mercoledì 31 ottobre 2018

C’era una volta… “Zombi”



C’era una volta un Mondo in cui non c’è più posto all’Inferno e i morti camminano sulla Terra. Lo dice Peter, uno dei protagonisti di questa storia che non è solo un ‘incubo a occhi aperti’ impresso su pellicola per generazioni di spettatori, ma anche un vero e proprio manifesto politico per il suo creatore. Si tratta di “Zombi. Dawn of the dead”, il capolavoro di George A. Romero, regista tra i più amati del genere horror scomparso poco più di un anno fa, che con questo film ha proseguito il filone nato con “La notte dei morti viventi” in modo totalmente indipendente e ha dato inizio a un genere che, nel corso degli anni, ha subito numerose contaminazioni, innalzando gli zombi e icone in tutto e per tutto paragonabili ai mostri e agli assassini che da sempre popolano i nostri schermi.


La vicenda si apre in una Terra ormai invasa dai morti viventi che, in un contagio che sembra senza fine, continuano a cibarsi dei vivi, distruggendo intere città. Mentre i media faticano a raccontare il fenomeno, cercando di barcamenarsi tra le esigenze della scienza, totalmente impreparata alla sperimentazione di una cura, e le necessità della tradizione che fatica a vedere nei morti qualcosa di differente dagli esseri che erano in vita, Jane, una giovane assistente in uno studio televisivo incinta di poche settimane, e il suo compagno Stephen, pilota di elicottero, organizzano la fuga, in cerca di un posto sicuro, lontano dagli zombi. A loro si uniscono Roger e Peter, due membri della squadra SWAT, stufi di come l’esercito e la legge marziale stiano affrontando la situazione a Philadelphia. Dopo una notte passata a sorvolare le campagne in elicottero, i quattro, a corto di carburante, sono costretti ad atterrare e decidono di barricarsi all’interno di un grande centro commerciale in cui gli zombi, ripetendo ciò che facevano in vita, continuano a tornare, distruggendo tutto ciò che gli si para davanti. Allettati dalla possibilità di rifugiarsi all’interno del supermercato con provviste e ogni genere di confort, Jane, Stephen, Roger e Peter iniziano una vera e propria opera di “bonifica”, riuscendo, per un po’ di tempo, a recuperare un’apparente normalità, ma la lotta per la sopravvivenza è appena cominciata e i quattro amici si ritroveranno a difendere strenuamente il loro territorio, non solo dagli zombi affamati.


Visionaria e a tratti trascendente, questa pellicola è ben più di un cult del genere horror: è una metafora culturale che critica aspramente il consumismo, il capitalismo e la mancanza di valori che hanno caratterizzato gli Stati Uniti e quindi il mondo occidentale per buona parte della seconda metà del secolo scorso. Ma come è nato questo film? Qual è la storia nella storia che ne accompagna l’idea e la lavorazione, fino al prodotto finito, uscito nelle sale?


Tutto ebbe inizio alla fine degli anni Settanta a New York quando, durante una cena, il regista italiano Dario Argento, reduce dal successo del suo debutto, propose a un George Romero un po’ ‘sottotono’ di collaborare, realizzando un film insieme per ritrovare il talento ribelle e indipendente che aveva contraddistinto Romero fin dal principio. La chimica fra i due registi fu immediata e Romero, che aveva intenzione di lavorare a un nuovo capitolo di quella che, negli anni successivi, sarebbe diventata la saga di zombi più prolifica e di successo di tutti i tempi, volò a Roma e scrisse la sceneggiatura di “Zombi”. Le riprese di svolsero nei mesi successivi vicino Pittsburgh, città cara a Romero, al “Monroeville Mall”, un grande centro commerciale di una zona residenziale e le troupe lavoravano esclusivamente di notte, quando il centro era chiuso al pubblico. Il ruolo di Dario Argento come co-produttore e, in un certo senso, ispiratore per un incontenibile e nuovamente entusiasta Romero, fu determinante, visto che, una volta finite le riprese, fu lo stesso Argento a montare la versione del film che fu messa in commercio in Europa.  Anche se inizialmente Romero fece uscire negli Stati Uniti una versione diversa della pellicola, molto più lunga e senza neppure sottoporla alla censura, finì con l’affezionarsi al montaggio proposto dal collega italiano e arricchito dalle incalzanti musiche dei Goblin, molto apprezzate anche da Tom “Doctor Splatter” Savini che, oltre a interpretare un ruolo nel film, ne curò i sorprendenti effetti speciali.


Per entrare ancor di più nei retroscena di questa storia nella storia abbiamo chiesto a Enrico Luceri, giallista e scrittore, ma anche critico e profondo conoscitore della filmografia di Dario Argento e, in generale, del thrilling italiano e non solo, di raccontarci qualcosa di più sulla lavorazione di questo film e in particolare sul ruolo di Dario Argento stesso nelle fasi della lavorazione, del montaggio e della promozione per il pubblico europeo.
“Dario Argento ha fornito un sostegno e un contributo determinante alla realizzazione del film “Zombi” di George Romero,” ci ha confermato immediatamente Enrico Luceri.  “Argento aveva visto “La notte dei morti viventi” alla fine degli anni ’60, quando fu proiettato in Italia, e di nuovo in un cineclub romano qualche anno dopo, coinvolto da un amico e collaboratore storico come il regista Luigi Cozzi. Ricavò da quella visione la stessa potente impressione della prima volta.
Nella seconda metà degli Anni ’70 del secolo scorso, mentre “Suspiria” riscuoteva un unanime successo di pubblico e critica, il Maestro italiano del thrilling seguì la distribuzione negli Stati Uniti del suo precedente capolavoro, “Profondo rosso”, insieme al fratello Claudio e al produttore Alfredo Cuomo. Quest’ultimo era molto amico di Richard P. Rubinstein, che collaborava con Romero, il quale favorì l’incontro fra i due registi. Per una singolare e fortunata combinazione, la tv via cavo trasmise “L’uccello dalla piume di cristallo” proprio la sera in cui Argento era stato invitato a cena a casa di Romero. Entusiasmato dalla visione, Rubinstein propose a Romero di girare un film insieme al collega italiano, una sfida che ambedue accettarono sebbene consapevoli delle difficoltà realizzative che il progetto avrebbe comportato.
In quel periodo Romero era sconfortato dai risultati deludenti dei suoi film più recenti, ma la frequentazione, lo scambio di idee e suggerimenti, l’incoraggiamento di Dario Argento riuscirono a scuoterlo e a rinnovarne l’ispirazione fantasiosa. Il regista americano sottopose a quello italiano un suo soggetto che riprendeva il tema degli zombi, e insieme decisero di scriverne la sceneggiatura.
George Romero e Dario Argento si divisero quindi il compito di trovare i finanziamenti, l’uno in America e l’altro in Europa.
Il regista italiano ricorda anche la singolare capacità di Romero di coniugare il rigore realizzativo tipicamente americano, basato su una storyboard precisa e curata, con la libertà espressiva del cineasta indipendente, che lasciava un certo spazio all’improvvisazione. Oltre al carisma di Romero, un vero trascinatore e motivatore della troupe, e al suo carattere generoso e politicamente corretto che lo spingeva a reclutare alcuni suoi collaboratori fra persone discriminate per i motivi più vari.
Insieme alla sceneggiatura e alla produzione, Dario Argento curò con la proverbiale limpidezza ed efficacia anche la colonna sonora, alla quale collaborò personalmente dopo aver coinvolto i Goblin, reduci dal successo sconfinato di “Profondo rosso”.
Questa fu dunque la genesi di “Zombi”, e anche della sincera amicizia fra due personalità così singolari e creative come quelle dei due riconosciuti creatori di altrettanti generi cinematografici: il thrilling all’italiana e la saga dei “morti viventi”.
Fu la prima esperienza diretta di Dario Argento come produttore in prima persona, ed è ricordata da lui con la soddisfazione di aver contribuito a realizzare un capolavoro, tuttora molto popolare”. 


Enrico Luceri ci ha raccontato anche come sono proseguiti i rapporti tra Dario Argento e George Romero nel corso delle loro reciproche carriere e delle collaborazioni che ebbero in seguito: “Allo spirare del decennio successivo, Dario Argento decise di dedicarsi all’opera di Edgar Alla Poe, dapprima con una serie televisiva a episodi, ognuno affidato a un regista internazionale, e in seguito con un documentario sulla travagliata vita dello scrittore, girato nei luoghi in cui visse. Ambedue non andarono in porto, così Dario Argento optò per un film in due parti, una diretta da lui e l’altra da Romero, tratte da altrettanti racconti del magnifico visionario di Baltimora. Il regista americano accettò con tale entusiasmo, che la coppia propose a Stephen King e John Carpenter di unirsi a loro in un magnifico quartetto del brivido. Entrambi accolsero dapprima la proposta ma in seguito si ritirarono dal progetto, così rimasero nuovamente solo Dario Argento e George Romero, e nacque “Due occhi diabolici”. Il primo diresse l’episodio tratto da “Il gatto nero”, il secondo da “La verità sul caso del signor Valdemar”. Il film è tuttora molto amato dagli ammiratori dei due registi, sebbene Romero manifestò a suo tempo qualche perplessità e non mancarono divergenze di vedute fra due spiriti così creativi e anticonvenzionali come loro, in particolare perché il montaggio fu effettuato in America e l’edizione sonora in Italia. Tuttavia, il valore del film e la rilettura del tutto personale delle tematiche e delle atmosfere di Poe restano intatti, insieme alla consapevolezza che tutto fu possibile grazie anche alla complicità e reciproca ammirazione nata durante una cena, quando scorrevano le indimenticabili sequenze del travolgente film d’esordio di Dario Argento e si posero le fondamenta di quel monumento al cinema d’autore che è “Zombi””.


Come ogni ‘figlio’ amato e allevato con tutte le cure possibili, dunque, “Zombi” ha due ‘genitori’ ugualmente amorevoli, George Romero e Dario Argento, che lo hanno reso un capolavoro di suspense e violenza, ma anche di “filosofia del cinema” che, come tutte le arti, cela profondi significati, più o meno nascosti, anche nelle pellicole più sorprendenti.
Il ‘terzo padre’ di questo film, tuttavia, è senza dubbio Tom Savini che, come già detto, oltre al ruolo di attore, curò gli effetti speciali e il trucco di tutto il film, compiendo i primi passi della sua carriera nel settore, che lo porterà a collaborare con tutti i più grandi registi horror, tra i quali lo stesso Dario Argento. Una clausola contrattuale che Savini inserisce da sempre in ogni nuovo progetto è quella di girare lui stesso, al fianco del regista, le scene in cui sono presenti i suoi effetti speciali, diventati, nel corso degli anni dei veri e propri trucchi di magia. Come ha raccontato più volte lo stesso Savini, infatti, gli effetti speciali non sono solo sangue e trucco, ma anche un vero e proprio gioco di inquadrature, luci e riflessi che rendano il falso più verosimile possibile. Mago del gore e oggi anche attore amatissimo, Savini, che ha diretto tra gli altri il remake de “La notte dei morti viventi” negli anni Novanta e ha realizzato gli effetti speciali di molti film della saga di “Venerdì 13, ha iniziato la sua carriera proprio tra i collaboratori più fedeli di Romero, che ha conosciuto quando era ancora sui banchi di scuola e col quale, fino all’ultimo, ha avuto un rapporto di stima e affetto.


Dalle radici che affondano nelle pratiche più misteriose del Voodoo, ai famelici usurpatori del nostro mondo e della nostra vita, troppo spesso fatta di sciocchi riti e convenzioni che per loro sono inutili, gli zombi di Romero hanno attraversato il terrificante immaginario di intere generazioni e hanno accompagnato il loro ‘creatore’ fino al suo ultimo respiro, continuando a ispirare ancora oggi scrittori e registi, dal cinema, alla televisione, fino al Web.
Mentre Jane, la protagonista della storia raccontata nel film, vede crescere il proprio pancione nelle settimane che trascorre barricata coi propri compagni di sventura all’interno del centro commerciale assediato da orde di morti viventi, sa che il futuro di quel figlio che, nonostante tutto, ha voluto tenere nel suo grembo, probabilmente sarà segnato dalla violenza e dal dolore di condividere la Terra con coloro per i quali non c’è più posto all’Inferno…
E vissero (?) tutti felici, contenti e in attesa della prossima storia nella storia





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