Mentre
la Seconda Guerra Mondiale sconvolge l’Europa, Palo Santo è rimasto un paese
apparentemente fuori dal tempo, in cui una sola strada fiancheggia una vecchia
ferrovia, unico legame col mondo esterno. Tra i duecentosette abitanti di
questo villaggio della Pampa Argentina, ognuno ha il proprio ruolo, scolpito in
una tradizione vecchia di secoli. Mentre la sarta non fa che scucire e ricucire
un cappotto per la figlia della macellaia che, golosa di dolci, non smette di
ingrassare, il suo figlioletto assiste a un episodio insolito in casa della
merciaia, che lo terrorizza a tal punto, da farlo fuggire a gambe levate ogni
volta che la incontra. In questo guazzabuglio di pettegolezzi, equivoci e
luoghi comuni, una serie di fatti strani iniziano ad accadere, culminando in un
inquietante omicidio apparentemente inspiegabile, che sconvolgerà gli equilibri
di questa cittadina così fuori dal comune, svelando segreti che sembravano
destinati a rimanere sepolti per sempre.
Dopo
il grande successo dovuto al passaparola seguito al self publishing, “Il
cappotto della macellaia”, il nuovo romanzo della scrittrice argentina Lilia Carlota Lorenzo, è appena stato
pubblicato da Mondadori in una nuova
versione riveduta e corretta dalla stessa autrice. Col suo stile graffiante e
ironico e le sue storie talmente esilaranti, da far passare perfino in secondo
piano i fatti di sangue che le caratterizzano, Lilia Carlota Lorenzo è riuscita
ad ammaliare i lettori italiani, facendo rivivere l’Argentina vivida e impetuosa
che ha contraddistinto i grandi autori del passato. Un libro indimenticabile,
dove l’atmosfera d’altri tempi, evocata dall’autrice, si intreccia con le vite
di protagonisti granitici nella loro dirompenza, ma estremamente malleabili
nelle loro debolezze quotidiane, così vicine a quelle dei nostri tempi.
Un caleidoscopico mosaico di personaggi
esilaranti che si muove sullo sfondo di un’Argentina autentica e vibrante come
non si leggeva da anni, tra omicidi, segreti e pettegolezzi di paese: sono
questi gli elementi che rendono unico “Il cappotto della macellaia”, Mondadori.
Ci racconti la genesi di questo romanzo: cosa l’ha ispirata durante la
stesura? Cosa vuole comunicare?
L’idea
di un romanzo può partire da una frase, da un'immagine, da un ricordo, ma anche
da una storia vera, come nel caso di “Il cappotto della macellaia”, ispirato a
un fatto di sangue realmente accaduto in un paesino sperduto della Pampa Argentina:
un episodio che, nonostante una sola strada di terra battuta che costeggia la
ferrovia, fece molto scalpore all'epoca. Ho sentito raccontare questa storia da
mia madre e da mia nonna, perché, nel paesino dove è avvenuto l'efferato
delitto, entrambe si recavano spesso: mia nonna a fare la spesa, mia madre a
cercare marito, penso, visto che abitavano in piena campagna dove i mariti non
si trovano facilmente!
La
storia aveva tutte le caratteristiche per diventare un buon romanzo noir e,
dopo tanto tempo, mi sono decisa a scriverlo. Ho aggiunto dei personaggi, quasi
tutti brutti sporchi e cattivi, come
piace a me, modificato i fatti e il nome del paese - non si sa mai che sia
ancora vivo qualche discendente e decida di querelarmi -, ma il capotto, la
sarta, la macellaia, il morto e il luogo, sono veramente esistiti.
Dopo il successo ottenuto col passaparola
successivo al self publishing, è approdata alla grande editoria.
Facciamo un bilancio di questa esperienza: quali sono i pro e i contro
di questi universi paralleli?
Domanda
interessante. Si può rispondere da diversi punti di vista. Io lo farò parlando
della mia esperienza come autrice. Al giorno d'oggi il self publishing è praticamente l'unica strada per riuscire a
pubblicare un libro. Ci sono tante piattaforme valide dove poterlo fare e, se si
è bravi nel marketing, si possono anche guadagnare dei soldi dato che i diritti
rimango all'autore, ma, vista la grande concorrenza, si rischia di non saper
gestire tutta questa libertà,
restando sempre nell’ombra. Comunque si parla del formato digitale che solitamente
costa poco e la gente è invogliata a leggere anche un autore sconosciuto. Il
cartaceo nel self publishing per ora è praticamente inesistente, almeno in Italia.
Essere
pubblicati, invece, da un'importante casa editrice implica parecchi vantaggi:
innanzitutto una buona distribuzione che fa sì che il libro sia facilmente
reperibile e quindi avere un editore importante alle spalle agevola l'acquisto
da parte dei lettori. Tuttavia i rischi sono sempre in agguato: se il libro,
che può essere anche valido, non si vende perché l'editore è troppo grosso o pubblica
troppo e solo si occupa degli autori già famosi; o se, invece, l’editore è così
piccolo che non ha una grossa distribuzione o non vuole spendere in pubblicità,
l'autore rischia di bruciare il libro minimo per dieci anni, senza avere
successo.
Personalmente
sono stata fortunata. Con il successo ottenuto su Amazon grazie al self publishing,
ho racimolando centinaia di recensioni con una media di quattro stelle,
favorendo il passaparola, visto che agli italiani questa storiella di paese è
piaciuta molto.
È ancora possibile, secondo lei, al giorno
d’oggi, fare della scrittura una professione a tempo pieno? Cosa consiglierebbe
a un giovane che volesse intraprendere questo percorso, seguendo le sue orme?
Non
credo che si possa vivere di scrittura, salvo il caso degli scrittori
affermati. Fra gli autori indipendenti conosco una sola persona che vive con la
scrittura, ma è un asso del self publishing, forse la più importante di Italia.
Un
consiglio da dare ai giovani? Prima di tutto devono essere sicuri del proprio
lavoro e curarlo fino al minimo particolare: le brutte recensioni, in buona o
mala fede, sono sempre in agguato. Poi iniziare a provare con il self
publishing per tastare l'approccio con il pubblico, decisamente più rassicurante
dei rifiuti o del silenzio degli editori. Se si ha la fortuna, come nel mio
caso, di essere contattati da un editore, a quel punto si può decidere se
cedere i diritti o meno. Il mio consiglio è farlo con un editore per cui valga
la pena, altrimenti si rischia di rimane senza
il pane e senza la torta, come si dice da noi.
Per saper scrivere bene, occorre,
certamente, leggere tanto. Che libri ci sono sul suo comodino? Che generi e
quali autori predilige?
Io
scrivo come parlo nella vita di tutti i giorni, non uso metafore, né frasi
ricercate, quindi no so se questo sia scrivere bene, comunque molto leggo sin
da piccola. Credo che leggere sia una delle cose più belle della vita. Ho letto
i classici e adesso anche i contemporanei. Uno dei libri che mi hanno colpita
maggiormente è “Delitto e Castigo”. Quando l’ho letto avevo diciott'anni e ho
fatto persino una serie di disegni a lui ispirati. Dei contemporanei ho letto
tutto quello che Simenon ha pubblicato in Italia. I gialli mi piacciono, ma non
quelli che hanno per protagonisti poliziotti, preferisco Miss Marple. Ma
ritengo che il più bel giallo di tutti i tempi sia “Il nome della rosa” di
Umberto Eco.
A cosa sta lavorando attualmente? Ci sveli
quali sono i suoi progetti per il futuro.
Nel
cassetto ho un libro di carattere autobiografico che racconta la storia della
mia famiglia, partendo dai miei antenati approdati in Argentina da diverse
parti dell'Europa, fino al mio arrivo in Italia.
In
realtà l'autobiografia è un pretesto per raccontare cose che riguardano
l'aspetto socio politico e culturale del mio paese, compresa la dittatura
militate ai tempi della guerra sporca e i desaparecidos, molti dei quale miei
amici. Ma dovrei pubblicarlo con uno pseudonimo, altrimenti credo che mi
beccherei fior di querele, perché dico quel che penso di amici, parenti, familiari
e, si sa, queste storie portano sempre guai!
Adesso
mi sto divertendo con un romanzo che riguarda il postino di un paese di gente
piuttosto losca. Attraverso le lettere consegnate si sviluppano storie, sempre
piene di pettegolezzi, invidie e panni sporchi tirati fuori all’occorrenza,
dove alla fine ci scappa il morto! Anche questo romanzo finisce con il classico
colpo di scena, ormai la mia firma. E non è facile, sapete? Più che romanzi, i
miei sembrano teoremi matematici!
Nessun commento:
Posta un commento