venerdì 10 aprile 2015

“Il mistero del bosco. L’incredibile storia del delitto di Arce” di Pino Nazio


È il primo giugno del 2001: Serena Mollicone, una diciottenne dal sorriso solare e dall’indole generosa, scompare senza lasciare traccia da Isola Liri, un piccolo paese del frusinate poco distante da Arce, cittadina d’origine della ragazza. Il suo corpo senza vita viene ritrovato due giorni dopo da una squadra della Protezione Civile nel boschetto di Fontecupa: mani e piedi sono legati con nastro adesivo e fil di ferro e la testa è avvolta in un sacchetto di plastica del supermercato. L’unica ferita presente sul cadavere si trova vicino all’occhio destro ed è stata causata da un colpo violento che però da solo non può essere stato sufficiente a provocarne il decesso. Serena è morta dopo molte ore di agonia e il suo corpo, abilmente manipolato, è stato portato nel bosco dove è stato rinvenuto solo poche ore prima del ritrovamento. Da allora l’assassino e i suoi complici sono rimasti impuniti.
Sono passati ormai quasi quindici anni da questa tragica vicenda e attualmente, nonostante molti sembrino conoscere la verità o esserci arrivati molto vicini, non è stato possibile mettere la parola fine a questo mistero. Nella speranza che la storia di Serena non venga dimenticata, Pino Nazio, sociologo, giornalista e brillante autore televisivo, ripercorre nel suo libro “Il mistero del bosco. L’incredibile storia del delitto di Arce”, Sovera Edizioni, tutte le tappe della vicenda, purtroppo meno nota di altri casi di cronaca nera che hanno visto coinvolte giovani donne negli ultimi decenni, ma non per questo meno importante.
L’autore, come già sperimentato in sue precedenti opere riguardanti altri noti fatti di cronaca, utilizza magistralmente la tecnica del cosiddetto romanzo-verità, inserendo la cronistoria degli avvenimenti realmente accaduti in una cornice narrativa interessante e ben scritta, che rende la lettura complessivamente meno gravosa e più avvincente. A fare da perno della storia, introducendola e traendo poi le sue conclusioni, è il personaggio di fantasia Jacopo Ammirati, talentuoso giornalista, che, attraverso un suo informatore, entra in contatto con Lucrezia, una donna molto bella che sembra essere assai informata sulla storia di Serena e che consegna a Jacopo un plico contenente un libro da lei scritto sulla tragica vicenda, ma mai pubblicato, perché privo del finale. La parte centrale e più estesa del romanzo è affidata proprio alle pagine di questo libro che Jacopo divora, ripercorrendo tutte le tappe della storia della famiglia Mollicone: il matrimonio felice tra Guglielmo e Bernarda, i genitori di Serena, la nascita delle loro figlie, i problemi di salute di Benarda, l’infanzia di Serena, fino alla scomparsa e al successivo tragico ritrovamento, con tutto ciò che seguì, dalle indagini difficili a causa della presenza di figure controverse che sembravano aver interesse a coprire la verità, fino allo spasmodico, a tratti malato interesse mediatico, al processo, alla riapertura di nuove indagini grazie a un nuovo testimone, che però non hanno avuto risultati. Alla fine di questa narrazione è di nuovo Jacopo a prendere le fila del romanzo, conducendo il lettore verso la sua personale ricostruzione dei fatti, che rispecchia naturalmente l’opinione dell’autore stesso.
Il romanzo, scritto anche grazie al supporto del padre di Serena, Guglielmo Mollicone, e di Maria Tuzi, figlia di Santino, il brigadiere dei Carabinieri di Sora, morto apparentemente suicida nel 2008 e la cui figura fu ricollegata al caso, è steso in modo semplice, diretto, scorrevole. Tanto la parte narrativa, quanto quella di taglio più squisitamente giornalistico, sono declinate in modo tale da tenere alta la tensione, come si richiede a un thriller, e, nello stesso tempo, informare puntualmente su fatti troppo spesso mistificati in passato e sui quali rischiava di cadere l’oblio. Lo stile è pulito, i dialoghi coinvolgenti, la cornice narrativa completamente convincente, per quanto breve. Unica nota negativa: la presenza di qualche refuso di troppo, in qualche caso perfino troppo grave per essere considerato un semplice errore di stampa.
Resta tuttavia all’autore l’insindacabile merito di aver contribuito a tenere alta l’attenzione su un caso di cronaca nera non più recentissimo, ma ancora tutto da definire e che è l’emblema di come non sempre verità e giustizia siano destinate a incontrarsi, nonostante tutti sappiano bene come siano realmente andate le cose. Un libro che racconta la vita è sempre un buon libro.



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