C’era
una volta un Mondo in cui non c’è più posto all’Inferno e i
morti camminano sulla Terra. Lo dice Peter, uno dei protagonisti di questa
storia che non è solo un ‘incubo a occhi aperti’ impresso su pellicola per
generazioni di spettatori, ma anche un vero e proprio manifesto politico per il
suo creatore. Si tratta di “Zombi. Dawn
of the dead”, il capolavoro di George
A. Romero, regista tra i più amati del genere horror scomparso poco più di
un anno fa, che con questo film ha proseguito il filone nato con “La notte dei
morti viventi” in modo totalmente indipendente e ha dato inizio a un genere
che, nel corso degli anni, ha subito numerose contaminazioni, innalzando gli
zombi e icone in tutto e per tutto paragonabili ai mostri e agli assassini che
da sempre popolano i nostri schermi.
La vicenda si apre in una Terra ormai
invasa dai morti viventi che, in un contagio che sembra senza fine, continuano
a cibarsi dei vivi, distruggendo intere città. Mentre i media faticano a
raccontare il fenomeno, cercando di barcamenarsi tra le esigenze della scienza,
totalmente impreparata alla sperimentazione di una cura, e le necessità della
tradizione che fatica a vedere nei morti qualcosa di differente dagli esseri
che erano in vita, Jane, una giovane assistente in uno studio televisivo
incinta di poche settimane, e il suo compagno Stephen, pilota di elicottero,
organizzano la fuga, in cerca di un posto sicuro, lontano dagli zombi. A loro
si uniscono Roger e Peter, due membri della squadra SWAT, stufi di come
l’esercito e la legge marziale stiano affrontando la situazione a Philadelphia.
Dopo una notte passata a sorvolare le campagne in elicottero, i quattro, a
corto di carburante, sono costretti ad atterrare e decidono di barricarsi
all’interno di un grande centro commerciale in cui gli zombi, ripetendo ciò che
facevano in vita, continuano a tornare, distruggendo tutto ciò che gli si para
davanti. Allettati dalla possibilità di rifugiarsi all’interno del supermercato
con provviste e ogni genere di confort, Jane, Stephen, Roger e Peter iniziano
una vera e propria opera di “bonifica”, riuscendo, per un po’ di tempo, a
recuperare un’apparente normalità, ma la lotta per la sopravvivenza è appena
cominciata e i quattro amici si ritroveranno a difendere strenuamente il loro
territorio, non solo dagli zombi affamati.
Visionaria e a tratti trascendente, questa
pellicola è ben più di un cult del genere horror: è una metafora culturale che
critica aspramente il consumismo, il capitalismo e la mancanza di valori che
hanno caratterizzato gli Stati Uniti e quindi il mondo occidentale per buona
parte della seconda metà del secolo scorso. Ma come è nato questo film? Qual è
la storia nella storia che ne
accompagna l’idea e la lavorazione, fino al prodotto finito, uscito nelle sale?
Tutto ebbe inizio alla fine degli anni
Settanta a New York quando, durante una cena, il regista italiano Dario Argento,
reduce dal successo del suo debutto, propose a un George Romero un po’
‘sottotono’ di collaborare, realizzando un film insieme per ritrovare il
talento ribelle e indipendente che aveva contraddistinto Romero fin dal
principio. La chimica fra i due registi fu immediata e Romero, che aveva
intenzione di lavorare a un nuovo capitolo di quella che, negli anni successivi,
sarebbe diventata la saga di zombi più prolifica e di successo di tutti i
tempi, volò a Roma e scrisse la sceneggiatura di “Zombi”. Le riprese di
svolsero nei mesi successivi vicino Pittsburgh, città cara a Romero, al
“Monroeville Mall”, un grande centro commerciale di una zona residenziale e le
troupe lavoravano esclusivamente di notte, quando il centro era chiuso al
pubblico. Il ruolo di Dario Argento come co-produttore e, in un certo senso, ispiratore
per un incontenibile e nuovamente entusiasta Romero, fu determinante, visto
che, una volta finite le riprese, fu lo stesso Argento a montare la versione
del film che fu messa in commercio in Europa. Anche se inizialmente Romero fece uscire negli
Stati Uniti una versione diversa della pellicola, molto più lunga e senza
neppure sottoporla alla censura, finì con l’affezionarsi al montaggio proposto
dal collega italiano e arricchito dalle incalzanti musiche dei Goblin, molto
apprezzate anche da Tom “Doctor Splatter” Savini che, oltre a interpretare un
ruolo nel film, ne curò i sorprendenti effetti speciali.
Per entrare ancor di più nei retroscena di
questa storia nella storia abbiamo
chiesto a Enrico Luceri, giallista e
scrittore, ma anche critico e profondo conoscitore della filmografia di Dario
Argento e, in generale, del thrilling italiano e non solo, di raccontarci
qualcosa di più sulla lavorazione di questo film e in particolare sul ruolo di
Dario Argento stesso nelle fasi della lavorazione, del montaggio e della
promozione per il pubblico europeo.
“Dario
Argento ha fornito un sostegno e un contributo determinante alla realizzazione
del film “Zombi” di George Romero,” ci ha confermato
immediatamente Enrico Luceri. “Argento aveva visto “La notte dei morti
viventi” alla fine degli anni ’60, quando fu proiettato in Italia, e di nuovo
in un cineclub romano qualche anno dopo, coinvolto da un amico e collaboratore
storico come il regista Luigi Cozzi. Ricavò da quella visione la stessa potente
impressione della prima volta.
Nella
seconda metà degli Anni ’70 del secolo scorso, mentre “Suspiria” riscuoteva un
unanime successo di pubblico e critica, il Maestro italiano del thrilling seguì
la distribuzione negli Stati Uniti del suo precedente capolavoro, “Profondo
rosso”, insieme al fratello Claudio e al produttore Alfredo Cuomo. Quest’ultimo
era molto amico di Richard P. Rubinstein, che collaborava con Romero, il quale
favorì l’incontro fra i due registi. Per una singolare e fortunata
combinazione, la tv via cavo trasmise “L’uccello dalla piume di cristallo”
proprio la sera in cui Argento era stato invitato a cena a casa di Romero.
Entusiasmato dalla visione, Rubinstein propose a Romero di girare un film
insieme al collega italiano, una sfida che ambedue accettarono sebbene
consapevoli delle difficoltà realizzative che il progetto avrebbe comportato.
In
quel periodo Romero era sconfortato dai risultati deludenti dei suoi film più
recenti, ma la frequentazione, lo scambio di idee e suggerimenti, l’incoraggiamento
di Dario Argento riuscirono a scuoterlo e a rinnovarne l’ispirazione
fantasiosa. Il regista americano sottopose a quello italiano un suo soggetto
che riprendeva il tema degli zombi, e insieme decisero di scriverne la
sceneggiatura.
George
Romero e Dario Argento si divisero quindi il compito di trovare i
finanziamenti, l’uno in America e l’altro in Europa.
Il
regista italiano ricorda anche la singolare capacità di Romero di coniugare il
rigore realizzativo tipicamente americano, basato su una storyboard precisa e
curata, con la libertà espressiva del cineasta indipendente, che lasciava un
certo spazio all’improvvisazione. Oltre al carisma di Romero, un vero
trascinatore e motivatore della troupe, e al suo carattere generoso e
politicamente corretto che lo spingeva a reclutare alcuni suoi collaboratori
fra persone discriminate per i motivi più vari.
Insieme
alla sceneggiatura e alla produzione, Dario Argento curò con la proverbiale
limpidezza ed efficacia anche la colonna sonora, alla quale collaborò personalmente
dopo aver coinvolto i Goblin, reduci dal successo sconfinato di “Profondo
rosso”.
Questa
fu dunque la genesi di “Zombi”, e anche della sincera amicizia fra due
personalità così singolari e creative come quelle dei due riconosciuti creatori
di altrettanti generi cinematografici: il thrilling all’italiana e la saga dei
“morti viventi”.
Fu
la prima esperienza diretta di Dario Argento come produttore in prima persona,
ed è ricordata da lui con la soddisfazione di aver contribuito a realizzare un
capolavoro, tuttora molto popolare”.
Enrico Luceri ci ha
raccontato anche come sono proseguiti i rapporti tra Dario Argento e George
Romero nel corso delle loro reciproche carriere e delle collaborazioni che
ebbero in seguito: “Allo spirare del
decennio successivo, Dario Argento decise di dedicarsi all’opera di Edgar Alla
Poe, dapprima con una serie televisiva a episodi, ognuno affidato a un regista
internazionale, e in seguito con un documentario sulla travagliata vita dello scrittore,
girato nei luoghi in cui visse. Ambedue non andarono in porto, così Dario
Argento optò per un film in due parti, una diretta da lui e l’altra da Romero,
tratte da altrettanti racconti del magnifico visionario di Baltimora. Il
regista americano accettò con tale entusiasmo, che la coppia propose a Stephen
King e John Carpenter di unirsi a loro in un magnifico quartetto del brivido.
Entrambi accolsero dapprima la proposta ma in seguito si ritirarono dal
progetto, così rimasero nuovamente solo Dario Argento e George Romero, e nacque
“Due occhi diabolici”. Il primo diresse l’episodio tratto da “Il gatto nero”,
il secondo da “La verità sul caso del signor Valdemar”. Il film è tuttora molto
amato dagli ammiratori dei due registi, sebbene Romero manifestò a suo tempo
qualche perplessità e non mancarono divergenze di vedute fra due spiriti così
creativi e anticonvenzionali come loro, in particolare perché il montaggio fu
effettuato in America e l’edizione sonora in Italia. Tuttavia, il valore del
film e la rilettura del tutto personale delle tematiche e delle atmosfere di
Poe restano intatti, insieme alla consapevolezza che tutto fu possibile grazie
anche alla complicità e reciproca ammirazione nata durante una cena, quando
scorrevano le indimenticabili sequenze del travolgente film d’esordio di Dario
Argento e si posero le fondamenta di quel monumento al cinema d’autore che è
“Zombi””.
Come ogni ‘figlio’ amato e allevato con
tutte le cure possibili, dunque, “Zombi” ha due ‘genitori’ ugualmente amorevoli,
George Romero e Dario Argento, che lo hanno reso un capolavoro di suspense e
violenza, ma anche di “filosofia del cinema” che, come tutte le arti, cela
profondi significati, più o meno nascosti, anche nelle pellicole più sorprendenti.
Il ‘terzo padre’ di questo film, tuttavia,
è senza dubbio Tom Savini che, come già detto, oltre al ruolo di attore, curò
gli effetti speciali e il trucco di tutto il film, compiendo i primi passi
della sua carriera nel settore, che lo porterà a collaborare con tutti i più
grandi registi horror, tra i quali lo stesso Dario Argento. Una clausola
contrattuale che Savini inserisce da sempre in ogni nuovo progetto è quella di
girare lui stesso, al fianco del regista, le scene in cui sono presenti i suoi
effetti speciali, diventati, nel corso degli anni dei veri e propri trucchi di
magia. Come ha raccontato più volte lo stesso Savini, infatti, gli effetti
speciali non sono solo sangue e trucco, ma anche un vero e proprio gioco di
inquadrature, luci e riflessi che rendano il
falso più verosimile possibile. Mago del gore e oggi anche attore amatissimo, Savini, che ha diretto tra gli
altri il remake de “La notte dei morti viventi” negli anni Novanta e ha
realizzato gli effetti speciali di molti film della saga di “Venerdì 13, ha
iniziato la sua carriera proprio tra i collaboratori più fedeli di Romero, che
ha conosciuto quando era ancora sui banchi di scuola e col quale, fino
all’ultimo, ha avuto un rapporto di stima e affetto.
Dalle radici che affondano nelle pratiche
più misteriose del Voodoo, ai famelici usurpatori del nostro mondo e della
nostra vita, troppo spesso fatta di sciocchi riti e convenzioni che per loro
sono inutili, gli zombi di Romero hanno attraversato il terrificante
immaginario di intere generazioni e hanno accompagnato il loro ‘creatore’ fino
al suo ultimo respiro, continuando a ispirare ancora oggi scrittori e registi,
dal cinema, alla televisione, fino al Web.
Mentre Jane, la protagonista della storia
raccontata nel film, vede crescere il proprio pancione nelle settimane che
trascorre barricata coi propri compagni di sventura all’interno del centro
commerciale assediato da orde di morti viventi, sa che il futuro di quel figlio
che, nonostante tutto, ha voluto tenere nel suo grembo, probabilmente sarà
segnato dalla violenza e dal dolore di condividere la Terra con coloro per i
quali non c’è più posto all’Inferno…
E vissero (?) tutti felici, contenti e in
attesa della prossima storia nella storia…
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