venerdì 15 maggio 2015

Zio Peppuccio, dove sei? Tonino Ruggiero racconta la storia di suo padre e dell’Associazione Penelope Lazio


Coreno Ausonio, 15 maggio 2011, Giuseppe Ruggiero, conosciuto da tutti come zio Peppuccio, scompare misteriosamente, senza lasciare traccia, a pochi chilometri da casa. A quattro anni esatti dalla sua scomparsa, il tempo sembra essersi fermato per i suoi familiari, che non hanno mai smesso di cercarlo. In particolar modo Tonino, figlio di Peppuccio, ha fatto di questo grande dolore una missione di vita, trasformando quella che poteva essere un’esperienza alienante, in un veicolo di grande solidarietà verso chi si trova ad affrontare il dramma di una scomparsa. Dopo aver collaborato a lungo con l’Associazione Penelope, Onlus che, da sempre, si occupa di sostenere e tutelare i familiari delle persone scomparse, Tonino Ruggiero è oggi il responsabile di Penelope Lazio e porta avanti una battaglia che sa non essere più solo sua. La sua voce è la stessa di tutti coloro che sono in attesa di qualcuno che amano, ma che non hanno nessuna intenzione di stare fermi ad aspettare.

Chi era Giuseppe, suo padre, che tutti noi conosciamo affettuosamente come Zio Peppuccio, e chi è oggi? Ci racconti la sua storia.

Mio padre era una persona semplice, profondamente buona e altruista: per lui l’amicizia e il rispetto erano principi imprescindibili e venivano prima d’ogni cosa.
Una persona onesta e un genitore esemplare, che ha passato tutta la sua vita a lavorare nelle cave di marmo di Coreno Ausonio, in provincia di Frosinone, tirando su una famiglia con tre figli. Da quando era andato in pensione si dedicava a tempo pieno a fare il nonno e il contadino e tutti i giorni si recava nei campi per lavorare la terra e prendersi cura della fattoria, accompagnato da Rocky, il suo cane. Le sue giornate terminavano sempre al tramonto del sole e mai un attimo prima. Quando pioveva, oppure nei giorni di forte calura, si dedicava a realizzare lavoretti di legno e cesti di vimini, preoccupandosi anche di riparare tutto quello che occorreva.
Era davvero instancabile: un punto di riferimento per parenti e amici, sempre pronto a risolvere qualsiasi problema. Quindi, all’occorrenza, diventava ciabattino, elettricista, sarto, meccanico, muratore e quant’altro, perché possedeva una manualità fuori dal comune. Aveva frequentato le scuole fino alla quinta elementare, ma era un inventore nato e un ingegnere autodidatta. Oziare, per lui, era impensabile, tutto il suo tempo lo trascorreva nei suoi terreni e nel suo laboratorio e d’estate, quando si concedeva un po’ di riposo, andava al mare, che era la sua passione.
Oltre a qualche acciacco fisico sopraggiunto con l’età, il suo più serio problema di salute era alla gamba destra, che, rispetto all’altra, era di due centimetri più corta. Questo handicap lo rendeva claudicante, ma, per il resto, viveva la sua vita pienamente e con vigore, senza porsi limiti. Era forte e volenteroso, sempre giovane nello spirito.
Tutto ciò si è interrotto in un giorno di festa per la nostra Comunità, esattamente il 15 maggio 2011. È in questo triste giorno che mio padre è scomparso in modo misterioso, in mezzo alla gente, a margine di una Manifestazione Civile e Religiosa. Da allora di lui non abbiamo avuto più nessuna notizia.

Cosa è accaduto il giorno della scomparsa e come si sono svolte le ricerche successivamente e nel corso degli anni?

Tutti gli anni, la terza domenica di maggio, presso il Monumento per la Pace di Coreno Ausonio, si svolge un evento in ricordo della Seconda Guerra Mondiale. Il posto dista 4 km dal paese e si trova a 700 m sul livello del mare. Durante la mattinata viene raggiunto dai partecipanti alla marcia per la pace, che alle 08:30 si avviano dal paese verso il Monumento.
Mio padre prendeva sempre parte a questa manifestazione, che, nel pomeriggio, tempo permettendo, prevede, di solito, anche un’escursione guidata lungo i resti della linea Gustav Coreno. Quel giorno mio padre aveva in programma di raggiungere il luogo dell’evento con la sua moto, una MV Agusta 125, compagna della sua gioventù. Mentre si accingeva a partire, però, un guasto lo fermò e per riparare la moto fece tardi. Dopo aver sistemato il guasto, per evitare di attardarsi ancora, non volle fermarsi a casa neanche per il pranzo e, salutata la moglie, inforcò la moto e partì. Mia madre lo sta ancora aspettando.
Lungo il tragitto è stato visto da tante persone che scendevano in paese, di ritorno dalla prima parte della manifestazione. Tutti hanno testimoniato che era lucido e tranquillo, d’altronde non aveva mai sofferto di perdita di memoria. Raggiunta la località Vallauria, è stato visto da molti spostarsi da un punto all’altro della valle, come se cercasse qualcuno. Amici comuni lo videro passare per l’ultima volta alle ore 14:30 circa, sempre in sella alla sua moto, duecento metri prima del punto dove la sera stessa è stata trovata posteggiata. Tutte le notizie che abbiamo di mio padre finiscono qui, alle ore 14:30 del 15 maggio 2011.
Vedendo che la sera non era ancora rientrato, e pensando che un nuovo guasto alla moto lo avesse fermato, decisi di andargli incontro. Giunto sul posto trovai una fitta nebbia, ma anche alcune persone che, in seguito al cambiamento del tempo, si erano fermate nei rifugi della zona, una volta usati dai pastori. Incominciammo a cercarlo assieme e trovammo la sua moto parcheggiata in un punto sospetto e impraticabile, in mezzo alle pietre. Mio padre avrebbe avuto molta difficoltà a parcheggiarla in quel luogo, e poi a quale scopo? Zoppicava, come poteva farlo? Si pensò subito che, a causa della nebbia avesse perso l’orientamento, smarrendosi. Poiché le nostre ricerche non davano nessun esito e iniziava a fare buio, chiamai il Sindaco, Domenico Corte, affinché ci aiutasse.
In poco tempo, non più tardi delle 21, giunsero nella valle una quarantina di persone, tra cacciatori amici e conoscitori del posto, seguiti dai Carabinieri e dai Vigili del Fuoco. Feci portare nella valle anche Rocky, il cane di mio padre, e continuammo a cercarlo fino a tarda notte, quando, a causa di un violento temporale, fummo costretti a sospendere le ricerche. Eravamo tutti angosciati, perché neanche Rocky aveva percepito l’odore del suo padrone.
Riprendemmo le ricerche all’alba del giorno successivo, proseguendole, in seguito, in modo scientifico, per ben due settimane, con l’aiuto di oltre cento persone al giorno. Per le ricerche di superficie furono utilizzati anche i cani molecolari, che però non furono di grande aiuto. In seguito vennero dragati tutti i pozzi ed esplorati ogni canalone, crepaccio, anfratto e grotta, mentre, dall’alto, operarono gli elicotteri. Ogni metro è stato perlustrato a fondo, ma di mio padre non è stato trovato nulla, nessuna traccia.
Abbiamo continuato ancora a cercarlo, in forma privata, per tutta l’estate 2011, fino all’apertura della stagione venatoria. La speranza di tutti era che i suoi umili resti venissero trovati dai cacciatori, che, con i loro cani, avrebbero effettuato le battute di caccia al cinghiale durante la stagione. Purtroppo non fu così. Alla chiusura della caccia, ci convincemmo definitivamente che mio padre, nei posti dove lo avevamo cercato fino a quel momento, probabilmente non c’era mai arrivato. 
Dopo quattordici mesi, il 31 luglio 2012, mio padre scompare una seconda volta, perché il fascicolo aperto sulla sua vicenda viene archiviato con la seguente motivazione: “Ora nessun elemento porta a desumere che egli sia stato vittima di un’aggressione piuttosto che di un incidente, anzi, il mancato ritrovamento del cadavere fa ritenere che l’anziano sia caduto in qualche crepaccio della zona”. Il Magistrato, quindi, in base agli elementi in suo possesso, ha escluso che sia stato commesso un reato e ha ritenuto che il corpo di mio padre si trovasse in un crepaccio sulla montagna, anche se durante le ricerche non è stato mai ritrovato.
Purtroppo mio padre non era una persona importante e la sua storia non ha fatto notizia quanto avrebbe dovuto. Ma era importante per la sua famiglia! Mio padre ha dato sempre lustro alla Patria, con il suo esempio e con tutto quello che faceva: educandoci all’onestà, alla serietà, alle buone maniere e al rispetto per il prossimo e per i più deboli. Adesso sta subendo l’ingiustizia più grande, quella di cadere nell’oblio, ma noi non possiamo rassegnarci. Purtroppo mi accorgo di fare fatica a parlare della sua scomparsa, soprattutto quando si fa riferimento alla sua età. L’anziano, infatti, al pari del bambino, dovrebbe essere tutelato e protetto e, se occorre, anche ricercato e non abbandonato al proprio destino
In questi anni ho dolorosamente constatato che durante le disavventure della vita si viene sostenuti solo se esse sono di breve durata, altrimenti le persone attorno a noi si stancano e si comincia anche a dare fastidio. Ma la scomparsa di una persona è cosa diversa da una qualsiasi altra tragedia o lutto: la morte stessa, una malattia o un incidente possono, forse, essere messi in conto, ma la scomparsa nel nulla di un familiare non potrà mai esserlo. Questa condizione di non vita e non morte è incomprensibile, non è insita nella natura umana.

Com’è cambiata concretamente la sua vita quotidiana da quel 15 maggio 2011? Qual è stato, in questi anni, il momento più difficile?

Da quel maledetto giorno di quattro anni fa niente più è stato come prima: i giorni scorrono tutti uguali nell’attesa che arrivi una qualsiasi notizia, bella o brutta che sia, purché arrivi. I nostri ritmi di vita sono stati stravolti, le Feste non sono più un momento di gioia e neanche ci si accorge del loro avvicendarsi. La scomparsa di un familiare senza saperne la sorte è una delle cose peggiori che possa capitare nella vita. I momenti difficili ci sono stati e, ancora oggi, sono tanti. Tutti i giorni si devono fare i conti con quel posto vuoto a tavola che ci interroga sulla condizione di vita sospesa in cui si trova mio padre, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Quello che però ci ha distrutto e ci ha fatto sentire soli e abbandonati risale a circa tre anni fa. Il 31 luglio 2012 il fascicolo aperto sulla scomparsa di mio padre, è stato archiviato per allontanamento volontario. Da allora noi familiari siamo rimasti gli unici a portare questa croce. Oggi mio padre è diventato soltanto un numero utile per le statistiche e sta subendo il torto più grande: essere dimenticato e abbandonato al suo destino da questo Stato troppo spesso indifferente verso chi è sfortunato. A tutt’oggi solo la sua famiglia lo cerca e grida allo sconcerto per una persona che manca all’appello da troppo tempo all’insaputa di tutti. Per questo ho scritto un libro dove racconto la sua vicenda che si intitola “Zio Peppuccio, dove sei?” e narra il giallo della sua misteriosa scomparsa. Ho voluto mettere tutto agli atti per preservarne la memoria, affinché ogni cosa accaduta fosse cristallizzata con questa testimonianza di prima mano. Tutta la sua vicenda deve essere riconsiderata sotto questa nuova luce: sono stanco di sentirmi dire che quello che vado affermando su questa scomparsa anomala è importante solo per me, anche se, in mancanza di nuovi elementi, il caso resta chiuso. Se tutto andrà bene, il libro verrà pubblicato alla fine dell’estate.

L’intera comunità di Coreno Ausonio è rimasta coinvolta nell’accaduto e si è stretta attorno alla sua famiglia. Chi vi è stato più accanto in questo lungo periodo di dolore e che ruolo svolge, o potrebbe svolgere, l’opinione pubblica per aiutare le famiglie di fronte a un caso di scomparsa?

L’intera comunità si è mobilitata all’epoca della scomparsa di mio padre e per due settimane gli abitanti di Coreno si sono spostati sul Pianoro di Vallauria, con il Sindaco di Coreno, Domenico Corte, in testa, e l’intera Amministrazione Comunale. Loro sono stati, in quei mesi, la nostra forza, ed il Sindaco Corte è stato il punto di riferimento più presente per la mia famiglia. Purtroppo queste sono tragedie che non hanno termine e posso affermare con dolore che oggi stiamo peggio di quei mesi, quando mio padre scomparve. Siamo stanchi e ormai soli, perché è passato tanto tempo.
Da parte dell’opinione pubblica c’è scarsa attenzione, non è preparata a misurarsi su questi temi, perché sconosciuti, ma essa potrebbe svolgere un ruolo fondamentale, se attentamente sensibilizzata. Il mondo è pieno di tragedie ed io mi inchino verso quest’umanità sofferente, ma la scomparsa di una persona è cosa diversa, e, come dicevo, è un dolore che non ha fine. Pensiamo che queste tragedie capitino sempre agli altri e quando, invece, ci rendiamo conto che possono accadere a chiunque, siamo impreparati e, quel che è peggio, soli, una volta spenti i riflettori.

La vicenda che ha coinvolto la sua famiglia l’ha vista in prima linea nell’affrontare il difficile problema degli scomparsi in Italia, tanto che è diventato responsabile dell’Associazione Penelope Lazio. Di cosa si occupa principalmente e quali sono gli obiettivi dell’Associazione? Quali sono, invece, gli ostacoli contro cui vi scontrate ogni giorno?

Il motto della nostra Associazione dice tutto: “Chi dimentica cancella… noi non dimentichiamo!”. L’Associazione Penelope è stata costituita nel dicembre 2002 da Gildo Claps, come approdo di precedenti Comitati sorti per tutelare le famiglie delle persone scomparse. È una Onlus no profit, apartitica e aconfessionale, con il solo fine della solidarietà, della giustizia sociale, della promozione della persona e della sua dignità. È composta dai familiari e dagli amici delle persone scomparse e promuove a livello nazionale occasioni d’incontro e iniziative di sensibilizzazione verso l’opinione pubblica, affinché le persone scomparse non siano dimenticate.
L’obiettivo dell’Associazione è costituirsi su tutto il Territorio Nazionale in sezioni regionali, e promuovere, a vario titolo, l’approvazione e la modifica di varie leggi. Su proposta dell’Associazione, infatti, nel 2007 fu istituito dal Ministro dell’Interno, Giuliano Amato, il Commissariato Governativo per le persone scomparse, che ha imposto alle Prefetture di fornirsi di un piano provinciale di ricerca, ora in dotazione dal 2013.
L’approvazione della Legge n. 203 del 14 novembre 2012 può essere considerata una pietra miliare nel lungo percorso di risoluzione del problema relativo agli scomparsi. Essa stabilisce un punto cardine per il quale Penelope da sempre si batte: che la denuncia di scomparsa sia acquisita immediatamente dalle forze dell’Ordine e non più dopo ventiquattro ore e la possibilità per chiunque, non solo per i familiari, di presentarla.
Un anno fa sono stato nominato Responsabile Provinciale per le provincie di Frosinone e Latina e il mio ruolo nell’Associazione è quello di essere la voce di Penelope Lazio. Rispondo a chiunque chiami per qualsiasi informazione inerente i loro cari scomparsi, sia che sia trascorso molto tempo, sia che si tratti di gestire i momenti di emergenza e, soprattutto, quando i familiari non si sentono adeguatamente tutelati, magari per la mancata applicazione delle leggi che sono state approvate in questi ultimi tempi e che a volte non sono conosciute pienamente neanche dalle forze dell’ordine. A tal proposito, lo scorso anno, la Questura di Roma, in collaborazione con l’Alto Commissario del Governo per le persone scomparse, ha indetto un corso di formazione per gli agenti di Polizia per istruirli sui contenuti della nuova legge e facilitarne così l’applicazione. L’Associazione Penelope Lazio, assieme all’Associazione Psicologi per i Popoli, è stata invitata a partecipare come docente e ha preso parte a tutte le lezioni che si sono tenute.
Attualmente stiamo lavorando con il Commissario del Governo per le persone scomparse, il Prefetto Vittorio Piscitelli, sulle problematiche che pongono i 1282 cadaveri senza nome che si trovano da anni nelle celle frigorifere degli obitori di tutta Italia. Il nostro obiettivo è che a ognuno di essi venga estratto il DNA, facendo in modo che qualsiasi familiare di una persona scomparsa possa chiedere la comparazione e avere così la certezza che si tratti o meno del proprio congiunto, per poter dare una identità a questi corpi.
Come Penelope Lazio stiamo lavorando, inoltre, a un Convegno di rilevanza Nazionale, che si terrà a Roma, nel mese di novembre, in cui presenteremo a tutti i partecipanti, con dati che stiamo cercando di acquisire, tutte le storie di vite sospese delle provincie del Lazio, comprese quelle che mai hanno avuto rilevanza sugli organi di informazione. L'evento si terrà in Campidoglio, dove inviteremo i Sindaci di tutti i Comuni nei quali c'è uno scomparso, per intraprendere, con i responsabili degli Enti Locali, una collaborazione stabile, formalizzando con essi anche un protocollo d'intesa, che verrà discusso insieme.
Gli ostacoli che incontriamo come Associazione sono diversi. Ognuno reagisce in maniera differente di fronte a una scomparsa: c’è chi non si rassegna davanti alle riposte che non arrivano da parte delle Istituzioni e non accetta che tutto debba finire così, e chi si chiude a riccio e vuole soltanto rimuovere un trauma, cosa davvero difficile. Le iscrizioni all’Associazione sono pochissime, purtroppo, ed essendo noi tutti volontari, facciamo fatica a portare avanti i nostri obiettivi e a riempire quello spazio vuoto lasciato dallo Stato. A volte ci chiediamo chi ce lo fa fare, ma poi la volontà di metterci a disposizione di chi si trova in difficoltà supera ogni ostacolo e ci troviamo sempre in prima linea.

È il ricordo a mantenere vive le persone di cui si sono perse le tracce e a dare alle famiglie la forza di non smettere mai di cercare. Qual è il suo ricordo più vivo di suo padre?

Credo che un compito importante per mantenere vivo il ricordo e l’attenzione di tutti nei casi di scomparsa spetti agli Enti Locali. Il loro ruolo per promuovere, assieme ai familiari delle persone scomparse, azioni d’informazione e sensibilizzazione su questo problema, sarebbe cruciale per fare pressione anche sulle Istituzioni Statali. I Sindaci, infatti, in quanto responsabili dell’Ordine Pubblico e della sicurezza del loro territorio, possono promuovere un nuovo approccio di Coordinamento Istituzionale, sia per favorire la ricerca, sia per tenere alta l’attenzione sulla scomparsa di un loro cittadino grazie agli organi d’informazione, come la stampa e le TV locali, e anche attraverso i Social Network. 
Per quanto riguarda il ricordo più vivo di mio padre, ce ne sono due in particolare. Il primo risale a tanti anni fa, quando io, sedicenne, ero con mio padre al mare di Scauri, in provincia di Latina. Ricordo che, mentre facevo il bagno da solo, un mulinello mi stava portando a fondo in un punto dove l’acqua era alta. Dalla banchina del porticciolo le persone, vedendo qualcuno annaspare tra le onde, si misero a gridare. Mio padre, che era un grande nuotatore, si tuffò in acqua immediatamente, per raggiungere e aiutare il malcapitato, che in quel momento non sapeva fosse proprio suo figlio. Io stavo già iniziando a perdere conoscenza e quando ho percepito che c’era qualcuno a cui aggrapparmi ho cercato di farmi forza per restare a galla. Solo in quell’istante papà ha capito che la persona che stava cercando di salvare ero proprio io e ha dovuto faticare non poco per portarmi a riva, salvandomi da morte sicura. Mi dimenavo così tanto che per poco non ho trascinato a fondo anche lui e ci sono voluti giorni per riprenderci da quello spavento.
L’altro ricordo che ho di mio padre risale a poco tempo fa, subito prima della scomparsa. Una domenica d’estate andammo a visitare l’Isola di Ponza, prendendo il traghetto da Formia. Durante la traversata, a causa del mare grosso per una burrasca, molti passeggeri si sentirono male. A un certo punto, nella confusione, ci accorgemmo di aver perso di vista mio padre, perché lui, curioso com’era, girava per tutto il traghetto. Non trovandolo da nessuna parte, un dubbio atroce si impossessò di noi: e se fosse stato sballottato fuori dal traghetto, mentre si affacciava pericolosamente a prua? Avvisammo i marinai di bordo e cominciammo a cercarlo invano. Pensammo, allora, di raggiungere il Capitano nella cabina di comando, per far fermare il traghetto per uomo in mare. Una volta entrati nella cabina, con grande sorpresa, trovammo mio padre di fianco al Capitano che teneva con lui il timone, facendosi spiegare la rotta di navigazione. Neppure il Capitano era riuscito a spiegarsi come mio padre fosse giunto nella cabina di pilotaggio, ma vedendo la sua simpatica insistenza e la sua grande curiosità, e pensando potesse essere suo padre, lo stava accontentando in tutto, sempre nel rispetto di tutte le norme di sicurezza. Dal canto suo mio padre si meravigliò di quanto ci fossimo allarmati: “Dove volevate che fossi?”, disse, “Ho cercato la cabina di pilotaggio, un posto dove ho sempre sognato di entrare, e sono riuscito a realizzare questo mio piccolo sogno di bambino.” 



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