Quando
Kajal e Kiran, due giovani poco più che adolescenti, si incontrano in un
variopinto e caotico mercato di Nuova Delhi, nasce un amore tenero e delicato
come un virgulto, che entrambi si troveranno a difendere dalle invidie e dai
pregiudizi di chi li circonda e vuole ostacolarli.
“I due volti di Nuova
Delhi”, di Annarita
Tranfici, una vera e propria perla de “I Brevissimi” di Lettere Animate, è l’affresco di una
città difficile, nella cui crudele poesia si intrecciano molte vite, oltre a
quelle dei due protagonisti, legati da un sentimento molto profondo.
Il
ritmo che l’autrice riesce a imprimere al racconto è incalzante fino all’inaspettato
epilogo. Il linguaggio è sempre misurato, elegante ed evocativo. Nella
trattazione di temi tanto spinosi, come la violenza che sembra regnare in
questa parte del mondo solo apparentemente molto lontana da noi, Annarita
Tranfici riesce a trasmettere il pathos e l’emozione che ci sono nel coraggio
di portare avanti le proprie idee e i propri sentimenti, anche quando tutto
sembra perduto.
Lo scorcio inedito di una
Nuova Delhi intensa e pericolosa fa da sfondo al racconto evocativo e toccante
“I due volti di Nuova Delhi”, edito da Lettere Animate. Raccontaci la genesi di questa storia: cosa ti ha
ispirato durante la stesura?
Questo
racconto, come tutti gli altri che scrivo, è ispirato a un fatto di cronaca
realmente accaduto. Sebbene, come tanti lettori, cerchi nei libri un’evasione
dalla realtà quotidiana, in genere preferisco leggere e scrivere storie
ispirate alla vita vera. Nei libri cerco spunti di riflessione e episodi che
possano arricchirmi, oltre che emozionarmi. Il racconto pubblicato dalla Casa
Editrice Lettere Animate è stato concepito con uno scopo ben preciso, ovvero
quello di condurre il lettore in uno scenario distante da quello in cui vive,
nel quale, però, al contempo, si verificano gli stessi avvenimenti di cui legge
sui giornali o che guarda alla televisione. La vita è la mia più grande fonte
di ispirazione.
Da dove nasce la tua
esigenza di scrivere? Che autrice sei: segui l’ispirazione a qualunque ora del
giorno o hai un metodo collaudato al quale non puoi rinunciare?
In
passato ero solita dedicarmi alla scrittura solo quando l’ispirazione veniva a bussare alla porta del cuore. Ritenevo di
poter scrivere qualcosa che mi soddisfacesse solo quando percepivo l’urgenza
che le parole avevano di oltrepassare i pensieri e cristallizzarsi sulla pagina
bianca. Da qualche tempo, però, per lavoro e minor tempo a disposizione, tendo
a dedicare alla scrittura dei momenti precisi, generalmente la sera dopo cena e
nel fine settimana, quando possibile. Mi sforzo di portare a termine dei “compiti”
che io stessa mi assegno, evitando di rimaneggiare quello che ho già scritto e
tentando di proseguire la stesura della storia che desidero raccontare.
Chi sono Kajal e Kiran, i
protagonisti del tuo racconto? Come li definiresti e, in generale, come delinei
i personaggi delle tue storie?
Kajal
e Kiran sono due ragazzi come tanti. Due giovani che hanno da poco superato il
periodo dell’adolescenza e non hanno paura di lasciarsi andare ai sentimenti.
Una tenera coppia che desidererebbe vivere il proprio rapporto alla luce del
sole, ma che, al contempo, lo reputa troppo prezioso per rischiare che questo
venga compromesso e svilito dalla mancata approvazione della comunità in cui
vivono. I miei protagonisti sono due giovani semplici e pieni di sogni,
speranze e progetti per l’avvenire, proprio come tutti i ragazzi della loro
età, indipendentemente dalla provenienza geografica o dall’estrazione sociale.
In
generale, per delineare i personaggi delle mie storie, mi ispiro a persone
reali, ai tratti fisici e caratteriali di coloro che ho accanto, purché
compatibili con l’intero contesto, chiaramente. Cerco di delineare dei profili
quanto più vicini al vero, nei quali quasi ogni lettore possa specchiarsi,
immedesimandosi in pensieri, azioni e reazioni
È ancora possibile oggi,
secondo te, fare della scrittura una professione a tempo pieno? Che ostacoli
hai incontrato e incontri ancora oggi lungo il tuo percorso?
La
scrittura può diventare una professione a tempo pieno. Tuttavia, non tutti
coloro che “maneggiano le parole” possono fare di quest’arte il proprio pane
quotidiano. E non mi riferisco esclusivamente agli autori che non hanno la
fortuna di veder pubblicato il proprio romanzo da un editore maggiore e famoso,
dei cui compensi potrebbero, forse, vivere. Mi riferisco piuttosto a coloro che
pensano al “vivere di scrittura” facendo riferimento solo ai guadagni che
potrebbero ricavare dalla pubblicazione di un’opera letteraria.
A
mio parere, Internet offre un mare di possibilità alle persone animate da buona
volontà e spirito di sacrificio. Non tanto in Italia quanto maggiormente
all’estero (e specialmente nei paesi di lingua anglofona) le possibilità di
guadagnare con la scrittura aumentano in maniera esponenziale. Tanti sono,
infatti, i portali che offrono, a chi mostra buone capacità di scrittura,
svariate possibilità di guadagno. Sono quasi certa che la tua domanda facesse
riferimento ad una sfera più “limitata” della scrittura. In quel caso mi sento
di risponderti che è difficile ma non impossibile. Se invece si tende ad
osservare l’attività di scrittura da una prospettiva più ampia, sono
assolutamente convinta che questa possa trasformarsi a tutti gli effetti in
qualcosa che occupa a tempo pieno.
A cosa stai lavorando
attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.
In
questo periodo il mio lavoro di traduttrice freelance mi sta assorbendo
completamente. Mi sto dedicando infatti alla revisione di due classici della
letteratura inglese mai tradotti in italiano (“The White People” di Frances Hodgson Burnett e “May Flowers” di Louisa May Alcott), i
quali saranno pubblicati nei prossimi mesi, con mia enorme gioia e
soddisfazione.
Per
quanto riguarda la scrittura, ho diverse idee in cantiere, tutte, a mio parere,
molto valide e alle quali sarei contenta di dedicare lo spazio e il tempo che
meritano. Tuttavia, da inguaribile perfezionista quale sono, preferisco
riservare la stesura a un momento più “tranquillo”, quando avrò terminato
l’attività di ricerca necessaria a conferire al mio racconto la credibilità di
cui necessita. Di sicuro entrambe le storie a cui conto di lavorare nell’anno
che sta arrivando saranno ambientate nella mia amata città, Napoli, nei luoghi
in cui ho trascorso la mia giovinezza. Il mio primo romanzo mira a far entrare
il lettore a contatto con una realtà conosciuta da pochi e in maniera piuttosto
sommaria. Probabilmente la storia che sto scrivendo non incontrerà il gusto di coloro
che preferiscono lasciarsi trasportare in storie d’amore da sogno o thriller da
fiato sospeso. Forse l’argomento trattato, il contesto in cui i personaggi
evolvono e la crudezza della realtà che voglio dipingere si allontanano dalle
visioni oniriche e delicate di alcuni romance e dalle vicende classiche dei
tanto amati polizieschi. Di certo non tutti proveranno empatia con il mio
protagonista, almeno non subito. Alcuni lo ammireranno, altri ne condanneranno
le scelte, altri ancora ne stimeranno il coraggio. Ma non svelerò di più,
sperando di aver già incuriosito abbastanza. Proseguirò, invece, a scrivere con
la consapevolezza di avere una storia che merita di essere raccontata per il
seme di speranza che intende piantare nei cuori che si mostreranno aperti alla
semina. Una storia vera che vuole ribadire una verità che ho fatto mia tanto
tempo fa: il vero limite al raggiungimento dei nostri sogni siamo soltanto noi
stessi. La tenacia, l’impegno e la fiducia nel proprio valore sono capaci di
fare miracoli. Ed io voglio raccontare di un “piccolo grande miracolo” che si
compie nella terra che è Paradiso e Inferno insieme, tra i sorrisi della mia
gente.
Io
scriverò la storia che vorrei leggere, quella i cui protagonisti vorrei avere
di fronte per chiacchierare fino a tarda notte, quella che racchiude un po’ del
mondo di ognuno, un po’ della realtà che vorremmo cambiare, un po’ del sentimento
di speranza che vorremmo regalare nei momenti più bui a chi ci è intorno.
Scrivo
perché è ciò che mi rende felice. E credo sia la cosa più bella che ci sia.
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