Quella
di Nadir Malizia è una storia
semplice. Di quelle che, con la sola potenza della loro purezza, sono in grado
di spostare per sempre il baricentro della nostra normalità, portandoci a
ridimensionare quelli che la gente, di solito, considera limiti e non
opportunità. Ma, attenzione: semplice, non vuol dire facile. Nadir è un ragazzo
brillante, intelligente, generoso, che, invece di camminare con le proprie
gambe, vive una vita su quattro ruote
e che ha scelto di non permettere alla sua disabilità fisica di creare delle
barriere anche nella sua mente. Ha deciso di vivere, amare e sognare senza
riserve e, col suo primo libro, “Vita su
quattro ruote”, C’era una volta
Edizioni, ha avuto il coraggio di raccontare a tutti noi cosa si prova a sentirsi normali in una società disabile,
con l’obiettivo di sgretolare i pregiudizi e le ipocrisie che un tema delicato
come la disabilità porta con sé. Nadir è diretto, ironico, trasparente e ci
accompagna in un percorso ricco di scoperte, senza inibizioni e perbenismi, con
la sola voglia di confronto e condivisione, che dovrebbe animarci tutti, ogni
giorno. “Vita su quattro ruote” è un libro delicato e poetico, ma mai banale o
melenso. È un’autobiografia sui generis,
dove a colpire non è solo ciò che è scritto, ma anche la prospettiva e l’augurio
che ci sia ancora tanto di bello da scrivere e da raccontare.
“Io
mi sento un uomo normale, purtroppo vivo in una società disabile che non vuole
vedere al di là dei propri occhi.”
In questa frase è racchiuso il significato più profondo del tuo libro “Vita su
quattro ruote”, Edizioni C’era una volta. Raccontaci la genesi di quest’opera: cosa ti ha ispirato durante la stesura?
Il
tema della disabilità non viene trattato dai media come si dovrebbe, viene,
invece, troppo spesso trascurato, come se non interessasse a nessuno ed è qui
che sbagliamo! Soltanto quando ci sono importanti manifestazioni di solidarietà
se ne parla in televisione o suoi giornali, ma poi, quando si spengono i
riflettori, tutto torna come prima e nulla viene approfondito. Ecco cosa mi ha
portato a scrivere questo libro. Mi sono sentito in dovere di fare qualcosa. La
società e, di conseguenza, le persone che ne fanno parte, devono rendersi conto
che esistono tanti tipi di realtà: tra queste c’è anche quella della disabilità
con tutti i suoi problemi e le difficoltà che bisogna affrontare ogni giorno.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia, ci sono anche degli aspetti positivi,
come vivere la vita in modo più intenso, apprezzando veramente ciò che si ha.
Perciò ho preso la decisione di scrivere un libro e raccontare la mia
testimonianza, anche e soprattutto positiva, per poter essere di aiuto agli
altri che si trovavano nella mia stessa situazione, mettendomi in prima linea.
Disabilità non è sinonimo
di diversità, sono le emozioni a renderci tutti uguali e, nello stesso tempo,
tutti diversi. A chi e quale messaggio vuoi lanciare con il tuo libro? Quant’è
importante l’informazione per favorire l’integrazione di chi vive situazioni di
difficoltà come la tua?
Il
libro “Vita su quattro ruote” non ha
un target specifico di lettori, ma,
al contrario, si rivolge a tutti, indistintamente. I messaggi che voglio
trasmettere con questo libro sono molti. Ogni lettore, però, può dedurre
liberamente il proprio: riflettere e farsi delle domande, arrivando a una sua
conclusione. Ad esempio, nel libro scrivo: “La
società si è mai chiesta come si vive una vita su quattro ruote? Evidentemente
no! A questa società la diversità fa paura, tutto ciò che non si conosce è
meglio allontanarlo”. Ecco, già da questa mia riflessione il lettore
potrebbe porsi delle domande per approfondire questa tematica.
Direi
che l’integrazione della persona con una diversa abilità nella società attuale
è davvero molto importante. Il diversamente abile vuole essere parte integrante
del sistema. Vuole poter lavorare, innamorarsi, essere un libero cittadino e
vuole essere trattato come tale e non come un diverso da emarginare. Avere una
diversità significa possedere una grande ricchezza che ci può distinguere dalla
massa. Non siamo alieni che arrivano da un pianeta sconosciuto, siamo essere
umani, con sentimenti identici a tutti gli altri, solo questo è ciò che conta.
Se la società ci allontana, perché, magari, non conosce e non capisce cosa
significa avere una disabilità, siamo noi diversamente abili che dobbiamo
tendere una mano verso l’altro e far comprendere che ognuno di noi è diverso e, grazie a questo, si può
imparare molto gli uni dagli altri, come a vedere anche la propria vita con occhi diversi. C’è un passo del mio
libro dove sottolineo ampiamente questo disagio nei nostri confronti: quello
che, in generale, nelle persone scatta è una sorta di pietismo, che danneggia
tutti. Tutti siamo uguali, con le nostre diversità e per questo dobbiamo
confrontarci per comprenderci. Molti, però, hanno forti pregiudizi nei
confronti delle persone disabili. Credono che non si possa avere una vita
normale o, ad esempio, innamorarsi di qualcuno. Tutti questi falsi miti, nel
mio libro, vengono completamente sfatati.
Come hai scoperto di
avere il talento e l’esigenza di scrivere? Che autore sei?
Sono
un autore emergente, che ha molta strada davanti a sé, ma sto avendo già
parecchie soddisfazioni con il mio primo libro. Gli apprezzamenti sono stati
tanti e questo grazie alla Casa Editrice C’era una volta, che mi sta accanto in
ogni nuovo progetto, che nasce e si sviluppa insieme. Spero di essere anche un
autore sensibile, che cerca di toccare le corde più profonde dell’anima del
lettore, entrando in sintonia con chi legge, fino a diventare una cosa sola.
La
passione per la scrittura l’ho sempre avuta. All’inizio, in particolare,
nell’età adolescenziale, era un modo per sfuggire dalla realtà di tutti giorni.
Un mondo privato che apparteneva solo a me e nel quale nessuno poteva entrare.
Usavo un diario, come fanno tanti, dove scrivevo le mie emozioni, sensazioni,
perplessità e paure. Per me scrivere è rilassante, liberatorio. Il più delle
volte mi capita di guardare qualcosa e esserne catturato: ecco che
all’improvviso inizio a scrivere, le parole escono da sole senza alcuna fatica
e prendono vita.
A
un certo punto, poi, crescendo, ho capito che non volevo più scrivere solo per
me stesso, ma volevo anche rendere partecipi gli altri della mia vita. Così ho
deciso di scrivere un libro autobiografico, sperando che una Casa Editrice
potesse prenderlo in considerazione e pubblicarlo. Dopo tante ricerche, nel
dicembre 2014, ho firmato il mio primo contratto editoriale. Il mio sogno si
stava concretizzando, grazie al mio editore, Cinzia Tocci, e al suo staff che
ha creduto in me senza riserve.
Quanto è difficile
sensibilizzare l’opinione pubblica verso i temi che tratti? Chi ti sta più
accanto concretamente e quali sono gli ostacoli che affronti quotidianamente?
Non
è facile sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare su certi temi così
delicati, come la disabilità o le barriere architettoniche. Bisogna mettersi in gioco in prima persona.
Per questo voglio crescere e diventare un punto di riferimento per chi non ha
voce e fa fatica a farsi ascoltare da chi di dovere. Ovunque andrò a presentare
il libro mi batterò, non solo per me, ma per tutti coloro che hanno bisogno. Se
non raccontiamo il nostro vissuto, come possiamo pretendere che la società dove
viviamo migliori?
Anche
io ho chi mi dà una mano nella vita di tutti i giorni. Io li chiamo i miei angeli custodi. Si tratta dei miei migliori
amici, Luciano e Massimo, che abitano con me e con i quali ho un bellissimo
rapporto. Loro mi sono stati vicino fin dal primo giorno, da quando decisi di
trasferirmi nelle Marche, a Marotta di Mondolfo, in provincia di Pesaro Urbino.
E anche oggi so che posso contare su di loro per ogni cosa, visto che i miei
genitori vivono entrambi lontano.
Le
difficoltà che devo superare quotidianamente sono molte: dalle barriere
architettoniche, alla ricerca di un lavoro. Nonostante appartenga alle
categorie cosiddette protette a volte
è come se non esistessi, pur essendo laureato e conosca due lingue straniere,
vivo le stesse difficoltà dei miei coetanei che camminano sulle loro gambe.
A cosa stai lavorando
attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.
Attualmente
sto lavorando a molti progetti, presenti e futuri, che riguardano il mio primo
libro. Mi piacerebbe continuare a scrivere, infatti ho iniziato a lavorare a un
nuovo libro, ma è una sorpresa anche per il mio editore e il suo staff, quindi
non anticipo nulla: spero solo che venga apprezzato! Posso dire soltanto che
riguarderà la musica. Mi piacerebbe, in futuro, occuparmi anche di diritti
umani e poter far parte di un’organizzazione umanitaria non governativa, che si
occupi di minori e persone che si trovano in situazioni di disagio economico,
così da valorizzare anche i miei studi in giurisprudenza, senza mai dimenticare
di aiutare il prossimo.
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