Da
quando esistono software in grado di invecchiare i volti impressi sulle foto
dei minori scomparsi in tutto il mondo, le immagini di adulti con lo sguardo da bambini si moltiplicano ogni giorno, dando
una speranza a famiglie dilaniate da anni di dolore e sofferenza. I capelli
possono diventare grigi e le rughe segnare guance e fronte, ma non esiste
tecnologia in grado di modificare le espressioni pure che solo i bambini hanno
quando li immortaliamo in una fotografia. Proprio come è accaduto con Salvatore Colletta, scomparso a
quindici anni da Casteldaccia, a
pochi chilometri da Palermo, il pomeriggio del 31 marzo 1992, venticinque
anni fa.
Non
c’erano gli smartphone quando il
sorriso curioso di Salvatore è stato cristallizzato nella stessa foto che oggi
è stata invecchiata, mostrando, con
buone probabilità, che volto Salvatore potrebbe avere ora che ha superato i
quarant’anni. Carmela La Spina, la
mamma di Salvatore, e Mariagrazia
Colletta, la sorella, conservano questo foto come un amuleto da tenere sul cuore, l’ultima speranza perché Salvatore non
sia dimenticato, assieme a tanti bambini di cui si sono perse le tracce.
Quel
pomeriggio di marzo del ’92, Salvatore si è allontanato in compagnia dell’amico
dodicenne Mariano Farina, che ha coinvolto Salvatore nel progetto di vivere un’avventura
lontano da casa e dalla famiglia. Salvatore era un ragazzo timido e non ha
saputo sottrarsi, così i due ragazzini si sono fatti accompagnare in motorino
da un amico in Contrada Gelso e da lì si sono perse le loro tracce. Quella fuga,
che probabilmente doveva essere solo una ragazzata, si è trasformata in un
incubo per chi è rimasto a casa ad aspettarli entrambi. Un incubo lungo
venticinque anni e fatto ricerche a vuoto, segnalazioni infondate e piste
inconsistenti, tra pentiti e millantatori. La maggior parte degli avvistamenti,
nel corso degli anni, sembravano individuare i ragazzi nei campi nomadi, ma
ogni volta che gli inquirenti hanno tentato di verificare le segnalazioni sono
arrivati troppo tardi, quando dei ragazzi avvistati non c’era già più traccia.
L’ultima
pista percorsa risale a oltre sei mesi fa, quando, a Roccamena, in provincia di Palermo, assieme alle ossa di almeno
altri dieci sconosciuti, sono stati individuati i resti di due ragazzi
adolescenti. Alla famiglia Colletta è stato prelevato il DNA per accertare o
meno che si tratti di Salvatore, anche se è un’ipotesi improbabile, visto che le
ossa sembrano risalire a oltre quarant’anni fa. Tuttavia le difficoltà di
comparazione dei DNA sta allungando i tempi di attesa delle famiglie, amplificandone
il dolore.
La
sofferenza di chi aspetta da un quarto di secolo di poter riabbracciare un
figlio si percepisce forte nelle parole di mamma Carmela. La stanchezza, la
solitudine, la rabbia sono sentimenti che si alternano nei cuori di chi, a
volte, si sente più “scomparso” degli scomparsi stessi. Possibile che non si
possa fare qualcosa di più per cercare? È questa la domanda che si fa ogni
giorno Carmela. Forse solo lo straniamento che si prova osservando le foto
invecchiate al computer potrebbe spingerci a fare qualcosa di più perché questi
adulti senza volto non rimangano bambini per sempre.
Chi è Salvatore? Ci
racconti la sua storia.
Carmela: Salvatore
era un ragazzino tranquillo e spensierato. Era riservato e timido. Andava a
scuola e il pomeriggio amava giocare a pallone con gli amici. Non aveva
problemi e andava d’accordo con tutti, ma soprattutto era molto attaccato ai
suoi fratelli, coi quali aveva un rapporto profondo. Sono sicura che non aveva
intenzione di scappare di casa, dandoci un dispiacere
Carmela: L’ultima
volta che lo abbiamo visto, il 31 marzo 1992, è uscito verso le quattro di
pomeriggio, come faceva quasi tutti i giorni per andare a giocare con gli
amici. Di solito stava fuori un’oretta o due, poi tornava a casa e ci
preparavamo per la cena. Non si allontanava mai molto, di solito rimaneva
proprio sotto casa. Tra i ragazzi che frequentava in quel periodo c’era anche
Mariano Farina, il ragazzino col quale deve essersi allontanato, ma non erano
amici intimi. Da allora neppure di Mariano si è saputo più nulla, sono
scomparsi insieme, senza lasciare tracce certe che potessero aiutarci a
cercarli. Quando ho saputo che Salvatore era andato via con Mariano, sono
rimasta stupita, perché tra tutti gli amici che aveva all’epoca, era quello con
cui probabilmente aveva meno confidenza. Quel pomeriggio c’erano anche altre
persone con loro inizialmente, ma nessuna testimonianza ci ha dato elementi per
trovare subito Salvatore. Quando mio figlio Ciro, che era con Salvatore, è
tornato a casa e mi ha detto che il fratello sarebbe rientrato di lì a poco,
non mi sono preoccupata subito. Ma col passare delle ore ho capito che era
successo qualcosa. Non era da Salvatore tardare in quel modo.
Le
ricerche sono iniziate tardi e sono state troppo lente fin dal principio.
Abbiamo avuto molte segnalazioni, soprattutto nei campi nomadi. Io stessa, dopo
quindici giorni dalla scomparsa, sono convinta di aver visto Mariano non troppo
lontano casa, sulla Statale 113 a San Nicola, mentre ero in macchina con mio
marito; perfino gli abiti coincidevano, ma, appena lui mi ha visto si è
allontanato.
Voi che idea vi siete
fatti: cosa può essere accaduto a Salvatore? Chi vi è stato più accanto in
questo lungo periodo di dolore e attesa?
Carmela: Darei
qualsiasi cosa per sapere cosa è accaduto a mio figlio. In questi anni, viste
le tante segnalazioni nei campi nomadi, sono arrivata a pensare che un fondo di
verità in quella pista forse c’è. Ma è davvero difficile riuscire a ricostruire
l’accaduto e nessuno ci ha aiutato a farlo fino in fondo. A volte fatico a
credere che siano passati venticinque anni da quel maledetto giorno. La
famiglia si è stretta attorno a noi mentre tutti si dimenticavano di Salvatore
e del nostro dolore, ma nessun altro, col passare degli anni, ha mai fatto
nulla di particolare per la nostra disgrazia. Anche il Comune di Casteldaccia
ci ha aiutato con alcune iniziative, ma è davvero faticoso far comprendere agli
altri lo smarrimento quotidiano che si prova quando non si hanno notizie di un
familiare. Non ci si abitua mai a questa sofferenza senza un perché.
Che ruolo svolge, o
potrebbe svolgere, l’opinione pubblica per aiutare le famiglie di fronte a un
caso di scomparsa?
Carmela: Ricerche
e appelli sono l’unica cosa importante per ritrovare qualcuno. Tutto deve
essere accurato, approfondito e soprattutto immediato. Nel caso di mio figlio
Salvatore noi siamo convinti che qualcuno sa molto più di ciò che ha detto e,
forse, gli inquirenti avrebbero dovuto sentire più approfonditamente queste
persone. Possibile che gli amici che, quel pomeriggio, erano con Salvatore e
Mariano non sappiano nulla? Non posso crederci. Qualcuno sa e non ha detto tutto.
Solo
nei primi dieci anni dalla scomparsa ci sono arrivate migliaia di segnalazioni
di avvistamenti. Quante sono state davvero verificate? Neppure noi familiari lo
sappiamo per certo. E ora tutti si sono dimenticati di noi.
Dai
ritrovamenti dei resti di Roccamena sono passati mesi ormai. Hanno il DNA per
le comparazioni, anche se non ci sono altre prove che le ossa ritrovare possano
essere di Salvatore, ma ancora non sappiamo nulla di definitivo. Siamo a
conoscenza del fatto che i procedimenti necessari per fare tutte le verifiche
sono lunghi e complessi, ma ci domandiamo come mai ancora nessuno ci dia
notizie.
Dopo
circa cinque anni dalla scomparsa, la famiglia di Mariano è emigrata negli
Stati Uniti e si trovano ancora lì, raramente ci sentiamo.
È il ricordo a mantenere
vive le persone di cui si sono perse le tracce e a dare alle famiglie la forza
di non smettere mai di cercare. Qual è il suo ricordo più vivo di Salvatore?
Carmela: Salvatore
era troppo buono e genuino. Voleva crescere, ma era ancora ingenuo. Quel
sorriso furbo e il suo carattere generoso, come posso dimenticarli? Era un
ragazzino semplice e timido che amava la sua vita e la sua famiglia. Oggi
sarebbe un uomo. Avrebbe potuto avere una casa, un lavoro, una famiglia tutta
sua e invece gli è stato negato tutto. Rinnovo il mio appello a chiunque sappia
qualcosa sulla scomparsa di Salvatore, soprattutto alle ultime persone che lo
hanno visto, di dire tutta la verità, una volta per tutte.
Anche
Mariagrazia, la sorella di
Salvatore, ha voluto ricordarlo raccontandoci cosa significa crescere senza
sapere cosa sia accaduto a un familiare e lanciando nuovamente un appello a
chiunque possa aiutarli, anche dopo venticinque anni dalla scomparsa:
“Non avere notizie di un
fratello da oltre venticinque anni è una tortura difficile da spiegare.
Potrebbe accadere a tutti, ma nessuno si preoccupa di prendersi cura di noi
familiari coinvolti e più passa il tempo e peggio è. Da quando esistono i
Social Network e basta un click per diffondere un appello in tutto il mondo,
molte famiglie hanno un canale in più per chiedere aiuto. Anche noi abbiamo
creato un profilo Facebook a nome di mio fratello, nel quale pubblichiamo
continuamente le sue foto per tenere alta l’attenzione su di lui, anche dopo
tutto questo tempo. Ma la tecnologia ha anche un’altra faccia della medaglia
davvero crudele. In questi anni, oltre a segnalazioni inattendibili, in molti
si sono presi gioco di noi, dichiarando di avere informazioni che si sono
rivelate un buco nell’acqua. L’ultima
delusione l’abbiamo avuta proprio nelle scorse settimane, quando un giovane del
centro Italia, che poi abbiamo scoperto essere un lontano conoscente, ci ha
contattati su Facebook dichiarando di avere notizie su Salvatore. Abbiamo provato in ogni modo a farlo
parlare e a capire la verità, ma ha iniziato a cambiare versione più e più
volte e non c’è stato modo di capirne l’attendibilità. Ci siamo anche rivolti
alle forze dell’ordine per far fare le dovute verifiche o prendere
provvedimenti, ma nessuno ha saputo aiutarci davvero.
Provate a mettervi nei
nostri panni. Provate a immaginare, solo per un attimo, cosa si prova a vivere
così. Possibile che non si possa organizzare una squadra di professionisti
esperti in grado di proseguire più attivamente le indagini, anche per questi
casi così difficili e lontani nel tempo? Ci sentiamo abbandonati e dimenticati
da tutti, ma noi non vogliamo arrenderci. Non vogliamo perdere fiducia nella
giustizia. E, soprattutto, non vogliamo perdere la speranza di riabbracciare
Salvatore al più presto”.
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