giovedì 28 maggio 2015

Zoubida Chakir: storia di Imane Laloua, mia figlia


Ci sono storie che non si raccontano. Restano imprigionate tra le righe di un trafiletto o a prendere polvere tra i faldoni delle denunce in Procura. Non fanno quell’imponderabile salto di qualità che le rende degne di far notizia e non possono essere approfondite più di tanto, perché la legge dice che, se sei maggiorenne e hai voglia di andartene senza più dare notizie, scomparire è tuo diritto, nessuno può fermarti.
Questa è una storia come tante. Una storia sconosciuta e di sconosciuti, come la maggioranza di noi. Una storia di voglia di vivere, dove, a un certo punto, qualche meccanismo si inceppa e tutto sembra perduto. La storia di una madre, Zoubida Chakir, e di una figlia, Imane Laloula.
Zoubida vive in Marocco e, quando decide di separarsi dal marito, sua figlia, Imane, ha nove mesi. In casa della famiglia di Zoubida sono in tanti a condividere due stanze e, per quanto siano molto uniti, la situazione non è semplice.

“Mia figlia, Imane, non ha mai avuto una cameretta tutta sua. Da piccola si ammalava spesso e sentiva molto la mancanza del padre. Vedeva i cuginetti che giocavano col loro padre, mio fratello, e domandava sempre dove fosse il suo. Ogni tanto, per farla giocare, le mostravo le foto del mio matrimonio e lei era così contenta. Una volta, per la strada, ha perfino riconosciuto suo padre, che passava di lì per caso. Era una bambina vivace e attenta.”

Nel 1992 Zoubida lascia Imane dai nonni e parte per l’Italia in cerca di lavoro. Impiegherà alcuni anni a trovare un impiego stabile come badante e domestica e, solo allora, nel 1995, dopo tanti sacrifici, riuscirà a far venire in Italia anche la figlia, ormai quindicenne. All’inizio le due si stabiliscono a Firenze e Imane frequenta il Liceo Artistico per un anno.

“Imane era veramente un’artista. Faceva dei disegni bellissimi, tanto che molti li ha tenuti la scuola. Adorava Firenze, dove si sentiva circondata dall’Arte e dalla bellezza. Ma la nostra felicità è durata poco: col mio piccolo stipendio non riuscivo a pagare l’affitto e abbiamo iniziato a passare da una casa d’accoglienza all’altra. Sentivo che Imane era infelice, ma non sapevo come fare. Alla fine ho trovato un lavoro e una casa a Montecatini e ci siamo trasferite. Quando era triste Imane diceva sempre che si era sentita morire due volte: la prima quando si era trasferita dal Marocco in Italia e la seconda quando da Firenze si era dovuta spostare a Montecatini. Firenze le mancava tanto, ma una volta a Montecatini ci siamo date da fare e lei si è iscritta all’Istituto Alberghiero che ha frequentato per un anno, con profitto.”

Nel 1997 Zoubida si ammala. Non riesce più a lavorare per un lungo periodo e Imane lascia definitivamente la scuola. Fa molti lavori: prima la badante, come la madre, poi la cameriera nei locali e negli hotel. Per un lungo periodo fa anche volontariato alla Caritas, ma, anche se Zoubida ormai si è ripresa dalla malattia, il disagio di Imane è sempre più forte. Non ha amici, si sente sola e a volte discriminata per il fatto di essere straniera. Il solo amore della madre, seppure immenso, non le basta.
A poco più di diciannove anni conosce il ragazzo che diventerà suo marito. Anche lui è marocchino ed entra e esce dal carcere di continuo per reati legati alla droga, ma Imane se ne innamora perdutamente.

“Non sapevo nulla di questo ragazzo, finché, sistemando le cose di Imane, ho trovato le lettere che lui le spediva dal carcere. Mi sono preoccupata subito e abbiamo discusso, ma lei non voleva sentire ragioni e allora, quando lui è uscito dal carcere, ho accettato che lei lo portasse in casa. Imane voleva sposarlo a tutti i costi e così, il 16 settembre del 2001, si sono sposati in Marocco. Io continuavo ad avere problemi di salute ed ero molto preoccupata per l’influenza che questo ragazzo stava avendo su Imane, ma alla fine ho accettato il matrimonio per amore di mia figlia e ho partecipato anche io. Speravo che le cose così sarebbero migliorate e che anche lui si mettesse a lavorare, ma Imane ormai era troppo cambiata.”

I due sposi restano a casa con Zoubida per un anno e mezzo circa e il marito di Imane, a volte, si assenta per settimane intere. Imane racconta alla madre che è spesso fuori per lavoro, ma in realtà lui continua a entrare e uscire dal carcere, sempre per problemi di droga. Zoubida lo scopre dopo un po’ di tempo, trovando altre lettere che lui inviava dal carcere, ma decide di provare ad avere pazienza. Le cose però non sembrano cambiare, i due ragazzi sono sempre fuori chissà dove. Dopo l’ennesima discussione con Zoubida, Imane e il marito decidono di trasferirsi a Prato con alcuni connazionali e amici. Zoubida è esasperata e accetta la decisione di sua figlia di andare via di casa, anche se continua a essere preoccupata per il suo futuro. Imane, infatti, non è più la stessa. Non riesce a lavorare con continuità e si trascura.

“Quando, all’inizio del 2003, ho saputo da alcuni conoscenti che il marito di Imane era finito di nuovo in carcere, ero davvero agitata. Vedevo che lei faceva di tutto per aiutarlo, ma le cose non miglioravano. A giugno sapevo che Imane voleva andare in Marocco a trovare i nonni e, quando è venuta a trovarmi a casa mia per preparare alcune cose per il viaggio, le ho proposto di partire insieme alla fine del mese, quando anche io potevo prendere le ferie dal lavoro. Le ho detto che non poteva andare avanti così, che doveva lasciar perdere quel marito che le stava rovinando la vita e che sapevo che lui era finito in carcere ancora una volta. Ero davvero preoccupata. Ho cercato di convincerla ma lei si è arrabbiata moltissimo. Abbiamo discusso come non ci era mai capitato prima e lei è andata via sbattendo la porta e dicendo che non voleva avere più nulla a che fare con me e che non dovevo cercarla più. Quella è stata l’ultima volta che l’ho vista.”

Imane è maggiorenne ed è stato fatto ben poco per cercarla, nessuno si è interessato alla sua storia. Solo Zoubida non ha mai smesso di seguire le sue tracce, da Prato, a Firenze, fino in Marocco, sperando di trovarla viva. Dopo aver fatto la denuncia di scomparsa in Questura, le segnalazioni e gli avvistamenti sono stati pochissimi. Due anni dopo un conoscente dice di averla vista per l’ultima volta il 6 luglio 2003 dentro un fast-food di Firenze che festeggiava il suo compleanno. Dice di averla sentita dire di voler tornare a casa dalla madre. Ma gli anni passano e di Imane non c’è traccia. Il marito, dopo essere uscito dal carcere, non si è preoccupato affatto di cercarla e si è trasferito in Spagna. Dice che si è sentito abbandonato, che non ha più avuto notizie della moglie e che lei non lo ha mai raggiunto in Spagna, come pensavano alcuni. Neppure in Marocco sembra essere mai più andata: anche se aveva con sé i documenti, risulta che, né il Passaporto, né il suo Permesso di Soggiorno siano mai stati più rinnovati. Anni dopo la scomparsa alcuni amici dicono di averla vista a bordo di un’auto di grossa cilindrata con una targa straniera, altri assicurano di aver saputo che si è cacciata in un brutto giro, probabilmente a causa del marito, ed è morta, ma nessuna di questa notizie è mai stata accertata.


“Mio padre, il nonno di Imane, era cieco e diceva sempre che lei era la luce dei suoi occhi. Da piccola gli stava sempre accanto. Tutti i nostri parenti vorrebbero tanto riabbracciarla e io mi sentirei come in Paradiso se solo lei si facesse viva e se sapessi che sta bene. È la mia unica figlia e sono passati così tanti anni, che ho davvero paura che ormai sia troppo tardi. Chiedo solo che non venga dimenticata e che qualcuno ci aiuti a non perdere mai la speranza di poter rivedere il suo sorriso il più presto possibile.”

1 commento:

  1. E' l'appello disperato di una mamma! E' lasciata sola dallo Stato Italiano , che pensa a cercare , attraverso carabinieri, polizia, protezione civile, e trasmissioni che si occupano di scomparsi, altri più noti o che fanno audience!

    RispondiElimina