C’era una volta,
non troppo tempo fa, una ragazza sensibile e ribelle, di nome Federica, nata e
cresciuta nelle vicinanze di un lago che amava molto. Fiera e determinata come
sono le adolescenti di oggi, ancora bambine, ma desiderose di crescere in
fretta, Federica era molto diversa dalle principesse che popolavano i suoi
sogni di bambina. Voleva essere indipendente, lavorare, divertirsi, trascorrere
le giornate con famiglia e amici, e di una cosa era certa: aveva incontrato
quello che sarebbe stato il suo principe azzurro. Poco importava che questo
principe fosse ben diverso da quello delle fiabe, Federica era innamorata come
solo le ragazze al loro primo amore sanno essere. Voleva sentirsi amata come
una principessa la notte del ballo in maschera, tra le braccia del suo
principe.
Quando
la mattina del 1 novembre 2012 Federica viene ritrovata morta sulle rive del
lago che l’aveva vista crescere, la fiaba che ogni ragazza vorrebbe vivere si
trasforma un raccapricciante racconto del terrore. Solo che non si tratta di un
romanzo, ma di una storia vera.
Federica Mangiapelo
aveva sedici anni quando la sua vita è stata spezzata per mano di chi diceva di
amarla, il fidanzato Marco Di Muro che l’ha annegata, abbandonandola sulle rive
del Lago di Bracciano, nei pressi di Anguillara Sabazia, a pochi chilometri da
Roma. Al dolore e allo sconcerto della famiglia sono seguiti anni di indagini
turbolente, inizialmente segnate da una serie di errori che hanno portato al
vicolo cieco di un’insensata morte per cause naturali, con conseguente
richiesta di archiviazione e, solo due anni dopo, all’arresto per omicidio
volontario di Marco Di Muro, condannato successivamente a diciotto anni di reclusione
in primo grado e a quattordici in appello.
In
attesa che la Cassazione metta la parola fine sulla faccenda giudiziaria, ci ha
pensato Massimo Mangiapelo,
scrittore e giornalista, a rendere eterna
sua nipote Federica con un libro dal titolo “Federica. La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore. In queste pagine l’autore ripercorre le tappe
dell’intera vicenda fino agli inizi del primo processo contro Di Muro,
raccontando la sofferenza di una famiglia alla quale per lungo tempo è stata
negata giustizia a causa di perizie sbagliate e indagini superficiali.
In
bilico tra il suo ruolo di appassionato cronista e quello di familiare
incredulo per l’assurdità di una storia che mai nessuno vorrebbe raccontare, ma
che chiunque potrebbe vivere, Massimo Mangiapelo ricostruisce e riferisce con
delicatezza e lucidità ogni passo di un’inchiesta che, tra giornali e aule
giudiziarie, ha scosso un’intera comunità. La storia di Federica oggi è
diventata l’emblema dei nostri tempi difficili, segnati quasi dall’assuefazione
circa la violenza sulle donne. Un libro che, a quasi tre anni dalla prima
edizione, Massimo Mangiapelo continua a presentare in giro per l’Italia nella
speranza che una storia così non debba mai più essere raccontata da nessuno.
Occhi chiari e profondi
da giovane donna, ma sorriso limpido e generoso da bambina che sta crescendo:
chi era Federica Mangiapelo? E chi è oggi?
Federica
era un’adolescente come tante altre, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Come
tanti suoi coetanei, era una ragazza che si “ribellava” all’autorità dei
genitori e degli insegnanti. Federica era una bellissima “piccola donna” che
sembrava più grande rispetto agli anni che aveva. Cercava di mostrarsi
un’adulta, ma allo stesso tempo dormiva ancora abbracciata al suo orsacchiotto.
Nel tuo libro “Federica.
La ragazza del lago”, Bonfirraro Editore, coniughi lo stile attento e
scrupoloso, caratteristico della tua professione di giornalista, con i pensieri
e le preoccupazioni più toccanti e profonde che solo un familiare può
esprimere. Cosa ti ha spinto a esporti in prima persona? Cosa vuoi comunicare?
Ho
voluto raccontare questa tragica vicenda perché l’ho promesso a mia nipote. Ero
davanti alla sua tomba e pensavo a quello che le era accaduto. Pensavo che
quanto era successo poteva accadere alle sue amiche, ad altre coetanee. Ed è
stato in quel momento che ho deciso di scrivere un libro che, oltre alla storia
puramente di cronaca e di vicende giudiziarie, ha voluto toccare i sentimenti
più profondi, il dolore che abbiamo vissuto noi della famiglia, i ricordi di
quanti l’hanno conosciuta. In qualche modo l’ho voluta rendere eterna. Ma, allo stesso tempo, il mio è un forte messaggio
contro qualsiasi forma di violenza sulle donne.
Oggi che la giustizia ha
risposto ad alcuni degli interrogativi che tu stesso ti ponevi tra le pagine
del testo, è cambiato qualcosa negli equilibri della vostra famiglia? Che ruolo svolge, o potrebbe svolgere,
secondo te, l’opinione pubblica per la risoluzione di casi tanto cruenti e
dolorosi?
Credo
che, purtroppo, questa vicenda abbia ristabilito certi equilibri ed abbia fatto
riflettere tutti noi sull’importanza della vita, sull’indispensabilità di
vivere felici anche un solo istante. L’opinione pubblica è determinante, ma
spesso troppo superficiale rispetto a problemi del genere. Forse l’alta
percentuale, sempre in crescita, di femminicidi lascia ormai quasi indifferente
l’opinione pubblica. Quasi fosse una guerra che si sta combattendo e alla quale
non si possa porre rimedio. Sono due anni che giro l’Italia per presentare il
mio libro e per lanciare un appello contro la violenza. Eppure molto spesso
questi convegni vengono ignorati dalla gente, che preferisce argomenti più
leggeri senza rendersi conto che una tragedia del genere potrebbe accadere
dentro le proprie “mura”, nell’ambito della propria famiglia.
È il ricordo a mantenere
vive le persone che non ci sono più e a dare alle famiglie la forza di andare
avanti. Qual è il tuo ricordo più vivo di Federica? E come ti piacerebbe immaginarla oggi?
I
ricordi di Federica sono dentro di me, ovunque, nell’aria che respiro. Federica
la ricordo per quello che era, per il suo carattere, che mi piaceva in quanto
somigliava all’adolescente che ero stato anch’io. Non so adesso, se fosse viva,
cosa farebbe Federica, come sarebbe diventata. L’unica cosa di cui sono certo,
vista la sua tenacia, è che di sicuro avrebbe fatto quello che le passava per
la testa, quello che più amava. Qualunque traguardo lo avrebbe certamente
raggiunto. Un giorno disse: “Voglio diventà famosa”. Mi dispiace che lo sia
diventata per una storia così inaudita, per mano di chi avrebbe dovuto
proteggerla.
Oltre al giornalismo, ti
sei dedicato anche alla narrativa, svelando il tuo talento come autore a tutto
tondo. A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti
per il futuro.
Quando
mi è stato impartito il sacramento della Prima Comunione, la mia vicina di casa
mi regalò “Robinson Crusoe”. Dopo aver letto quel libro ho deciso che nella
vita avrei voluto scrivere. È stata dura ma sono riuscito nel mio intento. Ho
sempre coltivato questa passione, anche quando ero giovane e facevo tutt’alto
lavoro. E questa passione mi ha portato a trovare la mia strada sia come scrittore
che come giornalista. Attualmente sto scrivendo un nuovo romanzo, ma è troppo
presto per rivelare dettagli. Ne parleremo un’altra volta.
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