mercoledì 17 gennaio 2018

Sandro Settimj: l’amore? Non è una fiaba…


Una cosa è certa. Anzi, due. La prima è che a Ugo piacciono molto le donne. Non solo per le bimbe, infatti, il principe azzurro delle fiabe sarà il paradigma col quale ogni uomo in carne e ossa sarà destinato a perdere il confronto. Anche per Ugo, sempre convinto di avere a che fare con un esercito di principesse che hanno perso la scarpetta, lo scontro con la realtà è sempre una doccia fredda. Prima si innamora di una donna, poi la corteggia, ce la mette proprio tutta, ma, quando arriva il fatidico momento della prova della scarpina di cristallo, quella che ha di fronte non è mai la sua Cenerentola e ne rimane puntualmente deluso.
La seconda è che, chiunque abbia letto “Per quanto mi riguarda sono sempre innamorato”, il romanzo d’esordio di Sandro Settimj edito da Mondadori, di cui Ugo è l’indimenticabile protagonista, ne è rimasto talmente colpito, da attendere con ansia di conoscere quale sarà il futuro di questo eroe dei nostri tempi, così romantico e confuso che, altro che Christian Grey, come direbbero i duemila.
Lasciando da parte l’ironia, in un panorama letterario internazionale decisamente saturo di maschioni dai portafogli gonfi, Ugo è davvero come un vaso di coccio tra tanti vasi di ferro, che il buon Manzoni non ce ne voglia. Ed è così di coccio, come si direbbe a Roma, da essere semplicemente irresistibile. Ugo è un ragazzo come tanti: sognatore, fragile, sensibile, di quelli che hanno imparato a difendersi con una battuta sarcastica sperando di farsi notare come brillanti seduttori, ma che, in fondo, sono solo eccezionalmente ingenui. Quando decide di partire come animatore di villaggi turistici, Ugo ha già collezionato un paio di quelle delusioni d’amore che marchiano più di un tatuaggio. Ma non sa che quello è solo l’inizio di una serie di disavventure amorose degne di un romanzo di formazione alla rovescia. Tra donne fatali e timide ragazzine alle prime esperienze, nessuna sembra corrispondere all’irraggiungibile ideale femminile di Ugo, finché una ragazza imprevedibile gli ruba il cuore.
Ironico e graffiante, Sandro Settimj ci avvolge col suo stile scorrevole e diretto, fatto di dialoghi scoppiettanti e veloci cambi di scena che nulla tolgono alla profondità di alcune riflessioni fatte per bocca del protagonista, senza mai farci perdere il sorriso. Una storia tenera e divertente, autentica e irriverente, così attuale e moderna, da essere senza tempo, proprio come l’amore.


 “Per quanto mi riguarda sono sempre innamorato”: non è solo il titolo del tuo romanzo d’esordio, edito da Mondadori, ma anche la filosofia di vita del protagonista della storia, un aspirante seduttore decisamente imbranato che meno capisce le donne e più ne è affascinato, nonostante collezioni una disavventura amorosa dopo l’altra. Raccontaci la genesi di questa storia: cosa ti ha ispirato durante la stesura?

Il romanzo è basato su un nucleo di racconti scritti nell'arco di venti anni e lasciati lì da parte finché non ho pensato di unirli e riadattarli nell'ambito di una storia unica che descrivesse - in chiave semi seria - l'apprendistato sentimentale e sessuale di un giovane. Il risultato può definirsi, a suo modo, un romanzo di formazione.

Come definiresti Ugo, l’indimenticabile protagonista della tua storia? Quanto c’è di autobiografico in lui? E, in generale, come delinei i personaggi dei tuoi romanzi e le vicende che li coinvolgono?

Ugo è un ragazzo normale - l'antitesi del maschio duro e puro - che ha avuto la sfortuna di nascere con un'indole romantica nell'epoca sbagliata. Lui ama le fiabe, crede nell'amor cortese e deve quindi fare i conti con la dura realtà: l'universo femminile che incontra sul proprio cammino si rivela assai distante dal modello sognato.
Gli spunti iniziali dei racconti e alcuni personaggi sono indubbiamente frutto della mia esperienza, ma le storie hanno un loro corso totalmente autonomo, tanto che oggi non saprei più dire cosa è "vero" e cosa frutto di fantasia, perché scrivere storie significa viverle e la mente è un organo suggestionabile che finisce col non distinguere più la realtà dalla immaginazione.
La scelta della narrazione in prima persona implica che i personaggi e le vicende siano visti e descritti con gli occhi del protagonista, uno che fatica a prendersi sul serio e più in generale a prendere sul serio la vita e i suoi abitanti.

Non solo letteratura, ma anche televisione: che differenza c’è tra scrivere un romanzo e una sceneggiatura? Che autore sei: segui l’ispirazione o hai un metodo collaudato? Quando e da dove nasce la tua esigenza di scrivere? Facciamo un bilancio della tua esperienza fino a oggi, tra passione e professione.

Romanzo e sceneggiatura sono due scritture totalmente diverse, a partire dal fatto che il primo è un prodotto finito, mentre la seconda è solo un anello intermedio suscettibile di mille interpretazioni diverse da parte del regista, degli attori ecc. Ciò che li accomuna, nel mio caso, è l'uso della scaletta, ossia la suddivisione in scene che mi aiuta a programmare il percorso della narrazione. Il mio modo di scrivere parte inizialmente quasi sempre da un dialogo o da un'immagine e spesso mi ritrovo a buttare giù scene senza un ordine cronologico che poi provo a incasellare qua e là nell'ambito di una scaletta. Il lavoro successivo è quello di cucire i pezzi fra loro scrivendo le scene mancanti. È un po' come il gioco della Settimana Enigmistica in cui bisogna unire i puntini per vedere cosa apparirà.
La mia esigenza di scrivere si è manifestata all'improvviso alla fine dell'università. La parte autobiografica del primo racconto è proprio quella. Mi trovavo in cantina a preparare la tesi, ma in realtà fissavo il telefono con il cuore in gola: "lei" non chiamava. Così ho iniziato a scrivere (non la tesi) e la cosa mi ha fatto sentire bene. Oggi scrivere è una delle poche cose che mi fa alzare felice al mattino.
Per quanto riguarda il bilancio tra passione e professione, questo pende ahimè tutto dalla parte meno piacevole. Se non sei Ken Follet, il romanzo è un lusso che devi riuscire a mantenere scrivendo innanzitutto per vivere.

Per saper scrivere bene, occorre, certamente, leggere tanto. Quali sono i tuoi autori di riferimento? Immagina di avere una macchina del tempo: chi dei grandi maestri del passato ti piacerebbe conoscere e intervistare? E quali domande gli faresti?

Leggere fa indubbiamente bene, non solo per scrivere. In quanto agli autori di riferimento, bisogna capire cosa si intende. Io venero scrittori lontanissimi dal mio stile (e dalle mie capacità) come Marquez o Joseph Roth, ma quello che sento più vicino, ossia che considero come un modello di equilibrio fra umorismo e pathos, è senza dubbio Pennac.
Non so se vorrei incontrare i grandi scrittori del passato, perché spesso i geni si rivelano persone assai deludenti sul piano umano. Preferisco leggerli. L'unica domanda che mi viene in mente nasconde in realtà una profonda invidia ed è rivolta in generale ai grandi sfornatori di best seller americani: "Come diamine fate a maneggiare e intrecciare le storie di un centinaio di personaggi a romanzo senza perdervi?" La verità è che non voglio conoscere Follet, ma il suo pusher!

A cosa stai lavorando attualmente? Raccontaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.

Al momento ho appena terminato il secondo romanzo di Ugo, impelagato in una difficile prova di convivenza. Il futuro spero che mi vedrà ancora impegnato a scrivere. Sarebbe un buon segno...

Nessun commento:

Posta un commento