C’era
una volta una
mattina come tante nella nostra Capitale. Le arterie del centro sono
congestionate dal traffico e le auto, che trasportano cittadini impazienti di
raggiungere le rispettive destinazioni, sbuffano l’una sull’altra i loro gas di
scarico destinati ad annerire marmi e travertini vecchi di secoli. Del biondo Tevere di scolastica memoria
resta solo una livida striscia bluastra, costeggiata dall’asfalto, una vena in
cui non sembra scorrere più il sangue. Inizia così “THE END? L’inferno fuori”, il primo film di Daniele Misischia, giovane sceneggiatore e regista romano che,
visto il successo dell’esordio, promette di sedere ben presto al fianco dei
grandi maestri dell’horror nostrano come interprete fedele e, nello stesso
tempo, rivoluzionario, del genere.
Il protagonista della storia è
Claudio Verona, interpretato da Alessandro
Roja, un cinico e arrogante uomo d’affari che tradisce sistematicamente la
moglie ed è guidato esclusivamente dalla sete di successo e di profitto. In
ufficio lo attende un cliente importante e, quando resta bloccato in ascensore,
non sa che, quello che in una qualsiasi altra mattina sarebbe stato solo un
seccante contrattempo, probabilmente potrebbe salvargli la vita. O condannarlo
per sempre.
“L'idea
di fare un film come “THE END? L’inferno fuori” nasce tra il 2011 e il 2012,” ci ha svelato il regista Daniele
Misichia. “A quei tempi non aveva nemmeno
un titolo. C'era solamente l'intenzione di raccontare l'apocalisse dal punto di
vista di un poveraccio rimasto bloccato in un ascensore guasto. Insieme a Cristiano Ciccotti, il co-sceneggiatore,
abbiamo subito capito che il modo più semplice di mettere in scena la fine del
mondo era quello dello zombie-movie, che nel nostro caso sono esseri infetti e
rabbiosi, perché gli zombie ‘classici’ non corrono. Abbiamo così scritto una prima stesura, che comunque non era molto
diversa da quello che poi è diventato il film uscito al cinema. Per molti anni
abbiamo tenuto la sceneggiatura nel cassetto, perché, sì, era un film
produttivamente semplice da realizzare, ma non così semplice da poterlo
autoprodurre. Negli anni qualcuno si è interessato al progetto, ma inizialmente
si è concretizzato ben poco e abbiamo perso parecchio tempo. Ma l’idea era
buona, me lo sentivo, e, nonostante il tempo trascorso, non perdeva di
attualità e di fascino”.
Man mano che le ore passano
all’interno dell’ascensore guasto, Claudio Verona si rende conto che
all’esterno c’è qualcosa che non va. I contatti che ha attraverso lo smartphone
sono insoliti, sembra che in città si stia diffondendo il panico. Visto che
nessuno riesce a sbloccare la situazione, Claudio apre uno spiraglio tra le
porte di metallo dell’ascensore e ciò che vedrà nelle lunghe ore successive
attraverso quei pochi centimetri gli sconvolgerà per sempre la vita. Uno strano
virus sembra aver infettato gran parte della popolazione, trasformando quelli
che fino a poche ore fa erano solo noiosi colleghi di lavoro, in famelici zombi
dall’udito sopraffino che attaccano e sbranano chiunque gli si pari davanti,
contagiandosi l’un l’altro. Tutto si svolge e viene vissuto da parte dello
spettatore dal punto di vista del protagonista intrappolato nell’ascensore dal
quale sembra impossibile uscire, ma che, nello stesso tempo, non permette
neppure agli zombie di entrare. Come in un moderno episodio di “Ai confini
della realtà”, l’impossibile sta diventando storia e la fine di tutto sembra
vicina.
“Un
giorno, nel 2016, i Manetti Bros. con cui collaboravo già da tre anni come
operatore e regista di seconda unità, mi hanno contattato perché volevano
leggere qualcosa di mio, dato che con la loro neonata produzione Mompracem
avevano necessità di produrre un film,” ci ha raccontato Daniele Misischia. “Ovviamente gli ho parlato
subito di THE END? e loro si sono incuriositi e interessati all’istante...
hanno letto immediatamente la sceneggiatura e, nemmeno tre mesi dopo, eravamo
in preparazione con il film. La lavorazione del film è filata liscia come
l'olio. Dopo tanti anni tutto procedeva nel migliore dei modi e il mio progetto
stata diventando realtà. I Manetti prima di essere produttori sono registi e
quindi sanno bene di cosa ha bisogno un film-maker sul set, e così mi hanno
lasciato carta bianca per la maggior parte degli aspetti artistici e lavorativi.
Insieme abbiamo deciso di contattare Alessandro Roja offrendogli la parte del
protagonista e lui si è subito affezionato al progetto, dato che aveva sempre
desiderato lavorare in uno zombie-movie”.
Alessandro Roja, nei panni del
protagonista, è estremamente credibile e attento a ogni sfumatura del
personaggio, a partire dalla leggera inflessione romanesca dei dialoghi. Pur
trattandosi di una pellicola girata quasi interamente in un ambiente chiuso è
squisitamente italiana. Fuori da quelle quattro mura metalliche e dalla luce
bluastra dell’ascensore c’è Roma messa a ferro e fuoco da nuovi barbari quasi troppo incredibili per essere veri, ma facili
da immaginare per come fanno capolino attraverso lo spiraglio che separa il
protagonista dalla realtà esterna. Certo non si tratta del primo film
ambientato all’interno di un ascensore, basti pensare, ad esempio, alle vittime
del diavolo di “The Devil”, ma la solitudine del protagonista, invece di
rallentare il ritmo del film, tiene alta la tensione e ne esalta il senso di
alienazione e lo smarrimento. Gli zombie, estremamente aggressivi e scattanti,
hanno più punti in comune coi nostrani Demoni di Dario Argento e di Lamberto
Bava, che con i sonnacchiosi e pigri morti viventi dell’indimenticabile Romero
e anche le scene più cruente sono dirette ed equilibrate.
“Le
riprese sono durate circa cinque settimane: quattro all'interno del set
principale del film, che è stato completamente ricostruito dal reparto
scenografia, e una quinta per le scene esterne e per dei piccoli recuperi,” ci ha spiegato Daniele
Misischia, raccontandoci le vicende che hanno caratterizzato la vita di questa
pellicola dopo la produzione e l’uscita nei cinema. “Con la distribuzione abbiamo deciso di fare uscire il film la settimana
di Ferragosto del 2018. Può sembrare una mossa folle, ma in realtà è un’ottima
strategia. I film al cinema in quella settimana sono pochi e la possibilità che
molti di quelli rimasti nelle grandi città vadano a vedere il film è alta. E, nonostante il periodo, nonostante un paio
di Colossi cinematografici che avevamo contro, il film è andato abbastanza
bene, con molte persone, anche solo incuriosite dal fatto di poter vedere un
film italiano così insolito, che sono andate a vederlo. Inoltre,
parallelamente, il film è stato venduto in altri paese e su alcuni servizi
streaming.
In molti hanno apprezzato il film, anche
perché forse hanno capito che tipo di progetto fosse. Dopo tanti anni in Italia
è tornato uno zombie-movie così “puro” e “diretto”, non contaminato da quella
voglia per forza “autoriale” che molto spesso contagia in modo prepotente
questo tipo di cinema. Qualcuno, però, sicuramente ha storto il naso e sono
uscite fuori anche critiche negative, alcune sicuramente condivisibili e
costruttive, altre, secondo me, gratuite e senza senso, mosse forse da uno
stupido senso di invidia (o di mancanza di sensibilità verso un certo tipo di
cinema indipendente), molto italiano. In Italia infatti c'è questa tendenza a
lamentarsi sempre. Se le cose non vanno bene ci si lamenta, se le cose vanno
bene ci si lamenta lo stesso, perché non vanno bene come si vorrebbe. Purtroppo
con questa mentalità non si andrà mai avanti e le cose rimarranno sempre le
stesse: nel cinema, nel lavoro, nella società, nella politica e così via.
Il film è uscito in DVD e Bluray il 13
Dicembre 2018, ma dopo l'uscita al cinema il suo percorso non si è per niente
fermato. THE END? ha continuato a girare nei festival, sia grandi, sia piccoli,
fino ad arrivare addirittura al Festival di Sitges 2018, che è il più grande
evento di cinema di genere al mondo. Questo per me è un grande traguardo e
motivo di orgoglio, per un piccolo film, che zitto zitto, senza rompere le
scatole a nessuno, sta vivendo di vita propria e, nonostante le critiche di
alcuni (pochi, per fortuna) è riuscito a diventare un piccolo caso
cinematografico”.
Mentre fuori
sembra davvero la fine, anche Claudio
Verona ha subito una metamorfosi dentro se stesso. Ha compreso l’importanza
dell’amore nei confronti della moglie e, grazie all’aiuto del poliziotto
Marcello, l’unico col quale è riuscito a interagire nonostante la prigionia all’interno dell’ascensore, ha
vissuto sulla propria pelle il senso più profondo dell’empatia col prossimo e
dell’importanza dell’istinto di sopravvivenza. La storia nella storia di questa pellicola è proprio il fascino
maligno di ciò che non si vede, ma si può facilmente immaginare: la nostra
Capitale distrutta e il terremoto emotivo interiore del protagonista.
Il finale
inatteso di questa pellicola che, ancora una volta, si affaccia su una Roma
deserta e sconvolta, ci fa porre un lecito quesito: siamo sicuri che sia
davvero la fine? La vera sfida per Daniele Misischia potrebbe
essere un sequel che esplori ancora
più profondamente l’orrore di quanto già immaginato? Nel frattempo, vissero
(?!) tutti felici, contenti e in attesa della prossima storia nella storia…