Come
si definisce un artista? Cosa lo caratterizza? E cosa lo rende tale? Se ci
fosse un’unica risposta a queste domande così complesse, probabilmente si
snaturerebbe il significato stesso del concetto di arte intesa quasi come un’esigenza, una missione, uno stile di
vita. Tuttavia una cosa è certa: ciò che rende grande un artista, oltre al
talento, alle tecniche e allo studio, è la profondità del messaggio che vuole
trasmettere con le sue opere attraverso un’idea e un racconto che, invece di
essere veicolato dalle parole, è espresso dalle immagini, dai materiali, dagli
oggetti e dal loro eventuale utilizzo quotidiano.
Questo
è esattamente ciò che si propone di fare Adriano
Mancini, classe 1980 e di professione perito meccanico, che, di sentirsi
chiamare artista proprio non ne vuole sapere, ma ha le capacità e la
sensibilità di dare nuova vita a tanti oggetti solo apparentemente inutilizzabili
come soltanto un vero creativo, artista e artigiano nello stesso tempo,
saprebbe fare. Traendo ispirazione dalla nota massima di Lavoisier, secondo cui
in natura “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, Adriano
Mancini è in grado di creare accessori di uso quotidiano da oggetti che hanno
ormai assolto i compiti originari per i quali erano stati costruiti e che,
altrimenti, sarebbero destinati all’oblio e alla distruzione, unendo arte e
scienza in un connubio dalle sfaccettature sorprendenti.
È
così che bottiglie, filtri d’acqua e vecchi tubi idraulici si trasformano in lampade,
punti luce e piantane dal design unico e irripetibile. Da questa cultura del riciclo artistico nasce il progetto “Recycle & Refine”, un’idea
imprenditoriale originata dalla collaborazione di Adriano Mancini con alcuni
amici creativi e appassionati del settore che lo hanno spronato a mettersi in
discussione e lo supportano. Le opere nate in seno a questo progetto saranno in esposizione
sabato 11 e 18 novembre 2017, a
partire dalle ore 18, presso il
Ristorante “Giusto Gusto – Sicily”, in
via Raffaele Cadorna 24, Roma,
per proporre a tutti gli ospiti che interverranno un imperdibile percorso
artistico-gastronomico tra le prelibatezze culinarie della tradizione
mediterranea e le sorprendenti emozioni dell’esperienza del riciclo nell’arte e
nell’artigianato contemporaneo che possono impreziosire la nostra vita
quotidiana.
Se, in natura, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, anche ciò che è stato utile all’uomo ha
diritto a una seconda vita: una
filosofia che sembra calzare alla perfezione alle tue opere ingegnose e
originali. Raccontaci com’è nata questa esigenza di trasformare oggetti di
tutti i tipi ormai in disuso.
Questa
domanda apre un argomento vastissimo e, posta in maniera diretta, affonda le
mie radici nel continuo dissidio interiore tra valore della vita e timore della
morte.
Vedo
nei pezzi abbandonati a lato di un cassonetto o messi in vendita da un nipote
che non vede l’ora di prendere gli spazi di famiglia dopo la morte dell’ultima
nonna, una vita finita con la sua immensa voglia ancora di raccontarsi. Puoi
immaginare, ad esempio, il tavolo di una cucina di una casa del 1900 quante
pagine di vita e di generazioni ha vissuto? Mi piace fantasticare sulla storia di
ogni singolo oggetto e riscriverla. Il riuso in realtà, a mio avviso, non è
altro che una strada verso la condivisione e l’immortalità.
Già
le religioni precristiane fondavano tutto su questo credo: la morte era
necessaria per creare la vita; l’inverno e la primavera erano le due facce
della stessa medaglia. Lo stesso è per il riciclo: occorre che qualcosa cessi
il suo ciclo originario per essere reintrodotta nel mondo sotto nuove vesti.
Credo
non ci sia nulla di più bello nella vita delle “seconde opportunità”. Io cerco
di dare queste nuove opportunità di vita agli oggetti. Siamo impotenti di
fronte alla morte, ma, come vedete, possiamo beffarla, in un certo senso…
Tra bottiglie che
diventano lampade e cartelli stradali che si trasformano in tavolini, sembra
non esserci limite alla fantasia per coniugare arte e vita quotidiana. Quali
sono gli oggetti più strani che hai
lavorato? Svelaci qualche aneddoto…
Strano
è un termine dal significato molto personale. Basti pensare che in Cina i cani
sono venduti nei banchi del mercato, e io, invece, ne ho una dentro casa che considero
un membro di famiglia!
Comunque,
accettando l’accezione comune del termine, sicuramente non posso non citare la
mia perenne opera inconclusa: un sifone di un bagno coniugato ad un pezzo di
meccanica di precisione. È lì sul mio tavolo da mesi e ogni giorno lo reinvento
e reinterpreto, non ho ancora, evidentemente, trovato la sua collocazione.
A
questo punto è chiaro che per me l’opera migliore, la più strana, è quella che
ancora deve divenire, perciò non posso che dare una minuscola anticipazione su
un’altra mia anomalia di progetto: uno
schedario da scrivania anni Settanta che diventerà una boom box.
Il
resto, che ci crediate o no, il realizzato, per me, diventa parte di vita e
quindi normale, sempre nell’accezione
comune del termine, ergo se l’ho pensato e l’ho fatto, ora di diritto esiste.
Sarò
un po’ Alice nel Paese delle Meraviglie,
ma in questo posto io ci sto proprio comodo!
Che cosa significa essere
un aspirante artista nella società di oggi? Che ruolo ha, o potrebbe avere,
l’arte in un periodo di precarietà come quello che stiamo vivendo? Facciamo
anche un bilancio della tua esperienza recente.
Innanzitutto
il termine “artista” lo trovo inflazionato
e non sempre calzante. Piuttosto preferirei fare una riflessione su cosa
significhi essere completamente se stessi al giorno d’oggi. È difficile
spiegarlo, ogni volta che affronto una creazione sono di fronte a un’enorme
sfida: l’invenzione. Inventare significa rompere gli schemi, avere voglia di
guardarsi dentro e il grosso rischio è quello di non trovarci nulla di
interessante. Ma è un rischio che sono disposto a correre.
A
ogni modo, il settore che sento più mio, quello che ho scelto, ai giorni nostri
potrebbe essere una grossa opportunità. Opportunità di partecipare in maniera
costruttiva anche a molti problemi moderni come lo smaltimento dei rifiuti. Mi
spiego meglio: provate per un istante a pensare se le isole ecologiche fossero
aperte al riuso (attualmente la legge vieta tassativamente di effettuare
qualunque operazione in merito). Sapreste immaginare che bacino di meraviglie
destinate al macero sarebbero disponibili? Si potrebbero raccontare tante di
quelle storie anche solo passeggiando tra i vari cassoni di raccolta. Oltre ai
costi risparmiati per lo smaltimento, si creerebbero utili da “materia morta”.
Naturalmente andarlo a spiegare alle mafie che regolano questi ambienti non
sarebbe proprio semplice! Se accettiamo il termine, sarò un artista, molto meno
un eroe probabilmente…
Immagina di poter
viaggiare su una macchina del tempo: quali sono i tuoi Maestri di riferimento?
A quali Movimenti Artistici del passato ti rifai? E a quale artista ti
piacerebbe stringere la mano se potessi tornare indietro?
Premetto
che la mia estrazione culturale è di tipo tecnico. Nella vita sono un perito
meccanico e quindi non ho affrontato complessi e approfonditi percorsi di studi
in merito all’arte nei secoli. So, però, per certo di avere nel mio DNA geni di
artista: il mio bisnonno, a quel che mi raccontano, in quanto io non ho mai avuto
la fortuna di conoscerlo, costruiva qualunque cosa servisse per la casa,
perfino la casa stessa, con quel poco che si trovava a disposizione ai suoi
tempi, periodo di guerra compreso. Forse da qui viene la mia intraprendenza e
la mia apertura mentale verso ogni tipo di materiale. Detto ciò, indubbiamente
nutro una profonda stima per tutti coloro che hanno avuto il coraggio di
concretizzare una propria idea. Siederei ore in silenzio a osservare Da Vinci
mentre disegna calmo e metodico sul suo quaderno o a guardare Gustave Eiffel
mentre progetta la sua torre definita dagli studiosi dell’epoca impossibile. Non posso poi non pensare a
Tesla. D’altronde ho fatto lo stesso per anni in una bottega artigiana di
Ovindoli durante le mie vacanze estive: ore e ore a osservare tale artista
Bottone, trasformare tronchi di legno in elfi, gufi, mensole… che spettacolo!
Ma,
sostanzialmente, vorrei avere la macchina del tempo per andare a scovare tutti
quei geni di cui oggi non abbiamo traccia, e non l’abbiamo solo perché non
hanno avuto il coraggio o l’opportunità di esprimersi… Vorrei convincerli,
aiutarli a farlo: questo sarebbe un bell’uso della macchina del tempo!
Da
poco ho fondato, grazie anche al supporto di alcuni amici appassionati, il
progetto Recycle & Refine. Tutto nasce quasi per caso: due
amici e vicini di casa, assieme alla mia compagna hanno visto in anteprima
alcune delle mie creazioni e, opera dopo opera, abbiamo deciso di creare una
sorta di gruppo di lavoro in cui
condividere queste nostre attitudini verso arte, artigianato e riciclo. Un
progetto comune che ci vede impegnati nel promuovere i concetti di riciclo e
riuso, portando in giro le nostre opere e farle conoscere. Mi piace parlare al
plurale e ritenere queste opere un po’ di tutti noi, anche se concretamente
sono io a realizzarle, perché, senza questi insostituibili compagni avventura,
forse non avrei mai avuto il coraggio di esprimermi con questa naturalezza. Inevitabile
che ci sia una forte componente edonistica in tutto ciò, ma la parte sociale e
quindi di condivisione a mio avviso la fa da padrona.
L’11 e il 18 Novembre
avremo un a grossa opportunità: grazie alla collaborazione con un neonato e
interessante locale del centro di Roma, “GiustoGusto – Sicily”, potremo coniugare i sapori della cucina Siciliana coi
sensi estetici delle mie creazioni in una esposizione evento che ci permetterà
di raccontare a tutti coloro che interverranno le emozioni che ci sta regalando
questo progetto appena nato. Quindi ad oggi il mio tempo libero è volto alla
creazione e alla riuscita di questo evento.
Nel
senso più pratico della domanda, ho sempre più progetti in testa di quanti ne
possa concretamente portare avanti. Spesso mi si vede immobile e tutti pensano che sia tempo lasciato lì, in realtà sto
mediando tra le varie idee e valutandole, perché, mai frase fu più
rappresentativa di me, mentre apro il verde… poi prendo la sega... infine
richiudo e poso e passo al rosso e al cacciavite… come diceva Walt Whitman: “Mi
contraddico?”. Certo che mi contraddico! Sono spazioso, contengo moltitudini...
Comunque
tutte le opere finite e in corso di lavorazione sono visibili sulla nostra pagina Facebook, su Instagram e sul nostro sito… Vorrei aprire un canale diretto con
chi sposa questo progetto pubblicando le varie fasi delle operazioni di
recupero e acquisendo i pareri di chi ci osserva: sarebbe bello riuscire a
creare un pezzo che racconti qualcun altro, dopo molti che parlano di me!
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