Il 12 aprile 1994, a Roma,
viene ritrovata morta Antonella Di Veroli, una stimata consulente del lavoro di
47 anni. Due colpi di pistola le hanno tolto la vita e il suo corpo viene rinvenuto
sigillato in un armadio chiuso con della colla, quasi a voler nascondere
l’accaduto agli occhi dello stesso assassino.
Ma chi era Antonella e cosa
le è accaduto realmente?
Mauro Valentini ripercorre,
nel suo primo libro inchiesta, gli ultimi
passi di Antonella Di Veroli, cercando di ricostruire quello che tutti i
giornali dell’epoca definirono il caso
della donna nell’armadio.
Questo è il tuo libro d’esordio: come mai hai scelto di raccontare
questa storia? Chi era Antonella Di Veroli? Raccontaci dove ti hanno condotto
questi 40 passi e il perché delle tue innovative scelte stilistiche, a
cominciare dal titolo.
La storia mi era entrata nel
cuore da allora, quando la casa editrice Sovera mi ha chiesto di raccontare per
loro un’inchiesta non ho avuto dubbi. Antonella era una donna sola, maltrattata
dalla vita e dagli affetti più cari. Ho voluto raccontare chi era Antonella,
soprattutto. In fondo il mio non è stato un lavoro prettamente investigativo,
ma umano. Il titolo è venuto fuori da solo, durante il mio primo sopralluogo
nei luoghi dove la signora Di Veroli viveva ho contato i passi che separano il
garage dal portone di casa, quegli ultimi 40 passi che la vittima ha percorso
all’aria aperta e che ha percorso anche il suo assassino.
Come in ogni inchiesta che si rispetti, lo studio degli atti è
fondamentale: che approccio hai avuto verso questo lavoro di ricerca? Hai dato
molto spazio alla rassegna stampa e all’eco mediatico che ebbe tutta la
faccenda nel corso degli anni, riportando citazioni da molte testate: come mai
questa scelta?
I giornali sono stati
protagonisti di questa storia, se ne sono in un certo senso appropriati. È parso
quasi che gli inquirenti seguissero le piste investigative dei quotidiani
romani e non viceversa. Mi ha colpito non solo lo scandagliare nella vita
privata della vittima, ma anche e soprattutto quello che è stato il linciaggio
a mezzo stampa operato nei confronti dell’unico imputato del processo, poi
assolto. Vittorio Biffani è per me la seconda vittima di questa storia
terribile.
La tua indagine è stata minuziosa e ti sei avvalso del contributo
di molti esperti per provare a tracciare un profilo, sia della vittima, sia
dell’assassino, che ti permettesse di ricostruire la vicenda. Chi sono i
professionisti che ti hanno guidato nel tuo percorso?
Innanzitutto ho avuto la
fortuna di avere in prefazione un intellettuale, un autore bravissimo come
Marco Marra, che conduce “Storie Nere”, trasmissione cult di Rai Tre, che ha
riletto da un punto di vista tutto nuovo quello che, appunto, i casi di cronaca
accendono nell’opinione pubblica. I professionisti che mi hanno accompagnato in
questa avventura sono degli esperti forensi: Virginia Ciaravolo e Sara Cordella
hanno ricostruito, attraverso i dati in nostro possesso, le foto della scena
del crimine e gli scritti che Antonella Di Veroli ha lasciato, un’autopsia
psicologica e grafologica, rivelandoci la personalità della vittima, mentre a
Simone Montaldo ho chiesto di regalare a chi legge un profiling dell’omicida, da cui ognuno dei lettori può ricavare
elementi per farsi una propria idea su chi possa aver compiuto un delitto cosi
efferato.
Che scrittore sei? Da dove nasce la tua esigenza di scrivere e di
occuparti, in particolare, di casi di cronaca nera? È una passione che coltivi
da molto?
I fatti di cronaca mi
appassionano da sempre, sono cresciuto registrando le puntate di “Telefono
Giallo” di Corrado Augias, adoro la capacità narrativa di Carlo Lucarelli e
sono da sempre un lettore di grandi classici del giallo. Forse la mia
esperienza nel campo della critica cinematografica, di cui scrivo su diverse
testate mi ha portato ad appassionarmi alle vicende che sono dietro un film o
un racconto. Ecco, in fondo io racconto storie, un narratore curioso di ogni
aspetto umano, amo cogliere gli aspetti più intimi delle relazioni tra le
persone. In fin dei conti un omicidio, come questo, è, essenzialmente, un corto
circuito relazionale, qualcosa di particolare che ha fatto da detonatore
all’esplosione improvvisa di violenza.
Parlaci dei tuoi progetti per il futuro: stai già lavorando al
prossimo libro? Puoi svelarci, in anteprima, di cosa ti occuperai?
Sì, sono al lavoro su due
progetti distinti, sempre casi di cronaca insoluti: il primo uscirà questo
inverno, non posso rivelare, per esigenze editoriali, quale sia il caso
specifico, ma sarà forse più del “caso Di Veroli” un intrigo relazionale più
che investigativo. Un corto circuito anche questo pieno di mistero.
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