venerdì 13 maggio 2016

Roberto Negro: storia di un mistero tra passato e presente


Nella torrida estate del 2014 a Perinaldo, in provincia di Imperia, accade un fatto inquietante. Il cadavere di uno sconosciuto, in avanzato stato di decomposizione, viene ritrovato poco lontano dal paese, seviziato a sfigurato a tal punto, da renderne impossibile il riconoscimento. Il Maresciallo Calì si rende subito conto che ciò che ha di fronte è solo l’inizio di un’indagine che si prospetta più complessa del previsto, visto che la soluzione dell’enigma sembra trovarsi tra le pieghe di un passato apparentemente sepolto. In un continuo avvicendarsi tra passato e presente, la storia ci guida in un viaggio nella vita di un manipolo di loschi individui in cerca di redenzione e riscatto, tra i quali spiccheranno i tre protagonisti della vicenda, tutti arruolati, per motivi molto diversi, nella Legione Straniera. Più di trent’anni dopo l’addestramento e la convivenza forzata tra i legionari, in condizioni di vita molto dure, i protagonisti della vicenda si ritroveranno ad affrontare le conseguenze di un tradimento che hanno cercato invano di cancellare dalla loro memoria.
“Il mistero del cadavere senza nome”, Fratelli Frilli Editori, è il nuovo romanzo di Roberto Negro che è riuscito a fare, ancora una volta, della sua profonda conoscenza dell’animo umano e delle dinamiche criminali la carta vincente per la costruzione di un giallo dalla struttura praticamente perfetta. Tutti, prima o poi, devono fare i conti col proprio passato e i personaggi di questo romanzo, sperimenteranno sulla loro pelle come le colpe di gioventù si paghino duramente, anche quando meno ce lo aspettiamo. Roberto Negro controlla lo scorrere del tempo, in un alternarsi tra passato e presente, come un demiurgo onnisciente che guida il lettore verso la soluzione di un mistero che affonda le proprie radici nel disagio sociale e nella solitudine.



Un cadavere misterioso, tre protagonisti dalla personalità fragile e un continuo alternarsi tra passato e presente: sono questi gli elementi de “Il mistero del cadavere senza nome”, Fratelli Frilli Editori. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Dopo quattordici romanzi, nove dei quali hanno come protagonista un commissario, ho sentito l'esigenza di scrivere una storia diversa rispetto al passato. Qualcosa che mi consentisse di uscire dagli schemi ai quali mi sono legato raccontando le vicende di un personaggio seriale.
Era tempo che mi frullava nella testa l'idea di elaborare un testo che parlasse dei disagi umani, dei sensi di inadeguatezza che viviamo rispetto alla realtà. La vita, molto spesso, ci insegna che le scelte di oggi non saranno valide domani e che la nostra esistenza, per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di vista soggettivi ed è in continua evoluzione.
I protagonisti del mio romanzo, per scelta spontanea o indotta, saranno costretti a mutare costantemente la loro vita, facendo scelte caratterizzate soprattutto dal tradimento ideologico.

Da dove e quando nasce la tua esigenza di scrivere? Che autore sei: segui l’ispirazione in qualunque momento della giornata o hai un metodo collaudato al quale non puoi rinunciare?

Come dico nel corso delle presentazioni, scrivere nasce dall'esigenza di raccontare il vissuto, l'interiorità che spesso mi porto appresso e che solo attraverso il racconto prende forma. Scrivere, per me, è un atto di grande coraggio, una condivisione con i lettori dei miei pensieri.
Scrivere è una forma esasperata di narcisismo, una sorta di autocompiacimento delle idee che ho dentro.
Gli spunti nascono all'improvviso, magari osservando le persone che passano mentre sto seduto al tavolo di un bar. Di loro osservo l'atteggiamento, il modo di camminare, di vestire e penso alla moltitudine di storie che mi passano davanti agli occhi e che non riesco a cogliere. Il metodo che seguo è quello del fotografo che, con l'obiettivo, cattura e cristallizza attimi. In fondo, uno scrittore è un fotografo che, armato di penna, trasferisce ai lettori immagini.

Come si struttura il “giallo perfetto”? Quanto contano un buon incipit e un’efficace scansione dei capitoli? Svelaci i tuoi segreti…

Non so se esista il giallo perfetto. Sicuramente esistono vicende umane che possono diventare incredibili e trasformarsi in veri e propri gialli. Quando scrivo penso alla realtà che voglio far vivere ai miei protagonisti, cercando di renderla più concreta possibile.
Di solito, quando elaboro i miei racconti, inizio sempre dal finale. Io so già dove voglio arrivare e, intorno a quell'obbiettivo, costruisco la storia. I capitoli si susseguono in fretta, arricchendosi di personaggi che caratterizzo per renderli “visibili” ai lettori.

Scrivere ciò che si conosce aiuta a coinvolgere i lettori: quanto la tua esperienza di vita e oltre trent’anni di carriera nelle forze dell’ordine influenzano la stesura dei tuoi romanzi?

L'influenza della mia carriera esiste per quel che riguarda la parte più tecnica dello scritto. Quando si parla di investigazioni, la mia esperienza professionale mi consente di essere certo di ciò che scrivo. Per quanto riguarda il racconto, come dicevo, prendo spunto dalla realtà che vivo in quel momento, dalle sensazioni che provo osservando le persone.

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.


Sto scrivendo la nuova avventura investigativa del mio commissario. Dopo una pausa di un romanzo, racconterò di una sua indagine che metterà in risalto il provincialismo che regna nella nostra società. Non credo alle affermazioni degli abitanti di alcune regioni o città che si attribuiscono una mentalità “provinciale”. In tutte le realtà italiane esiste questa sorta di caratteristica negativa che emerge prepotentemente quando ci sono in ballo interessi sociali o economici. Anche la Liguria di Ponente non sfugge a questa regola. In una Ventimiglia, le cui ombre sono annientate dal sole torrido di un'estate che profuma di mare, vive uno spietato assassino che si nasconde in un branco di iene.


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