mercoledì 20 febbraio 2019

“Come fermare il tempo” di Matt Haig



Per Tom Hazard il tempo è un concetto relativo. Non è un supereroe invincibile, né un vampiro immortale. Ma ha quasi cinquecento anni e ne dimostra circa quaranta. È decisamente vecchio, anche se non sembra. Inizia così “Come fermare il tempo” il nuovo romanzo di Matt Haig edito da E/O.
Quella di Tom è semplicemente una strana e per lo più sconosciuta malattia che hanno poche decine di persone al mondo e per la quale non c’è cura, né studi scientifici a dare risposte. Si tratta di una sindrome, o meglio di una sorta di disfunzione probabilmente genetica, il cui unico sintomo è un invecchiamento incredibilmente lento. Tutti coloro che ne soffrono, incluso Tom, prima o poi moriranno, ma, a differenza della gente “normale” che invecchia e, in un certo senso, si consuma in media nell’arco di ottant’anni, essi ci impiegheranno secoli e secoli, cosa che è molto difficile da spiegare e da comprendere, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche da quello antropologico e sociale. Motivo per cui i pochi affetti da questa malattia sono costretti a cambiare frequentemente vita, viaggiando per il mondo, prima che qualcuno si accorga del fatto che non invecchiano, e, in questo, sono supportati da un’organizzazione segreta, chiamata Società degli Albatros, che ne garantisce l’anonimato e la possibilità di spostarsi senza difficoltà.
A quella che apparentemente sembra una vita avventurosa e piena di fascino c’è da affiancare l’altra faccia della medaglia: il dolore di vedere invecchiare e morire le persone che si amano e, di conseguenza, di non poter mai stringere rapporti profondi, passando letteralmente da una vita all’altra, senza un attimo di pace e di serenità.
A Tom che ormai da secoli ha perso il suo grande amore, Rose, questo stile di vita inizia ad andare stretto e per questo comincia a entrare in conflitto con la Società degli Albatros e con Hendrich, uno dei suoi più alti e anziani rappresentati, per conto del quale Tom ha anche commesso azioni che avrebbe preferito evitare. È per questo che Tom, alla continua ricerca di Marion, un misterioso personaggio di cui si comprenderanno identità e destino nel corso della lettura, chiede di poter condurre una vita più normale possibile come Professore di Storia in una scuola inglese, tornando nel suo Paese d’origine, dove ha vissuto gli anni della sua infanzia e giovinezza, accanto al suo unico vero amore. In questa ennesima “nuova vita” Tom cerca disperatamente la semplicità, tentando di non lasciarsi andare alla malinconia dei ricordi, ma soprattutto di non innamorarsi di nuovo.
Narrata in prima persona, dal punto di vista del protagonista, questa storia seducente come un thriller psicologico, ma anche brillante come un chick-lit e arricchita da una prosa profonda e introspettiva, colma di riflessioni impregnate di attualità, ha il pregio di saltare da un secolo all’altro senza mai confondere il lettore. Le avventure di Tom, tra segreti inconfessabili e sentimenti forti, sono avvincenti e coinvolgenti, in ogni secolo. Il lettore, infatti, viene trascinato sempre più lontano, nel tempo e nello spazio, con la consapevolezza che la natura umana è solo apparentemente diversa di epoca in epoca, conservando in se stessa un nucleo che ci rende tutti più simili di quel che crediamo e preda di forze che ci condizionano anche più delle malattie stesse e del tempo come costante universale.
Lo stile dell’autore è scorrevole e, a tratti, lirico. Tom, il protagonista della storia, esteriormente così incorruttibile, è, in realtà, schiavo del tempo molto più di tutti gli altri e nasconde in sé una fragilità che ce lo fa amare, sin dalle prime pagine, con grande tenerezza.
In un mondo in cui la vecchiaia è sempre meno considerata come fonte di saggezza, ma solo di debolezza, e il tempo è come un boomerang che torna indietro lasciandoci ben poco oltre a fugaci sensazioni, Matt Haig riesce a far riflettere anche raccontando una storia impregnata di fantasia, di voglia di sognare e di fermare il tempo a quei pochi intimi istanti di vita che, solo dopo averli vissuti, abbiamo capito essere di pura felicità, cristallizzata solo nella memoria del nostro cuore.


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