venerdì 16 dicembre 2016

Fabrizio Santi: un thriller da brivido in una Roma misteriosa

Giulio Salviati è uno scrittore brillante, baciato da un meritato successo, ma che, ormai, sembra appannato dalla mancanza di ispirazione. Almeno finché la storia di un misterioso manoscritto quattrocentesco, chiamato Unicum, non attira la sua attenzione, conducendolo per mano in un’indagine mozzafiato attraverso i vicoli della sua amata Trastevere, fino ai palazzi dorati e alle chiese inviolate della Capitale. Chi può aver sottratto il manoscritto, trafugandolo dalla cassaforte del Monastero di San Gregorio al Celio? E chi vuole che sia proprio Giulio a occuparsi del furto, nella speranza che arrivi là dove gli inquirenti sembrano essersi arresi? Di sicuro, dietro al misterioso manoscritto, muto protagonista di tutta la vicenda, si nascondono più segreti di quel che all’inizio si possa pensare. Enigmi dai risvolti fatali, per i quali qualcuno è disposto perfino a uccidere…
Sono questi i magistrali ingredienti coi quali Fabrizio Santi ci sta ammaliando nel suo ultimo thriller, “Il settimo manoscritto”, Newton Compton, da poche settimane sugli scaffali delle nostre librerie. Si tratta di un romanzo dalle atmosfere inquietanti e apparentemente imperscrutabili, caratterizzate da intrighi destinati a dipanarsi sul filo del rasoio, solo quando ormai tutto sembra perduto. Lo stile di Fabrizio Santi, al suo secondo romanzo, non ha proprio nulla da invidiare ai grandi autori internazionali del genere. L’autore ci restituisce, infatti, una Roma credibile, ben più realistica di quella dei best seller da Blockbuster, che, di fatto, è indiscussa protagonista di quella che, prossimamente, diventerà une vera e propria trilogia thriller a lei dedicata, con protagonisti non collegati e storie che si possono leggere anche singolarmente, ma che hanno in comune questa grande e indecifrabile metropoli sullo sfondo.  



Un antico manoscritto rubato da un Monastero, sullo sfondo di una Roma misteriosa e impenetrabile, e uno scrittore in crisi che si ritrova a indagare: inizia così “Il settimo manoscritto”, Newton Compton, il tuo nuovo thriller. Raccontaci la genesi di questo romanzo: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Non c’è un evento particolare che mi abbia ispirato. Dopo l’uscita del mio primo romanzo, “Il quadro maledetto”, Newton Compton, qualcuno si aspettava il sequel, ma ho preferito cambiare e concentrarmi su una nuova storia e su diversi personaggi, anche se il genere e l’ambientazione sono rimasti gli stessi. Roma è la mia città, la conosco bene e mi ha intrigato l’idea di raccontare di un misterioso manoscritto non ancora interpretato, quindi ho costruito la storia proprio intorno a questo. Il tempo dedicato alla riflessione e alla pianificazione, rispetto allo spunto, è stato lungo, ma strutturare la narrazione è stato davvero emozionante e mi sono dedicato molto a ogni dettaglio per rendere tutto il più credibile possibile e per mantenere una coerenza di fondo.
All’inizio mi sono cimentato in questo filone del thriller quasi per caso, ma, visto il riscontro del pubblico che sembra apprezzare le mie storie e che non ringrazierò mai abbastanza per questo, penso che continuerò con questo genere e ambienterò anche un prossimo romanzo in un contesto simile, creando una vera e propria trilogia dedicata alla città di Roma, le cui storie, però, si possono leggere singolarmente perché non hanno personaggi in comune.

Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Che autore sei: segui l’ispirazione in qualunque momento della giornata o hai un metodo ben preciso al quale non sai rinunciare?

Ho deciso di dedicarmi alla scrittura senza avere una meta precisa. Quando, qualche anno fa, ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo, gli ho dedicato molti anni e non pensavo che sarei arrivato a quel risultato. Ho tanti interessi e scrivere all’inizio significava, in un certo senso, compendiarli tutti e quindi condividerli. Oltre agli studi umanistici, infatti, mi sono dedicato all’epistemologia e alla musica e tutto mi è tornato utile anche nella scrittura, che mi ha permesso di raccogliere tutte queste esperienze in una storia che, dopo la pubblicazione, ha avuto dei riscontri positivi inaspettati, così ho iniziato a dedicarmi alla scrittura in modo sempre più assiduo.
Non è facile dire se esista un metodo precostituito per scrivere un romanzo. Il genere al quale mi dedico io dovrebbe portarmi a pianificare il più possibile ogni particolare della storia, ma spesso l’ispirazione mi porta altrove e mi appassiona assecondarla, anche se così può diventare tutto più difficile. Lo confesso, anche se non si dovrebbe, mi lascio trasportare dai personaggi che mi conducono dove vogliono.

Accanto a Giulio Salviati, lo scrittore in crisi d’ispirazione che cercherà di risolvere il mistero del manoscritto scomparso, vi sono un mosaico di personaggi che contribuiscono a mantenere alta la tensione, pagina dopo pagina. Lo stesso manoscritto, in un certo senso, è muto protagonista di tutta la vicenda: come delinei, in generale, i caratteri dei tuoi personaggi e i fatti che si trovano ad affrontare?

In tutti i protagonisti delle mie storie c’è qualcosa del mio carattere, ma non è tutto. Giulio è un uomo dalle mille sfaccettature e di sicuro abbiamo qualcosa in comune, ma siamo anche molto diversi sotto altri punti di vista.
I miei personaggi, in ogni caso, sono caratterizzati dal fatto di avere aspetti irrisolti nella loro vita privata o professionale che li spingono a indagare andando alla ricerca di qualcosa che, a seconda della trama può essere, appunto, un quadro o un manoscritto, ma che, di fatto, è metafora della ricerca interiore che ognuno di noi compie quotidianamente per conoscere se stesso.

Assieme al mestiere di autore, il tuo ruolo di insegnante ti permette di vedere in prima persona il rapporto dei più giovani con la lettura. Statistiche a parte, è vero che i ragazzi italiani non leggono abbastanza? E tu che lettore sei: che libri ci sono sul tuo comodino?

I ragazzi di oggi non leggono meno di quelli della mia generazione che, forse sollecitati da una maggiore passione politica, erano spinti maggiormente verso un’informazione più approfondita di certi temi, ma ciò non significa che fossero dei lettori migliori. Forse sono proprio gli italiani in generale a leggere poco e i giovani seguono semplicemente il mancato esempio degli adulti che li circondano. Alcuni generi, come il fantasy, vanno molto bene tra i ragazzi di oggi, ma chiaramente non è sufficiente leggere solo letteratura di genere per possedere una cultura letteraria più completa.
Io mi definisco un lettore rapsodico: per anni ho letto molto più di saggistica che di narrativa, seguendo le mie passioni e approfondendo i miei studi scientifici. Con la maturità, invece, ho iniziato a leggere anche narrativa contemporanea e di genere. Mi piace molto il thriller, al quale poi mi sono io stesso dedicato come autore, e, ultimamente, ho riscoperto e ripreso in mano anche molti classici dei tempi della scuola che non andrebbero mai lasciati da parte.  

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


Progetti per il futuro? Non mi dispiacerebbe vincere qualcosa al Totocalcio e ritirarmi a vita privata! Ma, lasciando da parte gli scherzi, al momento mi sto ancora dedicando alla promozione di questo ultimo libro uscito a ottobre, anche se ho già in mente di proporre al mio editore una nuova bozza di romanzo. L’obiettivo sarebbe completare quella che mi piace definire una trilogia romana, quindi un’altra storia thriller, avvolta nel mistero, sempre ambientata a Roma, ma con personaggi nuovi. Mi piace l’idea che il filo conduttore resti la mia città, perché mi permette di esprimermi al meglio, cercando di trasmettere messaggi che vadano oltre le trame.


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