mercoledì 22 novembre 2017

“Una finestra sul noir”: Marco Frilli raccontato dai suoi autori


“In un’epoca di profondissima crisi culturale da cui è scaturita la crisi economica e non viceversa, l’editore può diventare un baluardo contro la barbarie creando cenacoli attorno ai quali possono trovare voce gli intellettuali oggi dispersi in desolate solitudini. Si parla del “tradimento dei chierici” da anni silenti e sempre meno punto di riferimento per la gente. Ebbene, gli editori possono essere un primo coagulo di resistenza nel vuoto che minaccia di aspirarci. Fare gli editori al giorno d’oggi, mettendo la qualità delle opere al primo posto, significa portare sempre linfa vitale e voci nuove alla letteratura, senza farsi fuorviare dalle mafie culturali che la affossano con premi che spesso erigono a capolavori libri meno che mediocri e promuovono gli adepti nell’osceno circuito dei talk show televisivi”.
A risponderci così quando gli abbiamo chiesto quale potrebbe essere il ruolo degli editori di oggi circa la tutela e la promozione della nostra cultura, della nostra lingua e quindi della profondità e della ricchezza dei nostri libri, è stato l’autore Valerio Varesi. È stato proprio lui, infatti, in virtù della stima che lo lega a Carlo e Giacomo Frilli, a firmare la prefazione all’antologia “Una finestra sul noir”, la raccolta di racconti dedicata alla memoria dell’editore Marco Frilli, fondatore della Fratelli Frilli Editori, celebrato in quest’opera da oltre quarantacinque tra gli autori della sua Casa Editrice.



Dopo avervi raccontato la genesi di questa prima antologia, uscita a circa un anno di distanza dalla prematura scomparsa di Marco Frilli, attraverso le parole dello stesso Carlo Frilli, abbiamo voluto approfondire ancor di più come è nato questo progetto, che si rinnoverà ogni anno, dando voce non solo a Valerio Varesi, ma anche ad alcuni tra gli autori che hanno contribuito a comporre questo caleidoscopico libro dalle mille sfaccettature.
Il rapporto tra autore ed editore è una relazione difficile da raccontare, spesso fatta di compromessi e delicati equilibri. Ma come nascono e si consolidano questi legami? Abbiamo chiesto a Valerio Varesi quali sensazioni abbiano suscitato in lui Carlo e Giacomo Frilli quando gli hanno parlato di questo omaggio editoriale fatto da quasi quaranta autori a Marco Frilli, un editore di cui, evidentemente, si percepisce la nostalgia, e lui ci ha risposto in questo modo: “Carlo e Giacomo Frilli hanno saputo instaurare un rapporto professionale e umano con i loro autori, tale da creare un legame molto forte. Non ho mai pubblicato con Frilli, ma dall’esterno ho percepito questo attaccamento tramite le parole di stima che ho sentito. L’equilibrio nel rapporto tra autore ed editore non è facile. Il primo crede sempre che il proprio libro sia il migliore e addebita spesso all’editore la pigrizia nel promuoverlo. Il secondo si aspetta che il libro abbia successo perché rischia soldi suoi e rigetta sullo scrittore la stessa colpa. Queste differenti aspettative il più delle volte generano incomprensioni, insoddisfazioni e anche astio”.



Per comprendere al meglio il significato più profondo di questo omaggio a ricordo di Marco Frilli ci siamo rivolti ai suoi autori che con tanto entusiasmo hanno risposto all’iniziativa, come lo stesso Carlo Frilli ci ha raccontato. Ogni autore che ha partecipato all’antologia “Una finestra sul noir” ha cercato di immaginare l’incontro tra il proprio personaggio letterario e lo stesso Marco Frilli, cristallizzando così, per sempre, la sua figura tra le pagine di un libro, oltre che nei cuori di chiunque lo abbia conosciuto. Tra le quasi quaranta firme Frilli che hanno partecipato a questa raccolta Maria Masella, Maria Teresa Valle, Alessandro Reali, Gino Marchitelli e Armando D’Amaro, che è anche il curatore dell’opera, hanno risposto alle nostre domande circa il loro rapporto con Marco Frilli e la Casa Editrice, raccontandoci, in modo inedito, storie di stima reciproca, coraggio, impegno e professionalità, come i cardini indispensabili su cui costruire una sana collaborazione tra autore ed editore. A tutti abbiamo rivolto domande che miravano a investigare come si costruisce, libro dopo libro, un equilibrio stabile e duraturo tra autore ed editore, due ruoli solo apparentemente caratterizzati da interessi contrastanti, visto che sono destinati a raggiungere il successo solo collaborando. Il rapporto tra Marco Frilli e i suoi autori, quindi, diventa esempio e paradigma per comprendere meglio queste dinamiche editoriali spesso sconosciute al pubblico dei lettori che non sanno il lavoro che c’è dietro la creazione dei loro libri preferiti.
Le domande rivolte agli autori che hanno fatto da portavoce hanno riguardato i loro primi contatti con la Fratelli Frilli Editori, i loro ricordi più vividi di Marco Frilli e la genesi dei racconti da loro ideati per “Una finestra sul noir”. Il trasporto che traspare dalle loro risposte è la migliore testimonianza della passione e dell’impegno che fanno da fondamenta a questa antologia e a tutti i libri targati Fratelli Frilli Editori.




Era l’estate del 2001, avevo già pubblicato un giallo con un piccolissimo editore e ne avevo scritto un altro più corposo. Quando ho letto che c’era un nuovo editore genovese che stava pubblicando gialli di ambientazione locale, mi sono detta: “Perché non provare a portargli il mio?”. Ho cercato l’indirizzo e ho scoperto che era vicinissimo a casa mia, anzi a metà strada fra casa e stabilimento balneare! Ho telefonato, ho preso una specie di appuntamento, ho stampato il file e sono andata con il mio pacco di A4. Il libro era “Camelie” che sarebbe diventato “Morte a domicilio”, il numero 6 della collana ‘giallo pantone’. È stato Marco a scegliere il titolo e anche la copertina.
Ho talmente tanti ricordi legati a Marco, perché era un rito passare in casa editrice anche solo per due chiacchiere a raccontargli cosa avevo in mente. Ne scelgo due: il primo e l’ultimo. Quando l’ho incontrato per la prima volta ero abbastanza imbarazzata, temevo di fare la figura della sciocca presuntuosa. Dopo dieci minuti eravamo al tu e fumavamo la prima di tante sigarette insieme. L’ultimo? Era già malato quando mi ha chiesto un Mariani veloce per la prima volta: “Ancora uno, bella gnocca.” A volte lo chiamavo “ragazzino” perché era più giovane di me, altre “Marcuzzo”. Quel giorno gli ho detto: “Sì, ragazzino.” Li ho scritti con il cuore in gola quei racconti e sono riuscita a farglieli leggere. E per quella raccolta ho chiesto la dedica “A Marco”.
Non posso anticiparvi nulla del racconto che ho scritto per l’antologia. Del resto non si svela la trama di una storia noir, neppure sotto tortura! Vi basti sapere che Mariani è in crisi (la storia si colloca fra “Il Cartomante di via Venti” e “Giorni contati”, quando Antonio e Francesca vivono separati) e certi incontri casuali in una spiaggetta di Quinto diventano per lui un momento di tregua, anche di speranza. L’aspetto indagine è secondario, in primo piano c’è il rapporto fra due persone che, con poche parole, si capiscono. Con Marco non ho mai avuto bisogno di tanti discorsi. E davvero a Quinto l’ho incontrato più volte con la sua Lilla.



Conoscevo le pubblicazioni della Frilli e sapevo che avevano una predilezione particolare per i noir con forti connotati di localizzazione. Mi piacevano molto i libri che pubblicavano e sono entrata in contatto con loro prima come lettrice, che come autrice. Ho cominciato a scrivere molto tardi, dopo il pensionamento, dopo una carriera di biologa che mi ha dato grandi soddisfazioni. Leggere e scrivere è sempre stata una passione e ho realizzato il primo noir per divertimento. L'ho mandato a Marco, seguendo esattamente i consigli della casa editrice per l'invio dei manoscritti, insieme a una lettera in cui lo pregavo di mandarmi in ogni caso due righe, eventualmente per dirmi che il mio manoscritto era una schifezza, solo per mettermi l'anima in pace e non scocciare altri editori. Avrei continuato a scrivere per il mio piacere e basta. Dopo quindici giorni mi arrivò una e-mail in cui Marco mi scriveva che il manoscritto gli era piaciuto e, se ero d'accordo, lo avrebbe pubblicato. Quando ci siamo visti di persona lui era seduto dietro una scrivania ingombra di qualunque cosa, il posacenere colmo di cicche e la stanza invasa dal fumo di sigaretta. È stata simpatia a prima vista. E poi nel tempo amicizia. Non si poteva non volergli bene.
Il ricordo di Marco che mi è rimasto nel cuore è sicuramente l'ultima volta che l'ho visto, due giorni prima che ci lasciasse. Andai a trovarlo nella struttura dove era ricoverato. Stava male. Con lui c'era sua sorella, che io non conoscevo e Nora, la moglie.
Fui presentata e la sorella di Marco rivolgendosi a lui: -Maria Teresa Valle? -disse- una brava scrittrice?
Marco guardò me, poi lei, sorrise sornione e disse: -Vende...
Scoppiammo tutti a ridere e lui mi guardò soddisfatto della sua battuta. Non aveva perso il suo spirito, nemmeno in quel momento.
Il filo conduttore di tutta l’antologia è l'incontro immaginario tra il personaggio o i personaggi principali dei nostri noir e Marco. Non era una cosa semplice far avvenire l'incontro tra una persona realmente esistita e persone “di carta”.
Aggiungiamo che Maria Viani, il personaggio seriale dei miei romanzi, non è una poliziotta, ma una semplice cittadina che ficca il naso in tutti i delitti di cui venga a conoscenza. Come tale l'ho immaginata nel momento in cui lascia definitivamente il lavoro e, di cattivo umore, incerta del suo futuro, si trova a passeggiare sul lungomare di Quarto. Immediatamente ho visualizzato Marco, nello stesso luogo, a passeggio con Lilla. La sua cagnolona, che io ben conoscevo.
Mi è bastato lasciare che ognuno di loro esprimesse il suo carattere: Maria pasticciona, ficcanaso, emotiva, chiacchierona, e Marco, solido, ironico, osservatore attento, capace di cogliere l'essenza delle cose e la storia si è scritta da sola. È un piccolo episodio, ma su quel lungomare, su quella spiaggia vedevo proprio lui, Marco. Sentivo la sua voce. Era con me.




Ho iniziato alla Frilli come autore: provato per la morte di un amico, mi sono sfogato scrivendo un noir che, giunto quasi per caso in casa editrice, è stato pubblicato nel 2007 con il titolo ‘Delitto ai Parchi’, poi seguito da tanti altri. Una profonda stima reciproca è cresciuta via via tra me e Marco, che mi ha ‘nominato sul campo’ lettore di gialli inediti, quindi curatore di antologie e infine assorbito nella sua famiglia editoriale.
Marco vive costantemente nei miei ricordi, l’amicizia che ci legava sussiste ancora oggi inalterata: insieme abbiamo navigato su acque calme e su mari in tempesta, scambiandoci suggerimenti sia di lavoro che di vita…Un aneddoto? Una volta, partiti in auto per un appuntamento importante a Milano, eravamo tanto intenti nel parlare da trovarci – ah, questi GPS! – sotto il Duomo: scesi dalla macchina ridendo come bambini, novelli Totò e Peppino ci eravamo rivolti a un ‘ghisa’ con la mitica frase “Noio volevam savoir l'indiriss”…e quello, impassibile, ci aveva multati.
Il mio racconto inserito nell’antologia non è un giallo, ma un sentito rivivere dei nostri ultimi incontri, pertanto molto intimista. Leggendolo si comprende il legame che ci univa, tanto che suo figlio Carlo mi ha scritto: “Diavolo di un Armando, mi hai fatto sorridere e piangere…”.




Avevo iniziato da poco a leggere qualche autore Frilli, ma non conoscevo Marco né la famiglia, mi sembrava una realtà per me irraggiungibile da nuovo e microscopico scrittore dell'universo noir. Poi una comune conoscenza a me e Marco ci ha fatti incontrare e conoscere dopo che il mio romanzo “Il Pittore” aveva ottenuto una serie di riconoscimenti letterari importanti ed era stata considerata una delle migliori opere inedite in Italia del mercato editoriale indipendente. Questa persona, Riccardo Sedini, mi ha messo in contatto con Marco Frilli al quale ho mandato un mio scritto. Lui lo ha letto e mi ha chiamato dicendomi che ne era rimasto molto colpito e affascinato, chiedendomi se volevo entrare nella “scuderia” Frilli non come autore in sé, ma in veste di “narratore” di noir sociale. Detto fatto, ed ecco la pubblicazione di “Milano non ha memoria” che mi ha fatto conoscere ad un buon pubblico e mi ha dato una certa notorietà dandomi la possibilità di far arrivare i miei lavori ad un pubblico più vasto.
Il ricordo più vivo che ho di Marco è quel suo modo gentile e un po' guascone di girarsi lentamente verso l'interlocutore, me in questo caso, quando si era seduti nel suo ufficio. Lui alla sua postazione di lettura, mi prendeva sempre in giro parlandomi di belle donne che non potevo avere e sfottendomi paternamente. Ma ricordo anche quando tornava a essere serio e mi esprimeva la sua stima per il lavoro socio-politico che svolgo nella mia vita.
Quando mi è stato chiesto di scrivere un racconto per l'antologia in omaggio alla grande figura di Marco quello che mi è venuto in mente – dato che lui mi diceva sempre che la figura di Cristina, la giornalista indagatrice con il commissario Lorenzi dei miei romanzi, era una bella tipa e voleva sapere se la conoscevo davvero o se era fantasia – che proprio il commissario Lorenzi e Cristina nel corso di un viaggio a Genova per motivi legati ancora alla storia delle violenze di polizia del G8 del 2001, arrivassero a litigare quasi furiosamente su quelle vicende, poi si riappacificassero rendendosi conto che la lite avrebbe preso una brutta piega. È in queste circostanze che i due conoscono Marco Frilli, restando però in incognito. Ma non era facile farla a Marco, grande scopritore di scrittori e personaggi, e ciò che succede è davvero esilarante… Ho pensato che questo potesse farlo sorridere ovunque lui ora si trovi.




Avevo scritto, tra le altre cose, tre racconti lunghi di genere noir. Alcuni amici, lettori “Frilli”, circa sei anni fa, mi hanno consigliato di provarci… è andata bene. È così che sono entrato in contatto per la prima volta con questa casa editrice.
Io, come scrittore, devo molto, se non tutto, a Marco Frilli. Avevo pochissima fiducia nelle mie capacità narrative. Lui invece ha subito creduto in me. Ricordo la prima telefonata, schietta, com’era lui: “Reali, allora sei tu quello che ha scritto quei tre brutti racconti ambientati in provincia di Pavia… bene, te li pubblichiamo noi. Se ci lavori un po’ faremo molte cose insieme. E siamo arrivati a sette romanzi, otto tra poco. Un altro particolare che mi piace ricordare è questo: ogni volta che ci sentivamo o ci incontravamo mi diceva, oltre a qualche battuta sulle donne che non mancava mai: “Reali, tu sei il narratore della Frilli, è inutile che fai finta di scrivere gialli, non mi freghi…”. Ovviamente c’era molta ironia, in questo, ma anche un fondo di verità, penso. Lui aveva un intuito formidabile per capire le caratteristiche di un autore.
Quando Carlo mi ha detto della raccolta dedicata a suo padre ho scritto subito questo breve racconto. Una piccola storia ambientata in una Pavia gelida e nebbiosa, come piace a me, che ruota intorno alla figura triste di una prostituta amica di Selmo Dell’Oro. Marco Frilli è coinvolto nel suo incontro con i detective. Ho cercato, in poche pagine, di rappresentarlo come lo ricordo io: sempre pronto alla battuta, schietto e senza fronzoli, acuto e tagliente, ma capace di un’umanità fuori dal comune. Sembra scontato, parlarne così. Ma sono sicuro che è opinione condivisa dalla maggior parte dei suoi autori.


www.frillieditori.com



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