mercoledì 31 maggio 2017

Valeria Luzi: senza Amore non c’è Gusto!

Tutti la chiamano La Scrittora e chi la conosce sa bene che non c’è modo migliore per definirla, visto che per l’instancabile Valeria Luzi scrivere è un mestiere a tempo pieno. Da quando ha raggiunto il successo con “Ti odio con tutto il cuore” e “Mi manchi troppo per dimenticarti”, i romanzi editi da Newton Compton che hanno fatto conoscere il suo talento al grande pubblico, infatti, non si è più fermata, continuando a deliziare i lettori con le sue storie tra amore, cucina e tanto altro.
Dopo una Laurea in Filosofia e un’esperienza di vita a New York che l’ha spinta a inseguire i suoi sogni senza riserve, Valeria Luzi ha deciso di coltivare la sua passione di bambina e ha ripreso in mano carta e penna, diventando in breve tempo una tra le scrittrici italiane più lette e amate degli ultimi tempi, soprattutto per la sua capacità di declinare l’amore in ogni sua sfaccettatura, con ironia e tenerezza, grazie ai suoi esilaranti personaggi, ai quali è facile affezionarsi.
In effetti, è proprio il caso di dirlo: senza amore non c’è gusto, ma oggi che, tra le altre cose, scrive sceneggiature per il cinema e si occupa di affiancare autori emergenti con corsi di scrittura creativa e editing, gli orizzonti di Valeria Luzi si stanno allargando. Non è passato molto tempo dalle avventure della testarda ristoratrice Susi e dell’orgoglioso chef Michael Di Bella, tanto diversi quanto innamorati, tuttavia Valeria è pronta per dare una svolta alla sua carriera di autrice, cimentandosi anche nella narrazione di altre forme di amore nei suoi romanzi di prossima uscita, iniziando col raccontare proprio la sua vera storia d’amore.
Nell’attesa non ci resta, dunque, che ingannare il tempo navigando sul ricco Blog diValeria Luzi - La Scrittora, dove, tra una video-recensione e l’altra, fa riflessioni e dà consigli col garbo e l’eleganza che la contraddistinguono, ma anche col coraggio e la leggerezza di chi ha avuto la fortuna e la perseveranza di trasformare un talento in una professione a tutto tondo.


Tra l’odio feroce e l’amore appassionato il passo sembra essere decisamente breve per Susi e Chef Michael, i protagonisti di “Ti odio con tutto il cuore” e “Mi manchi troppo per dimenticarti”, Newton Compton. Raccontaci la genesi di questi romanzi: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Quando ho letto il romanzo di Anna Premoli “Ti prego lasciati odiare”, edito sempre dalla Newton Compton e Premio Bancarella 2013, ho capito che anche io volevo scrivere una storia di amore e odio dalla forte componente ironica, e, pensando alle varie ambientazioni che avrei potuto utilizzare, ho scelto la città in cui ho vissuto per un anno, New York. Per quanto riguarda lo chef star della TV Michael Di Bella, il protagonista maschile, ho tratto ispirazione dallo chef Gordon Ramsey, di cui ho sempre seguito i programmi.

Quando i lettori si affezionano ai personaggi di una bella storia, scrivere un seguito è un po’ come tornare a sentire il calore di una famiglia virtuale per un autore che mette il cuore in ciò che scrive. Ma quali sono i trucchi per non ripetersi e mantenere alto l’interesse del pubblico? E, siccome non c’è due senza tre, forse stai preparando una trilogia?

Esatto! Alla fine della prima stesura di “Ti odio con tutto il cuore”, ero così affezionata ai personaggi, che ho deciso subito di scrivere un seguito. Solo che poi il problema era cercare qualcosa di nuovo e originale a proposito di Susi e Mike. L’espediente classico sarebbe stato farli litigare di nuovo, per gelosia o per qualsiasi altro motivo, ma li avevo fatti discutere così animatamente nel primo, che mi piangeva il cuore a farlo di nuovo. Così ho escogitato l’escamotage di un misterioso incidente e della conseguente amnesia di Susi, per costringere Mike a conquistarla di nuovo.
Avevo immaginato un terzo libro per raccontare la storia della nipote di Susi e il cugino di Mike, ma nel frattempo ho deciso di scrivere la mia storia d’amore e quindi credo proprio che quel filone sia esaurito.


Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Che autrice sei: segui l’ispirazione in qualunque momento della giornata o hai un metodo collaudato al quale non sai rinunciare?

All’inizio scrivevo quando avevo tempo, soprattutto la notte, e non avevo un metodo o una pianificazione specifici. Da quando invece scrivere è diventato il mio lavoro a tempo pieno, ho dovuto necessariamente strutturarlo come un qualsiasi altro impiego, lavorando minimo otto ore al giorno e imponendomi delle scadenze. In ogni caso, cerco di seguire sempre l’ispirazione e di trasmettere nei libri tutte le emozioni che provo mentre scrivo.

È ancora possibile, secondo te, al giorno d’oggi, fare della scrittura una professione a tempo pieno? Cosa significa collaborare con un grande editore? Dai un suggerimento a un giovane che volesse seguire le tue orme.

È possibile, anche se molto molto difficile. Nel mio caso, oltre a scrivere libri, mi occupo anche di editing per aspiranti scrittori, lezioni di scrittura creativa e lavoro come sceneggiatrice. Quindi sempre tutti lavori in ambito editoriale, un mondo molto sfaccettato e controverso. Collaborare con un grande editore può essere molto stimolante ma anche pericoloso, perché le grandi case editrici sono delle aziende che badano soprattutto ai numeri. A tutti gli aspiranti scrittori che mi contattano consiglio di leggere tantissimo, soprattutto i classici, di frequentare un corso di scrittura creativa e di farsi aiutare nella correzione della prima opera da un editor, che può anche fargli da Virgilio nel complicato mondo dell’editoria.



A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


Negli ultimi anni, anche grazie alla psicoterapia, ho capito che i romanzi rosa sono stati una tappa del mio cammino di scrittrice e che adesso sono pronta ad andare avanti. Oltre al libro sulla mia vera storia d’amore, che spero uscirà l’anno prossimo non con la Newton Compton, ho in programma di scrivere dei libri di narrativa, in cui ci sarà sempre l’amore, ma non per forza tra uomo e donna, come nel romanzo rosa, ma magari tra due sorelle, tra madre e figlio. Storie emozionanti e formative, senza uno scontato lieto fine.

mercoledì 17 maggio 2017

Giuliano Scavuzzo: il fascino dei Templari, tra Storia e Leggenda

Quanto si è scritto sui Cavalieri Templari, il misterioso Ordine sempre in bilico tra fede e violenza? Tra saggi, romanzi e saghe, davvero tanto. Ma in pochi sono riusciti a entrare così in profondità negli aspetti più inediti di questa impenetrabile confraternita, come Giuliano Scavuzzo col suo romanzo “Il marchio perduto del Templare”, edito da Newton Compton. La particolarità di questa storia sta proprio nella capacità dell’autore di mescolare note fonti storiche a leggende meno conosciute, fino a creare un intreccio che si basa principalmente sulla rivalità tra il protagonista, il Templare Shane de Rue, e il suo antagonista, Lucifuge, il capo di un gruppo di Cavalieri che, in seguito alla prigionia in Terra Santa, hanno venduto l’anima al diavolo e vogliono scatenare l’Apocalisse.
Oltre allo spessore psicologico di questi personaggi, buoni e cattivi nello stesso tempo, perché mossi da emozioni così forti, da condurli a sfidare perfino le forze della natura, l’originalità di questo romanzo sta nell’abilità di Giuliano Scavuzzo di amalgamare il romanzo storico a quello esoterico, sullo sfondo di una Roma dimenticata, dipinta in modo tanto vivido, da fare invidia alle grandi saghe.
Assieme a un variegato quadro di personaggi solo apparentemente secondari, come l’impenetrabile strega Lilith, l’unica che può liberare Shane dalla spaventosa maledizione che lo tormenta, e lo scaltro Don Graziano, il prete deciso a salvare la vita dei gemelli il cui sacrificio dovrebbe mettere in moto l’Apocalisse, torna il topos della ricerca di un Grimorio perduto ma necessario per compiere la cerimonia verso la distruzione finale.
Un romanzo dai ritmi incalzanti e dallo stile semplice, ma intrigante che cattura a tal punto, da far sperare presto in un seguito degno di personaggi che hanno ancora molto da raccontare.  



Sei Cavalieri Templari che hanno votato l’anima al diavolo, un misterioso Grimorio scomparso e una maledizione che incombe nella infinita lotta tra il bene e il male: inizia così “Il marchio perduto del Templare”, Newton Compton, un romanzo dal ritmo incalzante. Raccontaci la genesi di questo libro: cosa ti ha ispirato durante la stesura e cosa hai voluto trasmettere?

A ispirarmi è stata la storia di Roma che in pochi conoscono: quella della povera gente, della vita comune e dei reietti. Le leggende che animano l’urbe sono moltissime, spesso ignorate dagli stessi romani, è incredibile scoprire che quasi nessuno, ad esempio, conosce quella di Castel Sant’Angelo, o quelle relative al Pantheon e allo stesso Colosseo. Volevo raccontare una storia nella Storia, uno scorcio oscuro in cui quasi tutto veniva spiegato o con la fede, o con la stregoneria.

Quando e da dove nasce il tuo bisogno di scrivere? Che autore sei: segui l’ispirazione a qualunque ora del giorno o hai un metodo collaudato al quale non sapresti rinunciare?

Da sempre amo scrivere, ricordo che al liceo impiegavo meno di mezz’ora per fare temi di svariate pagine, le parole scorrevano da sole. Però per far diventare la scrittura un mestiere servono impegno e dedizione. Chi dice: “Scrivo quando mi sento ispirato”, a mio avviso, non è uno scrittore. Scrivere deve essere prima di tutto un mestiere, va preso alla stregua di qualsiasi attività lavorativa. Uno scrittore è prima di tutto un artigiano, credersi artisti è un atto di assoluta presunzione. Il mio metodo è semplice: mi alzo la mattina e rileggo quanto fatto il giorno precedente, questo mi aiuta a “entrare nel romanzo” e poi scrivo. Fino a quando? Finché posso, anche tutta la giornata. Consiglio solo qualche pausa caffè, per sgranchire membra e mente.

Come definiresti Shane e Lucifuge, protagonista e antagonista di questo romanzo? In generale come delinei i personaggi delle tue storie e le vicende che si trovano ad affrontare, tra realtà storica e fantasia?

Shane e Lucifuge sono due anime ferite, forse mortalmente. Non amo i personaggi monodimensionali: cattivi ultra perfidi o buoni vicini alla canonizzazione! In ognuno di noi ci sono luce e ombra, bene e male, la cosa difficile è scegliere volta per volta e agire secondo coscienza. Così quando creo un personaggio gli costruisco intorno una storia, che spesso nel romanzo neanche racconto. Non serve per il lettore, ma per me, per entrare nella mente del personaggio e farlo agire e parlare in base al suo passato. Ma soprattutto ciò che li rende vivi, a mio avviso, sono le motivazioni.

Per saper scrivere bene occorre, senza dubbio, leggere molto. Che libri ci sono al momento sul tuo comodino? Che generi e quali autori prediligi?

Leggere è essenziale, senza dubbio. Come lo scrivere tanto, e di tutto. Personalmente sono un lettore caotico al limite del patologico. In questo momento sul mio comodino ci sono alcuni libri molto diversi tra loro: Per chi suona la campana di Hemingway, La stanza profonda di Vanni Santoni), I miti celtici di Miranda Green, Il libro dei Chakra di Anodea Judith, Il cavaliere nero di Bernard Cornwell, A ovest di Roma di John Fante.

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


In questo momento sto lavorando a due romanzi che ho appena finito di scrivere. Uno è il sequel de “Il marchio perduto del Templare”. È quindi un romanzo storico-esoterico e mi sono addentrato ancora più in profondità nelle tradizioni, oscure e mediche, del periodo. L’altro è qualcosa di nuovo, di diverso rispetto agli storici, ma non svelerò di più...

mercoledì 10 maggio 2017

Felicia Kingsley: amori, disastri e… un matrimonio imprevedibile!


Mogli e buoi dei paesi tuoi? Sarà solo un detto popolare, non troppo consono alle persone di origini illustri, ma la nobile Catriona deve averlo pensato di certo quando ha diseredato sua figlia per aver sposato e messo su famiglia con un uomo qualunque. Tuttavia il sangue non è acqua e, magari, sarà stata proprio questa convinzione ad averla spinta, in punto di morte, a dare una possibilità a Jemma, la maldestra nipote a lei praticamente sconosciuta. Jemma è una ragazza come tante, spontanea e stravagante. Vive a Londra in un piccolo seminterrato, fa la truccatrice e fa i salti mortali per tirare avanti, cercando di tenere insieme i pezzi di una vita decisamente caotica e disordinata. Quando il suo avvocato le annuncia che è l’unica erede legittima della famigerata e ricchissima nonna Catriona, non può credere alle sue orecchie. Ma ciò che la sconvolge maggiormente è l’unica condizione posta dalla nonna per entrare in possesso di tutta la sua fortuna. Jemma deve sposare un uomo di nobili origini. Proprio lei che, in amore, prende una cantonata dopo l’altra dietro a personaggi che farebbero accapponare la pelle alla nonna schizzinosa. Ma la vegliarda ha proprio deciso di prendersi la sua rivincita dall’aldilà e non c’è scappatoia legale che tenga. Come fare, dunque, per non rinunciare a quella fortuna piovuta dal cielo? Il destino vuole che un cliente dell’avvocato di Jemma versi in condizioni economicamente altrettanto disastrose. Si tratta di Ashford, dodicesimo duca di Burlingham, un giovane bello, brillante, spregiudicato e così in rosso, da rischiare di perdere beni e titolo. L’accordo è presto fatto: a Jemma serve un titolo, ad Ashford un bel po’ di soldi. Non resta, dunque, altro da fare che organizzare un bel matrimonio di convenienza e ognuno avrà quello che desidera. A meno che l’amore non ci metta lo zampino…
Tra forma e sostanza, ricevimenti e imprevisti, Felicia Kingsley ha firmato un romanzo che fa emozionare e sorridere dalla prima all’ultima pagina. “Matrimonio di convenienza”, infatti, si avvia ad essere la nuova rivelazione nata dal passaparola sul Web e scoperta e pubblicata da Newton Compton a beneficio del grande pubblico di lettori. Una storia frizzante sull’importanza delle scelte coraggiose e sull’intramontabilità di valori universali come l’amore e l’amicizia, che non conoscono né contratti, né convenzioni, ma solo la sensibilità dell’empatia e della naturalezza.



Un testamento inaspettato, un antico titolo nobiliare e… un matrimonio in quattro e quattr’otto! Sono questi gli ingredienti di “Matrimonio di convenienza”, Newton Compton, una commedia romantica che è destinata a lasciare il segno. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Prima ancora della trama, credo di aver pensato ai personaggi. Continuavo ad avere in testa questa Jemma, pasticciona ma tosta con un animo romantico, poi, insieme, sono arrivati Ashford e Harring. Questi personaggi hanno iniziato a convivere nella mia fantasia e in poco tempo si sono creati i legami di odio-amore-amicizia-rivalità che tengono in piedi la trama. Il matrimonio è stato un diversivo per fare incontrare i mondi opposti di Ashford e Jemma che, altrimenti, non sarebbero mai stati destinati a incrociarsi. Ho cercato di divertirmi durante la scrittura. Pur apprezzando i thriller, i romanzi a sfondo storico e le biografie, nella mia biblioteca i rosa non mancano mai. Sono come la cioccolata nella credenza. Quindi, se dovessi dire cosa mi ha ispirato nella stesura ti risponderei proprio: la cioccolata. Volevo che “Matrimonio di convenienza” fosse l’equivalente di quel quadretto di fondente (o al latte, o bianco, o come piace) che, dopo averlo morso, ti fa sentire bene, ti fa “staccare” dalla cruda e fredda realtà per un po’. Il guilty pleasure della giornata. Non so se ci sono riuscita, ma l’intento era quello.

Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Che autrice sei: segui l’ispirazione in qualunque momento della giornata o hai un metodo collaudato al quale non puoi rinunciare?

Io e la scrittura ci siamo incontrate quando avevo dodici anni e ci siamo piaciute subito. È stata una mia fedele “compagna di giochi”. Fin da piccola ho sempre avuto la tendenza a fantasticare, a perdermi in un mondo tutto mio e a inventare storie. L’esigenza di scrivere ha preso il sopravvento quando queste storie stavano diventando troppe e i personaggi si stavano affollando nella mia testa. Scrivere è stato un modo per fare ordine e liberare spazio. Un po’ come fa Albus Silente con il suo pensatoio. Vorrei essere abbastanza veloce a scrivere per stare al passo con la mia fantasia, ma non sempre ho il tempo o la voglia. Qui veniamo al tipo di autrice che sono: indisciplinata. So di autrici che tutti i giorni si danno delle soglie temporali o numero di parole da raggiungere, ma per quanto mi riguarda non funziona. Vita e lavoro permettendo, ci sono giorni in cui resto a fissare il monitor scrivendo e cancellando in continuazione, altri giorni ho l’ispirazione, tutto chiaro in testa al dettaglio, ma sto guidando in autostrada e nel tempo di rincasare, l’attimo magico è svanito. Per arrivare a mettere il punto devo fare leva su tutta la mia forza mentale e concentrazione. Scrivo quando posso, mattino, pomeriggio o sera, non fa differenza, quello che non deve mancare però è la musica. Sottofondo obbligatorio.

Come definiresti Jemma e Ashford, gli irresistibili protagonisti della tua storia? In generale come delinei i personaggi dei tuoi romanzi e le loro avventure?

Jemma è incasinata, istintiva, senza filtri, un po’ tamarra ma buona come il pane. È il prodotto del contesto in cui è cresciuta. La sua cocciutaggine è predominante fino a metà della storia, il ché può risultare irritante, ma chi non combatterebbe un po’ nel trovarsi con una vita in stand-by, costantemente giudicato da tutti? Ho voluto una protagonista combattiva, perché trovo che ultimamente i personaggi femminili dei romanzi siano un po’ troppo remissivi. Anche Ashford è figlio del suo ambiente, ma rispetto a Jemma è un po’ più sottile, moderato, ha un suo equilibrio. Per far venire fuori il suo carattere, Harring è fondamentale.
In generale mi piace dare ai miei personaggi una vita, non solo l’amore. Questo può essere ritenuto un dilungamento inutile per le fan del “bacio subito”, ma tutte abbiamo una vita, è un dato di fatto, e questa plasma tutte le nostre decisioni. L’instant love, l’incontro con l’anima gemella alla prima pagina, almeno per ora, non è nelle mie corde.

Tra Tv, cinema e letteratura, il matrimonio sembra davvero tornato di moda, tanto che sta ispirando molti autori i quali, proprio come te, lo prendono a pretesto per raccontare le loro storie. E tu come immagini il tuo? Prova a fare un volo di fantasia…

Da bambina ero ossessionata dal matrimonio! Collezionavo riviste da sposa, ma solo per il gusto di fantasticare sugli abiti. Lo sposo era marginale quanto gli addobbi floreali in chiesa.
Con il tempo, ho ridimensionato il mito, complice il fatto che ho dieci cugini molto più grandi di me e, dopo aver assistito a tutte le loro nozze, mi sono levata la voglia.
Detto questo, mi sono guardata la diretta del Royal Wedding comodamente seduta sul divano, vestita elegante, con una tazza di Earl Grey.
Oggi, credo di essere più un tipo da matrimonio a Las Vegas: vestito di organza fuxia a balze, sposo in giacca di pelle e prete vestito da Elvis.

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


Sto ultimando un romanzo, sempre rosa, ma dalle venature più “cattive”, guidato dal fil rouge della vendetta. Ma prima che veda la luce, c’è già pronto qualcos’altro. Stavolta, però, niente matrimoni, solo… bugie.