Proprio
in questi giorni sta finendo di girare “È
uno sporco lavoro”, un programma che, a partire dal primo maggio su DMAX,
lo vedrà cimentarsi in mestieri troppo spesso dimenticati, raccontando le
storie di vita di un’Italia inedita. Gabriele
Rubini, in arte Chef Rubio, è
fatto così: non si tira mai indietro dove c’è da imparare e lo fa sempre col
sorriso. Ma sotto a quel mosaico di tatuaggi, muscoli, barba, baffi e capelli,
c’è molto di più del fenomeno mediatico del momento, lanciato dal programma “Unti e Bisunti”.
C’è
un tipo di poche parole, un po’ ruvido, ma per timidezza, ci piace pensare,
che, di sicuro, ha tanto da dire, oltre a ciò che si vede in Tv.
C’è
un ragazzo che si mette nei panni degli altri e che sposa cause difficili, come
la campagna del “Pasto Sospeso” assieme
allo scrittore Erri De Luca, per non dimenticare chi fa fatica a mettere il
cibo in tavola.
C’è
un comunicatore che, con umiltà, impara e promuove nuove lingue come la LIS, la
Lingua dei Segni Italiana, attraverso l’originale web-serie “Segni di Gusto”.
C’è
un giovane coraggioso, con la testa da sportivo, non solo per i tanti anni di
Rugby, ma anche per la capacità di mettersi in gioco, come ha fatto ideando il
progetto “Origami Italiani” assieme
al designer Filippo Protasoni, che vuole valorizzare le piccole realtà legate
al mondo della pasta fresca.
C’è
un tipo determinato, ma che si fa tante domande e che ripete spesso: “quando
smetterò di fare televisione e passerò dall’altra parte…”, perché ha imparato
che anche dietro la macchina da presa potrà esprimere il proprio talento.
C’è
uno che ama scrivere e lo fa con
delicatezza, senza presunzione e ha accettato volentieri di concederci un’intervista
durante un’interruzione tra una ripresa e l’altra, per raccontarci un po’ di sé,
rosicchiando minuti alla sua pausa pranzo. E chissà cosa stava mangiando…
Non solo uno Chef di
talento, ma anche un grande comunicatore a tutto tondo, che assaggia sempre, qua e là, nuove forme
di condivisione. Come ti senti nei panni di scrittore? Quali sono i tuoi
ingredienti segreti per raccontare le tue ricette?
Non
mi piaceva l’idea di lasciare le ricette nude
e crude, perché dietro ogni piatto c’è una storia ben precisa, così ho
deciso di aggiungere dei prologhi che raccontano il mio punto di vista.
Nient’altro che pensieri che sono venuti di conseguenza alle materie trattate
di volta in volta, ma non solo, perché mi piace raccontare le mie esperienze a
trecentosessanta gradi, come ho provato a fare nei libri nati da “Unti e
Bisunti”.
Se
mi sento scrittore? Ognuno è quel che è, credo. Se qualcosa ti riesce bene,
vuol dire che è parte di te e devi continuare su quella strada. Ora non posso
dire di sentirmi uno scrittore nel
vero senso del termine, ma, chissà, scrivere mi piace e potrei diventarlo, un
giorno, al di là delle mie ricette. E se quel che scriverò piacerà, sarò ben
lieto di avere anche l’epiteto di
scrittore.
Anche la narrativa sembra
stuzzicarti, in particolare quella un po’
piccante. A quando un romanzo firmato Gabriele Rubini? E che romanzo
sarebbe?
Mi
piace fantasticare, anche se sono uno coi piedi per terra. Scriverò un romanzo quando finirò con la televisione, non
prima, perché una storia ben scritta richiede tempo e attenzione. Ancora non
saprei dire che tipo di romanzo sarebbe, saprò dirlo solo quando avrò messo
insieme i pezzi. Le idee sono tante, lo ammetto.
A proposito di grandi
scrittori, hai recentemente lanciato a Roma, nel cuore della Garbatella, la
campagna “Pasto Sospeso” assieme a Erri De Luca. Facciamo un bilancio di questa
iniziativa che sarà presto esportata anche a Dubai.
È
stata un’esperienza breve, ma molto emozionante per me. Non ho avuto modo di
parlare molto con Erri perché, sotto sotto, siamo simili: siamo entrambi di poche parole, ma, forse proprio per
questo, siamo entrati subito in sintonia.
“Pasto
Sospeso” è un’iniziativa davvero importante, nella quale spero, in futuro, di
riuscire a coinvolgere altre persone, non solo a Roma e a Dubai, come accadrà
il prossimo 12 maggio, ma anche in altri contesti, perché è importante
ricordarsi sempre di chi è meno fortunato di noi. La solidarietà nei confronti
di chi vive un disagio tale da soffrire la mancanza di cibo non è mai troppa.
La cucina è tradizione,
ma è anche un vero e proprio linguaggio tutto da decodificare. Raccontaci la
tua esperienza con la LIS, Lingua dei Segni Italiana, presso l’Istituto Statale
Sordi di Roma, da cui è scaturita la web-serie “Segni di Gusto”.
Imparare
la LIS è stata un’esperienza unica. Al momento sono fermo, purtroppo, perché altri
progetti mi hanno assorbito, ma posso già anticipare che in futuro proporremo
altre clip di “Segni di Gusto”, perché è un’iniziativa che ha avuto grande
successo. Imparare questo linguaggio totalmente nuovo per me non è stato
semplice e, come tutte le lingue, sarebbe bene tenersi sempre allenati. La
Lingua dei Segni non è ancora riconosciuta come lingua in Italia e con questo
progetto anche io, nel mio piccolo, mi sono fatto portavoce di questa battaglia
lunga e impegnativa che farò in modo di poter continuare a combattere quanto
prima, tornando anche a prendere lezioni per salire di livello.
Anche per chi, come te, è
sempre in prima linea e con le mani in
pasta, l’occhio vuole la sua parte. In cosa consiste “Origami Italiani”, un
progetto da te ideato e recentemente realizzato con il designer Filippo
Protasoni e la Società Circus?
“Origami
Italiani” è un progetto in cui credo molto e che ho coltivato per anni, quindi
avergli dato finalmente vita è stata una grandissima soddisfazione, anche
grazie a tutti coloro che mi sono stati accanto, supportandomi. Si tratta di un
prototipo per un sistema di packaging rivolto alla vendita e al consumo di
pasta fresca. Adesso aspetto solo che un investitore interessato a proseguire
questo percorso si faccia avanti per lanciare questa iniziativa all’interno di
piccole realtà quotidiane, come ristoranti e pastifici, per valorizzare anche
queste piccole imprese, spesso in difficoltà rispetto alla grande
distribuzione. L’obiettivo è rileggere il passato in chiave futura e riportare
i giovani ad interessarsi di questo mestiere che ha una tradizione antica nel
nostro Paese.
Tra Web e Social Network,
cos’è la TV per te? Un fine o un mezzo? E cosa provi a stare anche dall’altra parte della macchina da
presa, in qualità di regista, come nei POV – Point of View sul tuo sito
ufficiale?
La
Tv è sempre e solo un mezzo per raccontare storie. Ecco perché dietro la
telecamera sono pienamente a mio agio come narratore.
Quando smetterò di stare davanti, mi prenderò quello che mi spetta anche dietro
la macchina da presa, potete giurarci.
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