Gli
appassionati di sport e, in particolare, di pallacanestro, conoscono molto bene
la sua voce: lo abbiamo sentito emozionarsi, esultare, perfino commuoversi,
canestro dopo canestro, commentando le imprese dei più grandi dell’NBA. Stiamo
parlando di Federico Buffa, uno dei
telecronisti sportivi più apprezzati del momento, grazie al carisma col quale
riesce a coinvolgere i tifosi di qualsiasi colore. Dopo averci raccontato a
modo suo gli ultimi Mondiali di calcio in “Storie Mondiali”, in onda su Sky e
approdato anche in libreria in un libro edito da Sperling & Kupfer,
Federico Buffa si sta cimentando in una delle sue prove migliori: dallo scorso
ottobre, infatti, sta calcando i palcoscenici di tutta Italia, portando in tour
uno spettacolo toccante e divertente al tempo stesso, nel quale è protagonista
assoluto, “Le Olimpiadi del 1936”.
Lasciando
da parte la telecronaca, Buffa ci racconta cosa accadde durante le tristemente
note Olimpiadi di Berlino del 1936, le più controverse della Storia moderna,
narrando i percorsi di vita che si sono incrociati all’interno del Villaggio
Olimpico dell’epoca. Dai capricci del Fürer, all’impatto mediatico che ebbero
le riprese della stravagante regista Leni Riefensthal, passando attraverso le
vite dei grandi atleti che hanno segnato la storia dei Giochi, come Jesse Owens
e Sohn Kee-chung, Federico Buffa ci ricorda come lo sport sia, in tutto e per
tutto, lo specchio della vita, che ci obbliga a giocare secondo le sue regole,
regalandoci, sempre e comunque, il privilegio di partecipare.
Fare la telecronaca di un
evento sportivo significa conoscere le regole
del gioco e riuscire a coglierne le fasi più emozionanti, anticipando anche
le mosse dei partecipanti, se necessario, per guidare gli occhi dello spettatore.
Quando e perché si è approcciato a questa professione così interessante?
I
miei primi passi in questo mestiere risalgono alla metà degli anni Ottanta. Un
mio caro amico ricevette da una radio privata milanese la proposta di fare il
radiocronista delle partite della squadra di pallacanestro Olimpia Milano, ma
lui, non convinto di volersi cimentare in quel ruolo, suggerì il mio nome e io,
entusiasta, decisi di accettare, esordendo in una partita della Olimpia Milano
contro Mestre, che si disputava, allora, al Palasport di San Siro, lo stesso
che, un anno più tardi, sarebbe crollato sotto il peso dell’eccezionale
nevicata del 1985.
Così
iniziò la mia carriera di cronista di
qualcosa, perché, a pensarci bene, era la prima volta che mi mettevo alla
prova con quella che, all’epoca non potevo immaginarlo, sarebbe diventata una
professione a tempo pieno.
Il
basket è uno sport che mi ha sempre emozionato e questo entusiasmo doveva
trasparire dalla mia voce, perché, poche settimane dopo quell’esordio quasi casuale,
conobbi Flavio Tranquillo, il quale si propose di affiancarmi nella telecronaca
a ruoli invertiti rispetto come siamo abituati a lavorare adesso. E così, da un
affiatamento nato letteralmente sul campo, è sbocciato un sodalizio che dura ancora
oggi.
Nel
1994 il Direttore di Tele + dell’epoca, Andrea Bassani, mi contattò per
propormi di fare la telecronaca delle partite di College Basket, cioè delle
squadre della pallacanestro universitaria americana, e io accettai finché, nel
1997, ebbe inizio l’avventura con l’NBA che è andata avanti fino al 2013, come
seconda voce al fianco di Flavio Tranquillo.
Dalla telecronaca, alla
vera e propria narrazione a tutto tondo di storie di sport e di sportivi: che
differenza c’è tra il racconto di un evento sportivo e l’approfondimento di
vicende legate allo sport, che possono essere da esempio di vita per tanti
tifosi e non solo?
La
narrazione televisiva è immediata e molto emozionante anche e soprattutto per
noi telecronisti che ci troviamo a commentare immagini che potrebbero entrare
nella storia dello sport, ma, nello stesso tempo, nulla è lasciato al caso.
Raccontare
storie di sport, invece, potendo approfondire la storia della persona che
spesso si cela dietro a uno sportivo, è una vera e propria avventura, grazie
alla quale è possibile capire chiaramente come lo sport sia sempre una metafora
di vita. Ciò richiede impegno, ricerca, immedesimazione. Catturare il sacrifico
degli atleti del passato può insegnare molto, sia a noi tifosi, sia ai campioni
di oggi,
La sua grande abilità di
narratore, in grado di fare dello sport vera cultura, l’ha portata a
intraprendere un lungo tour teatrale in giro per l’Italia con lo spettacolo “Le
Olimpiadi del 1936” che ha ottenuto un grande successo di pubblico. Facciamo un
bilancio di questa esperienza: cosa significa coniugare Storia e Sport?
Salire
sul palcoscenico di tanti teatri italiani negli ultimi mesi è stato esaltante:
una vera e propria scarica di adrenalina ogni sera, grazie al calore vivo e
reale del pubblico e all’importanza di uno spettacolo che, ancor di più in
prossimità della giornata dedicata alla Memoria, assume un carattere
emblematico. Come per magia le Olimpiadi del 1936 hanno cristallizzato una generazione
di atleti unica nel suo genere e che, probabilmente, non si ripeterà mai più.
Uomini e sportivi per i quali sollevare una bandiera o vincere una medaglia
significava qualcosa di ben diverso da ciò che, probabilmente, siamo abituati a
vedere oggi.
Tante
sere, soprattutto quando mi capitava di essere particolarmente stanco,
spettacolo dopo spettacolo, mi sono chiesto se sarei riuscito a dare il
massimo, ma ogni dubbio spariva non appena si apriva il sipario, grazie al
sostegno di un pubblico sempre molto attento e partecipe verso una storia solo
apparentemente lontana.
La sua professione di
giornalista e divulgatore l’ha messa alla prova anche nella carta stampata:
come si sente nel ruolo di scrittore? Avremo l’opportunità di leggerla di nuovo
prossimamente?
Se
già fatico a ritenermi un vero giornalista sportivo e un attore, di sicuro non
sono uno scrittore! Nelle ultime pubblicazioni alle quali ho contribuito ho
avuto la fortuna di avere accanto dei veri scrittori che mi hanno permesso di
partecipare, sempre a modo mio, e il risultato sembra piacere, quindi posso
essere soddisfatto. Ne “L’ultima estate di Berlino”, edito da Rizzoli, forse,
sono riuscito a esprimermi al meglio, parlando attraverso un personaggio di
fantasia, col linguaggio della narrazione e questo anche e soprattutto grazie
al sostegno di Paolo Frusca.
A cosa sta lavorando
attualmente? Quali sono i suoi programmi per il futuro?
Mi
auguro di continuare a calcare i palcoscenici con “Le Olimpiadi del 1936”, che
tornerà in scena molto presto, e non solo: c’è un nuovo spettacolo in cantiere,
del quale, però, non anticipo nulla. Come sempre mi impegnerò al massimo, con
la passione e quel pizzico di incoscienza che mi contraddistinguono, sperando
che i risultati siano all’altezza di chi è seduto in poltrona.
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