venerdì 31 luglio 2015

Laura Schiavini: Amore, Yoga e tanto Divertimento


Mimì è una giovane psicologa in cerca di lavoro che, come tutti, subisce la crisi economica e si ritrova costretta ad accettare una collaborazione temporanea con un’azienda che concede prestiti, in attesa di tempi migliori. Mimì è un ragazza semplice, intelligente e così sensibile da avere l’abilità di capire istintivamente se qualcuno le sta mentendo, ma in una routine piena di preoccupazioni questa capacità non sempre le è utile. Per distrarsi dallo stress di una vita quotidiana che sembra scarseggiare di prospettive, Mimì, incalzata dall’amica Franca, si iscrive a un corso di Yoga e conosce l’affascinante e magnetico insegnante Swami, col quale scocca una scintilla tutt’altro che mistica. Quando, a complicare la situazione, ci si metterà anche Enrico, il capo di Mimì, bello e presuntuoso, il precario equilibrio della ragazza sarà messo a dura prova da emozioni del tutto inaspettate, costringendola a fare una scelta tra due uomini e due vite che non potrebbero essere più diverse.
Tra una posizione di yoga e un battibecco di lavoro, Laura Schiavini ci cattura col suo nuovo libro, “Tutta colpa dello yoga”, edito da Newton Compton e appena arrivato sugli scaffali delle nostre librerie, replicando il successo di “A qualcuno piace dolce” e “Quando il marito è in vacanza”.
“Tutta colpa dello yoga” è un romanzo che si divora letteralmente: ironico, brillante, divertente e profondamente attuale, tanto per l’energia dei personaggi, quanto per la vivacità dei dialoghi, che confermano il talento di un’autrice che ha il dono di incuriosire e intrattenere con uno stile semplice e spassoso. Un libro imperdibile, comico e romantico, ideale per chi ama le storie d’amore, senza mai rinunciare ai sogni e all’ironia.
   

Amore, ironia e yoga quanto basta: ecco gli ingredienti del tuo nuovo libro “Tutta colpa dello yoga”, edito da Newton Compton. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Mi piaceva l’idea di questa ragazza con un dono: la capacità istintiva di capire se qualcuno mente. Confesso di aver tratto spunto dalla fiction “Lie to me” anche se la protagonista, pur essendo una psicologa, è lontana anni luce dal dottor Lightman. Il resto è cresciuto piano piano intorno a Mimì, dall’ambientazione tutta triestina ai personaggi secondari. Per Swami, il maestro di yoga, ed Enrico, ho tratto ispirazione dalla realtà, romanzandola. Inoltre, avendo praticato yoga per molti anni, è stato stimolante poterne parlare dal mio punto di vista.     

Da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Che autrice sei: segui l’ispirazione a qualunque ora del giorno o hai un metodo collaudato al quale non puoi rinunciare?

L’esigenza di scrivere l’ho sempre avuta, ma per molti anni non l’ho messa in pratica. Diciamo che mi piaceva raccontarmi le storie che inventavo. Ho sempre letto molto e a un certo punto è scattato qualcosa che mi ha spinto a provarci. Prima con dei racconti, che mi sono stati subito pubblicati da una rivista e poi cimentandomi con il mio primo romanzo. Che giace ancora nell’archivio del mio computer. Difficilmente il primo romanzo, a meno che uno non sia un genio, è destinato a vedere la luce. Bisogna lavorare molto, provare e riprovare, affinare la tecnica e il mestiere. Perché alla fin fine è di questo che si tratta: di mestiere. 
L’ispirazione, per quanto mi riguarda, a parte rare eccezioni, non mi fulmina all’improvviso. In genere parte da un’idea, che poi elaboro mentalmente. Se funziona la metto in pratica, altrimenti la lascio andare. Ho sempre avuto difficoltà a scrivere le scalette, ci sono riuscita solo con “A qualcuno piace dolce”, un romanzo che mi ha dato molte soddisfazioni. Sarà per questo che ha avuto successo?
Quanto al mio metodo, se così si può definire, scrivo in genere al pomeriggio e, se serve, anche di sera. Raramente al mattino.  

Sei riuscita a fare del tuo più grande talento un mestiere: che ostacoli hai incontrato e incontri ancora adesso nel tuo percorso? Cosa significa, al giorno d’oggi, collaborare con un grande Editore?

Gli ostacoli che si incontrano in questo campo sono tanti e a volte sembrano insormontabili. Per contare i rifiuti che ho ricevuto dagli editori non bastano le dieci dita, ma vincere un concorso, pubblicare con le riviste o con qualche piccolo editore che credeva in me, mi ripagava delle delusioni e mi stimolava ad andare avanti. Quando io ho iniziato, arrivare al grande editore era pressoché impossibile. Negli anni seguenti le cose sono cambiate, ma la svolta si è avuta con il self publishing. Una sfida in cui mi sono buttata con entusiasmo. Ho pubblicato “A qualcuno piace dolce” in e book su una piattaforma on line, che lo ha diffuso nei principali store. Il romanzo è salito subito in classifica e Newton Compton mi ha fatto un’offerta per acquisirne i diritti.
Certamente collaborare con un editore importante è tutta un’altra storia. A cominciare dall’editor. Per quanto l’autore sia scrupoloso e attento non ha, non può avere una visione distaccata dell’opera. Gli altri due fattori fondamentali sono la promozione e la distribuzione, che solo un editore importante può garantire. Anche se hai scritto il più bel romanzo del mondo, è difficile che venga letto se non si trova nelle librerie.   

Il rosa è, senza dubbio, la tua dimensione più congeniale: cosa pensi di questo genere? Come mai non passa mai di moda?

A quanto pare, mi riferisco alle recenti statistiche, le donne leggono più degli uomini. Credo che, nonostante l’emancipazione, le donne amino sempre sognare il grande Amore. Quello che arriva metaforicamente sul cavallo bianco a salvarti. A meno che non sia tu a volerlo salvare a ogni costo: ma questa è un’altra, più complessa questione. Certo i costumi cambiano, i gusti si affinano, ma i sentimenti rimangono sempre gli stessi. Inoltre, secondo me, il rosa ha saputo reinventarsi offrendo varie declinazioni sul tema. Basti pensare al chick lit, un genere scacciapensieri che diverte e rilassa.

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.


Credo che il mio prossimo romanzo sarà un po’ meno scacciapensieri e un po’ più profondo e drammatico. Ma è troppo presto per parlarne.  

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