Una
bambina, una scatola di pastelli e una passione che è cresciuta nel corso degli
anni, trasformando la piccola disegnatrice curiosa in un’artista poliedrica e
di grande talento. Emanuela Calabrese,
giovane originaria della Basilicata, ha fatto della sua pittura un mestiere,
iniziando da autodidatta e rendendo la sua attitudine per forme e colori, un
veicolo di studio della natura umana. Dopo la Laurea in Sociologia, infatti, ha
approfondito la sua preparazione occupandosi del ruolo delle donne nella
società, con un’attenzione particolare per i contesti difficili, cercando di
rendere, anche nelle sue opere, tutte le sfaccettature colte nei suoi viaggi.
Oggi
ciò che la emoziona di più, oltre a vedere esposti i suoi dipinti in numerose
mostre, collettive e non, in Italia e all’estero, è sapere che i quadri che
vende entrano a far parte della vita delle persone, accedendo alle loro case e
a tanti altri luoghi di ritrovo, quasi come se, davvero, ogni opera potesse
vivere di vita propria.
Da dove nasce la tua
esigenza di dipingere? È una passione che coltivi da sempre o si tratta di un
talento che hai scoperto recentemente? Cosa vuoi comunicare?
Esigenza è esattamente la
parola che più mi rappresenta. Sin da piccolissima è viva in me la passione per
l’arte, la necessità di rappresentare ciò che mi circonda. L’amore per l’arte e
per il disegno sono un istinto innato e spesso, già dai 4 anni, alle bambole
preferivo ricevere per regalo un album da disegno. Poi, alle scuole elementari,
la scoperta degli acquerelli e delle tempere mi ha letteralmente rapita.
Crescendo non ho coltivato la passione artistica a livello scolastico, come si
penserebbe, ma ho sempre studiato da autodidatta le più svariate tecniche
artistiche, portandomi ad un continuo rinnovamento pittorico e alla
sperimentazione dei più svariati materiali. Ultimamente mi sto esprimendo con
la pittura materica. Faccio la mia prima apparizione pubblica a Muro Lucano, in
provincia di Potenza, mio paese d ’origine all’età di tredici anni, con una
mostra locale, da allora ho partecipato, negli anni, a svariate collettive e
sempre nuove personali. L’ultimo obiettivo raggiunto è stato l’Art Expo Barcellona, una bellissima
collettiva internazionale.
Cosa ti ispira
maggiormente davanti a una tela bianca? Quali sono i soggetti che preferisci e
le tecniche che prediligi?
C’è
una frase di Vincent Van Gogh che ho fatto mia e parla per me:
“Preferisco dipingere gli
occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c'è
qualcosa che non c'è nelle cattedrali”. Ecco, io
dipingo figure umane, visi, ritratti, sguardi, perché negli occhi dei miei
soggetti ritrovo tutta l’espressività che va oltre i colori. In un sorriso, o
in una ruga si cela tutta la sensazionalità dell’essere umano, l’universo delle
emozioni. La tecnica che preferisco, soprattutto per i ritratti che mi
commissionano, è l’olio extrafine su tela di cotone: tecnicamente perché la
brillantezza che dà l’olio nel tempo non può darla nessun altra tecnica
pittorica, personalmente perché dipingere ad olio è una magia. L’odore del
colore, la sua densità hanno su di me un fascino irresistibile. È anche una
tecnica tra le più difficili da gestire, e questo fa sì che si instauri, ogni
volta, una sfida per rendere la mia idea reale
sulla tela. Per non essere monotematica e per esigenze di commissione, dipingo
anche nature o scorci paesaggistici, ma la mia passione sono, senza dubbio, gli
esseri umani.
La tua capacità di
restituire le fattezze di un volto nei ritratti che dipingi ti rende un’artista
di grande sensibilità. Quanto ti hanno aiutato i tuoi studi di Sociologia nella
tua continua ricerca di pittrice di anime?
È
bellissima questa definizione pittrice di
anime: grazie! I miei studi lasciano intendere quanto io sia affascinata
dal genere umano e si coniugano inoltre con la scelta di dipingere volti. Sono
due cose in stretta relazione, quasi inscindibili. Dipingere il volto di una donna
di colore, ad esempio, ha dietro lo studio di tutta la sua tribù. Ecco allora
che non sto solo dipingendo un volto, ma descrivendo la sua vita, rendendo
omaggio alla sua storia, alle sue radici. Quando posso viaggio, alla ricerca
del contatto con culture diverse dalle nostre, e catturo emozioni, sensazioni,
colori che poi trasferisco sulla tela. Il candore iniziale del cotone, prima della
pennellata iniziale, è un po’ come un rito di corteggiamento: io la guardo, lei
mi guarda, ed insieme decidiamo cosa sarà, in base alle sue forme e alle sue
misure.
Quali sono i tuoi maestri
di riferimento? A quali movimenti artistici del passato ti rifai?
Essere
autodidatta ha un pregio: non hai la testa “schematizzata” in periodi artistici,
per cui posso spaziare da una tecnica all’altra, miscelarla e coniugarla, senza
sentirmi in colpa di far torto a nessuno. Certo ho studiato e studio la Storia
dell’Arte, ma solo per conoscere ed apprendere gli eventi che si celano dietro
grandi Opere d’arte. Una cosa, invece, mi incuriosisce molto: le donne
pittrici. Spesso rimaste nell’ombra, meno conosciute dei colleghi uomini, ma
ugualmente eccelse nell’arte pittorica. Ecco, una donna che mi ha colpita molto
e alla quale mi ispiro per lo studio della luce e della “plasticità” dei corpi
è Tamara De Lempicka. Ho avuto modo di vedere le sue opere dal vivo, e mi sono
convinta che, se devo avere un punto di riferimento, è senza dubbio lei e la
sua pittura.
Cosa significa, al giorno
d’oggi, essere un artista? Che ruolo ha, o potrebbe avere, l’Arte in un periodo
di crisi come quello che stiamo vivendo? Raccontaci i tuoi progetti per il
futuro.
Essere
un artista oggi credo sia più complicato che in passato. L’Arte, in un periodo
di crisi, ma, al tempo stesso, di forti impulsi tecnologici, è vista come
qualcosa di surclassato. Di contro, proprio per il suo fascino, è apprezzata da
chi, sensibilmente, si avvicina a capirla.
Quando mi chiedono “cosa fai per vivere?”, io rispondo: “dipingo”, e
loro replicano “no, voglio dire che lavoro fai?” ed io ripeto: “dipingo!”. Ecco
questo è esplicativo di quanto l’Arte, altro controsenso, sia vista come
qualcosa di relegato al mondo dell’hobby. Per me è nato tutto per caso, devo
ammetterlo, ma non per questo è mai stato un passatempo. Dipingevo per passione
e gli amici hanno cominciato a chiedere che gli vendessi le mie creazioni. All’inizio
era strano che qualcuno volesse per sé ciò che io creavo per me. Ma, col tempo,
si è trasformata anche in una attività remunerativa, anche se non nascondo che
ho sempre difficoltà a parlare di Arte e denaro, è difficile dare un prezzo
alle proprie creazioni e, in generale, non mi piace mercificare un’emozione.
Ciò che mi ha spinto ad accettare le proposte di vendita è stato, però, vedere
la felicità degli acquirenti nel tenere esposto in casa loro un mio quadro. Ho
capito, allora, che la mia emozione ed il mio colore avevano raggiunto la parte
più profonda dei loro occhi, arrivando al cuore. Da allora sono molte le mie
opere in giro per le case, i locali pubblici, e le gallerie di tutta Italia.
Per
quanto riguarda il futuro, la vita mi ha insegnato a non fare progetti, perché
le variabili che mette in gioco sono continue e molteplici. Certo continuerò ad
esporre e, dal 2 luglio, al 2 settembre, ho due opere in mostra a Roma, alla Tornatora Art Gallery. Di sicuro nella
mia vita ci sarà sempre la pittura. Il pennello è ormai il prolungamento naturale
delle mie dita. I colori sono la veste per la mia anima nuda.
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