lunedì 3 agosto 2015

Rossella Accardo: storia di Marco, Stefano e Antonio Maiorana


È una sera di primavera del 1996. Un temporale improvviso squarcia il cielo di Palermo, mentre una raffica di fulmini illumina a giorno la città, scossa dal rombo dei tuoni. Il mare agitato si scaglia sulla riva, onda dopo onda, schiumando alghe e conchiglie, quasi alla ricerca della salvezza dalla sua stessa furia. Affacciati a una finestra della loro casa calda e accogliente, Rossella, una giovane mamma dal temperamento forte e gentile, e i suoi due bambini, Stefano e Marco, osservano curiosi la bellezza della tempesta, avvolti nel buio della loro stanza da letto. Stefano e Marco sono ancora piccoli, ma guardano con coraggio e curiosità a quello spettacolo della natura che esprime sé stessa nella furia del temporale, rassicurati dalle parole di mamma Rossella, che spiega loro come, anche dopo la bufera più nera, torni sempre il sereno. I tre giocano a nascondino, seguendo il fragore del vento, superato solo dalla melodia delle loro risate felici. Scherzano e si divertono, a dispetto di quel cielo cupo che sembra esplodere, raccontandosi storie di cavalli selvaggi che girano il mondo portando allegria e felicità. Nessuno dei tre ha più paura del buio, la loro luce interiore è più forte di qualsiasi oscurità.

Disegno di Marco Maiorana per la mamma, Rossella Accardo
Oltre undici anni dopo, il 3 agosto 2007, Stefano Maiorana è diventato un giovane uomo brillante e intraprendente. Quella mattina si trova nel cantiere di Isola delle Femmine, a Palermo, dove lavora assieme al padre, Antonio Maiorana, per una società immobiliare, quando i due si allontanano, senza mai più fare ritorno. L’auto sulla quale padre e figlio se ne sono andati verrà ritrovata all’Aeroporto di Punta Raisi, ma non risulta che Stefano e Antonio siano mai partiti. Per Rossella Accardo, madre di Stefano e ex moglie di Antonio, inizia un incubo che porterà alla luce verità inquietanti legate alla professione di Antonio. Forse Maiorana era legato a qualche organizzazione mafiosa e si è spinto troppo oltre, coinvolgendo anche il figlio Stefano, senza più essere in grado di gestire la situazione? Nonostante alcuni avvistamenti avvenuti all’estero, i legami di Antonio con la Mafia che gestiva le costruzioni edilizie sembrano confermati da alcuni messaggi ricevuti da Marco Maiorana, il secondogenito di Antonio e Rossella, nei quali si legge che padre e figlio sarebbero rimasti vittima della cosiddetta lupara bianca. Anche Marco, nel frattempo è cresciuto. È un ragazzo sensibile e altruista, profondamente legato alla madre, alla quale cerca di stare accanto, finché il 6 gennaio 2009, decide di togliersi la vita lanciandosi dal balcone del suo appartamento di via Arimondi, a Palermo, dove aveva vissuto col fratello Stefano. Forse Marco aveva scoperto qualcosa sulla misteriosa scomparsa del padre e del fratello e, sconvolto, ha deciso di farla finita?
Dopo innumerevoli ostacoli, depistaggi, coincidenze inquietanti e richieste di archiviazione, l’indagine sulla scomparsa di Antonio e Stefano Maiorana sta iniziando a dare i suoi frutti. È di pochi giorni fa la notizia che, dopo le nuove dichiarazioni di un pentito, si è iniziato a scavare a Villagrazia di Carini, alla ricerca dei corpi dei due uomini. In questi anni Rossella Accardo è rimasta sola a combattere la sua battaglia per la verità, senza mai perdere il coraggio e la speranza che chi sa racconti come sono andate veramente le cose. Un’intera famiglia sembra essersi sgretolata sotto il silenzio dell’omertà, lasciando Rossella a lottare, unica colonna di un tempio abbattuto, ma che, con forza e perseveranza, può essere ricostruito, grazie all’aiuto di tutti noi.
Oggi Rossella, in occasione dell’ottavo anniversario della scomparsa dei suoi cari, ha voluto ricordare Antonio, Stefano e Marco, organizzando, a Messina, una Maratona di solidarietà dedicata a tutti gli scomparsi, siciliani e non solo, perché l’attenzione dell’opinione pubblica su queste storie sospese resti sempre alta e le Istituzioni continuino il loro cammino di giustizia e verità per tanti casi ancora insoluti. Rossella è ben più di una mamma coraggiosa. È la testimonianza che solo se ci impegneremo tutti insieme, dopo la tempesta, tornerà il sereno.


Raccontami la tua storia: chi è Rossella Accardo?

La mia è la storia di una donna che ha desiderato da sempre essere mamma. Ho messo la maternità al primo posto nella mia scala di valori, quindi, una volta diventata madre, ho voluto educare i miei figli come i miei nonni e i miei genitori hanno fatto con me, cosicché potesse giungere loro un vero testamento di vita. Con la scomparsa dei miei figli questo progetto sembra infranto, ma solo apparentemente, perché, affinché tutto quello che mi è accaduto abbia un senso, la cosa più importante che io possa fare è raccontare la nostra storia, trasmettendo, così, questo immenso bagaglio di valori il più possibile. I miei figli non ci sono più, non avrò mai nipoti da abbracciare, ma, finché la nostra vicenda si conoscerà e si parlerà di noi, anche il dolore e il sacrificio non saranno stati vani. Io sono stata educata nell’amore, nella gioia, nella fratellanza, nel rispetto e ogni giorno mi prodigo perché tutto il male che ho subito possa riconvertirsi in bene attraverso la conoscenza. Sono una mamma che non si arrende e che vuole passare comunque questo testamento alle generazioni che verranno, per dare un senso a ciò che mi è accaduto.

Stefano e Marco erano due fratelli uniti e non vederli diventare uomini insieme è un dolore per il quale non esiste ristoro. Chi sono oggi Stefano e Marco? Cosa rappresentano?

I miei figli sono sempre i pilastri ai quali faccio riferimento per costruire, anche e soprattutto oggi. Ricordo che già in tenerissima età li portavo con me a fare volontariato per educarli al rispetto e all’amore verso il prossimo, che si trattasse di persone meno abbienti, anziani, disabili e così via. Essendo cresciuti in questo modo, Stefano e Marco erano molto sensibili e attenti alla tutela dei più deboli. Avevano caratteri diversi: Marco era emotivo e fragile, Stefano, invece, era più estroverso e spigliato, ma entrambi erano sempre in prima fila quando si trattava di aiutare chi soffre, perché erano educati alla compassione e a saper accettare le gioie e i dolori della vita vera, sostenendosi a vicenda. Io, senza il loro esempio e il loro ricordo, non avrei la forza di fare nulla; sono sempre e costantemente nei miei pensieri e al mio fianco.
Stefano e Marco sono il motore della mia vita. Sono il grido muto che ho dentro e che mi spinge a non fermarmi mai. È difficile convivere con un dolore così grande, ma oggi i miei figli rappresentano, per me e per tanti altri che vivono le mie stesse sofferenze, il coraggio, la forza e la coerenza di chi vive secondo coscienza e vuole verità e giustizia.
L’unica mia ragione di vita è proprio convertire tutto il dolore che provo in amore e in impegno verso gli altri, perché so che questo sarebbe anche il desiderio dei miei figli che sono dentro di me nella fede e nella certezza dell’eternità.   

La scomparsa di tuo figlio Stefano e del tuo ex marito Antonio sembra essere legata alla professione di Antonio stesso e ad alcune sue conoscenze che li hanno messi in pericolo. Tu che idea ti sei fatta? Cosa è accaduto?

La mia idea è che Antonio, il padre dei miei figli, si sia ritrovato invischiato in giri pericolosi, forse connessi ad ambienti mafiosi, e che, a un certo punto, non sia più stato in grado di gestire la situazione che era diventata davvero ad alto rischio. Probabilmente, per non sottostare ai tempi della burocrazia, si è rivolto alle persone sbagliate, illudendosi di avere delle agevolazioni nel suo lavoro, ma queste mosse gli si sono ritorte contro, coinvolgendo anche Stefano, che collaborava con lui. Presumibilmente Antonio aveva dei riferimenti politici anche a Roma, dove si recava spesso, ma non sappiamo nulla di più preciso, purtroppo, oltre al racconto di alcuni testimoni che riferiscono della sua ricchissima agenda di contatti nella Capitale, ai quali, forse, si affidava per velocizzare le pratiche che lo vedevano protagonista come imprenditore o ideatore di progetti. Del resto la cronaca degli ultimi mesi parla chiaro: anche Roma, col sistema di Mafia Capitale, è terreno fertile per il seme della corruzione.
Quando, dopo la scomparsa di Stefano e Antonio, sembrava che le indagini non avessero condotto a nulla e si voleva procedere all’archiviazione, ho deciso di recarmi a Roma e di intraprendere lo sciopero del silenzio, sostando davanti al Tribunale, finché sono riuscita a parlare col Procuratore Giuseppe Pignatone, che, nel periodo della scomparsa di mio figlio e del mio ex marito si trovava a Palermo. Pignatone mi ha rassicurata che tutto il possibile sarebbe stato fatto e il nostro colloquio è stato molto importante per riaccendere i riflettori sulla vicenda e scongiurare l’archiviazione. Successivamente, grazie al polverone che sono riuscita a sollevare, tornando a far parlare di noi, sono arrivate le dichiarazioni del pentito Vito Galatolo che ha distrutto le mie speranze, raccontando che Stefano e Antonio erano stati uccisi all’interno dello stesso cantiere nel quale lavoravano.
Quello che io mi chiedo è chi erano gli uomini ai quali Antonio chiedeva dei favori per la sua attività? E cosa pretendevano in cambio? Qualcun altro sapeva qualcosa? E perché il mio ex marito e mio figlio sono spariti in questo modo? Antonio aveva fatto qualcosa di estremamente pericoloso, che ha convinto qualcuno a ridurlo al silenzio, assieme a Stefano? Le domande sono moltissime. Alcune risposte si trovano già nel fascicolo delle indagini, altre vanno ancora cercate a fondo. Una cosa è certa: c’è chi sa e ancora non ha detto tutto alla magistratura.
Anche molti collaboratori che ruotavano attorno al cantiere di Antonio hanno, senza dubbio, delle informazioni che finora non hanno condiviso con le forze dell’ordine. Il cellulare di Dario Lopez, socio di Antonio, la mattina della scomparsa di mio figlio e del mio ex marito, ha, perfino, agganciato la cella telefonica dell’aeroporto di Palermo, dove poi è stata ritrovata l’auto di Stefano. Abbiamo anche constatato che i sistemi di videosorveglianza dell’aeroporto, quella mattina, erano stranamente e inspiegabilmente oscurati. Una strana coincidenza, non ti pare? Per ora sono solo congetture, ma ben presto giustizia sarà fatta, le indagini stanno procedendo. Non mi rassegnerò mai e non mi arrenderò di fronte alle menzogne: la verità verrà accertata, nonostante tutte le difficoltà che stiamo incontrando in questi anni e la capacità di questi individui corrotti di infiltrarsi ovunque.

In che modo poteva essere coinvolto tuo figlio Marco? Cosa sapeva che può averlo portato a compiere un gesto estremo?

Marco non era coinvolto in nessun modo e sono sicura che non sapesse nulla. Marco, probabilmente, aveva solo visionato una busta con dei documenti che, la mattina del 6 agosto successivo alla scomparsa, la compagna argentina di Antonio, Karina Gabriela André, ha portato ai Maiorana, i genitori di Antonio, intimando loro di custodirla e conservarla in un luogo sicuro, perché conteneva della informazioni importantissime e anche fortemente compromettenti per qualcuno. Questi documenti non sono stati mai ritrovati. E se fossero stati nascosti nell’appartamento di via Arimondi, a Palermo, dove Marco viveva e ha deciso di compiere un gesto estremo? Quella casa, inizialmente, non è stata neppure messa sotto sequestro, subito dopo il suicidio di mio figlio. Nessuno ha messo i sigilli, né effettuato indagini scientifiche, nonostante fosse il posto ideale per nascondere la busta coi documenti. Forse Marco subiva delle minacce da chi rivoleva indietro quelle carte maledette? Di nuovo supposizioni, che mi auguro diventino al più presto delle verità.

Omertà, corruzione, mafia: piaghe del nostro Paese che mirano ad annientarci e sottometterci, facendoci scomparire come cittadini. Cosa può fare l’opinione pubblica e ognuno di noi per combattere queste ingiustizie? Che consiglio ti senti di dare ai giovani?

Queste vicende ci coinvolgono tutti. Io voglio dire ad alta voce che ciò che è accaduto a me non deve più ripetersi. E solo con la collaborazione di tutti arriveremo, finalmente, a scardinare questi sistemi mafiosi che inquinano il nostro Paese. Questo scambio di favori dei potenti per mantenere il potere ci rende tutti vittime e lo Stato deve prendere dei provvedimenti, liberandosi di tutti coloro che, anche tra le sue fila, lo contaminano, prestandosi a questo sistema di corruzione. Il Presidente della Repubblica deve fare qualcosa.
Io non ho paura: se hanno coraggio, facciano sparire anche me. Io punto dritto ai colpevoli e mi rivolgo proprio a loro perché si pentano di ciò che hanno fatto alla mia famiglia. Non possono vivere per sempre nella menzogna, devono confessare come stanno le cose. L’alito divino che c’è dentro di loro deve far uscire la verità, perché io li perdono. Avrò pazienza e fiducia nella giustizia, ma non mi fermerò. Nessuno di noi si deve fermare, questo sistema va cambiato perché la vita ha valore!
Dico ai giovani ciò che dicevo sempre ai miei figli: di avere pieno rispetto di loro stessi e di crescere con una mentalità autonoma e intraprendente, fermamente determinati ad affermarsi, consapevoli delle loro idee e delle loro scelte e pieni di coraggio nel portarle avanti e difenderle, senza piegare il capo davanti a nulla. Ognuno di noi ha un talento: deve solo scoprire qual è in fondo alla propria anima e imparare a investire su sé stesso per costruire il proprio futuro, senza avere paura del confronto. Questa non è utopia, ma sostenibilità territoriale: investire su sé stessi significa mettere a reddito le risorse del territorio in cui si nasce. Non c’è bisogno di fare truffe. La strada è dritta e il percorso deve essere onesto e trasparente, questo è quello che ho imparato io e voglio trasmettere.
Ricordo quando, prima della scomparsa dei miei figli, gestivamo il Centro Arte e Architettura, cercando di coinvolgere tante giovani personalità della nostra bella Sicilia, organizzando mostre, dibattiti, letture. La conoscenza è alla base di tutto. Da quando non ho più i miei figli al mio fianco sono stata costretta a chiudere, mettendo fine a questa esperienza e, adesso che non esiste più, mi rendo davvero conto di quanto fosse speciale. Ma ora è arrivato il momento di ricominciare. So di non essere sola: ricominciamo insieme.

Se io mi fermassi definitivamente tradirei i miei figli che vorrebbero vedermi attiva, come sempre. Quando erano solo dei fanciulli, Stefano e Marco erano sempre al mio fianco, li coinvolgevo come uomini del domani che avevano il diritto e il dovere di capire cosa fosse il bene comune. Oggi loro non ci sono più, ma so che non vorrebbero vedermi immobile, chiusa in me stessa. Un mondo migliore è possibile e spetta a noi costruirlo. Il boato che ha squarciato il silenzio di quel pomeriggio d’estate in cui è stato ucciso Paolo Borsellino lo ricordo ancora: non abitavamo molto distanti da via D’amelio e queste tragedie non devono più ripetersi. Non dobbiamo avere paura, perché se abbiamo consapevolezza di noi stessi, di chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti, ci aspetta un viaggio meraviglioso. Tutto ciò che contrasterà l’amore non potrà mai avere la meglio. Questo è il mio impegno di ieri, oggi e domani.


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