giovedì 5 novembre 2015

Raffaele Sollecito: il mio cammino fuori dalla notte


Se questa storia fosse nata dall’estro di uno scrittore o di un regista, sarebbe naturale scegliere da che parte stare. Ognuno di noi si schiererebbe seguendo il proprio istinto, il cosiddetto sesto senso, quello che, purtroppo o per fortuna, non risponde alle leggi che regolano il nostro corpo, ma a ben altri comandamenti. Ma questa storia non è un film, né un romanzo e per raccontarla occorre buon senso.
“Esci da quella casa, Raffaele, non toccare nulla e chiama subito il 112”. Queste sono le parole con cui Vanessa Sollecito apostrofa il fratello, Raffaele, un ventitreenne timido e studioso, la mattina del 2 novembre 2007, quando riceve una sua telefonata decisamente allarmante. Raffaele le racconta di trovarsi in casa di Amanda Knox, una bella studentessa americana che frequenta solo da pochi giorni, e che insieme si sono accorti che nella villetta deve essere entrato un ladro: c’è un vetro rotto, delle tracce di sangue in un bagno e delle stanze a soqquadro. Una camera, in particolare, quella di Meredith Kercher, una studentessa inglese che si trova in Italia grazie al progetto Erasmus e che condivide l’appartamento con Amanda e altre colleghe di studi, è chiusa a chiave e nessuno risponde.
Amanda e Raffaele seguono il consiglio di Vanessa e, quando, poco dopo, quella maledetta porta verrà buttata giù, nulla sarà mai più come prima. Meredith giace morta, la gola tagliata e il corpo martoriato da decine di coltellate. Una giovane vita perduta per sempre.
Le vicissitudini giudiziarie degli anni a venire è difficile non conoscerle, perché se ne è parlato molto, anche troppo, tra giornali e televisioni. Al momento l’unico condannato in via definitiva per Concorso in Omicidio è Rudy Guede, un giovane cittadino ivoriano. Ma, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Rudy non era solo. Raffaele Sollecito e Amanda Knox vengono accusati di aver concorso all’omicidio e, dopo due condanne, vari anni di carcere, un’assoluzione e un annullamento di sentenza, vengono definitivamente assolti, per non aver commesso il fatto, il 27 marzo 2015.
Così la Corte di Cassazione mette fine a uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi anni, sia per la brutalità dell’assassinio, sia per le polemiche sorte in merito alla gestione delle indagini, sia per la transnazionalità dei protagonisti.
Poche settimane fa, in tutte le librerie, è uscito un libro scritto da Raffaele Sollecito, “Un passo fuori dalla notte”, edito da Longanesi, dove il giovane pugliese racconta la storia dal suo punto di vista da uomo libero e innocente, secondo la giustizia italiana. Raffaele ricostruisce in modo pulito e diretto, non solo i fatti per come lui li ha vissuti: il carcere, le udienze, la gogna mediatica e i pregiudizi della gente, ma anche i suoi cambiamenti interiori. Il passaggio repentino da una spensierata giovinezza a una situazione più grande di lui, che lo ha portato a dover prendere delle decisioni difficili, le cui conseguenze sente e subisce anche oggi, che la giustizia ha fatto il suo corso.
Dicevamo che questa storia non è un romanzo, né un film, altrimenti tutti i punti di vista dei vari personaggi sarebbero allineati e coerenti e ci sarebbe un epilogo soddisfacente, come in ogni giallo che si rispetti, con un colpevole, brutto e cattivo, che marcisce dietro le sbarre. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà e la prima cosa da non dimenticare mai è che una ragazza è morta, nulla può restituircela. Uno dei suoi assassini è in galera, a scontare la sua pena, gli altri sono ignoti. Non è il primo e, probabilmente, non sarà l’ultimo caso del genere della storia giudiziaria italiana. La Giustizia lo ha detto chiaro e tondo: Amanda e Raffaele sono innocenti e hanno diritto di rimettere insieme i frammenti della loro vita, cercando di combattere i pregiudizi che, forse, li accompagneranno per sempre.
Raffaele è un po’ meno timido e impacciato di prima e, da ragazzo diligente e meticoloso quale è, ha molti progetti per il proprio futuro, primo tra tutti, riscattarsi. Far emergere la sua vera personalità, una piccola grande difficoltà che ha fin da bambino e che ora sente forte, come un’esigenza primaria. Con questo libro ci riesce bene, con semplicità e senza sensazionalismi inutili. Forse ha perduto del tempo prezioso, ma non delle buone occasioni e, di certo, non la gentilezza e la generosità dei suoi vent’anni. E, al di là delle opinioni di ognuno e della indiscutibile sentenza, scopriamo, ancora una volta, che la realtà non ci richiede necessariamente di prendere posizione. Non c’è una parte giusta o sbagliata dalla quale schierarsi, oltre a quella della vittima e del diritto alla vita, alla dignità e all’integrità. Sempre e comunque.


Quando, nel marzo di quest’anno, la Corte di Cassazione ha chiuso definitivamente uno dei casi più controversi della recente storia giudiziaria del nostro Paese, assolvendoti “per non aver commesso il fatto”, tutta Italia credeva di conoscerti, pur non avendo mai ascoltato il tuo punto di vista. Ma chi è Raffaele oggi? E chi era otto anni fa?

Raffaele oggi è un ragazzo con un passato decisamente “drammatico”, nel senso che questi lunghi anni di sofferenza e battaglie insieme alla mia famiglia, mi hanno strappato definitivamente i miei vent’anni, che non torneranno più. Sono stato catapultato in un mondo surreale, per poi ritornare, in un’età ormai adulta, nel mondo reale. Ho dovuto prendere decisioni difficili anche per persone sagge e di grande esperienza e solo grazie a Dio ritengo di aver preso sempre quelle giuste.
Quando ero soltanto uno studente, ero timido e impacciato, decisamente timoroso del giudizio altrui e per nulla determinato e convinto delle mie possibilità. Posso dire di essere nato tre volte: la prima naturalmente, la seconda dopo essere uscito dal carcere ed essere stato costretto ad affrontare un mondo completamente diverso, la terza quando la Corte di Cassazione mi ha restituito il pieno possesso della mia vita. Oggi quella vita è cambiata per sempre e la realtà intorno a me è qualcosa a cui mi sono dovuto adattare un passo alla volta; mi sono dovuto convincere che quello a cui ero abituato non ci sarà più. Infatti sono nato e cresciuto in una provincia del Sud Italia e non è stato facile capire, prima, e affrontare, dopo, un mondo selvaggio e tritasassi, quale è quello della amministrazione della Giustizia e dei media in questa nazione.

Le ombre non sono meno importanti della luce, ma tu hai deciso, con coraggio, di far un passo fuori dalla notte. Da dove nasce l’esigenza di raccontare la tua storia in un libro? Non ne hai abbastanza di riflettori? Qual è la luce che stai cercando realmente?

La mia volontà è quella di far comprendere a tutti in quale realtà viviamo oggi. Quello che raccontano le televisioni ed i media, in generale, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha nessuna attinenza con quello che succede realmente nei tribunali e nelle vite delle persone coinvolte, siano esse imputate o vittime. Quello che è accaduto a me può succedere al nostro vicino, ad un nostro amico, ad un nostro parente, a nostro figlio, a tutti. È estremamente facile che capiti, quando ci si imbatte nelle persone sbagliate e tutt’ora guardo ed assisto a casi giudiziari, che vengono trattati, a livello di informazione, esattamente come il mio. Questo la dice lunga sulla fondatezza e la solidità del quadro indiziario a carico degli imputati. In secondo luogo c’è la mia precisa volontà di riscattare la mia immagine, perché nessuno mi ha ascoltato fino ad oggi e in molti si sono fatti un’idea di me soltanto ascoltando e credendo a quello che raccontavano i giornali e le televisioni.

Non auguri a nessuno ciò che hai passato: così inizi a raccontare la tua storia. Cosa auguri a chi, in cuor suo, ha creduto per anni che fossi un assassino? E cosa auguri a te stesso?

A chi ha creduto nella mia colpevolezza auguro di non avere mai nessun amico o conoscente o parente che si imbatta nel nostro sistema giudiziario, perché certamente ne rimarrebbe traumatizzato e travolto. Auguro a me stesso di avere la forza di continuare a combattere contro il pregiudizio e contro i messaggi di odio e violenza, che mi sono dovuto abituare ad ascoltare ogni giorno.

A cosa stai lavorando in questo momento e quali sono i tuoi sogni? Raccontaci quali sono i tuoi programmi attuali.

Sto lavorando ad un progetto imprenditoriale che mi ha finanziato la Regione Puglia. Si tratta di un portale di servizi web e anche di una App che offrirà diverse opportunità innovative agli utenti. L’idea mi venne mentre ero in carcere e pensavo a come avrei potuto ricordare e magari rivedere mia madre. Quando raccontai la mia idea al Professor Milani, lui mi aiutò a preparare un business plan specifico che poi abbiamo presentato a diversi bandi di concorso in Italia e in Europa. Alla fine, con mia piacevole sorpresa, la mia iniziativa fu accettata qui in Puglia e, finalmente, dopo quasi un anno, sto ricevendo i fondi per sviluppare il mio progetto.

Che valore dai oggi alla tua libertà? Ti senti completamente libero? Vedi il tuo futuro in Italia?


Il mio futuro lo vedo in una grande città ordinata e socialmente orientata al rispetto dei diritti umani e al progresso; perché, da sempre, sono portato, naturalmente, a sentirmi “cittadino del Mondo” e questo mi fa sentire veramente libero.

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