Lo
abbiamo lasciato in sospeso, dopo che
si era cimentato con successo in un mistero legato alla morte del grande Cesare
in “Quel che è di Cesare”, goWare Edizioni, e lo abbiamo ritrovato più vivido e
coinvolto che mai in un’indagine che lo ha toccato nel profondo, riportando in
superfice, tra l’altro, il dolore peggiore per chiunque: la perdita di un
figlio che sembrava causata da una tragica fatalità, ma non lo era affatto. Si
tratta di Lart, liberto imbalsamatore di cadaveri dall’Antica Roma e
investigatore protagonista di “I morti
non fanno festa”, Alter Ego Edizioni,
il secondo volume di una serie tra le più promettenti degli ultimi anni, nata
dall’estro creativo di Massimo Blasi
e Laura Zadra. Nessuno come loro
riesce a ricreare con tanta fluidità non solo i costumi, ma anche la mentalità
di un’epoca difficile da raccontare, come quella di passaggio tra la Repubblica
romana e l’Impero, in particolare attraverso la quotidianità di un uomo
qualunque come Lart, semplice e geniale nello stesso tempo.
Oltre
all’intreccio della storia, sorprendente e ben costruito, ciò che colpisce
della sinergia di questo duo di autori è la capacità con cui sanno rivolgersi a
un pubblico trasversale, coinvolgendo appassionati del giallo storico e non
solo, grazie allo stile pulito e scorrevole e all’abilità di raccontare anche
vicende difficili con la naturalezza e la semplicità che tutti
necessiterebbero, adulti e ragazzi. La possibilità di comprendere meglio un
periodo storico, infatti, si amalgama magnificamente con la trama gialla,
rendendo il senso della quotidianità alla portata di tutti, senza la pedanteria
degli aspetti didattici troppo evidenti.
Massimo
Blasi e Laura Zadra, dunque, stanno mettendo al servizio dei lettori la loro
esperienza della storia e del mistero dando vita a un personaggio sempre più a
tutto tondo come Lart. L’imbalsamatore, infatti, apparentemente ai margini per
la sua professione e la sua condizione di liberto, è in realtà profondamente
integrato nel suo tempo e nel tessuto sociale in continua evoluzione che lo
caratterizza e, a differenza di tanti investigatori della carta, colpisce per
la sua umana genuinità, la stessa che, in ogni epoca e in ogni civiltà,
permette a chiunque di affrontare la realtà, nel bene e nel male.
Affrontare i dolori del
proprio passato non è mai semplice, neppure per il geniale Lart, liberto
imbalsamatore di cadaveri e investigatore per necessità alla sua seconda
avventura. Raccontateci la genesi di questo nuovo romanzo, “I morti non fanno
festa”, Alter Ego Edizioni: cosa vi ha spinto a cimentarvi nuovamente con un
protagonista tanto apprezzato dai vostri lettori? Cosa vi ha ispirato durante
la stesura?
MASSIMO:
A spingerci è stato proprio il fatto che sia piaciuto ai lettori, e non solo a
noi. Lart è una persona normale, con la quale è semplicissimo identificarsi.
Non è solo cervello (anzi, cellule grigie, per citare Poirot), ma ha un cuore
grande e tanta umanità. Forse è proprio questo ciò che è più piaciuto di lui e
che ci ha spinti a creare una seconda avventura.
L’ispirazione
è ovunque: in un paesaggio, in una canzone (la musica guida nella prima
stesura), in un bicchiere (Hemingway consigliava di scrivere da ubriachi e di
rileggere da sobri, giusto?), in un ricordo lontano che un giorno, di colpo,
riaffiora. Non credo che ci sia, dunque, una sola cosa ad averci ispirato, a
parte il desiderio di raccontare una storia.
LAURA:
Per quanto il primo romanzo fosse concluso e avesse una soluzione, alla fine di
“Quel che è di Cesare” molti aspetti della vita e della personalità di Lart
rimanevano ancora oscuri. Con questo secondo episodio molti eventi del suo
passato e del suo carattere vengono chiariti e questo aiuta sicuramente il
lettore a scoprire nuove sfaccettature di questo personaggio e a comprendere
meglio come Lart sia diventato quello che è nel presente.
In
un romanzo storico l’ispirazione viene anche dalla conoscenza dall’epoca di cui
si scrive. Non solo i grandi eventi storici ma soprattutto i piccoli dettagli
degli ambienti e della vita quotidiana che vengono inseriti durante la stesura.
Più di una volta non è stato il particolare di costume a essere integrato per
completare una scena del libro, bensì è stata la conoscenza di un’usanza
particolare dell’epoca a dare lo spunto per elaborare una particolare scena.
L’ispirazione può venire, quindi, non solo da quello che ci circonda oggi ma
anche dalla rielaborazione di informazioni apparentemente aride che, inserite
nella vita quotidiana acquistano tutt’altro spessore.
Quando e da dove nasce la
vostra esigenza di scrivere? Che autori siete e quale alchimia speciale lega due penne e quattro mani? Svelateci il
vostro segreto…
M.:
Nel mio caso l’esigenza di scrivere nasce dal bisogno di raccontare qualcosa
che mi ha toccato nel profondo, per liberarmene (spesso la fonte è il dolore).
Ogni libro ha un cuore di tenebra (mi scuso per le citazioni), qualcosa che
travalica la semplice vicenda narrata: è lì che si nascondono gli autori. In
questo libro, in particolare, il cuore di tenebra sta nella separazione. “I
morti non fanno festa” è un giallo attraversato da questo tema in tutte le sue
forme, come da un fiume sotterraneo che scorre lento e inesorabile.
I
segreti, per definizione, non si svelano… Ma posso dire che abbiamo compiti
diversi e distinti (principalmente plot, scrittura e documentazione
d’archivio), ma che la supervisione è di entrambi. Indipendentemente da chi ha
fatto cosa, rivediamo entrambi tutto e ne discutiamo.
L.:
Scegliere di scrivere un giallo vuol dire anche convogliare tutte le emozioni e
le idee in uno schema estremamente razionale e, per certi versi, costrittivo;
vuol dire ingabbiare pulsioni e sentimenti in una struttura rigorosa, costruita
in modo da dirigerle e rielaborarle verso un’astratta e lucida sfida con il
lettore.
Quando
si lavora in due è estremamente importante la fase di preparazione del romanzo.
Anche se molti dettagli (spesso imprevisti) emergono in fase di scrittura, è
necessario che l’impianto della storia sia ben chiaro nella mente di entrambi
molto prima di iniziare a scrivere. Specialmente in un giallo. Qui, infatti,
nulla o quasi va lasciato al caso e di conseguenza molte decisioni vanno prese
ben prima di iniziare a scrivere.
Conosciamo meglio Lart,
il protagonista dei vostri romanzi: come lo definireste e in che modo lo state
rendendo il personaggio principale di una serie di avventure? In generale come
delineate i personaggi delle vostre storie e le vicende che li coinvolgono?
M.:
Come ti dicevamo, Lart è un uomo normale. Non è un tipo bizzarro (pensiamo a
Poirot di Agatha Christie) né un elegantone snob (il mitico Philo Vance di S.
S. Van Dine) o un geniale sedentario (il Nero Wolfe di Rex Stout), ma un uomo a
tutto tondo che della macchietta non ha nulla. Lart è un uomo che ama la
propria famiglia, la vita che conduce, leggere e collezionare rotoli (i libri
di ieri), mangiare e bere bene, stare con gli amici, le belle donne (ma
rispetta sua moglie!) e, soprattutto, capire il mondo che lo circonda, un mondo
attraversato dai venti burrascosi del cambiamento (siamo al tramonto della
repubblica romana). È di sicuro la curiosità a muoverlo e, ahi lui!, a farlo
finire nelle trame dei diabolici assassini che abbiamo creato ad hoc (di loro
non si può parlare, ma meriterebbero una rubrica a parte). Lo stiamo rendendo
il protagonista delle nostre avventure (anzi, delle sue!) facendone scoprire, a
ogni libro, alcuni aspetti della persona. Il Lart del primo romanzo, “Quel che
è di Cesare”, è lo stesso del secondo, “I morti non fanno festa”, ma in questo
si apprendono nuove cose sul suo conto; così sarà nel terzo romanzo.
Per
delineare ben un personaggio basta fare come tutti gli scrittori, o quasi
tutti: guardarsi attorno. La realtà è il più grande teatro di tutti i tempi e
proprio in un bar, per strada, a lavoro, se si guarda con l’occhio giusto si
scovano certi personaggi… Ad esempio, qualche nostro amico o famigliare si è
ritrovato nei nostri romanzi. Ovviamente, si sbaglia (“ovviamente”…).
L.:
Se possiamo citare un modello per Lart forse possiamo proporre il Guglielmo da
Baskerville del Nome della rosa. Un uomo ben inserito nella società dell’epoca
(seppure ai margini a causa del suo lavoro di libitinario) ma con una lucidità
e una razionalità che gli permettono di non lasciarsi influenzare e travolgere
dalle credenze e le superstizioni che accecano i suoi contemporanei.
Andando
avanti con la serie, sempre di più i personaggi chiedono di essere raccontati.
All’inizio si prende ispirazione dall’esterno o ci si si lascia guidare da ciò
che è funzionale alla storia. Ma man mano che i personaggi vengono definiti e
acquistano una propria identità, ci si sente spinti a riempire i vuoti e a
renderli sempre più sfaccettati e complessi.
Coniugare il romanzo
storico con il giallo richiede un minuzioso lavoro di ricerca: come mai avete
scelto questo genere e in particolare la Roma Antica per l’ambientazione delle
vostre storie?
M.:
Io sono un esperto di storia romana e di pratiche funerarie nel mondo antico.
Nasce da qui l’idea del periodo storico e anche da una constatazione: ci sono
pochi romanzi ambientati nella Roma antica e, tra questi, la quasi totalità è
affidata a non specialisti del periodo, purtroppo. Sono molti quelli in costume,
ma si contano sulle dita di una mano quelli che oltre al costume restituiscano
anche la mentalità del tempo. Credo che si possa divertire e insegnare qualcosa
senza nulla togliere alla fiction, anzi. Il lavoro di ricerca è in effetti
minuzioso, ma insieme sappiamo di quali testi servirci e di quali no, valutiamo
le informazioni raccolte in modo critico e leggiamo le fonti antiche (che ci
piace citare in esergo di ogni capitolo). Tutto questo non fa certo da sé il
romanzo, ma ha un peso e sono molti i lettori che apprezzano la correttezza,
che regalano il libro a ragazzi che studiano a scuola Latino e Greco (nel caso,
ad esempio, di professori alla disperata ricerca di testi con cui avvicinare i
ragazzi alla lettura e, magari, di far loro imparare qualcosa).
L.:
Inoltre ci sono pochi romanzi ambientati specificamente negli anni dopo la
morte di Cesare. Quello delle guerre civili è un periodo complesso e di
conseguenza poco favorito dagli scrittori di narrativa. In più abbiamo cercato
di far vedere come vivevano le classi più povere ed emarginate della società
romana, uscendo per una volta dalle ville senatoriali. Questo ha comportato un
lavoro di ricerca spesso complesso, soprattutto dal punto di vista topografico
e archeologico, ma proprio per questo pensiamo più interessante per chi vuole
avere una prospettiva un po’ diversa della Roma dell’epoca.
A cosa state lavorando
attualmente? Raccontateci quali sono i vostri programmi per il futuro e quando
leggeremo la prossima avventura di Lart.
M.:
Attualmente stiamo lavorando alla terza indagine di Lart. La trama è definita,
la ricostruzione storica meno (sarà un’impresa stavolta, ma non possiamo
anticipare troppo). Quando potremo licenziare il libro non sappiamo dirlo,
anche perché oltre a scrivere lavoriamo anche e il tempo latita, ahinoi. Ma
contiamo di farvi leggere la terza avventura di Lart nel giro di due o tre
anni. Intanto, ce ne sono ben due: che aspettate?
L.:
Abbiamo da poco ultimato anche un fantasy per ragazzi, dal titolo “Clouds”. È
il primo episodio di una trilogia, una storia avventurosa e romantica che
speriamo di poter presentare presto ai lettori!
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