domenica 28 febbraio 2016

Tre buone ragioni per cui Leonardo Di Caprio merita di vincere l’Oscar


Manca davvero poco alla notte più attesa dalle Star di Hollywood e dagli appassionati di cinema e chi, come noi, era in piena adolescenza quando “Titanic” è approdato sul grande schermo, battendo ogni record, non potrà che fare il tifo per Leonardo Di Caprio, affinché, dopo numerose Nomination, riesca finalmente a portare a casa il suo primo Oscar come attore protagonista. La faccenda, ormai, è diventata un vero e proprio tormentone, che impazza sui Social a suon di like e twit, neanche si trattasse di uno strano incantesimo per cui il bell’attore statunitense sia destinato ad arrivare sempre a un passo dalla statuetta, senza mai aggiudicarsela. Ma, tra favorevoli e contrari, Leonardo se lo merita davvero questo Oscar? Sarà, finalmente, arrivata la volta buona? Per saperlo non ci resta che aspettare ancora qualche ora, ma non prima di avervi svelato le nostre tre buone ragioni per cui Leonardo di Caprio merita di vincere l’Oscar…

1.      Forever young. Chi ha seguito senza pregiudizi la carriera di Di Caprio ha potuto constatare come, dietro a quel sorrisetto da eterno ragazzino, ci sia grande versatilità. Fin da giovanissimo, infatti, Leonardo ha dimostrato di saper unire il proprio talento innato a un grande impegno, interpretando ruoli diversissimi tra loro, anche quando il suo aspetto da fidanzatino d’America sembrava penalizzarlo.

2.      We want you! Record dopo record, Leonardo non ha sbagliato un film. Dai primi passi nell’indimenticabile “Buon compleanno Mr. Grape”, fino a “The Revenant”, dove dà prova di catturare lo spettatore con una prestazione magnetica, Di Caprio ha dimostrato di saper valutare con cura ogni pellicola da interpretare, sia per migliorare sé stesso come attore, sia per riuscire a emozionare il pubblico, senza mai essere banale.


3.      Di Caprio Mania. Essere stato il protagonista di un Kolossal come “Titanic” ha di sicuro aperto molte porte al giovane Leo, dandogli una popolarità così improvvisa, che non ha più avuto uguali negli anni a venire, ma che ha rischiato di danneggiarlo. Nonostante ciò Di Caprio non si è adagiato e ha lavorato duramente per togliersi di dosso un’etichetta che non gli rendeva giustizia, scegliendo accuratamente i ruoli più interessanti per mettere in luce le sue doti. 

martedì 23 febbraio 2016

Monica Zavatta e Salvatore Dattolo: “ARTfactor”, un’Associazione al servizio dei nuovi talenti


Dal sodalizio artistico tra Monica Zavatta e Salvatore Dattolo è nata, nel 2015, l’Associazione Culturale ARTfactor, che sta diventando, a meno di un anno dall’apertura, un punto di riferimento per tutti gli artisti del litorale romano e non solo.
Il percorso artistico di Monica Zavatta e Salvatore Dattolo inizia già in giovane età: pittrice dalla straordinaria versatilità nell’uso del colore lei e scultore evocativo ed eclettico lui, Monica e Salvatore hanno compreso l’importanza della condivisione di idee e di spazi nell’attuale panorama artistico della loro zona e sono riusciti a creare un’Associazione che, oltre a essere diventata, in poco tempo, un polo di aggregazione per gli appassionati, riesce a plasmarsi a seconda delle esigenze degli artisti che decidono di associarsi. Accanto alla possibilità di partecipare a mostre collettive dai temi originali e a interessanti corsi di formazione, l’Associazione dà l’opportunità a ogni artista di offrire ai propri fruitori percorsi artistici su misura, dalle esposizioni personali, alle lezioni interattive.
In mostra perenne, inoltre, ci sono alcune tra le più interessanti opere dei soci fondatori: i meravigliosi dipinti e le sorprendenti sculture su materiali innovativi di Monica Zavatta e le sculture in legno e pietra di Salvatore Dattolo, capace di dare forma a ogni emozione.

Che artista sei: è una passione che coltivi da sempre o si tratta di un talento che hai scoperto recentemente?

Monica:
Dipingere è una passione che è cresciuta insieme a me. Fin da bambina, infatti, ho vissuto immersa in un ambiente creativo, dove pittura e artigianato artistico erano “pane quotidiano”. Mio padre, doratore di professione, e mia madre avevano l’hobby della pittura, si dilettavano nel dipingere su tela paesaggi, vedute cittadine e riproduzioni di dipinti orientali. Quindi non saprei dire quando ho iniziato a dipingere. Di fatto ricordo che già all’età di quattordici anni producevo significativi disegni a mano libera premiati alle mostre scolastiche. Da lì in poi il mio percorso artistico si è arricchito molto. Ho perfezionato le tecniche pittoriche studiando principalmente all’Accademia di Arti Ornamentali di Roma, ma anche seguendo corsi di grafica di animazione e scultura del legno. La pittura ad olio su tela è la mia tecnica preferita, a cui sono approdata dopo largo utilizzo di matite, pastelli, acquerelli, carboncini, acrilici e tecniche miste ed è quella che attualmente prediligo.
Invitata da un amico a partecipare ad una mostra pittorica ad Ostia Antica, dove vivo, rimasi affascinata da un mondo a cui ero, fino ad allora, estranea. Iniziò così, nei primi anni ’90, la mia carriera espositiva. Da allora è stato tutto un susseguirsi di partecipazioni ad eventi artistici in diverse località italiane ed in gallerie dove ho ottenuto riconoscimenti e premi. Ho fatto parte di diverse associazioni culturali artistiche e poi, nel 2015 ne ho fondata una mia, l’Associazione Culturale ARTfactor, insieme ad un amico scultore, Salvatore Dattolo.
Nel corso degli anni, spinta dalla ricerca creativa, ho dato vita a una nuova tecnica di scultura, risultato dalla fusione di più materiali naturali che scolpisco con scalpelli e sgorbie. Queste opere, che ho chiamato sculture in gemar (acronimo delle iniziali dei materiali di cui sono composte), nascono dopo un attento studio sulla manipolazione di materiali come argilla, pietra, gesso, sabbia, legno e si ispirano principalmente al mondo classico e mitologico. Ogni scultura è lavorata a mano e rappresenta la sintesi del mio lavoro artistico, che si avvale della linea sottile del disegno e del modo di scolpire la pietra, pur rimanendo molto simile ad un bassorilievo.
Queste sculture, montate su basamenti in legno, vogliono avvicinarsi a frammenti di opere archeologiche, sia per le figure mitologiche rappresentate, sia per la frammentazione dell'opera stessa.

Salvatore:
Sono sempre stato affascinato dall’arte e dalle sue espressioni. La mia passione per la scultura risale all’infanzia, periodo in cui ho iniziato a conoscere e lavorare i materiali naturali come il legno, la pietra e i metalli. Nell’età adulta la mia passione è cresciuta con me. Nel tempo, pur essendo molto impegnato nella mia professione, ho trovato il modo e lo spazio da dedicare alla scultura, partecipando anche a diverse rassegne ed esposizioni in gallerie a Roma. Presso la Galleria “Il Leone” di Roma, in particolare, ho ricevuto una targa e sono stato premiato con una mostra personale. Attualmente mi dedico a tempo pieno all’arte vivendola giorno per giorno: “traduco” le mie emozioni in qualcosa di concreto, prendendo come pretesto il legno o la pietra con l’intenzione di trasmettere ciò che sento e sperando di “incidere” positivamente l’animo di chi osserva le mie opere.       

Cosa vuoi comunicare con le tue opere e cosa ti ispira maggiormente?

Monica:
Negli anni ho prodotto innumerevoli opere figurative. Inizialmente, affascinata dagli animali, ho reso loro omaggio dipingendo molti ritratti di tigri, leoni, leopardi, gatti e cani. Poi, con la maturazione artistica, il mio interesse si è rivolto alla figura e al paesaggio attraverso i quali ho espresso in modo più completo la mia personalità artistica.
Attraverso le mie opere pittoriche sul paesaggio marino desidero comunicare una sensazione di pace e serenità che pervada lo spettatore. Le tonalità di azzurro e l’ampia prospettiva dei paesaggi permette a chi guarda di “entrare” nel dipinto e di sentirsi parte di esso. Adoro il mare, il sole e i mille riflessi che danzano tra gli azzurri dell’acqua. Tra cielo e mare vola il mio pensiero, prima di iniziare un nuovo dipinto. Lo spazio immenso che lancia lo sguardo fino all’orizzonte mi colpisce particolarmente. La sensazione di azzurro che provo alla vista del mare pervade tutto il mio essere e non posso fare a meno di riportarla nei miei dipinti.

Salvatore:
Le mie opere nascono da influenze quotidiane o da eventi che passano alla ribalta anche in maniera dirompente, come le guerre, le immigrazioni di massa e la violenza sulle donne. Ho scolpito “L’urlo muto”, “Lampedusa” e “Femminicidio” ispirato proprio da fatti quotidiani che in maniera diversa esprimono amarezza sociale e rabbia nei confronti di eventi drammatici. Ma anche emozioni positive, come l’amore e la rinascita, trovano spazio nelle mie opere: “L’addio a Karol”, “Il mio Cristo”, “L’insegnamento”, “Luce al mondo” e “Amare” sono state realizzate immergendomi in emozioni di cordoglio, amore divino, amore per l’insegnamento e la nascita, sentimenti sempre più messi in disparte in questa società.

Raccontateci la genesi di “ARTfactor”, la vostra Associazione artistica e culturale: da dove nasce l’idea di mettere insieme le forze per creare una realtà al servizio di chi ama l’arte a tutto tondo?

Questo è il modo in cui noi stessi abbiamo deciso di presentarci sul sito www.artfactor.altervista.org creato appositamente per presentare gli eventi e le iniziative della nostra Associazione, che si trova tra Roma e Ostia:

“L'Associazione Culturale ARTfactor nasce nel 2015 su progetto di Monica Zavatta e Salvatore Dattolo. Pittrice-decoratrice l'una e scultore l'altro decidono, guidati dallo spirito artistico che li contraddistingue, di intraprendere questo viaggio meraviglioso del lavorare insieme e fondere i propri stili creativi. Animati dalla loro creatività, con una incessante carica positiva, necessaria per intraprendere questa folle strada, ritenuta dai più una inutile perdita di tempo, ma ampiamente supportata dagli amici-artisti, si dedicano al loro lavoro artistico con passione. L’Associazione ha uno spazio espositivo visitabile quotidianamente, nel quale i soci espongono le loro opere negli eventi organizzati, ed un laboratorio, vera e propria officina delle arti, dove creare le proprie opere. L’Associazione si propone di riunire e far conoscere gli artisti del territorio per uno scambio artistico-culturale di qualità.”

Cosa significa essere un artista nella società di oggi? Che ruolo ha, o potrebbe avere, l’arte in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo?

Monica:
La mia arte di oggi è il prodotto del mio background artistico trentennale, con una forte nota di indistruttibile ottimismo, che intendo caparbiamente mantenere, proprio considerato il periodo di crisi che anche l’arte sta vivendo negli ultimi anni.
Essere un artista oggi significa, per me, innanzitutto credere fortemente nella propria arte ed amarla come si ama un bambino, incondizionatamente. Mantenere tale sentimento sembra, a tratti, impossibile, se ci facciamo travolgere, per esempio, dalle pessime notizie trasmesse alla televisione. Tuttavia, proprio perché siamo immersi in una società violenta e consumista che non lascia spazio all’espressione della persona e ai suoi sentimenti, io personalmente coltivo proprio quei sentimenti di cui si riscontra una carenza e cerco di esprimerli attraverso l’arte. Uso colori e forme come pretesto per trasmettere pace, serenità, gioia di vivere, allegria e amore per la natura e, quando una persona, di fronte ad un mio
dipinto, percepisce tali sentimenti, la mia felicità è grande. La mia opera, il mio sentire hanno “toccato” l’animo dell’altro con un dono impalpabile, ma significativo.

Salvatore:
Un artista rimane sempre un artista in qualsiasi società vive. Oggi, in parte del mondo, assistiamo alla distruzione dell’arte o alla copertura di opere d’arte quasi come si trattasse di una vergogna. Mi domando in che mondo viviamo. La crisi dei nostri giorni sembra non finire mai, ma noi abbiamo la medicina anti stress: l’ARTE.

Che eventi sono previsti in calendario per l’Associazione “Art factor” durante quest’anno appena iniziato? Come si può sostenervi concretamente?

L’Associazione Culturale ARTfactor per il 2016 propone ai soci, oltre a numerosi corsi aperti al pubblico, quattro mostre collettive e non solo. I soci hanno la possibilità di realizzare le proprie mostre personali nello spazio espositivo, di organizzare eventi artistico-culturali, di insegnare la propria arte presso la sede, di essere presenti sul sito dell’associazione e di partecipare al tour-artistico previsto per agosto in Sardegna.
Questi i titoli e le date delle mostre collettive in programma:

  •  “4 X 4 – TECNICHE A CONFRONTO”, mostra collettiva di pittura. Presenta quattro artisti che espongono le loro opere eseguite con diversa tecnica. Acquerello, olio, acrilico ed altro daranno la possibilità allo spettatore di apprezzare la differente espressività degli artisti. PERIODO ESPOSIZIONE: dal 19/3 al 2/4. 
  • “LIBERTA’ DI AMARE”, mostra di pittura e scultura. Mette in risalto l’espressione creativa degli artisti intorno al tema dell’amore, inteso nel senso più libero del termine. Amore rivolto verso le persone, gli animali, le comunità di appartenenza, i propri ideali o passioni che si perseguono nella vita ed altro. PERIODO ESPOSIZIONE: dal 30/4 al 14/5.
  • “IL SOGNO, ESPRESSIONE DELL’ANIMA”, esposizione di opere pittoriche, scultoree ed installazioni multi-materiali. Con questa mostra si vuole evidenziare l’espressione dell’anima attraverso il sogno. Gli artisti, per mezzo della grande varietà espressiva propria del loro sentire, proporranno opere di pittura, scultura ed installazioni multi-materiali ritraenti quel meraviglioso mondo interiore che la nostra anima ci comunica con il sogno non solo notturno. Il sogno visto anche come visione, intuizione e creazione “tradotto” nelle forme e nei colori con i quali gli artisti “giocano” quotidianamente. PERIODO ESPOSIZIONE: dall’ 8/10 al 22/10.
  • “IO INVENTO… UNA NUOVA TECNICA ARTISTICA”, esposizione di opere pittoriche, scultoree ed installazioni multi-materiali. In questo singolare evento verranno messe in evidenza opere realizzate con innovative e originali tecniche pittoriche, scultoree e installazioni multi-materiali. Ogni artista espone opere realizzate con i più svariati materiali attraverso i quali mette in evidenza la propria voglia di innovazione nel campo dell’arte.  PERIODO ESPOSIZIONE: dal 26/11 al 10/12.

Gli artisti intenzionati a partecipare possono prenotarsi presentandosi direttamente in sede, oppure contattandoci telefonicamente. Allo stesso modo, coloro che fossero interessati a partecipare ai nostri corsi possono contattarci scrivendoci o telefonandoci ai recapiti presenti sul nostro sito.
È possibile sostenere l’Associazione iscrivendosi ad essa o facendo delle donazioni volontarie che verranno utilizzate per l’acquisto di quanto necessario per l’organizzazione di eventi, corsi e seminari d’arte.


Associazione Cultuale ARTfactor


Via Timoteo Bottigli, 37, Dragona-Roma


www.artfactor.altervista.org


artfactor2015@gmail.com


Monica Zavatta 348 2933092 - www.artezava.com


Salvatore Dattolo 339 2192361

domenica 21 febbraio 2016

Diego Cocco: sogni e speranze di un poeta metropolitano


Tra personaggi surreali e atmosfere oniriche, ogni parola è una lama affilata, pronta a trafiggere la percezione del quotidiano di ogni lettore: “Lame senza memoria”, Lettere Animate Editore, è una toccante raccolta di poesie e racconti in versi di Diego Cocco, un autore dotato di un talento e di una profondità innate. In una società caotica come quella in cui viviamo non è facile ritagliarsi il tempo e lo spazio necessario per riflettere sulla nostra interiorità, spesso consumata dalle frenesie della routine. È qui che, come un balsamo rigenerante, si inseriscono i percorsi di Diego Cocco, molto più di viaggi virtuali fatti di parole e rime, ma veri e propri specchi nei quali chiunque di noi può riflettersi, in cerca di una cura per l’anima. La definizione di poeta metropolitano, dunque, calza alla perfezione a questo autore che è riuscito a coniugare lo stile graffiante ed evocativo della letteratura horror, con l’immaginario fantastico del fumetto, miscelandoli al fascino della poesia, nient’affatto lontana dal nostro quotidiano, come falsamente si è portati a pensare al giorno d’oggi. Solitudine, indifferenza, discriminazione. Bullismo, precarietà, inadeguatezza. Questi sono solo alcuni dei temi di grande attualità dei quali Diego Cocco riesce a occuparsi con la perizia del saggista e lo slancio del poeta, in bilico tra la paura della quotidianità e la voglia di credere nei propri sogni.



“Lame senza memoria”, Lettere Animate Editore, è una struggente raccolta di poesie e racconti in versi, grazie alla quale si compie un meraviglioso viaggio nell’animo umano. Raccontaci la genesi di questo libro: cosa ti ha ispirato durante la stesura? Cosa vuoi comunicare?

Per spiegare la genesi di questa raccolta devo partire raccontando in breve la mia esperienza di autore. Circa sei anni fa ho iniziato a partecipare a innumerevoli concorsi letterari sparsi per il web e non solo, raccogliendo qualche buon risultato, ma anche parecchie delusioni.
Poi, un giorno, ho capito che il mondo delle letteratura, con tutte le sue derivazioni (case editrici, comitati organizzatori, gli autori stessi) è l’amplificazione distorta del reale, nel bene e nel male. Se è vero che in qualche oasi c’è del buono, il sentiero su cui si è costretti a camminare è un deserto pieno di serpenti sempre pronti a giocarti qualche velenoso scherzetto. L’invidia spadroneggia e spesso anche gli amici indossano maschere per confonderti le idee.
Insomma, ad un certo punto ho sentito la necessità di dire la mia in un modo nuovo, liberandomi dall’ansia dell’aspettativa e dagli schemi imposti dai meccanismi dell’editoria moderna. Ho capito che la poesia avrebbe potuto fare al caso mio, a patto che avessi trovato uno stile personale di espressione, libero da rime, metriche e vecchi cliché.
“Lame senza memoria” nasce da questa necessità: raccogliere le sensazioni del quotidiano e trasmetterle, attraverso il potere dei versi, in maniera semplice e diretta sulla pagina. Ogni singola parola acquista, infatti, un valore e una forza senza pari e lo scrivere diventa un’arma da utilizzare per condividere pensieri, realtà, incubi e speranze.
I personaggi all’interno dell’opera e il modo in cui agiscono sono frutto di incontri reali, chiacchierate con amici o semplici impressioni dettate da uno sguardo. Ai lettori risulterà difficile crederlo, ma ho avuto veramente a che fare con una vecchietta che voleva mostrarmi il Basilisco, così come ho parlato a un bambino che aveva le caramelle al miele e ne sapeva più di me. Ho subito il dramma tragicomico delle voci nelle sale d’attesa degli ospedali e lo sguardo dei manichini in carne e ossa nelle vetrine dei negozi di abbigliamento.
Insomma, la mia fonte d’ispirazione migliore è la vita di tutti i giorni, con i paradossi, i drammi e le illusioni dei suoi protagonisti, troppo spesso testimoni impotenti del ristagno di idee e intenti dell’era in cui si ritrovano a vivere.

Cosa significa essere un poeta al giorno d’oggi? Che ruolo ha, o potrebbe avere, la poesia in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo nella nostra società?

Credo che essere un poeta moderno significhi tradurre gli stimoli del nostro tempo in versi che facciano riflettere, dando anche la possibilità di osservare la vita e il mondo che ci circonda da punti di vista differenti.
Sono consapevole che si tratta di un ruolo di nicchia, ascoltato e seguito solo da chi possiede una certa sensibilità d’animo e non è assorbito dall’affanno del sistema.
Un altro fattore rilevante è che, in generale, le persone hanno perso la capacità di ritagliarsi uno spazio di “meditazione”, non saprei come definirlo meglio: sono talmente presi dalla frenesia del quotidiano che vanno avanti perdendo i pezzi migliori. La mia sfida è tentare di scuotere almeno una parte di queste coscienze, precipitate nel torpore del vivere, affogate dal lavoro, dai social, dai problemi della famiglia.
Scrivo poesie e racconti in versi per cercare consapevolezza: personale innanzitutto, ma anche quella dei lettori. Mi piacerebbe incontrarli un giorno e sentirmi dire: non sei solo.

La particolarità della tua poetica e, in generale, del tuo percorso di scrittore, è l’interesse per la letteratura del terrore e per le forti emozioni: da dove nasce quest’esigenza? È possibile coniugare horror e poesia?

Sono cresciuto leggendo libri e fumetti che spaziavano nei generi più vari: fantascienza, western, avventura, thriller e horror; ed è appunto una particolare declinazione del macabro che mi ha colpito più di tutte: l’orrore quotidiano. Non quello fatto di sangue e ossa spappolate, ma un’ombra più indefinita e terribile, la paura scaturita dalle situazioni di ogni giorno: il bullismo, l’indifferenza, le dodici ore chiusi dentro un buco di ufficio, la fila alle poste, l’abbandono, l’incertezza di riuscire ad arrivare alla fine del mese, la preoccupazione di poter dare un futuro decente ai propri figli. Potrei continuare per ore.
Questi sono gli incubi con cui dobbiamo fare i conti; i mostri del cinema e della letteratura, se messi a confronto con tutto ciò, fanno quasi tenerezza.
Credo, per questo, che il mio non sia un desiderio di declinare ciò che scrivo in ambiti di terrore e raccapriccio, ma si tratti più semplicemente del risultato scaturito da un’attenta analisi di quello che mi sta intorno. Di materiale a disposizione – purtroppo – ce n’è davvero tanto; io scelgo di imprimerlo sulla pagina con forza, senza mezzi termini, per aprire al lettore un varco in cui abbia la possibilità di chiedersi finalmente: dove stiamo andando?

A quali grandi movimenti del passato ti rifai? Hai dei grandi Maestri di riferimento?

Non esiste un movimento particolare del passato nel quale mi riconosco. Nel mio piccolo provo a offrire qualcosa di nuovo nel già vasto panorama letterario, con la speranza di ritagliarmi uno spazio dignitoso nel complicato sistema di cui ho accennato prima.
Se devo nominare alcuni grandi maestri che più di tutti hanno influenzato – e ancora influenzano – i miei lavori, non posso fare a meno di citare Stephen King, per la sua capacità di narrazione, Charles Bukowski, per la schiettezza e la lucidità con cui riusciva a trasmettere le sue tragiche esperienze di vita, e, ultimo ma non ultimo, Tiziano Sclavi, per avermi fatto conoscere l’orrore in nuove forme, lontano anni luce dai vecchi stereotipi del genere.
Un altro importante autore italiano, che mi ha colpito con un’opera particolare è Cesare Pavese con la sua raccolta di poesie “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Uno stile che si discosta parecchio dal mio, ma che mi è rimasto nel cuore.

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.

Un autore non si ferma mai, nonostante il poco tempo, il sonno e le notti troppo corte. Al momento sto lavorando al mio secondo libro di poesie e racconti in versi, il cui titolo provvisorio è “Ti abbandonano presto”. Sarà una raccolta molto simile a “Lame senza memoria”, poco meno di sessanta opere per raccontare tante vite/non vite con cui ci troviamo a condividere la stessa aria ogni giorno.
E poi c’è un racconto lungo (potrei quasi definirlo un romanzo breve) che ogni tanto mi richiama a sé come se avesse urgenza di essere scritto. La storia è incentrata sulle visioni di un bambino e il dramma della solitudine, ma è ancora presto per svelare i dettagli, soprattutto perché non prevedo di finirlo in tempi brevi.
La poesia, se messa a confronto con qualsiasi altro genere letterario, ha un vantaggio non indifferente: offre la possibilità di raccontare una sensazione, un’idea, un mondo in poche righe. Io utilizzo parole taglienti e le metto in fila come fossero coltelli da conficcare direttamente nel cuore del problema.
Credo che il titolo della mia raccolta, in questo senso, sia piuttosto azzeccato.


mercoledì 17 febbraio 2016

Rocco Ballacchino: la mia trama imperfetta, tra le strade di Torino


Una ciocca di capelli e un misterioso messaggio vengono ritrovati in piazza Carlo Alberto, a Torino, proprio sotto un monumento. Questa è solo la prima tappa di una discesa verso gli abissi della follia che porterà il commissario Sergio Crema e il critico cinematografico Mario Bernardini a condurre un’indagine dai ritmi serratissimi, nella quale nulla è come appare. Dopo un inizio difficile, infatti, le prove conducono la polizia a collegare gli indecifrabili indizi disseminati per la città alla scomparsa di due persone. Sembra che un criminale senza identità stia sfidando le forze dell’ordine servendosi dei monumenti dedicati ai personaggi del Risorgimento. Questo strano rebus da risolvere mette a dura prova anche il noto acume di Crema e Bernardini, alla strenua ricerca dell’unica falla che può rendere il piano del loro ignoto nemico una trama imperfetta. Come se non bastasse, a far da sfondo alla vicenda, c’è l’equilibrio sentimentale dei due protagonisti, messi alle strette dall’imprevedibile fascino femminile di due donne apparentemente molto diverse, ma ugualmente irresistibili.
“Trama imperfetta”, Fratelli Frilli Editori, è l’ultimo romanzo di Rocco Ballacchino che ha per protagonisti l’imperturbabile commissario Crema e il cinico critico cinematografico Bernardini, una coppia insolita che, grazie al talento dell’autore, cattura i lettori con una sinergia magnetica. Accanto a loro, muta testimone di fatti apparentemente inspiegabili, c’è una Torino misteriosa che Rocco Ballacchino dipinge con emozione palpabile, nonostante il ritmo incalzante, pagina dopo pagina, dia quasi l’impressione di trovarsi tra gli incroci di una metropoli d’oltreoceano. A dispetto del titolo, la trama dell’autore non fa una grinza, dipanandosi in un percorso tortuoso, dal quale si fatica a sottrarsi fino alla fine, grazie soprattutto alla capacità dello scrittore di intrecciare i dialoghi taglienti con l’aspetto psicologico di un’indagine intricata, complessa e estremamente attuale.  



“Trama imperfetta”, Fratelli Frilli Editori, è un thriller davvero emozionante, che coniuga il ritmo incalzante della letteratura d’oltreoceano, con le atmosfere apparentemente rassicuranti di una delle più belle città italiane, Torino. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

L'idea di fondo era quella di inserire Crema e Bernardini, i due protagonisti, in un'indagine riguardante i monumenti di Torino dedicati al Risorgimento, un'idea utile anche per riscoprire alcuni episodi storici dimenticati. Mi sono domandato che cosa sarebbe potuto accadere se una mente criminale avesse messo degli indizi, relativi a persone scomparse, ai piedi dei monumenti. Tutto ha avuto inizio da lì.

Chi sono Sergio Crema e Mario Bernardini, i protagonisti del tuo libro? Come li definiresti e, in generale, come delinei i personaggi delle tue storie?

Sergio Crema è un commissario dall'esistenza piuttosto normale che cerca di conciliare gli oneri del lavoro di poliziotto con il ruolo di padre e marito. Mario Bernardini, invece, è un critico cinematografico, dal pessimo carattere, che non le manda a dire e che non sopporta l'ipocrisia. Sono due personaggi apparentemente distanti, ma uniti da un'amicizia che, pagina dopo pagina, si va consolidando. Devo ammettere che, proseguendo nella mia attività di autore, presto sempre più attenzione alla costruzione del personaggio rispetto alla trama, aspetto che privilegiavo soprattutto nei primi romanzi.

Da dove nasce il tuo desiderio di scrivere? Che autore sei: segui l’ispirazione in qualunque momento della giornata o hai un metodo collaudato dal quale non puoi prescindere?

Ho cominciato a scrivere tanti anni fa, esercitandomi a vuoto, senza smanie da pubblicazione, per diverso tempo. Sono piuttosto abitudinario e preferisco scrivere soprattutto al mattino presto, in sessioni che, solitamente, non superano le due o tre ore. Per la fase di documentazione approfitto invece, degli spazietti liberi che si presentano nel corso della giornata.

Per saper scrivere bene, occorre, certamente, leggere tanto: che libro c’è sul tuo comodino? Che generi prediligi? E cosa pensi della diffusione dell’ebook anche nel nostro Paese?

Sto leggendo “Luce perfetta” di Marcello Fois (Einaudi), un romanzo bellissimo che consiglio. Io lo definirei un classico moderno. Leggo soprattutto gialli, perché facendo parte del gruppo di autori Torinoir, e curandone il sito, voglio essere aggiornato su cosa esce in quell'ambito. La diffusione dell'ebook mi sembra che stia subendo un rallentamento rispetto alle previsioni. Io continuo a tifare per la carta, ma questa è solo un'opinione personale. Può comunque servire agli esordienti per lanciarsi, senza paracadute però, nel mondo editoriale.

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.


Sto scrivendo il terzo episodio della saga Crema-Bernardini. Devo ancora decidere se sarà il conclusivo o meno. Mi piacerebbe dedicarmi maggiormente alla scrittura teatrale, completando un nuovo testo che sto scrivendo. Se avessi due vite lo farei molto volentieri.

www.roccoballacchino.it



giovedì 11 febbraio 2016

Blog Tour: “Nel calore del tuo corpo” di Silvia Carbone e Michela Marrucci


Quando Swami Peterson riceve la notizia che deve prendere parte all’apertura del testamento del nonno materno, non esita a partire per Hardin, una piccola comunità del Montana, per vedere il ranch che ha appena ereditato, ma ha una gran fretta di tornare alla sua caotica vita a Boston e al suo lavoro.
La giovane stacanovista, però, non ha fatto i conti col destino che la porterà a incontrare il bel mandriano Riley Carson, immergendola in un mondo che ruota attorno alle meraviglie, ma anche ai capricci della natura e che è scandito da ritmi ben diversi da quelli ai quali è abituata in città. Tra i due l’alchimia è immediata, ma i loro caratteri forti e, solo apparentemente, inconciliabili li porteranno a scontrarsi, un battibecco dopo l’altro. Riley, infatti, è bello da togliere il fiato e cela una tenera fragilità che ne attenua l’arroganza, rendendolo ben diverso dagli uomini in giacca e cravatta ai quali Swami è abituata. Come comportarsi, dunque, di fronte a questa tempesta di emozioni inaspettate? Swami è confusa, ma, complice l’inebriante clima del ranch, scopre che il vero amore può nascondersi nei luoghi più imprevedibili.
Con l’imperdibile intervista che segue, “Fatti i fatti tuoi!” apre la quarta tappa del secondo Blog Tour dedicato a “Nel calore del tuo corpo”, il nuovo romanzo di Silvia Carbone e Michela Marrucci, appena uscito nella collana “Love” della Compagnia Editoriale Aliberti.
Come “Love” ci ha piacevolmente abituati nelle ultime settimane, questo romanzo è un tripudio di emozioni, che coinvolgono il lettore, pagina dopo pagina, verso un finale delizioso. Nonostante si possa pensare che il contesto nel quale sia ambientata la storia d’amore tra Swami e Riley sia ben lontano dal nostro, è molto piacevole immergersi nella piccante chimica che lega i protagonisti nei quali è facile immedesimarsi, tra cavalli e rodei. I dialoghi sono accattivanti e le descrizioni molto credibili, grazie anche a una struttura solida, a una narrazione scorrevole e a un interessante apparato di esilaranti personaggi secondari, ma non meno importanti, che fanno spiccare i protagonisti con grande efficacia.
Silvia e Michela lavorano in simbiosi: il loro affiatamento è tale da renderle davvero un’anima sola tra le pagine della loro storia e questo è ciò che davvero ci conquistati di questo romanzo, facendocene innamorare. Anche quel pizzico di erotismo non impoverisce affatto la storia d’amore tra Swami e Riley che si abbandonano alla passione, ma non tralasciano mai i propri sentimenti, esplorandosi sotto ogni aspetto emotivo. E cosa c’è di meglio, a San Valentino, se non abbandonarsi al vero Amore?


“Nel calore del tuo corpo” è una delle ultime perle della collana “Love”, un brand only digital tutto dedicato all’amore in ogni sua sfaccettatura e lanciato recentemente dalla Compagnia Editoriale Aliberti. Raccontateci la genesi di questo romanzo: cosa vi ha ispirato durante la stesura? Cosa volete comunicare?

“Nel calore del tuo corpo” nasce dalla passione comune per i popoli dei nativi americani e per tutto quello che ruota attorno ai cowboy. Abbiamo effettuato diverse ricerche sul popolo Cheyenne, cercando di studiare le loro tradizioni in modo da rendere più veritiera possibile la nostra storia. Ci siamo fatte una cultura anche dei rodei, analizzando video trovati sul web, per poter trasmettere le emozioni che queste competizioni riescono a regalare. Noi per prime volevamo avere l'impressione di essere lì, sugli spalti, ad osservare questa gara e ci auguriamo di essere riuscite a trasmettere queste emozioni anche a coloro che hanno letto o leggeranno il nostro libro.

Scrivere a quattro mani deve essere un’esperienza emozionante e le coppie di autrici che, nel panorama letterario italiano, hanno intrapreso questo percorso sono davvero poche. Quando e come nasce il vostro sodalizio? E qual è il segreto della vostra sintonia?

Come è capitato a molte ragazze, la nostra amicizia nasce sul Social Network Facebook e a farci incontrare è stata la passione comune per la lettura. Abbiamo iniziato a scambiarci opinioni sulle nostre letture, a condividerle, ma la sintonia tra di noi è stata immediata tanto da portarci a conoscersi anche fuori dal mondo virtuale. Nonostante i chilometri che ci separano, cerchiamo di incontrarci ogni volta che ci è possibile, infatti si conoscono anche le nostre famiglie. La passione per la scrittura è sempre stato un desiderio comune ad entrambe, anche se, all'inizio, non pensavamo di poterlo realizzare insieme. Un giorno poi, Silvia ha lanciato la proposta di scrivere qualcosa a quattro mani ed è così che abbiamo iniziato, quasi per gioco. Durante la stesura del nostro primo romanzo ci siamo rese conto di quanto una completasse l'altra e, tutt'oggi, il complimento più bello che ci hanno fatto più persone è stato proprio quello di congratularsi con noi perché i libri sembrano scritti da un'unica persona. Intendiamoci, gli “scontri” tra di noi ci sono. Siamo due caratteri decisi quando si tratta di stendere giù una base per la trama, ma, in ogni caso, l'affinità prevarica su tutto.



Chi sono Swami e Riley, gli affascinanti protagonisti del vostro romanzo? Come li definireste e, in generale, come delineate i personaggi delle vostre storie?

Sinceramente non siamo quel genere di scrittrici che, prima di iniziare a scrivere un libro, delineano per filo e per segno i loro personaggi. Ci piace pensare che siano loro stessi a rivelarsi man mano che la trama prende vita sulla tastiera dei nostri pc. Fino ad ora (e stiamo parlando solo di due romanzi finiti) le nostre protagoniste femminili sono donne molto forti caratterialmente. Swami è una mezzosangue, il padre era un nativo americano appartenente alla tribù Cheyenne, mentre la madre era originaria dello stato del Montana, caparbia e determinata a realizzarsi professionalmente. Riley ha un bagaglio pesante sulle spalle, per via di un passato travagliato. La sua vita cambia quando sul suo cammino incontra un proprietario di un ranch che lo prende a lavorare con se togliendolo dai guai. In lui, Riley, trova, per la prima volta, una figura paterna, una guida e un posto che lui identifica come casa. È un uomo sfrontato e arrogante, sensuale e passionale che prova a tenere testa a Swami, quindi le scintille tra i due sono inevitabili.

Oltre alla narrativa, vi dedicate a molti altri progetti in ambito letterario: collaborate con siti, blog e riviste di settore. Di cosa vi occupate principalmente?

Dal momento che i libri sono il nostro pane quotidiano, i nostri interessi girano attorno a loro. Da oltre un anno collaboriamo per il blog Romance & Fantasy for Cosmopolitan Girls occupandoci delle recensioni dei libri, insieme ad altre ragazze. Oltre ai libri delle varie case editrici, ci piace offrire una vetrina per le autrici che decidono di pubblicare come self, perché siamo fermamente convinte che il Made in Italy dovrebbe essere più considerato. Ci sono libri che non hanno niente da invidiare alle autrici straniere. Da circa sei mesi, inoltre, abbiamo iniziato a collaborare anche con un sito di carattere letterario, Velut Luna Press, e con la rivista bimestrale Pink Magazine Italia, sempre proponendo le nostre recensioni. Tutte queste collaborazioni ci stanno dando grandi soddisfazioni e ci hanno permesso di conoscere tante persone preparate professionalmente e splendide dal punto di vista umano.

A cosa state lavorando attualmente? Svelateci i vostri programmi per il futuro.

Attualmente stiamo lavorando a qualcosa che all'inizio non avevamo programmato, se dobbiamo essere sincere. Si tratta più di una richiesta che ci è stata fatta da coloro che hanno letto “Nel calore del tuo corpo” e che abbiamo voluto esaudire. Nel futuro abbiamo in programma di portare a termine la serie Destini Intrecciati, che ha segnato il nostro esordio come autrici, con l'uscita, prima dell'estate, del primo romanzo. Il secondo è già in lavorazione e speriamo di poterci dedicare a lui molto presto.

Grazie a tutti per aver trascorso questo tempo insieme a noi e in particolare ad Alessandra che ci ha aperto le porte del suo blog facendoci sentire di casa! 

martedì 9 febbraio 2016

Fabiola D’Amico: il mio giorno da favola è diventato realtà


Quando Francesca, una sessuologa trentenne, delusa da una complicata storia d’amore ormai finita, incontra Christian, durante un’udienza in cui sono coinvolti dei suoi pazienti, non può immaginare che quell’avvocato prepotente e altezzoso sconvolgerà la sua vita, facendole provare emozioni che credeva sopite per sempre. Francesca è una ragazza sensibile, ma determinata, che ama i romanzi storici e sogna un amore puro come quello che vivono Lizzie o Emma, le eroine dei suoi amati libri. Non ha proprio bisogno di un uomo così cinico e insopportabile, che scombini il suo equilibrio, facendole avvertire sensazioni tanto contrastanti, nonostante tutto sembri spingerla verso di lui. Così, tra esilaranti equivoci e avvenimenti inaspettati, Francesca si ritrova coinvolta nell’organizzazione del matrimonio della sua migliore amica in perfetto stile austeniano e cerca di mettere da parte l’attrazione che prova per Christian. Ma quale migliore occasione, se non un giorno da favola, per comprendere se Christian potrà essere davvero il suo Mr. Darcy?
“Un giorno da favola”, Newton Compton, di Fabiola D’Amico, è una storia delicata e divertente, incredibilmente attuale, eppure caratterizzata da quell’ampio respiro che hanno solo i romanzi impregnati di sogni senza tempo. Dopo un inizio dedicato al romanzo storico, Fabiola D’Amico ha deciso di cimentarsi con la caotica realtà dei nostri giorni, dimostrando, ancora una volta, di saper toccare il cuore dei lettori e delle lettrici, grazie al suo talento nel delineare personaggi unici eppure deliziosamente normali, nei quali è estremamente piacevole immedesimarsi. Francesca, infatti, è proprio una sognatrice dall’indole romantica, che fa un mestiere decisamente in contrasto con la sua innata timidezza, ma, come ogni donna coraggiosa, lo affronta con slancio. Christian, invece, dietro la maschera dell’arroganza, cela un profondo senso di lealtà, che aspetta solo di essere scoperto. Insomma, due opposti solo in apparenza che, oltre ad attrarsi, sono destinati a incontrarsi, seguendo quello che, da sempre, ci piace chiamare destino.



Un amore moderno in un’atmosfera senza tempo: “Un giorno da favola”, Newton Compton, ha tutti gli ingredienti per entrare nel cuore anche delle lettrici e dei lettori più esigenti. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura? Cosa vuoi comunicare?

Io nasco come autrice di romanzi storici. Immergermi in altri mondi e vivere avventure piene di pathos, pericolo, grandi passioni stimola la mia fantasia. Ovviamente, se potessi avere una macchina del tempo, non mi fionderei in certi luoghi e tempi, perché sono anche molto amante delle comodità moderne, ma, trattandosi di sogni e ben sapendo che posso tornare alla normalità, quando voglio mi lascio trascinare dalla fantasia. Un giorno parlavo con delle amiche di quest’argomento e immaginai una donna come me, alle prese con la quotidianità, ma con lo sguardo rivolto nel passato. Ed è nata Francesca. Nonostante sia un libro “leggero” ha tanti significati, spero che almeno uno sia arrivato a destinazione. In primo luogo credere sempre nei propri sogni, secondo leggere, leggere qualsiasi cosa, perché aiuta a vivere in modo più semplice e senza fissarsi sui problemi. E, per finire: donne, uomini cercate l’Amore con A maiuscola, come dice Christian sono i fatti quelli che contano e non le belle parole.

Chi sono Francesca e Christian, i protagonisti del tuo libro, e quanto c’è di vero nelle vicende che li coinvolgono? Come delinei, in generale, i personaggi delle tue storie?

Francesca è una donna moderna, con le sue paure, ma determinata a ritagliarsi uno spazio per i sogni. Lo ammetto, mi somiglia molto, anche troppo. Christian è un uomo con i piedi per terra, ha subito delle delusioni, grandi dolori, come può accadere a chiunque di noi. È un uomo generoso e che dà tutto se stesso, se ama. Per lui i valori più importanti sono il rispetto, la fedeltà, la lealtà.
In genere i miei personaggi somigliano a persone reali, ho già detto in altre occasioni di essere una ladra di vite e pensieri, quindi attenti a non raccontarmi la storia della vostra vita, potrei scriverne un romanzo!

Quando e da cosa nasce la tua esigenza di scrivere? Che autrice sei e come ti sei resa conto che questa passione poteva diventare un mestiere?

Scrivo dal ’98, da quando ho avuto il mio primo PC. La tastiera e la pagina dello schermo mi hanno ipnotizzato: “scrivi, scrivi, scrivi…”, dicevano. Le idee non mi erano mai mancate, in testa avevo immaginato centinaia di storie, era il coraggio che si era sempre defilato. Ma quando si inizia non si riesce più a smettere, è come una droga, dà assuefazione.
Non credo che la scrittura diventerà mai un mestiere: ammettiamolo, bisogna pubblicare libri molto fortunati per mantenersi economicamente con il lavoro di autrice. La scrittura, per il momento, è una passione. Ho già un lavoro complicato e molto dispendioso in termini di energie che occupa la mia vita reale. Chissà nel futuro.
Che autrice sono? Una che sa che ha tanto da imparare.

Il rosa è, senza dubbio, la tua dimensione più congeniale, con una particolare attenzione anche per il romance storico. Che influenza hanno avuto le tue letture nella tua formazione di autrice? Che generi e che autori preferisci?

Leggo già da tenerissima età, e ho letto un po’ di tutto, tranne fantasy e horror. Ora le sottocategorie sono così tante, che sono certa di non conoscerle tutte. Ho letto centinaia di romanzi storici, dai classici di ogni tempo, vedi Dumas, Pirandello, Verga, alle letture più leggere, quali gli Harmony. In questi giorni sto riscoprendo le favole dei fratelli Grimm. Il mio autore preferito negli ultimi venti anni rimane il mitico Wilbur Smith. Ah, potessi avere la sua vena artistica!

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.

Sono impegnata in due progetti diversi, da un lato il sequel di “Un giorno da favola”, perché amo i matrimoni e Francesca merita un matrimonio da principessa. Dall’altro ho appena concluso un romanzo che dà il via a una serie di romanzi autoconclusivi, tutti avranno un elemento in comune, la presenza della Cupido Agency. Di questa serie sono già in vendita il racconto “Una fidanza per papà” e “Un uomo da amare”.
Aspetto una risposta per un romantic suspense ambientato a Roma. Spero che avrete ancora notizie su di me!

Grazie di questa bellissima intervista.