mercoledì 7 febbraio 2018

Ilaria Tuti: il Thriller italiano è ‘rosa’


Come disse Ted Bundy, l’assassino che, negli anni Settanta, terrorizzò gli Stati Uniti, uccidendo decine di giovani donne: “Noi serial killer siamo i vostri figli, siamo i vostri mariti, siamo ovunque”. Una verità difficile da accettare e che rivela come la realtà superi di gran lunga persino la fantasia dello scrittore più ingegnoso.
Si sentiva parlare di lei già molto prima che il suo romanzo d’esordio andasse a ruba sugli scaffali di tutte le librerie d’Italia, quando molti editori se la sono contesa: Ilaria Tuti col suo “Fiori sopra l’inferno”, edito da Longanesi, ha dato una scossa al thriller in rosa made in Italy, mettendo in discussione il primato di tante autrici d’oltreoceano molto amate dai nostri lettori. E ciò che colpisce di quest’autrice friulana dallo stile scorrevole, ma ricercato, non è solo il talento di aver creato una protagonista magnetica come il Commissario Teresa Battaglia, ma soprattutto l’empatia machiavellica con cui si è calata nei panni del cattivo, restituendoci un antagonista vero, non un super-killer, ma un essere umano. Uno come tanti, all’apparenza e non solo.
La capacità di evocare gli ambienti di montagna a lei cari con poche semplici parole e l’abilità nel muovere i propri personaggi come su una scacchiera, rendono Ilaria Tuti una vera promessa del thriller psicologico al femminile. La profondità del Commissario Battaglia, ben lontana dagli stereotipi di perfezione e bellezza ai quali tante autrici del genere restano comunque legate, la rendono autentica e ne colorano la personalità, regalandoci la certezza che, anche sulla carta, si può essere vincenti senza necessariamente essere sempre vincitori, e sensibili anche quando si fa un mestiere che sembra non lasciare spazio alla sensibilità, ma richiede tanto sentimento.
Un altro aspetto interessante del romanzo è il confronto generazionale tra i vari personaggi: ogni sfaccettatura dell’esistenza è analizzata con finezza e col giusto disincanto, tutti elementi singolari e stimolanti anche nello sviluppo della trama gialla.
“Fiori sopra l’inferno” è un romanzo da leggere e rileggere, in attesa che il Commissario Battaglia torni a stupirci al più presto con una nuova avventura.


Un sinistro paesaggio di montagna, una profiler esperta come ce ne sono poche nel nostro Paese, con un pesante segreto sul cuore, e un assassino crudele che contamina la purezza della neve con la sua scia di sangue: inizia così “Fiori sopra l’inferno”, Longanesi, il thriller d’esordio più incalzante dell’anno. Raccontaci la genesi di questa storia: cosa ti ha ispirato durante la stesura? Cosa vuoi comunicare?

Il personaggio principale, Teresa Battaglia, era già nato nella mia mente, con il suo vissuto e l’abilità investigativa che la contraddistingue. Pensando alla storia da scrivere, volevo calarla in un’ambientazione suggestiva e ho scelto le atmosfere delle mie montagne innevate, quelle del Friuli al confine con l’Austria. A quel punto avevo bisogno di un antagonista che le tenesse testa. Lo immaginavo diverso dal serial killer freddo e spietato: volevo un personaggio empatico che potesse dare un punto di vista diverso e inaspettato. Ho trovato lo spunto che cercavo in una lettura che stavo facendo a proposito della psiche umana e dei suoi meccanismi affascinanti, per quanto a volte spaventosi. Una lettura che mi ha fatto conoscere un fatto passato che è diventato l’innesco dell’intera storia.
Con questo romanzo ho voluto indagare la figura del “mostro”, dell’assassino seriale, ma come dice la protagonista Teresa Battaglia, i mostri non esistono: siamo tutti figli – a volte bistrattati – del nostro passato.

Carismatica e nello stesso tempo sensibile come solo una donna e una grande professionista sa essere: chi è Teresa Battaglia, il Commissario protagonista del tuo romanzo, che promette di fare serrata concorrenza a tanti suoi omologhi letterari maschili ben più famosi? Come la definiresti e, in generale, come delinei i personaggi delle tue storie e le vicende che li coinvolgono?

Teresa è una donna quasi sessantenne straordinariamente normale. Non piacente, sovrappeso, diabetica, stanca, spesso scorbutica, ma empatica e profonda. Teresa è una pura, la sua integrità non è mai messa in discussione, come persona e come professionista. Non ha filtri, quindi o la ami o la detesti. È materna senza essere madre, è fragile e determinata, saggia eppure inquieta, protettiva e respingente: le sue contraddizioni la rendono umana e sfaccettata. La sua forza non risiede nell’essere indistruttibile, ma nel saper ricominciare dopo ogni battuta d’arresto, da qualsiasi punto in cui si trovi, con il carico di paure e insicurezze che una nuova malattia le ha portato: esattamente come fanno tante donne ogni giorno della loro vita, da sole.
Per delineare i miei personaggi mi ispiro alle persone che incontro ogni giorno, mi lascio guidare dalla curiosità istintiva che ho nei confronti delle loro esistenze: mi chiedo sempre quale sia la storia di chi ho di fronte, cerco di intuire il vissuto che c’è dietro la facciata, ma faccio riferimento anche a personaggi conosciuti, che con il loro carisma mi ispirano. Le vicende che coinvolgono i personaggi sono frutto di un’ideazione continua. Invento storie ogni giorno, le annoto, immagino i dialoghi, riempio di appunti i miei taccuini.


Non una metropoli, ma una piccola cittadina e tutte le dinamiche della provincia e degli ambienti di montagna del nostro Paese che ben conosci: cosa ti ha spinto a scegliere questo sfondo innovativo e suggestivo per accompagnare all’inferno i tuoi personaggi e i tuoi lettori?

Sono partita da ciò che conosco meglio e amo per costruire il mondo di “Fiori sopra l’inferno”: luoghi veri, in cui ho giocato nella mia infanzia e che ho imparato in età adulta a guardare con la meraviglia di quando ero bambina. Ho cercato di descriverli in modo da farli arrivare al lettore non solo con le parole, ma con i colori, gli odori, le ombre e le luci, in modo che l’immersione nella storia fosse un’esperienza sensoriale. Ho voluto trasmettere la loro bellezza arcaica e arcana. È stata una piccola dichiarazione d’amore alla mia terra.

Con un debutto così intenso, le aspettative dei lettori sono destinate a crescere: che scrittrice sei oggi? Ti lasci guidare dall’ispirazione o hai un metodo collaudato al quale non sai rinunciare? Cosa significa al giorno d’oggi esordire e gestire la collaborazione con un grande editore?

È sempre l’ispirazione a guidarmi, una visione che si forma nella mente e che cerco di tradurre con le parole. Da sempre il mio metodo per scrivere prevede una scaletta: un thriller è atmosfera e suggestione, ma è anche matematica. La scaletta mi aiuta a non perdermi, ad annotare idee, dialoghi e spunti di riflessione senza correre il rischio di dimenticarli.
Esordire con una grande casa editrice significa gestire la grande passione che è per me la scrittura in modo il più possibile professionale: è una questione di rispetto per chi ha creduto in me e per i lettori che leggeranno le mie storie. È impegnativo, ma resta il “lavoro” più appassionante, divertente e stimolante che possa immaginare (tanto che faccio fatica a definirlo “lavoro”).

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi progetti per il futuro e quanto dovremo attendere per leggere una nuova avventura del Commissario Battaglia…

Sto iniziando a delineare una nuova storia di Teresa, sono nella fase di ideazione (complicata, ma entusiasmante). Il nuovo episodio, però, non uscirà prima del prossimo anno. Sarà sempre ambientato in Friuli, ma la neve lascerà il posto a una natura nel pieno della sua forza…

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