Aprile
2008. Sul greto del fiume Liri, poco distante da Arce, viene ritrovato il corpo
del Brigadiere Santino Tuzi. È nella sua auto e un colpo della sua stessa
pistola d’ordinanza al petto gli ha tolto la vita. Sin dall’inizio per gli
inquirenti non ci sono dubbi: Santino si è ucciso per motivi personali. Curioso
che l’abbia fatto a due passi da dal luogo in cui, sette anni prima, era stato
ritrovato il corpo di Serena Mollicone, la diciottenne di Arce il cui assassinio,
tutt’ora irrisolto, ha sconvolto l’Italia intera. E ancora più sorprendente è
il fatto che, qualche giorno prima, Santino avesse reso una lunga deposizione
alla Procura di Cassino proprio sul caso di Serena, da poco riaperto.
Una
coincidenza? O Santino sapeva qualcosa di utile alle indagini che, in qualche
modo, è legato alla sua morte?
Una
cosa è certa: Santino è più che mai vivo nel ricordo dei suoi familiari e, in
particolare, in quello di sua figlia, Maria Tuzi, che ha voluto raccontarci,
con grande delicatezza e sensibilità, come si affronta quotidianamente un
dolore tanto grande.
Chi era Santino, tuo
padre, e chi è oggi? Quante volte al giorno pensi a lui?
Mio
Padre era un uomo corretto e sempre disponibile. Dedito al suo lavoro, un amico
leale. Un papà presente e un nonno affettuoso e pieno di premure.
Oggi
mio padre è tutto quello che abbiamo imparato da lui e che ci ha trasmesso con
pazienza attraverso la sua educazione. È il sorriso delle persone che lo
ricordano per i suoi modi di fare gentili e per il suo altruismo.
Non
potrei quantificare il numero delle volte che penso a lui, semplicemente è
parte di me ogni giorno. C’è in ogni mio passo, in ogni cosa che faccio.
Di fronte a una storia
così drammatica quanto spesso ci si chiede perché è accaduta e perché proprio a
noi?
Non
so perché sia accaduto a noi, so solo che il coraggio della verità spesso si
paga a caro prezzo, ma comunque si resta sempre a testa alta. Questo è quello
che mi ha insegnato mio padre e io cerco di metterlo in pratica ogni giorno.
Qual è stato il momento
più difficile in questi anni? Ricordi un episodio in particolare durante il
quale hai creduto di non farcela?
Il
momento più difficile è stato vedere spezzarsi il legame con i nipotini, che
ancora oggi chiedono di lui. Nessuno potrà mai dimenticarlo, né la sua
famiglia, né gli amici. Non credo che la verità sia stata scoperta fino in
fondo e la cosa più dura da affrontare è proprio che ogni volta che credo di
aver trovato un tassello importante per avere delle risposte mi trovo davanti
un nuovo muro da abbattere.
Come si fa a non essere
solo arrabbiati?
Sprecare
tempo per la rabbia è inutile, preferisco convogliare le forze per trovare le
risposte che cerco e aiutare gli altri a non avere paura di dire la verità.
Questo è il mio modo di superare la negatività che questa tragedia ha portato
nella vita dei miei cari.
Quali sono stati, in
questi anni, i tuoi cinque minuti di felicità,
che ti hanno permesso di avere la forza di andare avanti e guardare al futuro,
nonostante tutto?
Credo
che non si possa dare una misura alla
felicità, anche se mi piacerebbe. Sono convinta che, prima o poi, con l’aiuto
di tutti, troveremo le risposte che cerchiamo, perché le persone semplici e
oneste, come era mio padre, lasciano sempre un segno. La vera forza di andare
avanti la trovo ogni giorno nell’amore della mia famiglia e delle persone
speciali che mi aiutano nella ricerca della felicità e di questo sono molto
grata.
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