Una
cosa è certa. Anzi, due. La prima è che a Ugo piacciono molto le donne. Non
solo per le bimbe, infatti, il principe azzurro delle fiabe sarà il paradigma
col quale ogni uomo in carne e ossa sarà destinato a perdere il confronto.
Anche per Ugo, sempre convinto di avere a che fare con un esercito di principesse
che hanno perso la scarpetta, lo scontro con la realtà è sempre una doccia
fredda. Prima si innamora di una donna, poi la corteggia, ce la mette proprio
tutta, ma, quando arriva il fatidico momento della prova della scarpina di cristallo, quella che ha di fronte non è
mai la sua Cenerentola e ne rimane puntualmente deluso.
La
seconda è che, chiunque abbia letto “Per
quanto mi riguarda sono sempre innamorato”, il romanzo d’esordio di Sandro Settimj edito da Mondadori, di cui Ugo è l’indimenticabile
protagonista, ne è rimasto talmente colpito, da attendere con ansia di
conoscere quale sarà il futuro di questo eroe dei nostri tempi, così romantico
e confuso che, altro che Christian Grey,
come direbbero i duemila.
Lasciando
da parte l’ironia, in un panorama letterario internazionale decisamente saturo
di maschioni dai portafogli gonfi, Ugo è davvero come un vaso di coccio tra tanti vasi di ferro, che il buon Manzoni
non ce ne voglia. Ed è così di coccio,
come si direbbe a Roma, da essere semplicemente irresistibile. Ugo è un ragazzo
come tanti: sognatore, fragile, sensibile, di quelli che hanno imparato a
difendersi con una battuta sarcastica sperando di farsi notare come brillanti
seduttori, ma che, in fondo, sono solo eccezionalmente ingenui. Quando decide
di partire come animatore di villaggi turistici, Ugo ha già collezionato un
paio di quelle delusioni d’amore che marchiano più di un tatuaggio. Ma non sa
che quello è solo l’inizio di una serie di disavventure amorose degne di un
romanzo di formazione alla rovescia. Tra donne fatali e timide ragazzine alle
prime esperienze, nessuna sembra corrispondere all’irraggiungibile ideale
femminile di Ugo, finché una ragazza imprevedibile gli ruba il cuore.
Ironico
e graffiante, Sandro Settimj ci avvolge col suo stile scorrevole e diretto,
fatto di dialoghi scoppiettanti e veloci cambi di scena che nulla tolgono alla
profondità di alcune riflessioni fatte per bocca del protagonista, senza mai
farci perdere il sorriso. Una storia tenera e divertente, autentica e
irriverente, così attuale e moderna, da essere senza tempo, proprio come l’amore.
“Per quanto mi riguarda
sono sempre innamorato”: non è solo il titolo del tuo romanzo d’esordio, edito
da Mondadori, ma anche la filosofia di vita del protagonista della storia, un aspirante
seduttore decisamente imbranato che meno capisce le donne e più ne è
affascinato, nonostante collezioni una disavventura amorosa dopo l’altra.
Raccontaci la genesi di questa storia: cosa ti ha ispirato durante la stesura?
Il
romanzo è basato su un nucleo di racconti scritti nell'arco di venti anni e lasciati
lì da parte finché non ho pensato di unirli e riadattarli nell'ambito di una storia
unica che descrivesse - in chiave semi seria - l'apprendistato sentimentale e
sessuale di un giovane. Il risultato può definirsi, a suo modo, un romanzo di
formazione.
Come definiresti Ugo,
l’indimenticabile protagonista della tua storia? Quanto c’è di autobiografico
in lui? E, in generale, come delinei i personaggi dei tuoi romanzi e le vicende
che li coinvolgono?
Ugo
è un ragazzo normale - l'antitesi del maschio duro e puro - che ha avuto la
sfortuna di nascere con un'indole romantica nell'epoca sbagliata. Lui ama le
fiabe, crede nell'amor cortese e deve quindi fare i conti con la dura realtà:
l'universo femminile che incontra sul proprio cammino si rivela assai distante
dal modello sognato.
Gli
spunti iniziali dei racconti e alcuni personaggi sono indubbiamente frutto
della mia esperienza, ma le storie hanno un loro corso totalmente autonomo,
tanto che oggi non saprei più dire cosa è "vero" e cosa frutto di
fantasia, perché scrivere storie significa viverle e la mente è un organo
suggestionabile che finisce col non distinguere più la realtà dalla immaginazione.
La
scelta della narrazione in prima persona implica che i personaggi e le vicende
siano visti e descritti con gli occhi del protagonista, uno che fatica a
prendersi sul serio e più in generale a prendere sul serio la vita e i suoi
abitanti.
Non solo letteratura, ma
anche televisione: che differenza c’è tra scrivere un romanzo e una
sceneggiatura? Che autore sei: segui l’ispirazione o hai un metodo collaudato?
Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Facciamo un bilancio della
tua esperienza fino a oggi, tra passione e professione.
Romanzo
e sceneggiatura sono due scritture totalmente diverse, a partire dal fatto che
il primo è un prodotto finito, mentre la seconda è solo un anello intermedio
suscettibile di mille interpretazioni diverse da parte del regista, degli
attori ecc. Ciò che li accomuna, nel mio caso, è l'uso della scaletta, ossia la
suddivisione in scene che mi aiuta a programmare il percorso della narrazione.
Il mio modo di scrivere parte inizialmente quasi sempre da un dialogo o da
un'immagine e spesso mi ritrovo a buttare giù scene senza un ordine cronologico
che poi provo a incasellare qua e là nell'ambito di una scaletta. Il lavoro
successivo è quello di cucire i pezzi fra loro scrivendo le scene mancanti. È
un po' come il gioco della Settimana Enigmistica in cui bisogna unire i puntini
per vedere cosa apparirà.
La
mia esigenza di scrivere si è manifestata all'improvviso alla fine
dell'università. La parte autobiografica del primo racconto è proprio quella. Mi
trovavo in cantina a preparare la tesi, ma in realtà fissavo il telefono con il
cuore in gola: "lei" non chiamava. Così ho iniziato a scrivere (non
la tesi) e la cosa mi ha fatto sentire bene. Oggi scrivere è una delle poche
cose che mi fa alzare felice al mattino.
Per
quanto riguarda il bilancio tra passione e professione, questo pende ahimè
tutto dalla parte meno piacevole. Se non sei Ken Follet, il romanzo è un lusso
che devi riuscire a mantenere scrivendo innanzitutto per vivere.
Per saper scrivere bene,
occorre, certamente, leggere tanto. Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Immagina di avere una macchina del tempo: chi dei grandi maestri del passato ti
piacerebbe conoscere e intervistare? E quali domande gli faresti?
Leggere
fa indubbiamente bene, non solo per scrivere. In quanto agli autori di riferimento,
bisogna capire cosa si intende. Io venero scrittori lontanissimi dal mio stile
(e dalle mie capacità) come Marquez o Joseph Roth, ma quello che sento più
vicino, ossia che considero come un modello di equilibrio fra umorismo e
pathos, è senza dubbio Pennac.
Non
so se vorrei incontrare i grandi scrittori del passato, perché spesso i geni si
rivelano persone assai deludenti sul piano umano. Preferisco leggerli. L'unica
domanda che mi viene in mente nasconde in realtà una profonda invidia ed è
rivolta in generale ai grandi sfornatori
di best seller americani: "Come diamine fate a maneggiare e intrecciare le
storie di un centinaio di personaggi a romanzo senza perdervi?" La verità
è che non voglio conoscere Follet, ma il suo pusher!
A cosa stai lavorando
attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.
Al
momento ho appena terminato il secondo romanzo di Ugo, impelagato in una
difficile prova di convivenza. Il futuro spero che mi vedrà ancora impegnato a
scrivere. Sarebbe un buon segno...
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