martedì 19 giugno 2018

“I diavoli di Loudun” di Aldous Huxley. Storia di un caso di possessione di massa, tra letteratura e cinema



Francia, anno del Signore 1631: sotto il regno di Luigi XIII il cardinale Richelieu è determinato a distruggere l’indipendenza delle piccole città di provincia di estrazione Ugonotta e ordina di farne demolire le mura, segno tangibile di autonomia e autogoverno. Inizia così “I diavoli di Loudun” di Aldous Huxley, Cavallo di Ferro Editore, ispirato a una storia realmente accaduta e resa famosa dal film di Ken Russel, “I Diavoli”, con Vanessa Redgrave e Oliver Reed.
Nel piccolo centro di Loudun, il barone di Laubardemont, incaricato di eseguire l’ordine del Cardinale Richelieu, trova un aspro oppositore in Urbain Grandier, un prete che, pur mostrando un sincero senso di religiosità, conduce una licenziosa vita privata, circondato da numerose amanti di vari ceti sociali. Grandier si fa portavoce del malcontento popolare verso la controversa figura di Richelieu e, in seguito alla morte del Governatore della città, ne assume i poteri, opponendosi a qualsiasi decisione volta a fiaccare l’indipendenza del popolo di fronte al re. La notorietà del giovane prelato cresce a dismisura, complici il suo grande fascino e carisma e i numerosi pettegolezzi, affatto infondati, che si raccontano sul suo conto. Anche suor Jeanne des Anges, frustrata e deforme superiora delle Orsoline, si lascia sedurre dalla figura di Grandier, che ha suscitato in lei un interesse non del tutto spirituale. La suora infatuata, nel tentativo di stabilire un concreto rapporto con lui, lo invita a ricoprire il posto di direttore spirituale del suo convento di clausura, ma viene bruscamente rifiutata. È l’inizio di un furore isterico per la donna che, convinta di essere posseduta dal demonio per mano dell’ignaro Grandier, trasmetterà ben presto il suo malessere alle malcapitate consorelle, dando un pretesto ai nemici politici del prelato per sbarazzarsi di lui con la complicità dell’Inquisizione e di conniventi esorcisti.


Questo romanzo storico, ispirato a una vicenda realmente accaduta che riguarda il più famoso caso di possessione demoniaca di massa della storia, a tratti cronaca lucida di un periodo oscuro della storia di una Francia ancora lontana dalla Rivoluzione, è uno degli ultimi lavori di uno dei più grandi intellettuali inglesi del nostro tempo, Aldous Huxley. Dopo una carriera dedicata alla fantascienza e alla continua ricerca di nuovi mondi, Aldous Huxley fa un tuffo nella storia più torbida della nostra Europa, raccontando con dovizia di particolari vicende politiche e religiose di un mondo che non sembra essere uscito affatto dai secoli bui. Lo stile è limpido, diretto, scorrevole, erudito e ricco di vitalità, nonostante alcune descrizioni siano più vicine a ciò che si potrebbe leggere in un saggio, piuttosto che in un romanzo. I personaggi annaspano nei propri ruoli, come avvolti dalla fitta nebbia di una società immobile, eppure sono delineati a tutto tondo in modo magistrale, in particolare il protagonista Grandier, ecclesiastico convinto, ma anche uomo dalla profonda carnalità, così libero da dover essere eliminato a ogni costo, scomodando perfino il Diavolo.


Un libro che si divora, nonostante la complessità della struttura e che, recentemente ristampato dalla Casa Editrice Cavallo di Ferro in un’elegante e colorata versione pocket, consigliamo a tutti gli studenti che conoscono Huxley solo come visionario creatore di dimensioni parallele, col monito che nulla di nuovo si può immaginare senza affondare le radici negli incubi, spesso dimenticati, della storia passata.
Memorabile rimane la versione cinematografica del 1971 diretta da Ken Russel e magistralmente interpretata da Vanessa Redgrave, nei panni di suor Jeanne, e Oliver Reed, nel ruolo di Grandier, dal titolo “I Diavoli”. Onirica eppure incalzante: un raro e assai poco noto esempio di film in grado di sostenere il confronto con un romanzo di altissimo livello, perché tenta di interpretarlo, senza imitarlo pedissequamente.
Una vicenda ispirata alla realtà che, nella sua drammaticità annunciata e palpabile, non è poi così lontana dalla nostra società mediatica, dove, dalla politica, alla cronaca, la continua ricerca del colpevole è pari solo all’irrefrenabile necessità di distruggere chi non si è in grado di comprendere.


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