giovedì 23 aprile 2015

Maria Tuzi: vi racconto mio padre, Santino


Aprile 2008. Sul greto del fiume Liri, poco distante da Arce, viene ritrovato il corpo del Brigadiere Santino Tuzi. È nella sua auto e un colpo della sua stessa pistola d’ordinanza al petto gli ha tolto la vita. Sin dall’inizio per gli inquirenti non ci sono dubbi: Santino si è ucciso per motivi personali. Curioso che l’abbia fatto a due passi da dal luogo in cui, sette anni prima, era stato ritrovato il corpo di Serena Mollicone, la diciottenne di Arce il cui assassinio, tutt’ora irrisolto, ha sconvolto l’Italia intera. E ancora più sorprendente è il fatto che, qualche giorno prima, Santino avesse reso una lunga deposizione alla Procura di Cassino proprio sul caso di Serena, da poco riaperto.
Una coincidenza? O Santino sapeva qualcosa di utile alle indagini che, in qualche modo, è legato alla sua morte?
Una cosa è certa: Santino è più che mai vivo nel ricordo dei suoi familiari e, in particolare, in quello di sua figlia, Maria Tuzi, che ha voluto raccontarci, con grande delicatezza e sensibilità, come si affronta quotidianamente un dolore tanto grande.


Chi era Santino, tuo padre, e chi è oggi? Quante volte al giorno pensi a lui?

Mio Padre era un uomo corretto e sempre disponibile. Dedito al suo lavoro, un amico leale. Un papà presente e un nonno affettuoso e pieno di premure.
Oggi mio padre è tutto quello che abbiamo imparato da lui e che ci ha trasmesso con pazienza attraverso la sua educazione. È il sorriso delle persone che lo ricordano per i suoi modi di fare gentili e per il suo altruismo.
Non potrei quantificare il numero delle volte che penso a lui, semplicemente è parte di me ogni giorno. C’è in ogni mio passo, in ogni cosa che faccio.

Di fronte a una storia così drammatica quanto spesso ci si chiede perché è accaduta e perché proprio a noi?

Non so perché sia accaduto a noi, so solo che il coraggio della verità spesso si paga a caro prezzo, ma comunque si resta sempre a testa alta. Questo è quello che mi ha insegnato mio padre e io cerco di metterlo in pratica ogni giorno.

Qual è stato il momento più difficile in questi anni? Ricordi un episodio in particolare durante il quale hai creduto di non farcela?

Il momento più difficile è stato vedere spezzarsi il legame con i nipotini, che ancora oggi chiedono di lui. Nessuno potrà mai dimenticarlo, né la sua famiglia, né gli amici. Non credo che la verità sia stata scoperta fino in fondo e la cosa più dura da affrontare è proprio che ogni volta che credo di aver trovato un tassello importante per avere delle risposte mi trovo davanti un nuovo muro da abbattere.

Come si fa a non essere solo arrabbiati?

Sprecare tempo per la rabbia è inutile, preferisco convogliare le forze per trovare le risposte che cerco e aiutare gli altri a non avere paura di dire la verità. Questo è il mio modo di superare la negatività che questa tragedia ha portato nella vita dei miei cari.

Quali sono stati, in questi anni, i tuoi cinque minuti di felicità, che ti hanno permesso di avere la forza di andare avanti e guardare al futuro, nonostante tutto?

Credo che non si possa dare una misura alla felicità, anche se mi piacerebbe. Sono convinta che, prima o poi, con l’aiuto di tutti, troveremo le risposte che cerchiamo, perché le persone semplici e oneste, come era mio padre, lasciano sempre un segno. La vera forza di andare avanti la trovo ogni giorno nell’amore della mia famiglia e delle persone speciali che mi aiutano nella ricerca della felicità e di questo sono molto grata.



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