Ormai
da qualche anno, anche nel nostro Paese, abbiamo assistito a un progressivo
crescere dell’interesse mediatico e, conseguentemente, della partecipazione dell’opinione
pubblica, verso il fenomeno del Satanismo, in particolare quando si ricollega
alla commissione di crimini violenti. A volte a destare curiosità sono le
modalità, apparentemente rituali, di determinati reati, altre volte si tratta
del movente connesso, in qualche modo, a queste credenze pseudoreligiose, ma
troppo spesso l’iniziale sicurezza dell’intervento di certe dinamiche durante
la preparazione o la commissione del crimine, finiscono per esplodere come una
bolla di sapone esclusivamente mediatica che non ha reali riscontri
effettivamente accertabili nella realtà fattuale o processuale.
Qual
è, dunque, la verità sul Satanismo e sui crimini a esso esteriormente collegati?
A fare chiarezza sulla questione ci hanno pensato Chiara Camerani, Fabio
Sanvitale e Perla Lombardo nel
loro saggio “Satanismo, tra mito e
realtà”, Sovera Edizioni, un
vero e proprio manuale per addetti ai lavori, ma anche un interessante testo di
approfondimento per semplici appassionati
della materia che abbiano voglia di conoscere meglio cosa sia il Satanismo
e quanto sia effettivamente legato alla commissione di crimini più di altri moventi
“misteriosi”.
Come
ci ha spiegato Chiara Camerani,
Psicologa clinica esperta in criminologia e Direttrice del Cepic – Centro Europeo di Psicologia, Investigazione e Criminologia,
ancora troppo frequentemente, in tema di Satanismo, soprattutto in ambito criminologico,
c’è superficialità e confusione. Ciò anche a causa dello scarso approfondimento
da parte dei media nel raccontare e spiegare le reali dinamiche che
caratterizzano questi fenomeni. Insomma, proprio come durante i cosiddetti
Secoli Bui, spesso ci si lascia guidare dall’esigenza di facile sensazionalismo
e dal desiderio di vera e propria caccia
alle streghe, senza analizzare una realtà a volte molto più semplice.
L’aspetto
più interessante di questo testo, come ci spiega la stessa autrice, risiede
nella lunga e circostanziata ricerca anche storica sul fenomeno, che permette
di comprendere meglio le radici di questa credenza popolare, come vero e
proprio culto, arrivando a una classificazione sistematica di tipo scientifico
di tutte le manifestazioni di reato che, in un modo o nell’altro, hanno a che
vedere col Satanismo. Grazie a questa classificazione si riesce a sgomberare il
campo da ogni dubbio, distinguendo tutti i casi in cui il Satanismo è solo in
apparenza attinente a fatti di sangue e scoprendo così che le volte in cui il Diavolo ci mette lo zampino, sono molte
meno che di quelle che ci farebbe comodo credere.
“Satanismo, tra mito e
realtà”, Sovera Edizioni, scritto in concerto con Perla Lombardo e Fabio
Sanvitale, è un vero e proprio manuale, per gli addetti ai lavori e non solo,
che deriva da anni di studi sul campo sulle radici più profonde di questo
fenomeno e sulle sue manifestazioni criminose. Raccontaci la genesi di questo
testo: come si sono svolte le ricerche e quali intenti vi siete proposti?
Circa
otto anni fa il Satanismo ebbe un boom
mediatico, profilandosi come una pericolosa realtà criminale. Mi colpì molto il
fatto che, a fronte di tanto allarme e di tanta assoluta certezza degli
esperti, non vi fosse in realtà alcuna “pistola fumante”, alcun elemento che
dimostrasse le nefandezze di questi poveri
satanisti, che venivano accusati di stupri, sacrifici umani, mutilazioni.
Secondo
i criminologi infatti, non si trovava traccia dei reati a causa di una sorta di
potere occulto che faceva sparire le tracce e che copriva ogni crimine. I dati
sull’incidenza dei crimini satanici, inoltre, venivano snocciolati dagli
esperti sulla base di un presunto numero oscuro (per sua natura inconoscibile)
e decuplicati in base a qualche indefinita proiezione.
A
fronte di tanta confusione e inaffidabilità oggettiva, ho ritenuto vi fosse
necessità di intraprendere una indagine scientifica del fenomeno. Per molti
anni il Cepic – Centro Europeo di Psicologia, Investigazione e Criminologia ha
organizzato dei corsi di aggiornamento e formazione in criminologia al termine
dei quali era prevista la stesura di tesine o la realizzazione di progetti di
ricerca. La vera natura del credo satanico, l’analisi oggettiva ed imparziale
sull’incidenza di reati satanico-rituali in Italia, la necessità di verificare
se vi fosse un legame tra affiliazione satanica e commissione di crimini, sono
divenuti l’oggetto della nostra ricerca, che in un secondo tempo è stata estesa
fino a divenire un manuale.
Per quanto riguarda
l’indagine sui casi dal punto di vista criminologico, avete proposto una
classificazione analitica delle varie condotte. Da quali presupposti siete
partiti e a quali conclusioni sieste giunti?
Dopo
la raccolta dei casi, ci siamo resi conto che molti di essi non avevano nulla a
che fare con il Satanismo; la maggior parte scaturivano da uno smodato bisogno
di sensazionalismo da parte di esperti e giornalisti, altri erano attribuibili
a psicopatologia del reo (ad esempio il delirate che vede il demonio nella
vittima), alcuni, pur attuati da persone che dichiaravano una appartenenza ad
un credo satanico, non traevano da esso il movente, bensì da motivazioni banali
quali litigi e gelosie.
Più
che gli adoratori di satana, un numero consistente di reati, riguardava persone
semplici e fortemente religiose che volevano invece cacciare il demonio.
Sorprendentemente,
la ricerca ha evidenziato che commettono più reati i religiosi nell’ingenua
convinzione di cacciare il demonio, che non i satanisti. Per questa ragione
abbiamo ritenuto opportuno offrire una classificazione analitica sul modello
del Crime Classification Manual che costituisse una linea guida per gli
operatori, facilitando la lettura di indizi, simboli e specifici indicatori
investigativi e comportamentali.
Oltre agli aspetti
investigativi, vi siete soffermati sull’analisi del Satanismo come vero e
proprio culto, anche rispetto alle altre religioni, e come fenomeno culturale e
di costume. A quali esiti vi ha condotto questa ricerca e quale aspetto ti è
rimasto più impresso come esperta e professionista?
Parto
dal presupposto che, indipendente dalla credenza religiosa personale, un
professionista debba avvicinarsi a tali fenomeni in maniera assolutamente
imparziale. La religione, quale essa sia, svolge una funzione psicologica
importante nella vita di molte persone. Quando non scade nel fanatismo essa
costituisce uno strumento di aggregazione e un “equilibratore” psichico e
morale. In tal senso, pur essendo atea, ho il pieno rispetto per ogni forma di
spiritualità ma come studiosa non posso non considerare ogni forma di credo
come una superstizione. Non ritengo infatti che alla luce di tale prospettiva,
il credere nella resurrezione di Gesù o nella verginità della Madonna debba
avere maggior dignità rispetto alla credenza negli Ufo, in Dei pagani o persino
in Satana.
Nel
nostro approccio al Satanismo, come alle realtà settarie di cui ci siamo
lungamente occupati, considera ugualmente degna ogni forma di religione, credo,
celebrazione o forma spiritualità a patto che chi la pratica non commetta
reato.
Non
entriamo quindi nel merito della credenza superstiziosa, ma osserviamo le
dinamiche del gruppo, cosa fanno gli aderenti, se commettono reati o violenze,
l’eventuale grado di pericolosità.
Nel
caso del Satanismo per quanto concerne reati quali omicidio, stupro e violenza,
a eccezione di un solo caso, non abbiamo trovato alcun nesso tra propensione al
crimine e affiliazione satanica. Ciò ci ha spinto a studiare tale realtà
religiosa e a prendere contatto con appartenenti a chiese occultistiche e
sataniche anche perché ci siamo accorti che molti esperti giudicavano il
fenomeno senza aver in alcun modo approfondito la storia e la filosofia di tali
movimenti, liquidandoli con qualche categorizzazione descrittiva.
Nel
manuale abbiamo lungamente descritto la filosofia
satanica e credo che l’opportunità di conoscere meglio il pensiero dei
tanto temuti satanisti sorprenderà molti lettori.
Un aspetto interessante
dal punto di vista della comunicazione è il ruolo dei media: tra
disinformazione e allarmismo, come dovrebbero porsi giornali, Tv e Social per
raccontare temi e fatti tanto delicati?
Direi
che dovrebbero sforzarsi di fare vera informazione di ogni notizia sia essa
politica, criminale o culturale, cosa che purtroppo non si fa più da molto
tempo.
Per
i media, come per molti esperti di cui i media si avvalgono, la regola è
stupire e vendere se stessi o la notizia. L’assenza di una educazione e di una
comunicazione mediatica approntata al rigore e all’onestà intellettuale lascia
spazio alla creazione di notizie ad hoc, che parlano alla “pancia” della gente.
Gli esperti non analizzano, non spiegano, ma sollevano moti emotivi. I
giornalisti prediligono lo spettacolo a scapito dell’informazione e chi ne
fruisce assorbe in modo passivo ciò che viene proposto. Una comunicazione facile,
generalistica, che impigrisce la
mente e non spinge al ragionamento critico. Ogni tentativo di analisi
metodologica o complessa (e perciò controcorrente) viene ostacolata e ridotta
al silenzio. Trovo che tale appiattimento sia molto triste oltre che
estremamente pericoloso.
Facciamo un bilancio
della tua esperienza come Direttrice del Cepic – Centro Europeo di Psicologia,
Investigazione e Criminologia: che risultati avete raggiunto fino a oggi? E
quali sono i traguardi che vi ripromettete di raggiungere prossimamente?
Raccontaci quali sono i vostri programmi per il futuro.
Non
posso che propendere per un bilancio positivo.
Il
Centro oggi, oltre che per la ricerca e la formazione, si pone come riferimento
e offre consulenza tecnica in svariati ambiti. Unitamente a quelle abituali
(sia in ambito penale che civile), ci occupiamo di aree specifiche quali la
valutazione della pericolosità settaria, la tutela degli uomini maltrattati in
ambito familiare o vessati in fase di separazione conflittuale (seppure una
minoranza, gli uomini maltrattati costituiscono una realtà in crescita), la
valutazione della pericolosità nelle condotte sessuali devianti (ad esempio
Bondage e sadomasochismo, considerati ancora, spesso a torto, come vere e
proprie perversioni piuttosto che come diverse inclinazioni sessuali). Diciamo
che non ci piacciono le cose facili!
A
breve saremo impegnati in un importante progetto che vede coinvolte Università
e polizie europee. Abbiamo vinto un bando europeo triennale per il contrasto
dei crimini in rete e contiamo, a partire da ottobre, di avviare un corso di
criminologia al termine del quale saranno previsti, per i più preparati e
meritevoli, dei tirocini retribuiti nell’ambito del progetto.
Abbiamo
un paio di saggi in cantiere e stiamo estendendo la nostra attività formativa
in un settore estremamente attuale che è quello dell’Intelligence applicata
alle fonti aperte.
Abbiamo
scelto la via più impervia che è quella della professionalità e della
scientificità, poniamo attenzione ai fenomeni più spesso oggetto di pregiudizio
e ignoranza e infine, in ambito sociale e clinico stiamo preparando uno dei
pochissimi corsi di formazione in Italia sul tema sessualità e handicap,
argomento di cui raramente si parla e si conosce ancora troppo poco.
Direi
che per il momento siamo sufficientemente impegnati.
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