mercoledì 15 luglio 2015

Letizia Marcantonio: mia figlia, Rossana Wade, voleva diventare una poliziotta


Di femminicidio si moriva anche prima che inventassimo una parola nuova, nella speranza di smuovere le coscienze. E, purtroppo, si continua a morire ancora oggi.
È il 2 marzo 1991 e Rossana Wade ha diciannove anni quando il suo fidanzato, Alex Maggiolini, allora ventenne, le toglie la vita, strangolandola brutalmente, e abbandona il suo corpo in un casello ferroviario in disuso, ormai demolito.
Rossana è una ragazza solare e premurosa, piena di sogni da realizzare, tra i quali spicca quello di diventare poliziotta e fare della giustizia sociale una missione. Forse Rossana è venuta a conoscenza di alcuni aspetti della vita del suo fidanzato che l’hanno spinta a lasciarlo e lui non ha accettato la cosa, perdendo il controllo, fino all’omicidio?
Alex Maggiolini viene condannato a trentun anni di carcere, ma, tra sconti di pena e attenuanti, ne trascorre in prigione solo dodici e ora vive con la sua famiglia non lontano dalla casa di Letizia Marcantonio, la madre di Rossana. Da quasi venticinque anni, ormai, Letizia grida il proprio dolore per la perdita ingiustificabile di una figlia così giovane e il proprio sgomento per una giustizia incompiuta, che sembra inerme e ancora non è riuscita ad assicurare alla sua famiglia neppure il risarcimento dovuto.

Chi era Rossana? Quanto spesso pensi a lei?

Rossana era la seconda di tre figli. Era una ragazza instancabile e premurosa. È impossibile non pensare a lei e al suo sorriso. È sempre nel mio cuore, ogni istante e vado spesso a portare dei fiori dove adesso giace. Rossana era amichevole e gentile con tutti: si faceva voler bene e aveva una grande fiducia negli altri. Era solare e ottimista di natura. Amava tanto gli animali! Ricordo che, all’epoca avevamo decine e decine di conigli e lei aveva messo un nome a ciascuno. Si prendeva sempre cura di loro e pure dei cani e dei gatti.
Anche a scuola si impegnava molto, era brava e studiosa e aveva il sogno di diventare una poliziotta, ma, purtroppo, non ha avuto la possibilità di realizzarlo, perché sarebbe stata una professione scomoda per chi le ha tolto la vita in un modo indegno. Io ero tanto contenta delle aspirazioni di mia figlia, ma l’uomo del quale Rossana si era innamorata e di cui si fidava me l’ha portata via il giorno che lei ha compiuto diciotto anni e da quel momento tutto è cambiato. È stato lui, probabilmente invischiato in traffici illeciti e pericolosi, che l’ha uccisa, togliendole la possibilità di realizzare tutti i suoi sogni.
Quando lui, non voglio nemmeno chiamarlo per nome, ha portato via Rossana, convincendola ad allontanarsi insieme, l’ha tenuta nascosta per una settimana. Neanche i suoi genitori volevano aiutarmi a cercarli. Poi Rossana ha deciso di tornare, ma è andata ad abitare col padre, il mio ex marito, e veniva a trovarmi spesso. Io e lei non abbiamo mai litigato, ma lui ha cercato di mettermela contro in tutti i modi; non mi sopportava perché io e Rossana eravamo molto unite e io la facevo riflettere, dicendole di stare attenta. Forse Rossana deve aver scoperto qualcosa sul suo conto e voleva lasciarlo, ma non ha fatto in tempo, perché lui, pochi mesi dopo, l’ha attirata in una trappola e, alla fine, l’ha uccisa.


Ti sei mai chiesta come mai questa tragedia è accaduta proprio a Rossana e alla vostra famiglia?

È stato un fulmine a ciel sereno, come si dice. Non avrei mai potuto immaginare che ci accadesse una cosa del genere. Rossana aveva una vita da vivere e tanti sogni da realizzare. Ancora fatico a credere che tutto questo non accadrà mai a causa della mano assassina di qualcuno. È qualcosa del quale non ci si può fare una ragione. Tutto è cambiato radicalmente da allora e non tornerà mai più come prima: questa, purtroppo è l’unica certezza che ho.

Pensi che abbiate ricevuto giustizia? Come si fa a non essere solo arrabbiati per l’accaduto?

Io non credo che abbiamo ricevuto giustizia, perché gli assassini non devono avere né sconti, né privilegi, come invece è accaduto nel nostro caso. Per questo sono arrabbiata e non potrei essere altrimenti! Il carnefice di mia figlia aveva avuto una condanna a ben trentun anni di carcere, ma gliene sono stati scontati otto, perché era incensurato e, successivamente, altri otto per le attenuanti. In più gli sono stati tolti tre mesi per ogni anno di detenzione per buona condotta. In questi casi non dovrebbero esistere le attenuanti o gli sconti di pena, per nessun motivo. Alla fine è rimasto in carcere poco più di dodici anni. Ma mia figlia quali sconti ha avuto? Lei la sua pena l’ha pagata con la vita. Possibile che Rossana valesse così poco per la Giustizia Italiana?
Dopo il processo e la condanna, è stato stabilito che noi avessimo diritto a un risarcimento, anche per sostenere tutte le spese, che ancora non ci è stato dato. Dopo quasi venticinque anni dalla morte di mia figlia, ancora dobbiamo andare in tribunale per reclamare i nostri diritti. Perché nessuno se ne occupa?

In questi anni qual è stato il momento più difficile, in cui hai creduto di non farcela?

Rossana mi manca tanto. Sopportare la sua assenza, sapendo che non potrò più averla con me e non potrò vederla diventare donna e realizzare i suoi sogni è la cosa più difficile da sopportare, per cui ogni giorno è sempre più faticoso sostenere questo dolore. Lotterò senza sosta per far conoscere la sua storia e per evitare che si ripeta, ma nulla nella mia vita è più come prima.
L’assassino di Rossana ha scontato la pena e ora è tornato libero e può farsi la sua vita, mentre a mia figlia tutto questo è stato negato per sempre. È davvero arduo superare questa sofferenza così profonda.

Quali sono stati, in questo lungo periodo di dolore, i cinque minuti di felicità che ti hanno permesso di andare avanti?

Gli altri due figli che ho sono la mia ragione di vita, ma anche loro hanno sofferto tanto per questa vicenda. Sentono costantemente la mancanza della sorella e tutte le vicende giudiziarie connesse, che ancora ci costringono a presentarci in tribunale, quasi a elemosinare ciò che ci spetta di diritto, ci stanno sfinendo. Questa mala giustizia ci fa stare peggio! Per questo siamo sempre in prima fila e in piazza per far sentire la nostra voce. Mia figlia non è nata e cresciuta per essere uccisa in questo modo e vorrei tanto che le cose cambiassero e che in futuro nessun’altra madre debba piangere la sua creatura assassinata.
È importante che ci sia certezza della pena, senza sconti, né privilegi e che i condannati lavorino in carcere per poter dare il giusto risarcimento, anche economico, alle famiglie delle vittime. Migliaia di donne vengono uccise ogni anno da uomini crudeli e dobbiamo fare di tutto perché questo fenomeno scompaia. Questi uomini che sono così vigliacchi da maltrattare e poi uccidere le proprie donne dovrebbero ricordare che è stata una donna a metterli al mondo. Questa ricerca di equità per tutto il genere umano mi dà la spinta per continuare a lottare. Dov’è la vera Giustizia? I miei figli, tutti e tre, saranno sempre e comunque la gioia della mia vita.

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