mercoledì 18 ottobre 2017

Simona Leone: il miglior esordio letterario dell’anno


Il successo di un libro è direttamente proporzionale all’interesse che il lettore sviluppa per il destino di tutti i personaggi principali coinvolti e, in particolare, alle risposte che tenta di darsi alla fatidica domanda che ognuno si pone dopo aver letto l’ultima pagina: cosa sarà successo dopo? La curiosità per il futuro dei protagonisti da parte del lettore è il primo fondamentale ingrediente che dà la spinta a ogni autore per ideare la prossima avventura su carta, a prescindere dall’intreccio di ogni singola storia. E quando questo desiderio di inoltrarsi nelle vite dei personaggi nasce già dalla lettura di un romanzo d’esordio, le premesse per una lunga carriera da scrittore sono ottime, almeno quanto le aspettative del lettore stesso.
Questo è esattamente ciò che accade leggendo “Ultimo compleanno”, il primo libro di Simona Leone, edito da Fratelli Frilli Editori, un noir appassionante, estremamente attuale e costruito con massima cura per i dettagli, sia per quanto riguarda gli sviluppi della storia, sia per quanto riguarda lo stile maturo, equilibrato e coinvolgente.
La protagonista si chiama Lisa, ha 25 anni ed è una giornalista free lance che ogni giorno si barcamena tra l’incertezza di un perenne precariato lavorativo ai limiti dello sfruttamento e il senso di inadeguatezza verso Sofia, la figlioletta di 7 anni che si è ritrovata a crescere da sola dopo un divorzio. Quando Lisa si mette a indagare sul caso di scomparsa di Pietro, un bambino che ha la stessa età di sua figlia, il confine tra professione e vita privata si assottiglia, lasciando che molte paure insite nel cuore di ogni madre prendano prepotentemente il sopravvento, nonostante Lisa cerchi di mantenersi il più distaccata e professionale possibile, fino a un epilogo al cardiopalma, denso di inaspettati colpi di scena. Questo continuo fondersi e spesso confondersi tra la caotica vita privata di Lisa, combattuta tra il desiderio di gettarsi in una nuova storia d’amore e il proposito di essere una madre più equilibrata di quanto non lo sia stata la sua, rende la lettura estremamente scorrevole, ma anche ricca di spunti di riflessione. Cosa accadrà tra Lisa e Guido, l’affascinante vicino di casa dal quale è sempre più attratta? Riuscirà Lisa a scrollarsi di dosso i sensi di colpa che l’accompagnano quotidianamente nell’educazione di Sofia? E come andrà a finire, invece, il burrascoso rapporto che Lisa ha con sua madre? Il successo di questo primo libro di Simona Leone è proprio nella ricerca alle risposte a queste domande che nascono alla fine della lettura, quando l’enigma giallo è risolto, ma la vita dei protagonisti sembra proseguire, proprio come quella dei lettori, in un fantastico e non troppo lontano universo parallelo.

Simona Leone alla prima presentazione del libro alla Libreria Feltrinelli di Piazza C.L.N., Torino

 Un bambino misteriosamente scomparso e una giovane giornalista che si ritrova a conciliare un’indagine sempre più torbida con una complicata vita privata: sono questi gli elementi di “Ultimo compleanno”, Fratelli Frilli Editori, il tuo romanzo d’esordio. Raccontaci la genesi di questa storia: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Sono sempre stata una lettrice appassionata, soprattutto di gialli e noir. Nel momento in cui ho deciso di provare a raccontare una storia, è venuto naturale scegliere lo stesso genere. Essendo mamma di due splendidi bambini, gli articoli di cronaca nera sui minori mi toccano in modo particolare. Più volte mi è capitato di pensare: “E se toccasse a me vivere una situazione simile? E se capitasse qualcosa di brutto ai miei figli?”. Nessuno può considerarsi immune da soprusi o abusi. Si spera di non essere mai coinvolti in fatti violenti, è ovvio. Da questa riflessione, la scelta di incentrare il romanzo sulla scomparsa di un bambino e relativa inchiesta. Sempre sulla scia delle preferenze personali, ho deciso di affiancare all’indagine la vita privata della protagonista. Temi come il precariato e i conflitti generazionali fanno da cornice al nucleo del romanzo.

Che autrice sei: segui l’ispirazione in qualunque ora della giornata o hai un metodo collaudato al quale non puoi rinunciare? Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere?

Scrivo perché non potrei farne a meno. Mi piace troppo! Ho tante storie da raccontare. Secondo me le cose belle, per essere veramente apprezzate, vanno sempre condivise. I libri possiedono una bellezza intrinseca. Tenere un romanzo in un cassetto è privare il mondo di una cosa bella. Se il lettore, arrivando all’ultima pagina, sorriderà soddisfatto, felice d’aver trascorso qualche ora in buona compagnia, allora avrò raggiunto il mio scopo.
Purtroppo ho poco tempo per scrivere. Lavoro, famiglia e casa assorbono la maggior parte della mia giornata. Inoltre ho bisogno dell’ambiente adatto. Tranquillo e senza rumori. In genere la sera, quando tutti dormono, mi ritaglio un paio d’ore per scrivere. Non tutti i giorni, ma cerco di essere costante. Piuttosto mi accontento di mezz’ora. Per fortuna, quando mi siedo davanti al PC, quasi sempre ho già le idee chiare. Perché durante il giorno, quando mi è possibile, penso a cosa scrivere. Dialoghi, colpi di scena, descrizione dei luoghi nascono mentre guido o durante la pausa pranzo. Rosicchio ogni momento, diciamo, di libertà mentale!

Come definiresti Lisa, la giovane giornalista e mamma, protagonista del tuo romanzo? E come hai delineato il mosaico di personaggi che le ruotano attorno?

Lisa ha 25 anni, una figlia, Sofia, di 7 anni ed è una giornalista free lance. Giovane ragazza madre con un lavoro precario. In una parola, un’eroina. Si barcamena come riesce, senza il bagaglio di esperienze di chi ha vent’anni di più. Riconosce gli errori commessi dalla madre e cerca di non ripeterli con la figlia. È una ragazza molto combattuta. Vorrebbe recuperare il rapporto con la mamma e avviare una relazione con Guido, attraente vicino di casa. Ma la paura di fallire e di deludere, non tanto sé stessa, quanto Sofia, la trattiene anche soltanto dal provare.
Cercavo una protagonista in cui il lettore potesse identificarsi. Fragile e forte allo stesso tempo. L’entourage di Lisa è nato di conseguenza. Personaggi ideali per completare lo status della protagonista.  

Oltre all’intreccio giallo, questo romanzo tocca temi estremamente attuali che caratterizzano la vita di molti giovani che si barcamenano tra le esigenze personali, come l’amore e la famiglia, e un mondo del lavoro sempre più spietato e poco gratificante. Come e perché hai deciso di trattare anche questi argomenti, raccontando le vicende che coinvolgono i tuoi personaggi?

Come dicevo, sono un’appassionata di noir. All’interno del genere, prediligo quei gialli dove, accanto all’indagine investigativa, viene inserita la vita privata di uno o più personaggi. Per citare alcuni autori, Camilla Läckberg, Alessia Gazzola, Alicia Gimenez-Bartlett. La suspense tipica del genere, mitigata da momenti narrativi più leggeri.
Un protagonista con una vita complicata e costellata di problemi crea una maggiore empatia con il lettore. Lisa è sempre in ritardo, con il conto corrente tendente al rosso e tormentata da un senso di inadeguatezza nei confronti della figlia. Una donna comune, eppure protagonista di un romanzo. 

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


Attualmente sto lavorando al secondo romanzo. Si tratta di un sequel, ma non vincolato al primo. I personaggi principali saranno gli stessi, perché i lettori hanno dimostrato un ottimo gradimento. Anche l’ambientazione non cambierà, la provincia sonnacchiosa, ma pronta a risvegliarsi e ad avere un duro impatto con la realtà, e qualche excursus internazionale. Ancora una volta, la vita privata di Lisa si intreccerà con l’indagine e il risultato, ve l’assicuro, sarà esplosivo!      

mercoledì 11 ottobre 2017

Chef In Camicia: storia di Nicolò, Luca e Andrea


La ricetta giusta per una community dedicata al mondo del food che sta spopolando sul Web, un Social dopo l’altro, ha tre ingredienti: un laureato in economia, un tastierista indie e un artigiano della camiceria. Stiamo parlando di Nicolò Zambello, Andrea Navone e Luca Palomba, i tre giovani fondatori di “Chef In Camicia”, un progetto che, a due anni dalla sua nascita è diventato una realtà fresca e originale per raccontare la tradizione della cucina italiana alle generazioni di oggi e che testimonia come, anche in tempo di crisi, con coraggio e determinazione è possibile fare della propria passione un mestiere a tutto tondo.
Dopo il successo della pagina Facebook e del sito Web originali, “Chef In Camicia” si è moltiplicata, approfondendo anche altri settori del food and beverage, come il mondo della cucina vegana e vegetariana con “Chef In Camicia Veggie” e, solo da qualche giorno, l’arte dei cocktail e della mixologia con “Chef In Camicia Cocktails”. La formula, premiata da centinaia di migliaia di follower, è estremamente dinamica e permette di imparare ricette nuove e rivisitate in pochi minuti, grazie a video esplicativi e coloratissimi post, condivisi su tutti i canali Social.
Ognuno dei tre fondatori di “Chef In Camicia” ha un proprio stile e una propria idea di cucina ben precisa che mette a disposizione di tutti gli utenti: se Nicolò predilige una cucina ricercata, tanto negli ingredienti, quanto nelle tecniche utilizzate, Luca preferisce i profumi e i sapori dell’infanzia della tradizione della sua famiglia, mentre Andrea ama approfondire le ricette regionali del nostro Paese e, forse, sono proprio queste peculiarità a rendere questo trio di appassionati chef così irresistibili.
Ma come si costruisce un successo del genere in così poco tempo? E come è cambiata la vita di Nicolò, Luca e Andrea negli ultimi mesi? A raccontarcelo è stato lo stesso Nicolò Zambello, svelandoci i retroscena di un progetto che ha unito ancor di più un gruppo di amici guidati solo dalla passione per la cucina.


Tra fornelli e Social Network, “Chef in Camicia” è diventata una realtà innovativa ed eclettica, che racconta la cultura del cibo italiano. Facciamo un passo indietro nel tempo: come e perché nasce questo progetto? Chi erano gli inventori e chi sono oggi?

Ciao a tutti! Mi chiamo Nicolò e sono uno dei fondatori di “Chef In Camicia”. Si tratta di un progetto che nasce nel 2015 dall’idea di Andrea, Luca e mia, tre amici d’infanzia e sin dalle elementari. Tutti avevamo percorsi di studi differenti e altri lavori, ma avevamo da sempre una passione in comune: la cucina. Così abbiamo deciso di approfondire la nostra formazione in questo ambito e ci siamo lanciati in questa nuova avventura partendo da piccoli catering o eventi ristretti come chef a domicilio. Nell’arco di un anno siamo riusciti ad avere un riscontro economico tale che, nell’aprile 2016, abbiamo deciso di investire i guadagni nella creazione di “Chef In Camicia”, non solo una pagina Facebook, ma una vera e propria offerta digitale a tutto tondo, dal sito alle pagine Social, passando per Youtube.



A volte il nostro destino risiede proprio nel nostro nome: da cosa avete tratto ispirazione per il vostro, “Chef in Camicia”? Dove avete lasciato la divisa?

“Chef In Camicia”, oltre a essere un nome dal suono accattivante, è una vera e propria filosofia di vita per noi. La camicia per un uomo è una seconda pelle, un evergreen col quale non si sfigura mai, è semplice, ma elegante allo stesso tempo e ci avvicina a tutti i nostri follower che hanno in comune con noi la passione per la cucina e il desiderio di sperimentare ingredienti sempre nuovi, senza dimenticare l’importanza della tradizione. La divisa, invece, la lasciamo ai grandi chef che, diciamocelo, a volte se la tirano un po’…



Se doveste fare un bilancio di questa avventura fino ad oggi, quali sono le difficoltà quotidiane contro cui vi scontrate? E quali, invece, gli obiettivi raggiunti?

Le difficoltà iniziali sono state tantissime. All’inizio soprattutto, quando siamo partiti, i nostri catering non avevano una struttura solida, non avevamo un vero e proprio laboratorio e spesso abbiamo dovuto improvvisare qualcosa per non dire di no a grandi eventi, non facendo sempre bella figura. Da questi errori iniziali dovuti all’inesperienza abbiamo capito che quella strada non ci avrebbe condotto ad avere un’azienda ben strutturata, per cui abbiamo deciso di cambiare cimentandoci col mondo del digitale e il risultato raggiunto è stato eccezionale in così poco tempo. Il nostro più grande obiettivo centrato è stato attirare l’attenzione di un gruppo di investitori e di tante società che hanno creduto in noi e hanno deciso di darci fiducia, permettendoci di ambire a nuovi orizzonti.


Una cosa è certa: tutto ciò che ruota attorno al cibo è di grande tendenza negli ultimi anni. Come vi distinguete da questa grande offerta divulgativa, non solo sul Web?

Il cibo, soprattutto nel nostro Paese, è di tendenza oggi e lo sarà per sempre, perché la nostra tradizione è così ricca che deve essere conosciuta e, perché no, anche rivisitata e rinnovata di tanto in tanto. Nel corso degli anni di sicuro sono cambiate le modalità di racconto e di fruizione del mondo della cucina. Con le nuove tecnologie i modi di intrattenere le persone in questo senso sono in continua evoluzione e oggi, accanto a magazine e riviste, ci sono siti, blog e, soprattutto, pagine Social che devono catturare l’attenzione dei lettori senza rubar loro troppo tempo, ma dando anche informazioni di qualità. Quello che ci ha differenziato rispetto agli altri probabilmente è stata proprio la curiosità che siamo riusciti a creare nelle persone rispetto a ciò che stavamo facendo e questo, ancora oggi, ci permette di avere un buon seguito.



A cosa state lavorando attualmente? Svelateci quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro.

La grande novità di questo mese è “Chef In Camicia Cocktails”, una nuova pagina che è stata lanciata solo da pochi giorni, ma sta già riscuotendo un grande successo, aprendoci anche al mondo del beverage, dopo l’incursione di qualche mese fa nella cucina vegetariana e vegana della pagina “Veggie”.
Oltre a ciò, grazie alle competenze acquisite in questi anni di attività, stiamo lavorando alla produzione di nuovi format sempre legati all’ambito della cucina che a breve vorremmo mettere a disposizione delle aziende del settore. Capita che alcuni imprenditori non comprendano immediatamente il modello di business su cui è stato costruito “Chef In Camicia” e siano estranei a una realtà e a un modo di lavorare come il nostro, che invece potrebbe essere molto utile a tutte le aziende del settore, dando grandi vantaggi. Quello che noi potremmo fare per queste imprese, oltre a introdurre contenuti video per proporre i loro prodotti attraverso ricette e consigli, è dare loro una visibilità mirata su tutto ciò che riguarda il mondo del food di oggi, caratterizzato da una comunicazione sempre più digitale

Il sogno nel cassetto, tuttavia, sarebbe quello di arrivare in Tv con un programma tutto nostro… fateci un in bocca al lupo!

www.chefincamicia.com



mercoledì 4 ottobre 2017

Massimo Mangiapelo: la storia di Federica, ragazza del lago


C’era una volta, non troppo tempo fa, una ragazza sensibile e ribelle, di nome Federica, nata e cresciuta nelle vicinanze di un lago che amava molto. Fiera e determinata come sono le adolescenti di oggi, ancora bambine, ma desiderose di crescere in fretta, Federica era molto diversa dalle principesse che popolavano i suoi sogni di bambina. Voleva essere indipendente, lavorare, divertirsi, trascorrere le giornate con famiglia e amici, e di una cosa era certa: aveva incontrato quello che sarebbe stato il suo principe azzurro. Poco importava che questo principe fosse ben diverso da quello delle fiabe, Federica era innamorata come solo le ragazze al loro primo amore sanno essere. Voleva sentirsi amata come una principessa la notte del ballo in maschera, tra le braccia del suo principe.
Quando la mattina del 1 novembre 2012 Federica viene ritrovata morta sulle rive del lago che l’aveva vista crescere, la fiaba che ogni ragazza vorrebbe vivere si trasforma un raccapricciante racconto del terrore. Solo che non si tratta di un romanzo, ma di una storia vera.
Federica Mangiapelo aveva sedici anni quando la sua vita è stata spezzata per mano di chi diceva di amarla, il fidanzato Marco Di Muro che l’ha annegata, abbandonandola sulle rive del Lago di Bracciano, nei pressi di Anguillara Sabazia, a pochi chilometri da Roma. Al dolore e allo sconcerto della famiglia sono seguiti anni di indagini turbolente, inizialmente segnate da una serie di errori che hanno portato al vicolo cieco di un’insensata morte per cause naturali, con conseguente richiesta di archiviazione e, solo due anni dopo, all’arresto per omicidio volontario di Marco Di Muro, condannato successivamente a diciotto anni di reclusione in primo grado e a quattordici in appello.
In attesa che la Cassazione metta la parola fine sulla faccenda giudiziaria, ci ha pensato Massimo Mangiapelo, scrittore e giornalista, a rendere eterna sua nipote Federica con un libro dal titolo “Federica. La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore. In queste pagine l’autore ripercorre le tappe dell’intera vicenda fino agli inizi del primo processo contro Di Muro, raccontando la sofferenza di una famiglia alla quale per lungo tempo è stata negata giustizia a causa di perizie sbagliate e indagini superficiali.
In bilico tra il suo ruolo di appassionato cronista e quello di familiare incredulo per l’assurdità di una storia che mai nessuno vorrebbe raccontare, ma che chiunque potrebbe vivere, Massimo Mangiapelo ricostruisce e riferisce con delicatezza e lucidità ogni passo di un’inchiesta che, tra giornali e aule giudiziarie, ha scosso un’intera comunità. La storia di Federica oggi è diventata l’emblema dei nostri tempi difficili, segnati quasi dall’assuefazione circa la violenza sulle donne. Un libro che, a quasi tre anni dalla prima edizione, Massimo Mangiapelo continua a presentare in giro per l’Italia nella speranza che una storia così non debba mai più essere raccontata da nessuno.    



Occhi chiari e profondi da giovane donna, ma sorriso limpido e generoso da bambina che sta crescendo: chi era Federica Mangiapelo? E chi è oggi?

Federica era un’adolescente come tante altre, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Come tanti suoi coetanei, era una ragazza che si “ribellava” all’autorità dei genitori e degli insegnanti. Federica era una bellissima “piccola donna” che sembrava più grande rispetto agli anni che aveva. Cercava di mostrarsi un’adulta, ma allo stesso tempo dormiva ancora abbracciata al suo orsacchiotto.

Nel tuo libro “Federica. La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore, coniughi lo stile attento e scrupoloso, caratteristico della tua professione di giornalista, con i pensieri e le preoccupazioni più toccanti e profonde che solo un familiare può esprimere. Cosa ti ha spinto a esporti in prima persona? Cosa vuoi comunicare?

Ho voluto raccontare questa tragica vicenda perché l’ho promesso a mia nipote. Ero davanti alla sua tomba e pensavo a quello che le era accaduto. Pensavo che quanto era successo poteva accadere alle sue amiche, ad altre coetanee. Ed è stato in quel momento che ho deciso di scrivere un libro che, oltre alla storia puramente di cronaca e di vicende giudiziarie, ha voluto toccare i sentimenti più profondi, il dolore che abbiamo vissuto noi della famiglia, i ricordi di quanti l’hanno conosciuta. In qualche modo l’ho voluta rendere eterna. Ma, allo stesso tempo, il mio è un forte messaggio contro qualsiasi forma di violenza sulle donne.

Oggi che la giustizia ha risposto ad alcuni degli interrogativi che tu stesso ti ponevi tra le pagine del testo, è cambiato qualcosa negli equilibri della vostra famiglia?  Che ruolo svolge, o potrebbe svolgere, secondo te, l’opinione pubblica per la risoluzione di casi tanto cruenti e dolorosi?

Credo che, purtroppo, questa vicenda abbia ristabilito certi equilibri ed abbia fatto riflettere tutti noi sull’importanza della vita, sull’indispensabilità di vivere felici anche un solo istante. L’opinione pubblica è determinante, ma spesso troppo superficiale rispetto a problemi del genere. Forse l’alta percentuale, sempre in crescita, di femminicidi lascia ormai quasi indifferente l’opinione pubblica. Quasi fosse una guerra che si sta combattendo e alla quale non si possa porre rimedio. Sono due anni che giro l’Italia per presentare il mio libro e per lanciare un appello contro la violenza. Eppure molto spesso questi convegni vengono ignorati dalla gente, che preferisce argomenti più leggeri senza rendersi conto che una tragedia del genere potrebbe accadere dentro le proprie “mura”, nell’ambito della propria famiglia.



È il ricordo a mantenere vive le persone che non ci sono più e a dare alle famiglie la forza di andare avanti. Qual è il tuo ricordo più vivo di Federica? E come ti piacerebbe immaginarla oggi?

I ricordi di Federica sono dentro di me, ovunque, nell’aria che respiro. Federica la ricordo per quello che era, per il suo carattere, che mi piaceva in quanto somigliava all’adolescente che ero stato anch’io. Non so adesso, se fosse viva, cosa farebbe Federica, come sarebbe diventata. L’unica cosa di cui sono certo, vista la sua tenacia, è che di sicuro avrebbe fatto quello che le passava per la testa, quello che più amava. Qualunque traguardo lo avrebbe certamente raggiunto. Un giorno disse: “Voglio diventà famosa”. Mi dispiace che lo sia diventata per una storia così inaudita, per mano di chi avrebbe dovuto proteggerla.

Oltre al giornalismo, ti sei dedicato anche alla narrativa, svelando il tuo talento come autore a tutto tondo. A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro. 


Quando mi è stato impartito il sacramento della Prima Comunione, la mia vicina di casa mi regalò “Robinson Crusoe”. Dopo aver letto quel libro ho deciso che nella vita avrei voluto scrivere. È stata dura ma sono riuscito nel mio intento. Ho sempre coltivato questa passione, anche quando ero giovane e facevo tutt’alto lavoro. E questa passione mi ha portato a trovare la mia strada sia come scrittore che come giornalista. Attualmente sto scrivendo un nuovo romanzo, ma è troppo presto per rivelare dettagli. Ne parleremo un’altra volta.