle ultime settimane l’attenzione si è concentrata di
nuovo su Andrea Ghira: quali novità vi hanno portato a contestare l’esame del
DNA fatto sulla salma riesumata nel 2005 in un cimitero spagnolo e che gli
inquirenti hanno identificato in Andrea Ghira? Potrebbe essere, invece, ancora
vivo e tuttora realmente latitante?
La
nostra opposizione risale già al 2005 col ricorso alla Corte Europea, che ha
portato ad alcuni risultati in passato. Ci è sembrata assurda, sin da subito,
l’approssimazione dei risultati del DNA fatti allora e la facilità con cui sono
stati accettati dagli inquirenti e dalle autorità spagnole. Abbiamo bisogno di
maggior certezza, è necessario essere sicuri che la salma sepolta in Spagna sia
davvero di Andrea Ghira e finché qualcuno non mi darà questa sicurezza, non ci
crederò.
Dopo
tanti anni, non ci aspettavamo più che qualcuno ci desse retta. Se oggi la
Procura ci ha ascoltati e ha deciso di riaprire il caso è, senza dubbio, grazie
alla perseveranza del nostro Avvocato, Stefano Chiriatti. Abbiamo fiducia nella
nostra consulente, la genetista Marina Baldi, e confidiamo che, finalmente,
questa volta si accerti a chi appartengano i resti riesumati a Melilla. Ci
hanno spiegato che le procedure per estrarre il DNA da uno scheletro sono
lunghe e nient’affatto semplici, ma siamo in attesa dei risultati a giorni.
Come si fa a non essere
solo arrabbiati per l’incertezza
della giustizia e a continuare a cercare la verità, dopo tanti anni?
La
mia rabbia è una spinta ad andare avanti. È una rabbia verso le Istituzioni,
soprattutto, che vorrei fossero più attente e più lungimiranti. Non è solo il
destino che ha subito mia sorella a farmi sentire così, ma tutta la violenza
che ci circonda e che deve essere fermata. Nessuno ci protegge, siamo lasciati
soli e questo è assurdo
In
queste settimane, ad esempio, mi ha colpito molto il caso di Luca Varani, il
povero giovane torturato e ucciso a Roma. Anche qui le persone coinvolte sono
giovani, ma comunque senza scrupoli e spesso si nascondono dietro all’uso di
stupefacenti.
Possibile
che le Istituzioni non possano far nulla per prevenire queste tragedie, molto
spesso annunciate? I veri mostri sono
l’indifferenza e il disinteresse della nostra società e delle nostre
Istituzioni.
Che ruolo svolgono o
potrebbe svolgere l’opinione pubblica e tutti i mezzi di informazione in questi
casi così drammatici?
L’opinione
pubblica dovrebbe essere più coerente e più coesa. L’opinione pubblica, oggi,
sembra aver perso la propria identità. Si cela dietro ai luoghi comuni, che
vanno dal vittimismo alla cattiveria, senza mai esporsi concretamente e subendo
tutto. Quest’indifferenza ci logora profondamente, ma io continuerò a battermi,
senza sosta, a sostegno della verità, della giustizia e della trasparenza, perché
le vittime sono sempre i più deboli, come mia sorella, e vanno protetti.
I
primi a contribuire per migliorare la nostra società potrebbero essere i
genitori, che dovrebbero osservare i propri figli con occhio critico, per
cercare di capire i segnali che mandano, senza essere ciechi per paura.
Comprendo la tentazione di abbandonarsi al rifiuto delle debolezze dei propri
figli, ma cercare di reagire sarebbe il modo migliore per aiutare le
Istituzioni e la società intera, senza nascondersi.
Chi sarebbe oggi Rosaria?
Qual è il tuo ricordo più vivo di lei?
È
difficile dire chi sarebbe potuta diventare mia sorella, perché la vita è
imprevedibile e ci mette di fronte a tante scelte. A volte i nostri sogni non
si realizzano, ma comunque il destino ci sorprende. Ho così tanti ricordi di
lei, ancora scolpiti nella mia memoria! Rosaria amava recitare e, di sicuro,
vederla recitare mi avrebbe reso felice.