domenica 24 gennaio 2016

Federico Buffa: lo Sport che racconta la Vita


Gli appassionati di sport e, in particolare, di pallacanestro, conoscono molto bene la sua voce: lo abbiamo sentito emozionarsi, esultare, perfino commuoversi, canestro dopo canestro, commentando le imprese dei più grandi dell’NBA. Stiamo parlando di Federico Buffa, uno dei telecronisti sportivi più apprezzati del momento, grazie al carisma col quale riesce a coinvolgere i tifosi di qualsiasi colore. Dopo averci raccontato a modo suo gli ultimi Mondiali di calcio in “Storie Mondiali”, in onda su Sky e approdato anche in libreria in un libro edito da Sperling & Kupfer, Federico Buffa si sta cimentando in una delle sue prove migliori: dallo scorso ottobre, infatti, sta calcando i palcoscenici di tutta Italia, portando in tour uno spettacolo toccante e divertente al tempo stesso, nel quale è protagonista assoluto, “Le Olimpiadi del 1936”.
Lasciando da parte la telecronaca, Buffa ci racconta cosa accadde durante le tristemente note Olimpiadi di Berlino del 1936, le più controverse della Storia moderna, narrando i percorsi di vita che si sono incrociati all’interno del Villaggio Olimpico dell’epoca. Dai capricci del Fürer, all’impatto mediatico che ebbero le riprese della stravagante regista Leni Riefensthal, passando attraverso le vite dei grandi atleti che hanno segnato la storia dei Giochi, come Jesse Owens e Sohn Kee-chung, Federico Buffa ci ricorda come lo sport sia, in tutto e per tutto, lo specchio della vita, che ci obbliga a giocare secondo le sue regole, regalandoci, sempre e comunque, il privilegio di partecipare.

Fare la telecronaca di un evento sportivo significa conoscere le regole del gioco e riuscire a coglierne le fasi più emozionanti, anticipando anche le mosse dei partecipanti, se necessario, per guidare gli occhi dello spettatore. Quando e perché si è approcciato a questa professione così interessante?

I miei primi passi in questo mestiere risalgono alla metà degli anni Ottanta. Un mio caro amico ricevette da una radio privata milanese la proposta di fare il radiocronista delle partite della squadra di pallacanestro Olimpia Milano, ma lui, non convinto di volersi cimentare in quel ruolo, suggerì il mio nome e io, entusiasta, decisi di accettare, esordendo in una partita della Olimpia Milano contro Mestre, che si disputava, allora, al Palasport di San Siro, lo stesso che, un anno più tardi, sarebbe crollato sotto il peso dell’eccezionale nevicata del 1985.
Così iniziò la mia carriera di cronista di qualcosa, perché, a pensarci bene, era la prima volta che mi mettevo alla prova con quella che, all’epoca non potevo immaginarlo, sarebbe diventata una professione a tempo pieno.
Il basket è uno sport che mi ha sempre emozionato e questo entusiasmo doveva trasparire dalla mia voce, perché, poche settimane dopo quell’esordio quasi casuale, conobbi Flavio Tranquillo, il quale si propose di affiancarmi nella telecronaca a ruoli invertiti rispetto come siamo abituati a lavorare adesso. E così, da un affiatamento nato letteralmente sul campo, è sbocciato un sodalizio che dura ancora oggi.
Nel 1994 il Direttore di Tele + dell’epoca, Andrea Bassani, mi contattò per propormi di fare la telecronaca delle partite di College Basket, cioè delle squadre della pallacanestro universitaria americana, e io accettai finché, nel 1997, ebbe inizio l’avventura con l’NBA che è andata avanti fino al 2013, come seconda voce al fianco di Flavio Tranquillo.  


Dalla telecronaca, alla vera e propria narrazione a tutto tondo di storie di sport e di sportivi: che differenza c’è tra il racconto di un evento sportivo e l’approfondimento di vicende legate allo sport, che possono essere da esempio di vita per tanti tifosi e non solo?

La narrazione televisiva è immediata e molto emozionante anche e soprattutto per noi telecronisti che ci troviamo a commentare immagini che potrebbero entrare nella storia dello sport, ma, nello stesso tempo, nulla è lasciato al caso.
Raccontare storie di sport, invece, potendo approfondire la storia della persona che spesso si cela dietro a uno sportivo, è una vera e propria avventura, grazie alla quale è possibile capire chiaramente come lo sport sia sempre una metafora di vita. Ciò richiede impegno, ricerca, immedesimazione. Catturare il sacrifico degli atleti del passato può insegnare molto, sia a noi tifosi, sia ai campioni di oggi,

La sua grande abilità di narratore, in grado di fare dello sport vera cultura, l’ha portata a intraprendere un lungo tour teatrale in giro per l’Italia con lo spettacolo “Le Olimpiadi del 1936” che ha ottenuto un grande successo di pubblico. Facciamo un bilancio di questa esperienza: cosa significa coniugare Storia e Sport?

Salire sul palcoscenico di tanti teatri italiani negli ultimi mesi è stato esaltante: una vera e propria scarica di adrenalina ogni sera, grazie al calore vivo e reale del pubblico e all’importanza di uno spettacolo che, ancor di più in prossimità della giornata dedicata alla Memoria, assume un carattere emblematico. Come per magia le Olimpiadi del 1936 hanno cristallizzato una generazione di atleti unica nel suo genere e che, probabilmente, non si ripeterà mai più. Uomini e sportivi per i quali sollevare una bandiera o vincere una medaglia significava qualcosa di ben diverso da ciò che, probabilmente, siamo abituati a vedere oggi.
Tante sere, soprattutto quando mi capitava di essere particolarmente stanco, spettacolo dopo spettacolo, mi sono chiesto se sarei riuscito a dare il massimo, ma ogni dubbio spariva non appena si apriva il sipario, grazie al sostegno di un pubblico sempre molto attento e partecipe verso una storia solo apparentemente lontana.


La sua professione di giornalista e divulgatore l’ha messa alla prova anche nella carta stampata: come si sente nel ruolo di scrittore? Avremo l’opportunità di leggerla di nuovo prossimamente?

Se già fatico a ritenermi un vero giornalista sportivo e un attore, di sicuro non sono uno scrittore! Nelle ultime pubblicazioni alle quali ho contribuito ho avuto la fortuna di avere accanto dei veri scrittori che mi hanno permesso di partecipare, sempre a modo mio, e il risultato sembra piacere, quindi posso essere soddisfatto. Ne “L’ultima estate di Berlino”, edito da Rizzoli, forse, sono riuscito a esprimermi al meglio, parlando attraverso un personaggio di fantasia, col linguaggio della narrazione e questo anche e soprattutto grazie al sostegno di Paolo Frusca.

A cosa sta lavorando attualmente? Quali sono i suoi programmi per il futuro?

Mi auguro di continuare a calcare i palcoscenici con “Le Olimpiadi del 1936”, che tornerà in scena molto presto, e non solo: c’è un nuovo spettacolo in cantiere, del quale, però, non anticipo nulla. Come sempre mi impegnerò al massimo, con la passione e quel pizzico di incoscienza che mi contraddistinguono, sperando che i risultati siano all’altezza di chi è seduto in poltrona.


Nessun commento:

Posta un commento