Andrea
è un educatore e la sua professione lo porta a incrociare le strade di padri,
madri e figli che, nei loro difficili percorsi, hanno bisogno del suo aiuto. È
lui il protagonista e il filo conduttore di “Padri Imperfetti”, scritto dall’esordiente Alessandro Curti, C’era una
volta Edizioni.
Si
tratta di un romanzo decisamente sui
generis, che, attraverso gli occhi di Andrea, narra tante storie di
conflitti generazionali e di coppia, destinati a segnare profondamente il
cammino di altrettante famiglie. In questo modo lo stesso Andrea è portato a
rivedere e rivalutare le propria esperienza di figlio e di padre, tramite gli
occhi dei padri che cerca di guidare, dimostrando come, aiutare gli altri, sia
anche un modo per conoscere meglio sé stessi.
Andrea,
nella sua genuina purezza di personaggio letterario, altri non è che l’alter ego dell’autore stesso, Alessandro
Curti, un educatore a sua volta che, grazie allo stimolante linguaggio della
narrazione, racconta, con slancio, la sua esperienza di professionista che, nel
suo ruolo, non prescinde dalla vita privata, ma cerca di fare in modo che l’una
arricchisca l’altra e viceversa.
“Padri
Imperfetti” è un romanzo intenso, emozionante e profondamente didattico nel
senso più autentico del termine: cerca di trasmettere insegnamenti attraverso
l’esempio e l’esperienza, usando la potenza del racconto per ispirare chiunque
voglia cogliere il vero spirito della genitorialità.
“Padri Imperfetti”, edito
da C’era una volta Edizioni, è un libro sull’importanza dell’educazione vista
come la ricerca di un equilibrio tra il confronto e l’esempio, il senso di
appartenenza e la voglia di libertà. Raccontaci la genesi di quest’opera: cosa ti ha ispirato durante la stesura?
“Padri
Imperfetti” nasce dalla mia esperienza professionale coniugata con quella di
genitore. Svolgo la professione di educatore nel campo dei minori da più di
vent'anni e nove anni fa, quando sono diventato padre, tutto il mio sistema di
premesse (educative e non) è, ovviamente, cambiato. Contemporaneamente, dal
punto di vista professionale, mi sono trovato a dover operare sempre più spesso
con padri che faticavano ad avere relazioni equilibrate con i propri figli.
Lavorando con loro e con i loro figli, nel tentativo di (ri)costruire un
rapporto, non sono riuscito ad evitare di “rileggermi” nel mio ruolo di padre,
nel modo in cui mi pongo nei confronti di mia figlia.
Le
storie che incontro nella mia professione sono distanti dalla mia quotidianità
(famiglie interrotte, relazioni conflittuali, inversione di ruoli) ma alcuni
rischi sono comuni a quelli di tutti i genitori e, convinto come sono che
l'esperienza sia l'insegnante
migliore, ma più duro, della vita, ho cercato di apprendere da altri,
attraverso le loro fatiche, come poter diventare un padre migliore. Un padre –
un genitore, in genere – non può essere tale se non in relazione al proprio
figlio e solo un percorso comune, fianco a fianco, in qualsiasi situazione e
contesto, può aiutare entrambi a crescere.
Gli
equilibri che hai citato – confronto ed esempio, appartenenza e libertà – credo
siano i grandi temi su cui ogni genitore debba farsi delle domande, perché
rappresentano l'implicito del ruolo genitoriale: crescere un figlio affinché,
un giorno, non sia più nostro. Ecco perché, nel romanzo, mi soffermo anche su
alcune immagini del protagonista nel suo ruolo di figlio che, inevitabilmente,
lo ha formato anche come genitore. Perché è anche con questo che dobbiamo fare
i conti.
Tante
volte dico a mia figlia che sarà la mia bambina per sempre e sono
convinto di questa affermazione. Ma quando lei mi risponde che sarò il suo
papino per sempre so che non potrà essere completamente cosi, almeno non
come lo intende lei oggi. Diventerà madre e il suo sistema di priorità cambierà.
Spero solo che attraverso il mio esempio, il tentativo di essere all'altezza
del ruolo che ho, possa essere un genitore sufficientemente buono.
Come hai scoperto di
avere il talento e l’esigenza di scrivere? Che autore sei?
Ho
sempre avuto la passione per la scrittura, fin da quando – alle scuole
superiori – avevo l'ambizione di diventare un giornalista. Poi la mia vita ha
cambiato direzione e mi sono scontrato con il mondo dell'educazione
professionale: uno “scontro”, per me, bellissimo.
Anche
in questo campo, però, la scrittura è importante, perché narrare le proprie esperienze fuori da sé aiuta a vederle con un
occhio differente, più pulito, e quindi ad affrontarle meglio, con qualche
strumento in più.
Sono
uno scrittore “di getto”, nel senso che sento l'esigenza di raccontare storie,
scene, immagini, emozioni e lo faccio così, come mi vengono. Le storie sono
dentro di me, me le sono già raccontate in parte, ma, quando le mie dita si
appoggiano sulla tastiera del computer, la narrazione si sviluppa da sola, come
se i personaggi vivessero di vita propria e raccontassero a me le evoluzioni e
gli scossoni della loro vita.
Non
so se questo sia un talento o meno, anche perché, purtroppo, sono anche uno
scrittore “a tempo perso”, nel senso che non scrivo romanzi per lavoro, ma per
diletto. Tuttavia la scrittura è una parte di me e poterla collegare con le
altre - il lavoro di educatore e la vita privata - mi piace. È come se le
tessere di un puzzle si unissero a formare un'immagine completa dell'Alessandro
che sono.
Credo
che l'aspetto più importante, per me, sia provare emozioni e riuscire a
raccontarle, così che altri come me possano metterle nel loro cestino delle
esperienze per poterle utilizzare a loro volta.
Il tuo ruolo di educatore
e di padre, a tua volta, ti ha sicuramente facilitato nella ricerca in vista di
questo libro. Secondo la tua esperienza è possibile, al giorno d’oggi, anche
per genitori imperfetti compiere le
migliori scelte possibili? Che consiglio ti sentiresti di dare a chi si
appresta a svolgere questo mestiere senza
libretto d’istruzioni?
Ho
sempre sostenuto – e continuo a farlo – che sia più complicato fare il genitore
che l'educatore. Per quanto la mia sia una professione in cui l'emotività e
l'empatia sono strumenti fondamentali, vanno sempre di pari passo con la
razionalità, con un progetto educativo che dobbiamo pensare perché ci guidi
nelle nostre azioni, che ci supportino nel raggiungimento dell'obiettivo.
Quando sei genitore è molto più faticoso perché il motore principale è l'amore
che, tutto è, tranne che razionale. Tenere il focus sulla razionalità implica
uno sforzo immane quando hai di fronte la cosa che ami di più al mondo, quella per
cui daresti la vita pur di farla stare bene.
Le
istruzioni per l'uso? Magari esistesse un manuale per diventare genitore… o
forse no, perché ogni storia, ogni relazione, ogni persona è il risultato di
tutte le esperienze che ha vissuto. Ecco perché, quando lavoro con genitori,
così come con bambini e ragazzi, non mi permetto di dare consigli o istruzioni.
Il mio compito – il compito dell'educazione – è quello di accompagnare l'altro
a scoprire sé stesso, i suoi vincoli e le sue risorse, e a farci i conti per
capire anche le proprie possibilità.
Questo è – probabilmente
– l'unico consiglio saggio da dare a chi vuole o sta per diventare genitore:
impara a conoscere il più possibile te stesso, a starci bene,
a fare i conti con i tuoi limiti, solo così potrai stare bene in relazione con
l'altro.
A quale delle tante storie che hai seguito e raccontato ti
senti più legato? E perché?
Tutte
le storie che ho raccontato in “Padri Imperfetti” non sono reali, ma sono il
risultato della miscellanea delle tantissime storie che ho incontrato nella mia
vita. Ognuna di loro mi appartiene e ad ognuna di loro sono affezionato. C'è
però, come credo ci sia per tutti, un personaggio a cui sono particolarmente
affezionato e non è uno dei padri di cui narro le vicende. Non voglio svelarlo,
perché mi sembrerebbe di fare un torto agli altri protagonisti del mio romanzo,
però in lui vedo la fatica di “salvare” tutti coloro che lo circondano quasi a
discapito di sé stesso; un tentativo di mantenere l'equilibrio emotivo di chi
gli sta intorno a prescindere della propria sopravvivenza emotiva. Ma è
possibile fare questo a 17 anni? E a quale costo?
A cosa stai lavorando
attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi progetti per il futuro.
Di
progetti sul tavolo ce ne sono molti anche se, come dicevo prima, il tempo per
la scrittura è sempre molto poco nella vorticosa routine quotidiana.
Attualmente
sto lavorando ad un secondo romanzo, slegato da “Padri Imperfetti”, ma, in
qualche modo, a lui parallelo, in cui cerco di raccontare le emozioni e le
vicende delle donne alle prese con il mondo della maternità. Una prosecuzione
ideale di un filone riguardante le famiglie in cui Andrea – il protagonista
principale di Padri Imperfetti – si trova ad operare.
E
ovviamente, parlando di famiglie, non si può evitare di raccontarle dal punto
di vista dei figli. Ecco quindi che altri due progetti sono due romanzi
sull'adolescenza: uno sempre centrato sulla relazione con gli adulti e uno
(scritto a quattro mani) dove solo gli adolescenti saranno protagonisti, anche
se non è necessario essere “adolescenti anagrafici” per “comportarsi da
adolescenti” e questo – forse – apre nuove curiosità e riflessioni sul tema.
Infine
ho un progetto più lontano nel tempo, a cui ho cominciato a lavorare come bozza
con un'altra persona, riguarderà il mondo della scuola e i delicati equilibri
che vi abitano.
Tanto
lavoro e poco tempo per farlo, purtroppo.
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