La differenza tra il bene e il male la impariamo sin da piccoli, ma cosa ci spinge, una volta
adulti, a scegliere una strada, invece dell’altra?
Il male è solo una parte dell’animo
umano o ci sono delle forze esterne a noi, la cui influenza nei nostri
confronti è talmente imponderabile, da condurci a commettere delle azioni
apparentemente inspiegabili? Esistono soggetti predisposti a commettere il
male, tramutandolo in reato, a prescindere dalle loro esperienze? Al contrario,
ci sono davvero persone in grado di prevedere l’azione delle forze del male,
tanto da combatterne o prevenirne l’esito distruttivo sotto ogni aspetto?
Mai come su questi temi le
domande sembrano essere più numerose delle risposte, proprio come quei quesiti
di carattere universale ai quali cercano di rispondere la filosofia e la
religione. La scienza sembra occupare un posto scomodo quando si discute di
questi argomenti e, spesso, siamo più propensi a gettarci tra le braccia di chi
ci richiede fiducia, piuttosto che capacità di discernere ciò che è
scientificamente dimostrabile, da ciò che non lo è.
Che ruolo occupa, dunque, la
criminologia nei casi in cui il male ha contorni così sfumati, che sembra sfuggire
al nostro controllo? Ce lo spiegherà Susanna Petrassi, criminologa e docente di
grande esperienza, esperta di delitti rituali e satanici, profonda conoscitrice
delle dinamiche che si innescano nei crimini che si consumano tra le mura
domestiche e, attualmente, in prima linea contro la piaga della violenza sulle
donne e del femminicidio.
Criminologia e Parapsicologia: due materie che, apparentemente,
sembrano non avere nulla in comune. Come le definiresti e cosa le lega secondo
te? Qual è il percorso formativo che ti ha portato ad approfondirle?
La criminologia è una scienza interdisciplinare che ha per oggetto di
ricerca la motivazione al reato e la sua prevenzione, la vittimologia, il
comportamento antisociale del singolo e dei gruppi in relazione a determinati
contesti storici, geografici e culturali. Rappresenta per me la passione di
tutta una vita, spesa alla continua acquisizione di conoscenza e competenze
professionali.
La parapsicologia studia i fenomeni di interazione tra gli uomini e
l’ambiente attraverso canali psi-cognitivi, come la telepatia e la
precognizione, e fenomeni psi-cinetici come la guarigione, la bilocazione, il
poltergeist. La curiosità per questa materia l’ho ereditata da mio padre e l’ho
coltivata come un interesse personale che però si è tramutato per diversi anni
nel suo insegnamento a scopo divulgativo.
Come esperta di delitti rituali collabori quotidianamente con le Forze
dell’Ordine, interessandoti anche dell’impiego dei sensitivi nel corso delle
indagini, soprattutto negli Stati Uniti. A cosa ti hanno condotto questi studi
e che differenze ci sono con le tecniche utilizzate nel nostro Paese?
Criminologia e parapsicologia non
hanno nulla in comune, ma talvolta sulla scena di un crimine dove “gli
inquirenti brancolano nel buio”, come usano dire i giornalisti, si tollera la
presenza di qualche sedicente sensitivo che pretende di fornire informazioni
utili alla risoluzione di un caso. Questi elementi vengono poi vagliati,
seppure con scetticismo, nei casi di scomparsa, con la speranza di ritrovare la
persona o, almeno il corpo.
All’estero ci si affida con più
fiducia, anche in modo ufficiale, a questi canali di comunicazione
extrasensoriali.
Da parte mia ho partecipato ad un
interessante studio americano sull’impiego di sensitivi nelle indagini, ma
l’esito non è stato quello sperato e la statistica finale ha evidenziato solo
qualche risultato positivo attribuibile più ad un calcolo delle probabilità,
che ad oggettive capacità degli investigatori psichici.
Il discorso cambia se parliamo
non di parapsicologia, che è pur sempre una scienza, ma di occultismo. Allora il legame con il mondo del crimine c’è e si
chiama male.
Le cronache spesso si occupano di
persone che sono rimaste vittime di maghi, veggenti, guaritori, cartomanti,
subendo gravi danni al loro patrimonio e alla salute. Da più parti si invoca un
intervento del legislatore che ponga freno a questo genere di attività basato
su filtri, amuleti e sortilegi da buio Medioevo. Anche se la legge già se ne
occupa, non è sufficiente. Lo svolgimento di tali attività non è vietato, ma
coloro che le svolgono integrano, nella maggior parte dei casi, gli estremi di
alcuni reati penali: abuso della credulità popolare, abusivo esercizio di
professione per i guaritori, truffa e anche violenza carnale.
Un altro particolare fenomeno
sono le sètte religiose che
propongono una nuova dimensione umana, preoccupanti per la loro sempre maggiore
diffusione, collegata al tema del lavaggio del cervello come metodo di
proselitismo e di condizionamento.
I vari gruppi si formano attorno
a un leader carismatico che propone o rielabora una dottrina per liberare
l’uomo, accrescendone le innate potenzialità, dopo un percorso spirituale.
La caratteristica comune
all’interno dell’infinita tipologia delle sètte è che ognuna di esse si
dichiara portatrice di una verità, capace di cambiare il mondo. Nel nostro
Paese si contano almeno 600 gruppi che mirano ad assoggettare gli adepti per
carpire loro denaro, proprietà, sesso, forza lavoro gratuita.
E poi ci sono i satanisti, che
adorano il Diavolo, o che soltanto manifestano avversione nei confronti di Dio,
psicotici sofferenti di follia religiosa a contenuto satanista o che ambiscono
a diventare come Dio, servendosi di pratiche magiche e occulte. Costanti nei
satanisti sono l’utilizzo della magia nera (messe nere, evocazioni, magia
sessuale ecc.) e la figura di Satana. Non sempre si macchiano di veri reati:
essendo la loro quasi una filosofia, le loro condotte trasgressive si basano
sull’ascolto di musica rock-satanico, uso di droghe, promiscuità sessuale. Ma,
quando commettono reati, questi sono gravi: uso di droghe, torture agli
animali, profanazione di chiese e cimiteri, violenza sessuale, negromanzia,
qualche volta l’omicidio.
C’è poi il male assoluto a legare
la criminologia all’occultismo: lo pseudooccultismo
che in realtà è l’alibi di taluni assassini rituali e seriali, per mascherare
pratiche di crudeltà e malvagità estreme, parafilie terribili, dove
antropofagia, necrofilia e sadismo si mescolano in un crescendo di efferate
torture alle vittime e atti di cannibalismo. A tutti vorrei dire che il diavolo
è la proiezione di desideri e pulsioni inconfessabili e il mondo del dio Ade
non è un luogo fisico, ma un angolo della mente, perché i demoni e i fantasmi
sono abitatori occulti del nostro inconscio.
La tua esperienza sul campo ti ha condotto a vestire i panni di docente
e formatore, mettendo al servizio degli altri le tue conoscenze. Che ruolo ha
la formazione nel tuo settore e quanto è importante?
La mia attività didattica è
protesa a formare allievi provenienti da studi diversi: il mio compito è
trasmettere competenze assecondando la loro diversa formazione iniziale e
colmando eventuali lacune. Un laureato in legge ha strumenti culturali e
tecnici diversi da un medico o da uno psicologo o da un biologo, ma alla fine
saranno tutti criminologi. Con molta soddisfazione da circa 25 anni insegno le
basi della criminologia anche a studenti non necessariamente laureati, in corsi
e seminari di tipo divulgativo, perché chiunque deve avere la possibilità di
arricchirsi culturalmente anche da semplici appassionati, la cronaca nera e i
casi giudiziari da sempre affascinano e dividono il pubblico di stampa e
televisioni.
La tua attività di criminologa ti ha portato a occuparti spesso di
crimini perpetrati tra le mura domestiche, in particolar modo contro le donne.
Cosa puoi dirci in merito? Che dinamiche si innescano in questi casi e come si
può affrontare concretamente il fenomeno?
Ormai il mio maggiore impegno è
la lotta al femminicidio, intrapresa
quasi da sola, tanti anni fa quando non se ne parlava ancora, quando la parola “femminicidio”
non esisteva e neppure la coscienza di questo fenomeno. Trent’anni fa la mia
migliore amica venne uccisa dal marito davanti al figlioletto, erano entrambi medici.
Da allora battermi è diventato il mio dovere per il sociale. Partecipo a molti
convegni come relatrice ed esperta di questo tema. Molti uomini non hanno
ancora elaborato l’emancipazione femminile degli anni ‘70 e non tollerano né
che le donne vogliano essere trattate in modo paritario, né di essere lasciati.
Da parte loro le donne non si sono emancipate anche sentimentalmente, restano
legate all’archetipo della donna accogliente che tutto perdona in nome
dell’amore e della famiglia.
Raccontaci quali i sono i progetti in cui sei attualmente impegnata e
quali saranno i tuoi programmi per il futuro.
Porterò avanti senza stancarmi
questa campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.
Soprattutto le madri devono educare i figli maschi al rispetto della donna e i
padri devono mostrarsi ai figli rispettosi della loro moglie. L’esempio in
famiglia è importantissimo. Anche denunciare è importante, ma solo se si ha un
posto sicuro dove rifugiarsi.
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