I
suoi autoritratti raccontano storie
che nemmeno il più talentuoso dei poeti riuscirebbe a cantare con tanta
maestria: Antonio Finelli è un giovane e brillante artista di fama
internazionale, che sta esponendo in tutto il mondo. Alla continua ricerca della
perfezione del dettaglio, Antonio studia da sempre l’evoluzione dei corpi, per
rivelare ciò che, solo in punta di matita, si riesce a cogliere, lasciando lo
spettatore letteralmente senza fiato. Dal 18 marzo in mostra con “L’illusione
del corpo”, presso la Galleria “Aratro”, nell’Università degli Studi del
Molise, Antonio ci ha svelato in esclusiva i segreti della sua arte.
Capelli bianchi e
rughe: i soggetti che prediligi saltano subito all’occhio. Come li scegli e che
emozioni vuoi suscitare nel tuo pubblico?
I
miei soggetti li ricerco nel quotidiano. Spesso mi capita di conoscere e
incontrare delle persone e in base alla loro conoscenza e al loro vissuto
scelgo o meno di realizzare un disegno. La mia scelta di collaborare con
persone che hanno un vissuto sulla loro pelle è dovuta al fatto che sono
continuamente ossessionato del mutamento del corpo attraverso il tempo. Infatti
nei miei disegni non amo rappresentare la vecchiaia in quanto tale, sono
attratto piuttosto dal passaggio per arrivare ad essa! Sono fortemente innamorato
del corpo, soprattutto della pelle, lo strato più esterno, che assorbe e
registra tutte le informazioni intorno a noi, e in particolare della sua
evoluzione e trasformazione attraverso l’età. Sono incuriosito da tutti quei
segni, linee, punti che impreziosiscono la nostra cute con lo scorrere degli
anni e che testimoniano il passaggio della vita dell’individuo.
Tutto sembra venire
dalla punta della tua matita: che artista sei? Quali tecniche preferisci?
Io
mi definisco più che un artista un documentatore,
in quanto il mio obbiettivo non è tanto quello di realizzare un bel disegno,
quanto più quello di documentare un cambiamento: l’evoluzione del corpo. Per fare questo lavoro mi servo degli
strumenti a me più congeniali: matite ben appuntite, gomme e lenti di
ingrandimento per poter scorgere e rappresentare tutti i segni sulla pelle,
centimetro per centimetro.
La tua cura per i
dettagli e, talvolta, la voluta assenza di essi, non fanno sentire affatto la
mancanza dei colori: ogni opera è un autoritratto,
perché? Parlaci dei tuoi percorsi e di dove ti stanno conducendo.
Come
ogni artista ha una sua evoluzione, anche io sono partito da un tipo di
prodotto che, man mano, si sta modificando per arrivare a diventarne un altro.
I miei primi lavori erano dei visi ben definiti e curati in ogni singolo
dettaglio, adesso le mie immagini stanno diventando sempre più svuotate,
angoscianti e alienanti. Credo che in questo modo emerga meglio la tematica
della pelle e dei suoi cambiamenti. Non mi interessa il nome della persona o la
sue origini, ma la sua pelle e il segno del tempo impresso su di essa: per
questo do un titolo uguale a tutti i miei lavori.
Esponi molto sia in
Italia, sia all’estero: con quali realtà ti sei confrontato nella tua carriera?
E che differenze hai trovato fra il bel
Paese e il resto del Mondo? Si può ancora vivere di arte?
Penso
che il lavoro principale di un artista sia soltanto quello di produrre Arte. Se
le mostre ci sono è un bene, ma non deve essere l’esigenza principale
dell’artista e nemmeno deve essere lui a preoccuparsi di esporre, ma gli altri
a chiedergli di partecipare a una mostra. Lo stesso vale anche per la vendita
delle opere. Più la figura dell’artista sta lontano dal mercato dell’Arte e dai
circuiti che gli girano attorno e meglio è: a ognuno il proprio lavoro.
Chi sono stati i tuoi maestri? E chi sono gli artisti, del tuo
tempo o di epoche passate, dai quali hai tratto maggior insegnamento nel corso
della tua carriera?
Durante
la mia formazione in Accademia di Belle Arti a Roma ebbi la fortuna di
conoscere e appassionarmi all’Arte di Giuseppe Penone, noto esponente dell’Arte
Povera, il quale, nei suoi lavori giovanili (Svolgere la propria pelle, 1970) riproduceva, su grandi pareti,
tutti i segni presenti sulla sua pelle. I suoi lavori apparivano come grandi
cartine geografiche, assai distanti dal realismo, ma, al tempo stesso, carichi
di tanta forza emotiva. Penone con i suoi grandi disegni ha cercato di
trasmettere al fruitore un messaggio ben preciso: le molteplici informazioni assimilate dalla pelle durante il percorso
degli anni. Questa tematica è stata di forte stimolo alla mia ricerca.
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