domenica 6 dicembre 2015

“Casa Francesca”, #nessunodevemoriresolo: cosa significa prendersi cura di un gatto terminale


Questa è una storia sull’importanza della casa e della famiglia, qualsiasi sia il valore che ognuno di noi attribuisce a questi pilastri della nostra esistenza. La casa, infatti, non è solo un luogo fisico, ma anche un luogo della mente, una sublimazione del nostro sentire, una risonanza del nostro essere. Tutti abbiamo diritto di sentirci a casa e di scegliere i componenti della nostra famiglia, fatta di legami di sangue, ma anche e soprattutto di spirito di condivisione e di affinità emotiva.
Quando ho contattato Francesca, la fondatrice di “Casa Francesca”, e le ho proposto di raccontarmi la storia della sua casa e della sua famiglia, ho capito immediatamente che sarebbe stata un’esperienza magica, emozionante e dolorosa nello stesso tempo. “Casa Francesca”, infatti, nasce per dare accoglienza ai gatti terminali malati di tumore o di Leucemia felina, la cosiddetta FeLV, per accompagnarli con dignità nell’ultimo tratto della loro vita, facendoli sentire veramente a casa e come i componenti di una grande famiglia. Francesca ama gli animali sin dall’adolescenza e fa la volontaria in molte strutture da tanti anni. La sua passione per i gatti l’ha spinta a non limitarsi più solo al volontariato presso Gattili, Colonie e Oasi feline, ma ad aprire letteralmente le porte della sua casa, facendo entrare a far parte della sua famiglia moltissimi gatti da tutta Italia. Il motto di “Casa Francesca” è nessuno deve morire solo, neppure un gatto che, dopo averci accompagnati a lungo nel corso della nostra vita, ha il diritto di sentirsi protetto fino alla fine, come qualsiasi altro componente della nostra famiglia, soprattutto se malato. Purtroppo, però, non è sempre così. Per paura o per ignoranza, molti abbandonano i propri gatti nel momento della malattia, finché non è troppo tardi e Francesca, col suo progetto, cerca di rimettere ordine tutte le volte che può, accogliendo i gatti che vengono rifiutati o che non avrebbero altra alternativa se non quella di morire in gabbia. Gestire e prendersi cura di animali malati è doloroso, ma la possibilità di donare loro il calore della normalità il più a lungo possibile ripaga Francesca e la sua famiglia di qualsiasi sofferenza.
Questa è una storia di coraggio e di paura, di fiducia e di speranza, di accoglienza e di abbandono, che dimostra come la potenza dell’amore permetta di superare anche il dolore più profondo, annullando timori e differenze.

Occhione

Chi ama gli animali, in particolare i gatti, e ha la fortuna di convivere con essi, sa che sono dei compagni di vita davvero speciali, che vanno tutelati come qualsiasi altro componente della nostra famiglia. Di cosa si occupa “Casa Francesca” in collaborazione con “Progetto Quasi”? Quali sono i vostri obiettivi e le difficoltà contro cui vi scontrare ogni giorno?

“Casa Francesca” nasce dalla volontà di dare, ai gatti FeLV positivi e ai gatti terminali, una seconda occasione di felicità in un ambiente domestico, che li accompagni alla fine della loro vita nell’atmosfera calda e accogliente di una vera casa. La collaborazione con “Progetto Quasi”, un’Associazione di volontari che si occupa principalmente del recupero e della cura di cani maltrattati e anziani, è nata da un loro appello, nel quale cercavano una volontaria che si prendesse cura, in casa, di un gatto particolarmente in difficoltà. Dopo quella prima esperienza è nato un sodalizio che dura ancora oggi e, su suggerimento e incoraggiamento di Fabiana, la fondatrice e Presidente di “Progetto Quasi”, ho deciso di dare vita a “Casa Francesca” e ho iniziato ad accogliere tanti gatti da tutta Italia. Sono una volontaria da molti anni e ho potuto constatare che, nel mondo delle adozioni di gatti, c’è largo spazio per i cuccioli, i giovani e i sani, una discreta attenzione anche per i FIV e i disabili, ma davvero poca sensibilità verso i FeLV e i terminali. Le famiglie che si apprestano alle adozioni vogliono degli animali che abbiamo una prospettiva di vita il più lunga possibile e temono di prendere in casa dei gatti che potrebbero veder soffrire a causa della malattia o che già sanno che ben presto verranno a mancare. La paura della perdite è il maggior ostacolo a queste adozioni del cuore. È difficile abituarsi all’idea di dire addio al proprio gatto, come a un qualsiasi altro componente della famiglia, per questo, quando ho deciso di dare vita a “Casa Francesca”, ho pensato che il mio volontariato dovesse andare verso quei gatti che, forse più di altri, hanno bisogno di sentirsi a casa fino all’ultimo respiro.

Generalmente accogliamo dei gatti con dei carcinomi, che sono dei tumori della pelle, che solitamente vengono a dei gatti dal pelo chiaro dopo un’eccessiva esposizione al sole e che distruggono il tessuto cutaneo, a partire dalle orecchie e dal naso, per poi estendersi in molte altre parti del corpo. Nella maggior parte dei casi si è trattato di gatti puliti, educati e socievoli, cosa che, spesso, ci ha fatto pensare a casi di abbandono, una piaga ancora troppo diffusa.
Le difficoltà sono tante, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista emotivo, ma il nostro obiettivo principale è il benessere dei nostri gatti, ognuno speciale e unico a modo suo, e questo ci ripaga di ogni sacrificio. Nessuno deve morire solo: questa massima deve valere sia per gli esseri umani, sia per i nostri amici animali, che ci accompagnano fedelmente per lunghi tratti della nostra vita e hanno il diritto di essere curati, confortati e accompagnati fino alla fine della loro, soprattutto quando sono destinati a spegnersi a causa di una malattia che potrebbe isolarli e farli soffrire.

Nessuno deve morire solo: cosa significa occuparsi di gatti terminali? Cosa sono FIV e FeLV e come si possono gestire?

I gatti FIV positivi sono affetti dalla Sindrome della Immunodeficienza felina, la cosiddetta AIDS felina, una malattia infettiva, non contagiosa per l’uomo, che è causata da un retrovirus che ha un comportamento simile a quello dell’HIV e che si trasmette tramite scambi di fluidi organici: con i morsi, i rapporti sessuali o le ferite profonde. Al momento non esiste una cura, ma, se tenuti sotto controllo in un ambiente protetto come una casa, questi gatti hanno una aspettativa di vita quasi analoga a quella dei gatti sani.
I gatti FeLV positivi, invece, sono affetti dalla cosiddetta Leucemia felina, una malattia pericolosa per i gatti, ma non contagiosa per l’uomo, che si trasmette più facilmente, sempre tramite rapporti sessuali e attraverso il sangue, ma anche con la saliva, le secrezioni nasali e degli occhi e che ha un decorso più breve e una mortalità più elevata. Anche questi gatti, con qualche accorgimento in più, possono avere un’aspettativa di vita buona e, a volte, senza particolari sintomi fino all’ultimo, ma lo sviluppo della malattia, in questo caso, è più difficilmente prevedibile e non ci sono cure. I gatti FeLV positivi si ammalano più facilmente anche di altre patologie, che spesso si cronicizzano, come riniti e stomatiti, e sono più difficili da gestire. Una piccola percentuale sviluppa anche delle forme tumorali, come dei linfomi, quindi l’attenzione deve essere maggiore. Non sono una veterinaria, ma l’esperienza diretta conta molto in questi casi e ci vogliono coraggio e buon senso per prendersi cura di gatti con queste patologie.
Il vaccino per la FeLV è efficace, e, anche se non copre totalmente, io lo consiglio sempre. Ho avuto esperienza di casi in cui, nello stesso ambiente, hanno convissuto gatti sani vaccinati e gatti malati senza contagiarsi, quindi vale la pena di essere sempre informati e aggiornati in merito, non dimenticando mai di fare i test e i richiami necessari.
Oltre ai FIV e FeLV positivi, noi accogliamo anche i terminali con carcinomi allo stadio avanzato e ormai inoperabili, che, soprattutto alla fine, necessitano di cure particolari e, spesso e volentieri, di continue visite dal veterinario, ma noi ci prendiamo cura di loro mantenendo sempre intatta la loro dignità fino all’ultimo. Vederli soffrire è difficile e ci mette alla prova emotivamente, giorno per giorno. Alcuni sviluppano problemi neurologici o delle paralisi. Altri faticano a mangiare e ad usare la lettiera. Altri ancora subiscono delle mutilazioni corporee molto dolorose, come la perdita delle orecchie o del naso. Ma la prova che stiamo facendo qualcosa di veramente importante per loro l’abbiamo nella loro dolcezza nei nostri confronti e nella sensazione che, magari per poco, ma siamo riusciti a farli sentire veramente a casa, donando loro una vita normale.

Facciamo un bilancio della vita di “Casa Francesca” fino a oggi: quali sono i risultati raggiunti? E qual è il modo migliore per darvi un aiuto concreto?

In questi mesi, dall’apertura di “Casa Francesca”, molte Oasi feline e molti Gattili, nei quali ho fatto la volontaria, mi hanno contattato per chiedermi di ospitare dei loro gatti nell’ultimo periodo della loro vita e con tutti la nostra dedizione è stata massima, così come il nostro trasporto emotivo, quindi il bilancio è sempre positivo, per quanto sia comunque doloroso vedere degli animali soffrire.
Ogni aiuto è ben accetto e ogni offerta, che sia economica, di cibo o di accessori, è la benvenuta: lascio a tutti coloro che vogliano aiutarci la massima libertà di esprimersi e non li ringrazierò mai abbastanza per il loro sostegno.
Non bisogna avere paura di aprire le porte della propria casa a un gatto malato, perché può darci tanto affetto, esattamente come un gatto sano, e noi possiamo fare ancora di più per lui. Molti vengono abbandonati per ignoranza, quando magari ancora potrebbero essere salvati e arrivano qui a “Casa Francesca” che è troppo tardi. Bisogna andare oltre la barriera visiva. Un gatto malato non è “bello” da vedere, diciamoci la verità, e loro stessi sentono di essere malati, ma bisogna superare la paura, perché non siamo solo noi a dare qualcosa a loro, ma soprattutto loro a dare qualcosa a noi e questo va oltre ogni sofferenza. Anche poche settimane passate in una casa cambiano la vita di un gatto la cui unica prospettiva è morire in gabbia.

Abbandono e randagismo sono le piaghe peggiori per i nostri gatti, in particolar modo quando si tratta di animali bisognosi di cure, che vanno protetti con dignità. Quali sono le soluzioni possibili e quelle auspicabili per combattere questi odiosi fenomeni?

L’unica soluzione per arginare il fenomeno del randagismo è sostenere delle efficaci campagne di sterilizzazione. Gestire le Colonie feline non significa solo dar da mangiare ai gatti, ma riuscire anche a prendersi cura di loro a tutto tondo, in particolar modo quando non stanno bene e il sovraffollamento è una delle prime difficoltà che i volontari devono affrontare per garantire a tutti gli animali una buona qualità della vita. Per quante adozioni possano esserci su tutto il territorio, non saranno mai abbastanza, se non si procederà di pari passo con delle efficaci campagne di sterilizzazione, in particolar modo nel sud Italia.
La sterilizzazione eviterebbe anche l’aumento di gatti FIV e FeLV positivi, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. Tanti gatti di strada, soprattutto nelle città, sono continue vittime di investimenti e incidenti, si ammalano, spesso restano disabili e non sono più in grado di badare a loro stessi. E, come se non bastasse, tra tanti indifferenti a questo fenomeno, ci sono anche alcuni che fanno del male agli animali volontariamente: li maltrattano, li avvelenano, li lasciano in fin di vita. Abbiamo avuto molti gatti segnati a vita dall’incuria e dalla cattiveria dell’uomo.

Raccontaci un episodio, un aneddoto, una storia legata a uno degli ospiti di “Casa Francesca”, che avete avuto la fortuna di accudire, e che è rimasta impressa nella tua memoria e nel tuo cuore.

Il gatto che mi è rimasto più nel cuore, che oggi non c’è più, è Occhione.
Occhione è stato uno dei primi gatti che ho accolto a “Casa Francesca” ed è venuto a mancare ad agosto. Lo sentivo mio, mi seguiva ovunque, persino in bagno, pur di starmi vicino. Ho poche notizie della sua vita prima della sua permanenza a “Casa Francesca”. So per certo che era un gatto di casa e che, dopo il trasferimento del suo padrone, è stato abbandonato, perché probabilmente era già malato. Una delle volontarie, vedendolo in grande difficoltà a causa di un carcinoma davvero molto invasivo, situato sopra l’occhio, lo ha portato al Gattile della Muratella di Roma e ha vissuto diverso tempo in gabbia, prima che me lo segnalassero.

È stato un gatto amorevole e affettuoso fin dal primo istante, faccio quasi fatica a raccontarlo. Appena ha messo piede in casa, sembrava che ci vivesse da sempre, la sentiva come casa sua. Il giorno che è mancato non mi ha dato nessuna avvisaglia. Anzi, era vispo, aveva perfino giocato con la pallina. Era contento e sereno, forse più del solito. L’ho lasciato che riposava sul mio letto e sono andata a lavorare, ripromettendomi che lo avrei coccolato, come ogni giorno, al mio ritorno. “Ci vediamo stasera,” gli ho detto. Ma, quando, nel pomeriggio, mio marito è rientrato a casa, Occhione ha iniziato a stare male. Aveva molte metastasi, che probabilmente stavano toccando dei punti vitali. Era arrivato il suo momento e io non c’ero. Mio marito è corso dal veterinario per evitargli le ultime sofferenze, come facciamo sempre ogni volta che ci rendiamo conto che un gatto sta davvero male e ha bisogno di essere accompagnato con dignità fino alla fine, senza farlo soffrire inutilmente. Occhione, invece, fino all’ultimo, ha voluto essere indipendente, fiero e padrone di sé stesso. Si è spento in macchina, nella corsa per portarlo dal veterinario. In una manciata di minuti non c’era più e io non ho potuto vederlo. Questo mi ha ferito profondamente. Non l’ho salutato come avrei voluto. Aprire la porta di casa la sera stessa e non vederlo più è stato un dolore forte che ancora mi fa stare male, ma il ricordo dell’amore che abbiamo provato entrambi, in quel piccolo tratto di vita che abbiamo trascorso insieme, è una delle emozioni più belle che conservo nel cuore. Occhione è stato amato da me e, virtualmente, dalle tantissime persone che ci seguono su Facebook e hanno pianto la sua perdita perché, grazie a lui, hanno capito cosa significa vivere con un gatto terminale con grande normalità, nella quotidianità di tutti i giorni. Occhione è il vero simbolo di “Casa Francesca”, l’emblema della forza dell’amore che è in grado di superare ogni paura.

casafamigliafrancesca@gmail.com


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