Coreno Ausonio, 15 maggio 2011, Giuseppe
Ruggiero, conosciuto da tutti come zio Peppuccio, scompare misteriosamente,
senza lasciare traccia, a pochi chilometri da casa. A quattro anni esatti dalla
sua scomparsa, il tempo sembra essersi fermato per i suoi familiari, che non
hanno mai smesso di cercarlo. In particolar modo Tonino, figlio di Peppuccio,
ha fatto di questo grande dolore una missione di vita, trasformando quella che
poteva essere un’esperienza alienante, in un veicolo di grande solidarietà
verso chi si trova ad affrontare il dramma di una scomparsa. Dopo aver
collaborato a lungo con l’Associazione Penelope, Onlus che, da sempre, si occupa
di sostenere e tutelare i familiari delle persone scomparse, Tonino Ruggiero è
oggi il responsabile di Penelope Lazio e porta avanti una battaglia che sa non
essere più solo sua. La sua voce è la stessa di tutti coloro che sono in attesa
di qualcuno che amano, ma che non hanno nessuna intenzione di stare fermi ad
aspettare.
Chi
era Giuseppe, suo padre, che tutti noi conosciamo affettuosamente come Zio Peppuccio,
e chi è oggi? Ci racconti la sua storia.
Mio padre era una persona semplice, profondamente
buona e altruista: per lui l’amicizia e il rispetto erano principi
imprescindibili e venivano prima d’ogni cosa.
Una persona onesta e un genitore
esemplare, che ha passato tutta la sua vita a lavorare nelle cave di marmo di
Coreno Ausonio, in provincia di Frosinone, tirando su una famiglia con tre
figli. Da quando era andato in pensione si dedicava a tempo pieno a fare il nonno
e il contadino e tutti i giorni si recava nei campi per lavorare la terra e
prendersi cura della fattoria, accompagnato da Rocky, il suo cane. Le sue
giornate terminavano sempre al tramonto del sole e mai un attimo prima. Quando
pioveva, oppure nei giorni di forte calura, si dedicava a realizzare lavoretti di
legno e cesti di vimini, preoccupandosi anche di riparare tutto quello che occorreva.
Era davvero instancabile: un punto di
riferimento per parenti e amici, sempre pronto a risolvere qualsiasi problema.
Quindi, all’occorrenza, diventava ciabattino, elettricista, sarto, meccanico,
muratore e quant’altro, perché possedeva una manualità fuori dal comune. Aveva
frequentato le scuole fino alla quinta elementare, ma era un inventore nato e
un ingegnere autodidatta. Oziare, per
lui, era impensabile, tutto il suo tempo lo trascorreva nei suoi terreni e nel
suo laboratorio e d’estate, quando si concedeva un po’ di riposo, andava al
mare, che era la sua passione.
Oltre a qualche acciacco fisico
sopraggiunto con l’età, il suo più serio problema di salute era alla gamba destra,
che, rispetto all’altra, era di due centimetri più corta. Questo handicap lo
rendeva claudicante, ma, per il resto, viveva la sua vita pienamente e con
vigore, senza porsi limiti. Era forte e volenteroso, sempre giovane nello
spirito.
Tutto ciò si è interrotto in un giorno di
festa per la nostra Comunità, esattamente il 15 maggio 2011. È in questo triste
giorno che mio padre è scomparso in modo misterioso, in mezzo alla gente, a
margine di una Manifestazione Civile e Religiosa. Da allora di lui non abbiamo
avuto più nessuna notizia.
Cosa
è accaduto il giorno della scomparsa e come si sono svolte le ricerche
successivamente e nel corso degli anni?
Tutti gli anni, la terza domenica di
maggio, presso il Monumento per la Pace
di Coreno Ausonio, si svolge un evento in ricordo della Seconda Guerra Mondiale.
Il posto dista 4 km dal paese e si trova a 700 m sul livello del mare. Durante
la mattinata viene raggiunto dai partecipanti alla marcia per la pace, che alle 08:30 si avviano dal paese verso il
Monumento.
Mio padre prendeva sempre parte a questa
manifestazione, che, nel pomeriggio, tempo permettendo, prevede, di solito,
anche un’escursione guidata lungo i resti della linea Gustav Coreno. Quel
giorno mio padre aveva in programma di raggiungere il luogo dell’evento con la
sua moto, una MV Agusta 125, compagna della sua gioventù. Mentre si accingeva a
partire, però, un guasto lo fermò e per riparare la moto fece tardi. Dopo aver
sistemato il guasto, per evitare di attardarsi ancora, non volle fermarsi a
casa neanche per il pranzo e, salutata la moglie, inforcò la moto e partì. Mia
madre lo sta ancora aspettando.
Lungo il tragitto è stato visto da tante
persone che scendevano in paese, di ritorno dalla prima parte della
manifestazione. Tutti hanno testimoniato che era lucido e tranquillo,
d’altronde non aveva mai sofferto di perdita di memoria. Raggiunta la località Vallauria,
è stato visto da molti spostarsi da un punto all’altro della valle, come se
cercasse qualcuno. Amici comuni lo videro passare per l’ultima volta alle ore
14:30 circa, sempre in sella alla sua moto, duecento metri prima del punto dove
la sera stessa è stata trovata posteggiata. Tutte le notizie che abbiamo di mio
padre finiscono qui, alle ore 14:30 del 15 maggio 2011.
Vedendo che la sera non era ancora rientrato,
e pensando che un nuovo guasto alla moto lo avesse fermato, decisi di andargli
incontro. Giunto sul posto trovai una fitta nebbia, ma anche alcune persone che,
in seguito al cambiamento del tempo, si erano fermate nei rifugi della zona,
una volta usati dai pastori. Incominciammo a cercarlo assieme e trovammo la sua
moto parcheggiata in un punto sospetto e impraticabile, in mezzo alle pietre.
Mio padre avrebbe avuto molta difficoltà a parcheggiarla in quel luogo, e poi a
quale scopo? Zoppicava, come poteva farlo? Si pensò subito che, a causa della
nebbia avesse perso l’orientamento, smarrendosi. Poiché le nostre ricerche non
davano nessun esito e iniziava a fare buio, chiamai il Sindaco, Domenico Corte,
affinché ci aiutasse.
In poco tempo, non più tardi delle 21, giunsero
nella valle una quarantina di persone, tra cacciatori amici e conoscitori del
posto, seguiti dai Carabinieri e dai Vigili del Fuoco. Feci portare nella valle
anche Rocky, il cane di mio padre, e continuammo a cercarlo fino a tarda notte,
quando, a causa di un violento temporale, fummo costretti a sospendere le
ricerche. Eravamo tutti angosciati, perché neanche Rocky aveva percepito
l’odore del suo padrone.
Riprendemmo le ricerche all’alba del
giorno successivo, proseguendole, in seguito, in modo scientifico, per ben due
settimane, con l’aiuto di oltre cento persone al giorno. Per le ricerche di
superficie furono utilizzati anche i cani molecolari, che però non furono di
grande aiuto. In seguito vennero dragati tutti i pozzi ed esplorati ogni
canalone, crepaccio, anfratto e grotta, mentre, dall’alto, operarono gli
elicotteri. Ogni metro è stato perlustrato a fondo, ma di mio padre non è stato
trovato nulla, nessuna traccia.
Abbiamo continuato ancora a cercarlo, in
forma privata, per tutta l’estate 2011, fino all’apertura della stagione venatoria.
La speranza di tutti era che i suoi umili resti venissero trovati dai
cacciatori, che, con i loro cani, avrebbero effettuato le battute di caccia al
cinghiale durante la stagione. Purtroppo non fu così. Alla chiusura della
caccia, ci convincemmo definitivamente che mio padre, nei posti dove lo avevamo
cercato fino a quel momento, probabilmente non c’era mai arrivato.
Dopo quattordici mesi, il 31 luglio 2012,
mio padre scompare una seconda volta,
perché il fascicolo aperto sulla sua vicenda viene archiviato con la seguente
motivazione: “Ora nessun elemento porta a desumere che egli sia stato vittima di
un’aggressione piuttosto che di un incidente, anzi, il mancato ritrovamento del
cadavere fa ritenere che l’anziano sia caduto in qualche crepaccio della zona”.
Il Magistrato, quindi, in base agli elementi in suo possesso, ha escluso che sia
stato commesso un reato e ha ritenuto che il corpo di mio padre si trovasse in
un crepaccio sulla montagna, anche se durante le ricerche non è stato mai
ritrovato.
Purtroppo mio padre non era una persona importante e la sua storia non ha fatto notizia
quanto avrebbe dovuto. Ma era importante per la sua famiglia! Mio padre ha dato
sempre lustro alla Patria, con il suo esempio e con tutto quello che faceva: educandoci
all’onestà, alla serietà, alle buone maniere e al rispetto per il prossimo e
per i più deboli. Adesso sta subendo l’ingiustizia più grande, quella di cadere
nell’oblio, ma noi non possiamo rassegnarci. Purtroppo mi accorgo di fare
fatica a parlare della sua scomparsa, soprattutto quando si fa riferimento alla
sua età. L’anziano, infatti, al pari del bambino, dovrebbe essere tutelato e
protetto e, se occorre, anche ricercato e non abbandonato al proprio destino
In questi anni ho dolorosamente constatato
che durante le disavventure della
vita si viene sostenuti solo se esse sono di breve durata, altrimenti le
persone attorno a noi si stancano e si comincia anche a dare fastidio. Ma la
scomparsa di una persona è cosa diversa da una qualsiasi altra tragedia o
lutto: la morte stessa, una malattia o un incidente possono, forse, essere
messi in conto, ma la scomparsa nel nulla di un familiare non potrà mai esserlo.
Questa condizione di non vita e non morte
è incomprensibile, non è insita nella natura umana.
Com’è
cambiata concretamente la sua vita quotidiana da quel 15 maggio 2011? Qual è
stato, in questi anni, il momento più difficile?
Da quel maledetto giorno di quattro anni
fa niente più è stato come prima: i giorni scorrono tutti uguali nell’attesa
che arrivi una qualsiasi notizia, bella o brutta che sia, purché arrivi. I nostri
ritmi di vita sono stati stravolti, le Feste non sono più un momento di gioia e
neanche ci si accorge del loro avvicendarsi. La scomparsa di un familiare senza
saperne la sorte è una delle cose peggiori che possa capitare nella vita. I
momenti difficili ci sono stati e, ancora oggi, sono tanti. Tutti i giorni si
devono fare i conti con quel posto vuoto a tavola che ci interroga sulla
condizione di vita sospesa in cui si
trova mio padre, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Quello che però ci ha
distrutto e ci ha fatto sentire soli e abbandonati risale a circa tre anni fa.
Il 31 luglio 2012 il fascicolo aperto sulla scomparsa di mio padre, è stato
archiviato per allontanamento volontario. Da allora noi familiari siamo rimasti
gli unici a portare questa croce. Oggi mio padre è diventato soltanto un numero
utile per le statistiche e sta subendo il torto più grande: essere dimenticato
e abbandonato al suo destino da questo Stato troppo spesso indifferente verso
chi è sfortunato. A tutt’oggi solo la sua famiglia lo cerca e grida allo
sconcerto per una persona che manca all’appello da troppo tempo all’insaputa di
tutti. Per questo ho scritto un libro dove racconto la sua vicenda che si
intitola “Zio Peppuccio, dove sei?”
e narra il giallo della sua misteriosa scomparsa. Ho voluto mettere tutto agli
atti per preservarne la memoria, affinché ogni cosa accaduta fosse cristallizzata
con questa testimonianza di prima mano. Tutta la sua vicenda deve essere
riconsiderata sotto questa nuova luce: sono stanco di sentirmi dire che quello
che vado affermando su questa scomparsa anomala è importante solo per me, anche
se, in mancanza di nuovi elementi, il caso resta chiuso. Se tutto andrà bene,
il libro verrà pubblicato alla fine dell’estate.
L’intera
comunità di Coreno Ausonio è rimasta coinvolta nell’accaduto e si è stretta attorno
alla sua famiglia. Chi vi è stato più accanto in questo lungo periodo di dolore
e che ruolo svolge, o potrebbe svolgere, l’opinione pubblica per aiutare le
famiglie di fronte a un caso di scomparsa?
L’intera comunità si è mobilitata
all’epoca della scomparsa di mio padre e per due settimane gli abitanti di Coreno
si sono spostati sul Pianoro di Vallauria, con il Sindaco di Coreno, Domenico
Corte, in testa, e l’intera Amministrazione Comunale. Loro sono stati, in quei
mesi, la nostra forza, ed il Sindaco Corte è stato il punto di riferimento più
presente per la mia famiglia. Purtroppo queste sono tragedie che non hanno
termine e posso affermare con dolore che oggi stiamo peggio di quei mesi,
quando mio padre scomparve. Siamo stanchi e ormai soli, perché è passato tanto
tempo.
Da parte dell’opinione pubblica c’è scarsa
attenzione, non è preparata a misurarsi su questi temi, perché sconosciuti, ma
essa potrebbe svolgere un ruolo fondamentale, se attentamente sensibilizzata.
Il mondo è pieno di tragedie ed io mi inchino verso quest’umanità sofferente,
ma la scomparsa di una persona è cosa diversa, e, come dicevo, è un dolore che non
ha fine. Pensiamo che queste tragedie capitino sempre agli altri e quando,
invece, ci rendiamo conto che possono accadere a chiunque, siamo impreparati e,
quel che è peggio, soli, una volta spenti i riflettori.
La
vicenda che ha coinvolto la sua famiglia l’ha vista in prima linea
nell’affrontare il difficile problema degli scomparsi in Italia, tanto che è
diventato responsabile dell’Associazione Penelope Lazio. Di cosa si occupa
principalmente e quali sono gli obiettivi dell’Associazione? Quali sono,
invece, gli ostacoli contro cui vi scontrate ogni giorno?
Il motto della nostra Associazione dice
tutto: “Chi dimentica cancella… noi non
dimentichiamo!”. L’Associazione
Penelope è stata costituita nel dicembre 2002 da Gildo Claps, come approdo
di precedenti Comitati sorti per tutelare le famiglie delle persone scomparse.
È una Onlus no profit, apartitica e aconfessionale, con il solo fine della
solidarietà, della giustizia sociale, della promozione della persona e della
sua dignità. È composta dai familiari e dagli amici delle persone scomparse e
promuove a livello nazionale occasioni d’incontro e iniziative di
sensibilizzazione verso l’opinione pubblica, affinché le persone scomparse non
siano dimenticate.
L’obiettivo dell’Associazione è
costituirsi su tutto il Territorio Nazionale in sezioni regionali, e promuovere,
a vario titolo, l’approvazione e la modifica di varie leggi. Su proposta
dell’Associazione, infatti, nel 2007 fu istituito dal Ministro dell’Interno,
Giuliano Amato, il Commissariato Governativo per le persone scomparse, che ha
imposto alle Prefetture di fornirsi di un piano provinciale di ricerca, ora in
dotazione dal 2013.
L’approvazione della Legge n. 203 del 14
novembre 2012 può essere considerata una pietra miliare nel lungo percorso di
risoluzione del problema relativo agli scomparsi. Essa stabilisce un punto
cardine per il quale Penelope da sempre si batte: che la denuncia di scomparsa
sia acquisita immediatamente dalle forze dell’Ordine e non più dopo
ventiquattro ore e la possibilità per chiunque, non solo per i familiari, di
presentarla.
Un anno fa sono stato nominato Responsabile
Provinciale per le provincie di Frosinone e Latina e il mio ruolo nell’Associazione
è quello di essere la voce di Penelope
Lazio. Rispondo a chiunque chiami per qualsiasi informazione inerente i loro
cari scomparsi, sia che sia trascorso molto tempo, sia che si tratti di gestire
i momenti di emergenza e, soprattutto, quando i familiari non si sentono
adeguatamente tutelati, magari per la mancata applicazione delle leggi che sono
state approvate in questi ultimi tempi e che a volte non sono conosciute pienamente
neanche dalle forze dell’ordine. A tal proposito, lo scorso anno, la Questura
di Roma, in collaborazione con l’Alto Commissario del Governo per le persone scomparse,
ha indetto un corso di formazione per gli agenti di Polizia per istruirli sui
contenuti della nuova legge e facilitarne così l’applicazione. L’Associazione
Penelope Lazio, assieme all’Associazione Psicologi per i Popoli, è stata
invitata a partecipare come docente e ha preso parte a tutte le lezioni che si sono
tenute.
Attualmente stiamo lavorando con il
Commissario del Governo per le persone scomparse, il Prefetto Vittorio
Piscitelli, sulle problematiche che pongono i 1282 cadaveri senza nome che si
trovano da anni nelle celle frigorifere degli obitori di tutta Italia. Il
nostro obiettivo è che a ognuno di essi venga estratto il DNA, facendo in modo
che qualsiasi familiare di una persona scomparsa possa chiedere la comparazione
e avere così la certezza che si tratti o meno del proprio congiunto, per poter dare
una identità a questi corpi.
Come Penelope Lazio stiamo lavorando,
inoltre, a un Convegno di rilevanza Nazionale, che si terrà a Roma, nel mese di
novembre, in cui presenteremo a tutti i partecipanti, con dati che stiamo
cercando di acquisire, tutte le storie di vite
sospese delle provincie del Lazio, comprese quelle che mai hanno avuto
rilevanza sugli organi di informazione. L'evento
si terrà in Campidoglio, dove inviteremo i Sindaci di tutti i Comuni nei quali
c'è uno scomparso, per intraprendere, con i responsabili degli Enti Locali, una
collaborazione stabile, formalizzando con essi anche un protocollo d'intesa,
che verrà discusso insieme.
Gli ostacoli che incontriamo come Associazione
sono diversi. Ognuno reagisce in maniera differente di fronte a una scomparsa:
c’è chi non si rassegna davanti alle riposte che non arrivano da parte delle Istituzioni
e non accetta che tutto debba finire così, e chi si chiude a riccio e vuole
soltanto rimuovere un trauma, cosa davvero difficile. Le iscrizioni
all’Associazione sono pochissime, purtroppo, ed essendo noi tutti volontari,
facciamo fatica a portare avanti i nostri obiettivi e a riempire quello spazio vuoto lasciato dallo Stato. A volte ci
chiediamo chi ce lo fa fare, ma poi
la volontà di metterci a disposizione di chi si trova in difficoltà supera ogni
ostacolo e ci troviamo sempre in prima linea.
È
il ricordo a mantenere vive le persone di cui si sono perse le tracce e a dare
alle famiglie la forza di non smettere mai di cercare. Qual è il suo ricordo
più vivo di suo padre?
Credo che un compito importante per
mantenere vivo il ricordo e l’attenzione di tutti nei casi di scomparsa spetti
agli Enti Locali. Il loro ruolo per promuovere, assieme ai familiari delle
persone scomparse, azioni d’informazione e sensibilizzazione su questo
problema, sarebbe cruciale per fare pressione anche sulle Istituzioni Statali. I
Sindaci, infatti, in quanto responsabili dell’Ordine Pubblico e della sicurezza
del loro territorio, possono promuovere un nuovo approccio di Coordinamento
Istituzionale, sia per favorire la ricerca, sia per tenere alta l’attenzione
sulla scomparsa di un loro cittadino grazie agli organi d’informazione, come la
stampa e le TV locali, e anche attraverso i Social Network.
Per quanto riguarda il ricordo più vivo di
mio padre, ce ne sono due in particolare. Il primo risale a tanti anni fa,
quando io, sedicenne, ero con mio padre al mare di Scauri, in provincia di
Latina. Ricordo che, mentre facevo il bagno da solo, un mulinello mi stava
portando a fondo in un punto dove l’acqua era alta. Dalla banchina del porticciolo
le persone, vedendo qualcuno annaspare tra le onde, si misero a gridare. Mio
padre, che era un grande nuotatore, si tuffò in acqua immediatamente, per raggiungere
e aiutare il malcapitato, che in quel momento non sapeva fosse proprio suo
figlio. Io stavo già iniziando a perdere conoscenza e quando ho percepito che
c’era qualcuno a cui aggrapparmi ho cercato di farmi forza per restare a galla.
Solo in quell’istante papà ha capito che la persona che stava cercando di
salvare ero proprio io e ha dovuto faticare non poco per portarmi a riva,
salvandomi da morte sicura. Mi dimenavo così tanto che per poco non ho
trascinato a fondo anche lui e ci sono voluti giorni per riprenderci da quello
spavento.
L’altro ricordo che ho di mio padre risale
a poco tempo fa, subito prima della scomparsa. Una domenica d’estate andammo a
visitare l’Isola di Ponza, prendendo il traghetto da Formia. Durante la
traversata, a causa del mare grosso per una burrasca, molti passeggeri si
sentirono male. A un certo punto, nella confusione, ci accorgemmo di aver perso
di vista mio padre, perché lui, curioso com’era, girava per tutto il traghetto.
Non trovandolo da nessuna parte, un dubbio atroce si impossessò di noi: e se
fosse stato sballottato fuori dal traghetto, mentre si affacciava
pericolosamente a prua? Avvisammo i marinai di bordo e cominciammo a cercarlo invano.
Pensammo, allora, di raggiungere il Capitano nella cabina di comando, per far
fermare il traghetto per uomo in mare. Una volta entrati nella cabina, con
grande sorpresa, trovammo mio padre di fianco al Capitano che teneva con lui il
timone, facendosi spiegare la rotta di navigazione. Neppure il Capitano era
riuscito a spiegarsi come mio padre fosse giunto nella cabina di pilotaggio, ma
vedendo la sua simpatica insistenza e la sua grande curiosità, e pensando
potesse essere suo padre, lo stava accontentando in tutto, sempre nel rispetto
di tutte le norme di sicurezza. Dal canto suo mio padre si meravigliò di quanto
ci fossimo allarmati: “Dove volevate che fossi?”, disse, “Ho cercato la cabina
di pilotaggio, un posto dove ho sempre sognato di entrare, e sono riuscito a
realizzare questo mio piccolo sogno di bambino.”
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