Tra
personaggi surreali e atmosfere oniriche, ogni parola è una lama affilata,
pronta a trafiggere la percezione del quotidiano di ogni lettore: “Lame senza memoria”, Lettere Animate Editore, è una toccante
raccolta di poesie e racconti in versi di Diego
Cocco, un autore dotato di un talento e di una profondità innate. In una
società caotica come quella in cui viviamo non è facile ritagliarsi il tempo e
lo spazio necessario per riflettere sulla nostra interiorità, spesso consumata dalle
frenesie della routine. È qui che, come un balsamo rigenerante, si inseriscono
i percorsi di Diego Cocco, molto più di viaggi virtuali fatti di parole e rime,
ma veri e propri specchi nei quali chiunque di noi può riflettersi, in cerca di
una cura per l’anima. La definizione di poeta
metropolitano, dunque, calza alla perfezione a questo autore che è riuscito
a coniugare lo stile graffiante ed evocativo della letteratura horror, con l’immaginario
fantastico del fumetto, miscelandoli al fascino della poesia, nient’affatto
lontana dal nostro quotidiano, come falsamente si è portati a pensare al giorno
d’oggi. Solitudine, indifferenza, discriminazione. Bullismo, precarietà, inadeguatezza.
Questi sono solo alcuni dei temi di grande attualità dei quali Diego Cocco
riesce a occuparsi con la perizia del saggista e lo slancio del poeta, in
bilico tra la paura della quotidianità e la voglia di credere nei propri sogni.
“Lame senza memoria”,
Lettere Animate Editore, è una struggente raccolta di poesie e racconti in
versi, grazie alla quale si compie un meraviglioso viaggio nell’animo umano.
Raccontaci la genesi di questo libro: cosa ti ha ispirato durante la stesura?
Cosa vuoi comunicare?
Per
spiegare la genesi di questa raccolta devo partire raccontando in breve la mia
esperienza di autore. Circa sei anni fa ho iniziato a partecipare a
innumerevoli concorsi letterari sparsi per il web e non solo, raccogliendo
qualche buon risultato, ma anche parecchie delusioni.
Poi,
un giorno, ho capito che il mondo delle letteratura, con tutte le sue
derivazioni (case editrici, comitati organizzatori, gli autori stessi) è
l’amplificazione distorta del reale, nel bene e nel male. Se è vero che in
qualche oasi c’è del buono, il sentiero su cui si è costretti a camminare è un
deserto pieno di serpenti sempre pronti a giocarti qualche velenoso scherzetto.
L’invidia spadroneggia e spesso anche gli amici indossano maschere per confonderti
le idee.
Insomma,
ad un certo punto ho sentito la necessità di dire la mia in un modo nuovo,
liberandomi dall’ansia dell’aspettativa e dagli schemi imposti dai meccanismi
dell’editoria moderna. Ho capito che la poesia avrebbe potuto fare al caso mio,
a patto che avessi trovato uno stile personale di espressione, libero da rime,
metriche e vecchi cliché.
“Lame
senza memoria” nasce da questa necessità: raccogliere le sensazioni del
quotidiano e trasmetterle, attraverso il potere dei versi, in maniera semplice
e diretta sulla pagina. Ogni singola parola acquista, infatti, un valore e una
forza senza pari e lo scrivere diventa un’arma da utilizzare per condividere
pensieri, realtà, incubi e speranze.
I
personaggi all’interno dell’opera e il modo in cui agiscono sono frutto di
incontri reali, chiacchierate con amici o semplici impressioni dettate da uno
sguardo. Ai lettori risulterà difficile crederlo, ma ho avuto veramente a che
fare con una vecchietta che voleva mostrarmi il Basilisco, così come ho parlato
a un bambino che aveva le caramelle al miele e ne sapeva più di me. Ho subito
il dramma tragicomico delle voci nelle sale d’attesa degli ospedali e lo
sguardo dei manichini in carne e ossa nelle vetrine dei negozi di
abbigliamento.
Insomma,
la mia fonte d’ispirazione migliore è la vita di tutti i giorni, con i
paradossi, i drammi e le illusioni dei suoi protagonisti, troppo spesso testimoni
impotenti del ristagno di idee e intenti dell’era in cui si ritrovano a vivere.
Cosa significa essere un
poeta al giorno d’oggi? Che ruolo ha, o potrebbe avere, la poesia in un periodo
di crisi come quello che stiamo vivendo nella nostra società?
Credo
che essere un poeta moderno significhi tradurre gli stimoli del nostro tempo in
versi che facciano riflettere, dando anche la possibilità di osservare la vita
e il mondo che ci circonda da punti di vista differenti.
Sono
consapevole che si tratta di un ruolo di nicchia, ascoltato e seguito solo da
chi possiede una certa sensibilità d’animo e non è assorbito dall’affanno del
sistema.
Un
altro fattore rilevante è che, in generale, le persone hanno perso la capacità
di ritagliarsi uno spazio di “meditazione”, non saprei come definirlo meglio: sono
talmente presi dalla frenesia del quotidiano che vanno avanti perdendo i pezzi
migliori. La mia sfida è tentare di scuotere almeno una parte di queste
coscienze, precipitate nel torpore del vivere, affogate dal lavoro, dai social,
dai problemi della famiglia.
Scrivo
poesie e racconti in versi per cercare consapevolezza: personale innanzitutto,
ma anche quella dei lettori. Mi piacerebbe incontrarli un giorno e sentirmi
dire: non sei solo.
La particolarità della
tua poetica e, in generale, del tuo percorso di scrittore, è l’interesse per la
letteratura del terrore e per le forti emozioni: da dove nasce quest’esigenza?
È possibile coniugare horror e poesia?
Sono
cresciuto leggendo libri e fumetti che spaziavano nei generi più vari: fantascienza,
western, avventura, thriller e horror; ed è appunto una particolare
declinazione del macabro che mi ha colpito più di tutte: l’orrore quotidiano.
Non quello fatto di sangue e ossa spappolate, ma un’ombra più indefinita e
terribile, la paura scaturita dalle situazioni di ogni giorno: il bullismo,
l’indifferenza, le dodici ore chiusi dentro un buco di ufficio, la fila alle
poste, l’abbandono, l’incertezza di riuscire ad arrivare alla fine del mese, la
preoccupazione di poter dare un futuro decente ai propri figli. Potrei
continuare per ore.
Questi
sono gli incubi con cui dobbiamo fare i conti; i mostri del cinema e della
letteratura, se messi a confronto con tutto ciò, fanno quasi tenerezza.
Credo,
per questo, che il mio non sia un desiderio di declinare ciò che scrivo in
ambiti di terrore e raccapriccio, ma si tratti più semplicemente del risultato
scaturito da un’attenta analisi di quello che mi sta intorno. Di materiale a
disposizione – purtroppo – ce n’è davvero tanto; io scelgo di imprimerlo sulla
pagina con forza, senza mezzi termini, per aprire al lettore un varco in cui
abbia la possibilità di chiedersi finalmente: dove stiamo andando?
A quali grandi movimenti
del passato ti rifai? Hai dei grandi Maestri di riferimento?
Non
esiste un movimento particolare del passato nel quale mi riconosco. Nel mio
piccolo provo a offrire qualcosa di nuovo nel già vasto panorama letterario,
con la speranza di ritagliarmi uno spazio dignitoso nel complicato sistema di
cui ho accennato prima.
Se
devo nominare alcuni grandi maestri che più di tutti hanno influenzato – e
ancora influenzano – i miei lavori, non posso fare a meno di citare Stephen
King, per la sua capacità di narrazione, Charles Bukowski, per la schiettezza e
la lucidità con cui riusciva a trasmettere le sue tragiche esperienze di vita,
e, ultimo ma non ultimo, Tiziano Sclavi, per avermi fatto conoscere l’orrore in
nuove forme, lontano anni luce dai vecchi stereotipi del genere.
Un
altro importante autore italiano, che mi ha colpito con un’opera particolare è
Cesare Pavese con la sua raccolta di poesie “Verrà la morte e avrà i tuoi
occhi”. Uno stile che si discosta parecchio dal mio, ma che mi è rimasto nel
cuore.
A cosa stai lavorando
attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.
Un
autore non si ferma mai, nonostante il poco tempo, il sonno e le notti troppo
corte. Al momento sto lavorando al mio secondo libro di poesie e racconti in versi,
il cui titolo provvisorio è “Ti abbandonano presto”. Sarà una raccolta molto
simile a “Lame senza memoria”, poco meno di sessanta opere per raccontare tante
vite/non vite con cui ci troviamo a condividere la stessa aria ogni giorno.
E
poi c’è un racconto lungo (potrei quasi definirlo un romanzo breve) che ogni
tanto mi richiama a sé come se avesse urgenza di essere scritto. La storia è
incentrata sulle visioni di un bambino e il dramma della solitudine, ma è
ancora presto per svelare i dettagli, soprattutto perché non prevedo di finirlo
in tempi brevi.
La
poesia, se messa a confronto con qualsiasi altro genere letterario, ha un
vantaggio non indifferente: offre la possibilità di raccontare una sensazione,
un’idea, un mondo in poche righe. Io utilizzo parole taglienti e le metto in
fila come fossero coltelli da conficcare direttamente nel cuore del problema.
Credo
che il titolo della mia raccolta, in questo senso, sia piuttosto azzeccato.
Mi incuriosisce "Lame senza memoria": complimenti a Diego Cocco!
RispondiEliminaUn saluto ad Alessandra Rinaldi,
Rosaria Di Donato
Grazie Rosaria!
RispondiEliminaIl merito è di Alessandra e della sua capacità di snocciolare il contenuto della mia raccolta in poche fantastiche righe. ;)