È l’insindacabile giudizio positivo dei
lettori a fare di un romanzo un giallo
perfetto.
Ecco la regola d’oro di Enrico Luceri, uno dei giallisti più
apprezzati del panorama letterario italiano, grazie alla sua capacità di coniugare
l’ispirazione e il talento allo studio dei classici del genere e delle
strutture narrative che sostengono gli intrecci nei vari sottogeneri.
La sua carriera di scrittore decolla con
la conquista del Premio Tedeschi nel
2008, col suo indimenticabile romanzo “Il mio volto è uno specchio”, uscito,
come di consueto, nella prestigiosa collana dei Gialli Mondadori. Accanto al
suo stile scorrevole e asciutto, Enrico Luceri è tra i pochi autori a saper
associare trame avvincenti, dalle ambientazioni squisitamente nostrane, e una
capacità descrittiva inimitabile, che contribuisce a tenere alta la tensione,
quasi come se le immagini di ciò che accade scorressero vivide di fronte ai
nostri occhi.
Il successo di Enrico Luceri deriva, senza
dubbio, dal grande amore che lo lega al genere letterario che lo vede
protagonista e, quindi, dalla lettura e dall’approfondimento di tutti gli
autori, sia italiani, sia stranieri, ma anche dal suo talento nel contaminare
le varie sfaccettature del giallo, strizzando l’occhio anche ai grandi registi italiani,
da Lucio Fulci a Dario Argento, andando ben oltre il thriller e il poliziesco.
In attesa di vederlo tornare in tutte le
edicole d’Italia, il prossimo anno, con un nuovo e imperdibile Giallo
Mondadori, Enrico Luceri ci ha raccontato nel dettaglio tutti i suoi progetti
futuri, dalla narrativa, alla saggistica, svelandoci, inoltre, quali sono i
suoi segreti per scrivere un giallo
perfetto anche per i lettori più esigenti.
La
vittoria del Premio Tedeschi ti ha consacrato tra i giallisti più apprezzati
del panorama letterario italiano. Che autore sei e quando ti sei reso conto che
questo talento sarebbe potuto diventare una professione? Come e da dove nasce
la tua esigenza di scrivere?
In un’intervista rilasciata durante il
montaggio di “Suspiria”, nella seconda metà degli Anni '70, trasmessa parecchio
tempo dopo su Rai Tre nel notturno “Fuoriorario”, il regista Dario Argento
sostiene che la molla che lo spinge a fare del cinema non è il desiderio di
raggiungere la fama o la ricchezza, ma quello di essere amato e dare amore. Vale
anche per me per quel che riguarda la scrittura.
Sembra un paradosso, ma, a volte, nei
romanzi di genere, gli assassini uccidono per lo stesso motivo, o forse sarebbe
più corretto chiamarlo movente: per amore.
Difficile comprenderlo a prima vista, ma
anche i loro crimini, così laboriosi e complicati nella preparazione e nella
messa in scena, non sono altro che una lunga, disperata, straziante richiesta
d'amore. Proprio perché è difficile comprenderlo, io scrivo queste storie: per
capire, o, perlomeno, provare a farlo, affinché si giudichi solo dopo aver
compreso quell'impasto di rancori, rimorsi, rimpianti che chiamiamo sentimenti
e sono in fondo la più umana e concreta testimonianza dell’essere vivi.
Come
si struttura il giallo perfetto?
Quanto contano un buon incipit, un’efficace scansione dei capitoli e dei
personaggi credibili e complessi? Svelaci i tuoi segreti…
Per me un giallo è un meccanismo simile al
congegno di un orologio a carica, dove ogni elemento, ogni ruota dentata o
molla, assolve un compito, senza il quale il meccanismo non funziona. Trama di
genere, personaggi, enigma, atmosfera, suspense devono fondersi e concorrere
alla riuscita di una storia. Nessuno deve prevalere. Per metafora: un giallo
così è una squadra di calcio costruita per sviluppare uno schema di gioco ben
preciso, che schiera solo i giocatori in grado di praticarlo.
Forse la prima cosa da chiedersi è cosa
sia davvero un giallo, al netto di regole e decaloghi che appartengono, loro
sì, a un’altra epoca. Cosa sia un giallo in
pratica, verrebbe da dire, empiricamente.
Un giallo è anche, ma non solo,
un’indagine su un mistero, in genere un omicidio. Un giallo è anche, ma non
solo, un gioco di prestigio in cui lo scrittore/illusionista sfida il
lettore/spettatore a trovare il trucco con cui viene confuso nella ricerca
dell’assassino. Un giallo è anche, ma non solo, una vicenda calata in
un’atmosfera di tensione che cresce all’evolversi della storia. Un giallo è
anche, ma non solo, qualcosa che ogni autore mette di suo, se ama il genere che
scrive con la stessa passione con cui lo legge e se lo considera un fine e non
un mezzo.
Un giallo è anche e soprattutto tale se è
apprezzato dai lettori, i quali possiedono un patrimonio di conoscenza che
permette loro di dare un giudizio competente, equilibrato e onesto. E sono loro
che, dopo aver girato l’ultima pagina del romanzo, stabiliscono se hanno appena
finito di leggere un vero giallo o qualcosa spacciato per esso. Questo è il giallo perfetto: quello che i
lettori riconoscono come tale.
Sono
abituato a parlare poco, ad ascoltare con attenzione gli altri quando parlano,
e, soprattutto, a ricordare quello che sento. Questo mi ha
aiutato molto. Quando scrivo, parto da una prima intuizione: un'idea, un viso,
un titolo, un ricordo, un gesto anche banale. Attorno a questa, costruisco,
piano piano, il mio orologio del
giallista. Scrivo scalette molto dettagliate, divise per capitoli, simili
alle storyboard cinematografiche, con
descrizioni di ambienti, personaggi, abbozzi di dialoghi, sviluppo della trama.
Quando comincio a scrivere il testo definitivo del romanzo, i pezzi dell'orologio
e le istruzioni del montaggio sono pronti e collaudati, ma lo costruisco
comunque con calma, cura e pazienza.
L'incipit è importante, certo, ma a me
interessa moltissimo anche la frase conclusiva: credo sia quella che resta
impressa nella memoria del lettore.
Ho letto “Il corsaro nero”, di Emilio
Salgari, a dieci anni, e ricordo sempre la frase finale del romanzo, che,
secondo me, è una delle più belle della letteratura di tutti i tempi, per
l'emozione che trasmette: «Guarda lassù! Il Corsaro Nero piange».
È
ancora possibile, oggi, secondo te, fare della scrittura un mestiere a tempo
pieno? Cosa significa collaborare con un grande editore? Dai un suggerimento a
un giovane che volesse seguire le tue orme.
Innanzitutto bisognerebbe scrivere solo
ciò che, con grande umiltà e senso della misura, si è ragionevolmente certi di
conoscere. Poi avere la modestia di revisionare la propria opera, privandola di
quello che non serve alla trama, ma solo a "fare colore".
È necessario, inoltre, avere chiara la
distinzione fra generi, ognuno dei quali ha caratteristiche proprie ben precise.
Ci si deve affidare a idee valide, non
banali e del tutto coerenti con il genere letterario che si vuole praticare e
ricordare sempre che la forma priva di sostanza non ha valore, malgrado ciò che
sostengono alcuni stravaganti addetti ai lavori.
Si dovrebbe evitare la moda di risolvere
un mistero usando un espediente tecnologico, o, perlomeno, non solo quello, ma
arrivare alla soluzione con psicologia, intuito investigativo, indizi, logica
e, se serve, un pizzico di fortuna (ma solo un pizzico).
Non bisogna cascare nella trappola della vocazione letteraria: è una
consapevolezza che si acquista nel tempo.
Quindi: prima di proporre l'opera a un
editore, un aspirante scrittore deve verificare che questi pubblichi romanzi o
racconti del genere praticato, meglio ancora leggerne qualche libro, per avere
un'idea precisa della casa editrice e del suo catalogo.
Se si partecipa a un concorso che prevede
la pubblicazione di un'opera, si deve verificare che la nostra soddisfi i
requisiti del bando e leggere e analizzare come sono state scritte quelle
vincitrici delle precedenti edizioni: insomma capire se è l'ambiente giusto per
proporre il proprio romanzo o racconto.
Quando, infine, si stabilisce un rapporto
di collaborazione con un editore, grande o piccolo che sia, è necessario essere
schietti e rispettosi dei consigli ricevuti, analizzandoli con modestia, ma se
si è convinti delle proprie idee, rischiare e insistere con quelle.
Non so quali siano le difficoltà, che
immagino esistano, quando la scrittura è un mestiere a tempo pieno, l'ho sempre
praticata mantenendo il mio impiego, ma questi modesti consigli possono essere
utili a chiunque.
Ho dedicato trent'anni della mia vita a un
lavoro difficile, impegnativo, spesso ingrato e raramente elogiato, ma una
delle poche cose che ho imparato negli anni è che si amano proprio coloro che
ci fanno soffrire, perché nell'amore la passione prevale sulla razionalità. E
questo vale anche per il lavoro.
Quali
sono i tuoi consigli di lettura per un aspirante giallista? Tu che lettore sei:
che generi e quali autori prediligi?
Ciò che penso, anzi di cui sono sicuro,
vale per me e non ha alcuna pretesa di oggettività: credo sia necessario amare
appassionatamente il genere narrativo che si pratica.
Occorre, dunque, leggere romanzi e
racconti, o fumetti, vedere film o sceneggiati e commedie teatrali: insomma
tutte le forme espressive in cui si può narrare un giallo. Qualcuna piacerà di
più, altre di meno, tutte, però, potranno lasciare un'ispirazione, una traccia
da seguire per alimentare la propria fantasia. È importante amare quello che si
scrive, soprattutto se si ha la fortuna, e, se vogliamo, un pizzico di merito,
che lo amino anche i lettori, perché sono loro gli unici giudici della validità
di una trama.
Non bisogna perdersi d'animo se,
all'inizio, s'incontrano difficoltà, ma insistere, tenacemente, lavorando con
umiltà, cura, dedizione e seguendo la propria strada e ciò in cui si crede. Il tempo
premia l'impegno.
Leggo prevalentemente gialli, ma non solo.
La mia giallista preferita è Agatha Christie. Ne apprezzo le opere,
naturalmente, ma soprattutto il carattere: la riservatezza, la modestia, il senso
della misura e lo humour tipicamente inglese. Spero di somigliarle, almeno in
questi aspetti del carattere.
Leggo anche saggistica, non solo di
genere. Recentemente ho apprezzato due carteggi, molto diversi fra loro, ma
ugualmente interessanti: “Un viaggio chiamato amore”, la corrispondenza fra i
poeti e amanti Sibilla Aleramo e Dino Campana, poi “Caro Maestro...” e “Lettere
a Marta Abba”, il decennale e fitto scambio di lettere fra Luigi Pirandello e
la sua attrice preferita e musa, Marta Abba. Sarebbe complicato e forse inutile
spiegare come e perché, ma ambedue queste letture mi hanno ispirato altrettanti
gialli!
A
cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il
futuro.
Recentemente sono stati pubblicati il racconto lungo “Punto
improprio”, in ebook, nella collana Delos Crime, e il romanzo “Solo dopo il
crepuscolo”, scritto insieme a Sabina Marchesi, in libreria per la collana
Comma21 dell'editore Damster. Sono due opere molto diverse fra loro a cui tengo
molto.
Il romanzo “Uno, due, stringi le mie mani tra le tue”
sarà pubblicato a breve in e-book da FlimFlam. È un thriller e, già dal titolo,
s'intuisce che una filastrocca ha un'importanza decisiva, come pure un trauma
infantile, un testimone oculare di un omicidio, un assassino vestito di nero e
una costruzione della suspense che rappresenta un deliberato omaggio alla
filmografia del Maestro Dario Argento.
In ebook, a
ottobre, uscirà una raccolta di racconti il cui titolo è tutto un programma: “Il
primo rancore non si scorda mai”: dieci percorsi della memoria in altrettanti
racconti, dieci storie da ricordare come sogni dopo una lunga nottata, sperando
che siano davvero soltanto incubi che si dissolvono all'alba.
Un discorso a
parte merita la serie “M-Files”, creata e realizzata insieme agli amici e
colleghi Giulio Leoni e Massimo Pietroselli. Sono stati pubblicati su Amazon i
primi tre episodi, altrettanti li seguiranno in autunno. Nell'Italia degli Anni
'30, tre giovani brillanti e anticonformisti vengono reclutati da una
misteriosa sezione M che indaga su misteri al limite della realtà, proprio come
faranno parecchi anni dopo, al di là dell'Atlantico, gli agenti Mulder e Scully
con i loro X-Files!
A maggio del 2017, l'appuntamento, invece, è in
edicola con il romanzo “L'ora più buia della notte”, nel Giallo Mondadori: un
enigma classico, con pochi personaggi, una villetta che custodisce molti
segreti, diversi colpi di scena e una soluzione che, spero, sorprenderà i
lettori. A proposito di questa collana, in futuro mi auguro tornerà anche il
commissario Buonocore, un personaggio cui sono molto affezionato, in un romanzo
intitolato “Le notti della luna rossa”.
Sempre nel 2017, le edizioni Profondo Rosso
pubblicheranno un mio saggio dal titolo provvisorio “Pistole e pupe”, sulle
case editrici romane di genere giallo e horror, ma non solo, fra gli Anni '50 e
'80 del secolo scorso, scritto con la collaborazione e supervisione del Maestro
e amico Luigi Cozzi.
Altre opere, già consegnate agli editori, non hanno
ancora una data di pubblicazione consolidata, ma arriveranno comunque a lettori
di gialli. Prima o poi.